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Alessio Larocchi – Play memories home
Play memories home prende forma da un processo di trasformazione incessante utilizzando una metodologia che è parte integrante del processo creativo/concettuale dell’artista, e che in questa occasione si sofferma sull’evoluzione strutturale dello spazio espositivo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Play memories home
S’inaugura sabato 18 gennaio presso l’Associazione Culturale BLUorG di Bari, la mostra “Play memories home”, personale dell’artista Alessio Larocchi.
Play memories home prende forma da un processo di trasformazione incessante che alterna affioramenti e disvelamenti a cancellazioni e occultamenti: una metodologia che è parte integrante del processo creativo/concettuale dell’artista, e che in questa occasione si sofferma sull’evoluzione strutturale dello spazio espositivo ospite. Il progetto site-specific riflette infatti su quelli che sono stati i passaggi e le successive modifiche della galleria, che mutano una forma in un’altra sino a fraintenderla, smarrirla, liberandosi così dalla paralisi di un progetto dogmatico. Il costante mutamento d’uso e la diversa funzione dei luoghi ha originato uno scambio di relazioni e un senso “altro”, emozionale, che ha portato l’autore all’ideazione di un concept libero da autorialità, in sintonia con la sua produzione, specchio del rifiuto dello stesso mezzo artistico.
Come osserva Antonella Marino, nelle opere di Larocchi, “… pur negata la pittura riemerge infatti paradossalmente quale verità più vera delle altre: rivelandosi un inconfessabile filtro critico per esplorare, attraverso se stessa, le criticità del mondo intorno...”
La mostra resterà aperta al pubblico sino al 22 febbraio 2014.
Alessio Larocchi
Play memories home
Galleria BLUorG
Inaugurazione 18 gennaio ore 19.30
Dal 18 gennaio al 22 febbraio 2014
Direzione artistica Giuseppe Bellini
Assistente Gaia Valentino
Testo critico di Antonella Marino
Galleria BLUorG
Bari, Via M. Celentano 92/94 – 70121 Bari
+ 39 080.9904379 info@bluorg.it www.bluorg.it
Aperti dal lun al sab. ore 10.00 -13.30 / 17.30 – 20.30
Play memories home
Si dà per segni esili, labili tracce, incursioni mimetiche di "immagini a scomparsa", l'intervento di Alessio Larocchi negli ambienti della galleria BLUorG. E' un'operazione di ridefinizione di uno spazio stratificato, utilizzato in passato come panificio; già sottoposto dunque a cambiamenti d'uso e relative ristrutturazioni. Ma al tempo stesso la reinterpretazione di un posto aperto alle modifiche in progress apportate dagli artisti, dal momento che è diventato ormai un contenitore espositivo. Dunque sottoposto a trasformazioni identitarie, a sovrapposizioni continue e differenti, a tentativi di riappropriazione fisica e simbolica che si ripetono regolarmente, rivelando quanto illusoria sia la possibilità di una sua effettiva "colonizzazione".
Parte da queste premesse il progetto Play memories home che l'artista ha realizzato per la sua prima personale barese. Molto si snoda sulla contraddittoria compresenza tra bisogno di preservare l'intimità di un luogo e l'effettiva espropriazione a cui esso è per la sua funzione sottoposto. In parallelo con una ricerca che, come lui stesso dichiara, "riflette sui passaggi, sulle successive modifiche che mutano una forma in un’altra sino a fraintenderla, a smarrirla, liberandomi così dalla paralisi di un progetto dogmatico. Atteggiamento accompagnato da una sorta di spersonalizzazione, di smantellamento dell’io, di discreto anonimato per affrancare il gesto creativo da invasivi eccessi emotivi. Per evitare un’asfissiante autorialità".
In questa chiave va letta la diafana pianta della galleria, disegnata a matita attraverso un' ossessiva reiterazione di punti, che ci accoglie all'ingresso nella stanzetta laterale. Tenendo conto, su indicazione di Alessandro Baricco, che "la cartografia è una fantastica procedura in cui la precisione scientifica convive con la fantasia", l' esattezza con lo scarto inventivo.
