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Alexandra Unger – Debitum Naturae (parte II)
“Debitum Naturæ (parte II)”,
è nata come una site-specific performance nelle vicinanze della Chiesa di San Alfege.
Comunicato stampa
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“Debitum Naturæ (parte II)”,
è nata come una site-specific performance nelle vicinanze della Chiesa di San Alfege. Qui l’antica necropoli è stata convertita in parco giochi nel 1889, con le lapidi disposte perimetralmente: una ricontestualizzazione che rende naturale la convivenza tra i domini della vita e della morte. Ecco che il significato inerente all’architettura funeraria – la chiesa, la pietra tombale, la croce, l'altare - viene interrogato nella propria dissoluzione temporale, divenendo così un emblema sociale: un’azione di deturnamento, che va a rileggere il luogo come surrogato della mancanza di una presenza umana, consegnandola ad un ineludibile cerchio di morte e rinascita. Un criptico sistema che da sempre è stato trattato con la riverenza e il distacco propri dell’indefinito, che ora Alexandra arriva a profanare. Ripristinando la cultura gotica, che viveva concretamente la simbiosi dei suddetti domini, sembra che tali credenze si materializzino nelle mani dell’artista: la traccia di un tempo e un luogo perduto, che prende corpo e viene “presa per mano”.
A Londra si tocca la morte. Qui a Roma, a Galleria 291 Est, l’evocazione londinese diviene sostanza, nella sua imperturbabile ciclica durata, giungendo a concretizzarsi nello stesso corpo dell’artista, che nutre in sé una nuova vita. A questo punto si entra in relazione fisicamente, non più con le strutture, ma con l’archetipo del divenire. È la sublimazione di una presenza che diviene assenza per poi rimaterializzarsi, in continuum e perfetta coerenza con il ciclo della vita: è il cerchio a sancire, anche nella morte, l’esistenza stessa. Solo in esso gli esseri viventi possono alimentarsi.
Ciò che prima era solo consapevolezza intima e personale, si fa materia altrove: simboli che didascalicamente prendono forma nei gesti di colei che si propone come la chiave dell’arcano. Contemporaneamente a tale disvelamento, dentro e fuori dal cerchio tutto permane invariato: ruoli, convenzioni sociali, credenze e morale. L’umanità da secoli rincorre il mito di un elisir di immortalità, rimanendone intrappolato. L’istinto di sopravvivenza che insegue la vita, altro non è che un’inutile sfida alla contrazione del debitum naturae: ciò che la natura dà, la natura toglie.
Rossella Della Vecchia
Alexandra Unger, (1978, Sweden) vive e lavora tra Londra e Roma.
Il lavoro della Unger indaga le relazioni umane e l'esperienza del corpo sia a livello fisico, sociale che psicologico. Ad interessarla è soprattutto il modo in cui il corpo viene concepito, letto ed utilizzato all’interno dei diversi sistemi di credenze. A tal fine la sua attenzione è spesso rivolta ai principali rituali di passaggio, quali simbologie intrinseche a diverse religioni, basati principalmente sulle fasi biologiche del corpo umano (la nascita, la pubertà, la morte), definendo di volta in volta il ruolo dell’individuo all’interno delle gerarchie sociali.
Tra le principali mostre: New York Hall of Science, New York, U.S.A (2012), Parlour Arts, London (2012), Bath Royal Literary and Scientific Institution