In questo caso la neutralità del disegno tecnico che Larocchi s'impone come disciplina affidata alla sua mano, sdefinisce proprio mentre mira a definire. La stessa ambiguità si ritrova nella strana presenza di piccoli pezzi di piombo sospesi come quadri alle pareti: intriganti "oggetti d'affezione", presi però dal repertorio degli attrezzi da muratore. Così come non vogliono essere opere pittoriche compiute ma semplici "prove di colore", le diafane superfici colorate che mettono in scena epifanie di forme discrete e un catalogo monocromatico ottenuto spesso da ravvicinati close up di altri dipinti: "campiture che si confrontano e si relazionano solamente per essere scelte ad esclusione di altre, come durante le operazioni di intonacatura edile". Oppure sono "finti libri" i volumi posti su mensole da show room con dentro campionari da tappezzeria, il cui asettico rigore tassonomico viene però alterato da dissonanti impronte...
Il contrasto del resto, si diceva, è alla base della ricerca ormai ventennale dell'autore. Un contrasto ricercato tra polarità concettuali, che si possono riunire intorno a dicotomie di parole chiave ricorrenti: Intimità e Impersonalità, appunto. Ma anche Azzeramento - Costruzione; Errore - Correzione; Simulazione - Originalità; Spossessamento - Identità... Non c'è bisogno di scomodare il pensiero filosofico, che sulla coerenza logica ha fondato gran parte del suo corso occidentale, da Aristotele ad Hegel (a differenza di quello orientale, basato proprio sulla coincidenza oppositorum). Eppure la coscienza che "negli uomini non esiste veramente che una sola coerenza: quella delle loro contraddizioni" (Guido Morselli, Diario 1988), è ben presente nelle speculazioni più recenti. Come pure la rivalutazione dell'errore (cosa diversa dallo "sbaglio") quale deviazione produttiva, "linfa vitale" della conoscenza.
Analogamente, il gusto per l' ossimoro è speculare in Larocchi all' essere partecipi di una condizione contemporanea di precarietà, instabilità, fragilità, incertezza e messa in crisi delle Verità. A cominciare dalla "leggenda" di un'arte troppo spesso ridotta a retorica di se stessa, a spettacolo vuoto e vacuo che perpetua rituali stanchi, gusci senza contenuto.
Erede di una linea analitica che considera la dimensione estetica essenzialmente un fatto mentale e s'interroga sul senso attuale del ruolo dell'artista, Larocchi indaga così i dispositivi che ne presiedono la realizzazione. Sulla scia di referenti illustri del calibro di Alighiero Boetti o Gerhard Richter, terreno privilegiato di riflessione è per lui in particolare la pittura: una pittura portata al grado zero, e analizzata nei suoi strumenti linguistici e nei suoi fondamenti, al di là di ogni pretesa rappresentativa o espressività personale.
Contro ogni mitologia di stampo romantico e contro l' eccesso di protagonismi, Larocchi fa ricorso infatti alla sfera dell' anaffettivo, antidoto psicologico all' appiattimento enfatico dell' iper estetizzato habitat massmediale. E' un atteggiamento già introdotto ad esempio dal clima Pop anni Sessanta, da Andy Warhol in particolare. Ma se Warhol ambiva ad "essere una macchina", a superare cioè la soggettività della pittura attraverso il ricorso al mezzo meccanico e seriale, Larocchi si ostina a rivendicare l'uso, sia pur alienato, della manualità, proprio in contrapposizione con questo universo patinato e glamour e in controtendenza con un' omologata ed epidermica fascinazione tecnologica. Dalla manualità però si sforza di eliminare qualunque scoria emotiva, cercando strenuamente di evitare ogni commistione ed identificazione con uno stile individuale.
Da qui la pratica in parallelo di diversi generi, tecniche e tipologie d'immagine. Come nel ciclo di Paesaggi poco romantici, stesure "ispide" e impenetrabili su carte intelate "tinteggiate" in vari modi usando sgocciolature, spugnature, pennellate volutamente goffe o una maniacale minuzia grafica, che non hanno rapporti con l' esterno ma traducono piuttosto interne "metriche percettive" (Claudio Cerritelli), tipo tracciati oftalmici o elettrocardiogrammmi. E ancora nella già menzionata serie di Tavole a scomparsa, "atlanti dello stereotipo" che non s'impongono all'ambiente come i canonici quadri ma - è evidente in questa mostra - intessono un dialogo silenzioso mimetizzandosi su "muri trasparenti, de-simbolizzati, anelanti e diffidenti al tempo stesso di precisare uno spazio, intervalli di incessante trasloco, passaggi indefiniti per altrettanti messaggi passeggeri: non effimeri, ma viaggianti". Facendosi in tal modo "metafora", sono ancora parole dell'autore, "di una condizione esistenziale perplessa, tra riconoscersi e perdersi".
Si può dire che in queste opere Larocchi provi a "dipingere contro la sua volontà" (per citare Richter), sperimentando metodi diversi di riduzione visiva come il ricorso a tassonomie cromatiche, automatismi segnici, sviste, correzioni, sovrapposizioni, decolorazioni o cancellazioni: un gesto quest'ultimo che è anche progetto, dal momento che "cancellare", Isgrò insegna, implica anche l'urgenza di "riscrivere", di "trasformare e modificare la realtà". Mentre "sovrapporre serve proprio per mettere meglio in evidenza ", secondo le indicazioni di Basquiat; perchè di fatto "si copre per scoprire", come confermano gli occultamenti su larga scala di Christo..
Consapevole del grande potere delle immagini, Alessio Larocchi gioca dunque a metterne in dubbio la chiarezza, in senso non solo letterale. Ma attenzione a non credere troppo a questo suo atteggiamento scettico, alla sua esibita mancanza di partecipazione affidata ad una provocatoria dialettica degli opposti. O meglio, crediamoci pure fino in fondo: al punto da rilevare un' ultima, forse prioritaria contraddizione, che sostiene tutto il suo lavoro.
Dietro l' apparente freddezza del calibrato impianto concettuale; dietro l' autoreferenzialità esibita del colore e la meccanicità del segno; dietro il procedimento convinto di verifica condotto su un medium troppo spesso dichiarato "morto", pur negata la pittura riemerge infatti paradossalmente quale verità più vera delle altre: rivelandosi un inconfessabile filtro critico per esplorare, attraverso se stessa, le criticità del mondo intorno...
Antonella Marino
S’inaugura sabato 18 gennaio presso l’Associazione Culturale BLUorG di Bari, la mostra “Play memories home”, personale dell’artista Alessio Larocchi.
Play memories home prende forma da un processo di trasformazione incessante che alterna affioramenti e disvelamenti a cancellazioni e occultamenti: una metodologia che è parte integrante del processo creativo/concettuale dell’artista, e che in questa occasione si sofferma sull’evoluzione strutturale dello spazio espositivo ospite. Il progetto site-specific riflette infatti su quelli che sono stati i passaggi e le successive modifiche della galleria, che mutano una forma in un’altra sino a fraintenderla, smarrirla, liberandosi così dalla paralisi di un progetto dogmatico. Il costante mutamento d’uso e la diversa funzione dei luoghi ha originato uno scambio di relazioni e un senso “altro”, emozionale, che ha portato l’autore all’ideazione di un concept libero da autorialità, in sintonia con la sua produzione, specchio del rifiuto dello stesso mezzo artistico.
Come osserva Antonella Marino, nelle opere di Larocchi, “… pur negata la pittura riemerge infatti paradossalmente quale verità più vera delle altre: rivelandosi un inconfessabile filtro critico per esplorare, attraverso se stessa, le criticità del mondo intorno...”
La mostra resterà aperta al pubblico sino al 22 febbraio 2014.
Alessio Larocchi
Play memories home
Galleria BLUorG
Inaugurazione 18 gennaio ore 19.30
Dal 18 gennaio al 22 febbraio 2014
Direzione artistica Giuseppe Bellini
Assistente Gaia Valentino
Testo critico di Antonella Marino
Galleria BLUorG
Bari, Via M. Celentano 92/94 – 70121 Bari
+ 39 080.9904379 info@bluorg.it www.bluorg.it
Aperti dal lun al sab. ore 10.00 -13.30 / 17.30 – 20.30
Play memories home
Si dà per segni esili, labili tracce, incursioni mimetiche di "immagini a scomparsa", l'intervento di Alessio Larocchi negli ambienti della galleria BLUorG. E' un'operazione di ridefinizione di uno spazio stratificato, utilizzato in passato come panificio; già sottoposto dunque a cambiamenti d'uso e relative ristrutturazioni. Ma al tempo stesso la reinterpretazione di un posto aperto alle modifiche in progress apportate dagli artisti, dal momento che è diventato ormai un contenitore espositivo. Dunque sottoposto a trasformazioni identitarie, a sovrapposizioni continue e differenti, a tentativi di riappropriazione fisica e simbolica che si ripetono regolarmente, rivelando quanto illusoria sia la possibilità di una sua effettiva "colonizzazione".
Parte da queste premesse il progetto Play memories home che l'artista ha realizzato per la sua prima personale barese. Molto si snoda sulla contraddittoria compresenza tra bisogno di preservare l'intimità di un luogo e l'effettiva espropriazione a cui esso è per la sua funzione sottoposto. In parallelo con una ricerca che, come lui stesso dichiara, "riflette sui passaggi, sulle successive modifiche che mutano una forma in un’altra sino a fraintenderla, a smarrirla, liberandomi così dalla paralisi di un progetto dogmatico. Atteggiamento accompagnato da una sorta di spersonalizzazione, di smantellamento dell’io, di discreto anonimato per affrancare il gesto creativo da invasivi eccessi emotivi. Per evitare un’asfissiante autorialità".
In questa chiave va letta la diafana pianta della galleria, disegnata a matita attraverso un' ossessiva reiterazione di punti, che ci accoglie all'ingresso nella stanzetta laterale. Tenendo conto, su indicazione di Alessandro Baricco, che "la cartografia è una fantastica procedura in cui la precisione scientifica convive con la fantasia", l' esattezza con lo scarto inventivo.
In questo caso la neutralità del disegno tecnico che Larocchi s'impone come disciplina affidata alla sua mano, sdefinisce proprio mentre mira a definire. La stessa ambiguità si ritrova nella strana presenza di piccoli pezzi di piombo sospesi come quadri alle pareti: intriganti "oggetti d'affezione", presi però dal repertorio degli attrezzi da muratore. Così come non vogliono essere opere pittoriche compiute ma semplici "prove di colore", le diafane superfici colorate che mettono in scena epifanie di forme discrete e un catalogo monocromatico ottenuto spesso da ravvicinati close up di altri dipinti: "campiture che si confrontano e si relazionano solamente per essere scelte ad esclusione di altre, come durante le operazioni di intonacatura edile". Oppure sono "finti libri" i volumi posti su mensole da show room con dentro campionari da tappezzeria, il cui asettico rigore tassonomico viene però alterato da dissonanti impronte...
Il contrasto del resto, si diceva, è alla base della ricerca ormai ventennale dell'autore. Un contrasto ricercato tra polarità concettuali, che si possono riunire intorno a dicotomie di parole chiave ricorrenti: Intimità e Impersonalità, appunto. Ma anche Azzeramento - Costruzione; Errore - Correzione; Simulazione - Originalità; Spossessamento - Identità... Non c'è bisogno di scomodare il pensiero filosofico, che sulla coerenza logica ha fondato gran parte del suo corso occidentale, da Aristotele ad Hegel (a differenza di quello orientale, basato proprio sulla coincidenza oppositorum). Eppure la coscienza che "negli uomini non esiste veramente che una sola coerenza: quella delle loro contraddizioni" (Guido Morselli, Diario 1988), è ben presente nelle speculazioni più recenti. Come pure la rivalutazione dell'errore (cosa diversa dallo "sbaglio") quale deviazione produttiva, "linfa vitale" della conoscenza.
Analogamente, il gusto per l' ossimoro è speculare in Larocchi all' essere partecipi di una condizione contemporanea di precarietà, instabilità, fragilità, incertezza e messa in crisi delle Verità. A cominciare dalla "leggenda" di un'arte troppo spesso ridotta a retorica di se stessa, a spettacolo vuoto e vacuo che perpetua rituali stanchi, gusci senza contenuto.
Erede di una linea analitica che considera la dimensione estetica essenzialmente un fatto mentale e s'interroga sul senso attuale del ruolo dell'artista, Larocchi indaga così i dispositivi che ne presiedono la realizzazione. Sulla scia di referenti illustri del calibro di Alighiero Boetti o Gerhard Richter, terreno privilegiato di riflessione è per lui in particolare la pittura: una pittura portata al grado zero, e analizzata nei suoi strumenti linguistici e nei suoi fondamenti, al di là di ogni pretesa rappresentativa o espressività personale.
Contro ogni mitologia di stampo romantico e contro l' eccesso di protagonismi, Larocchi fa ricorso infatti alla sfera dell' anaffettivo, antidoto psicologico all' appiattimento enfatico dell' iper estetizzato habitat massmediale. E' un atteggiamento già introdotto ad esempio dal clima Pop anni Sessanta, da Andy Warhol in particolare. Ma se Warhol ambiva ad "essere una macchina", a superare cioè la soggettività della pittura attraverso il ricorso al mezzo meccanico e seriale, Larocchi si ostina a rivendicare l'uso, sia pur alienato, della manualità, proprio in contrapposizione con questo universo patinato e glamour e in controtendenza con un' omologata ed epidermica fascinazione tecnologica. Dalla manualità però si sforza di eliminare qualunque scoria emotiva, cercando strenuamente di evitare ogni commistione ed identificazione con uno stile individuale.
Da qui la pratica in parallelo di diversi generi, tecniche e tipologie d'immagine. Come nel ciclo di Paesaggi poco romantici, stesure "ispide" e impenetrabili su carte intelate "tinteggiate" in vari modi usando sgocciolature, spugnature, pennellate volutamente goffe o una maniacale minuzia grafica, che non hanno rapporti con l' esterno ma traducono piuttosto interne "metriche percettive" (Claudio Cerritelli), tipo tracciati oftalmici o elettrocardiogrammmi. E ancora nella già menzionata serie di Tavole a scomparsa, "atlanti dello stereotipo" che non s'impongono all'ambiente come i canonici quadri ma - è evidente in questa mostra - intessono un dialogo silenzioso mimetizzandosi su "muri trasparenti, de-simbolizzati, anelanti e diffidenti al tempo stesso di precisare uno spazio, intervalli di incessante trasloco, passaggi indefiniti per altrettanti messaggi passeggeri: non effimeri, ma viaggianti". Facendosi in tal modo "metafora", sono ancora parole dell'autore, "di una condizione esistenziale perplessa, tra riconoscersi e perdersi".
Si può dire che in queste opere Larocchi provi a "dipingere contro la sua volontà" (per citare Richter), sperimentando metodi diversi di riduzione visiva come il ricorso a tassonomie cromatiche, automatismi segnici, sviste, correzioni, sovrapposizioni, decolorazioni o cancellazioni: un gesto quest'ultimo che è anche progetto, dal momento che "cancellare", Isgrò insegna, implica anche l'urgenza di "riscrivere", di "trasformare e modificare la realtà". Mentre "sovrapporre serve proprio per mettere meglio in evidenza ", secondo le indicazioni di Basquiat; perchè di fatto "si copre per scoprire", come confermano gli occultamenti su larga scala di Christo..
Consapevole del grande potere delle immagini, Alessio Larocchi gioca dunque a metterne in dubbio la chiarezza, in senso non solo letterale. Ma attenzione a non credere troppo a questo suo atteggiamento scettico, alla sua esibita mancanza di partecipazione affidata ad una provocatoria dialettica degli opposti. O meglio, crediamoci pure fino in fondo: al punto da rilevare un' ultima, forse prioritaria contraddizione, che sostiene tutto il suo lavoro.
Dietro l' apparente freddezza del calibrato impianto concettuale; dietro l' autoreferenzialità esibita del colore e la meccanicità del segno; dietro il procedimento convinto di verifica condotto su un medium troppo spesso dichiarato "morto", pur negata la pittura riemerge infatti paradossalmente quale verità più vera delle altre: rivelandosi un inconfessabile filtro critico per esplorare, attraverso se stessa, le criticità del mondo intorno...
Antonella Marino
18
gennaio 2014
Alessio Larocchi – Play memories home
Dal 18 gennaio al 22 febbraio 2014
arte contemporanea
Location
GALLERIA BLUORG
Bari, Via Marcello Celentano, 92, (Bari)
Bari, Via Marcello Celentano, 92, (Bari)
Orario di apertura
Aperti dal lun al sab. ore 10.00 -13.30 / 17.30 – 20.30
Vernissage
18 Gennaio 2014, ore 19.30
Autore
Curatore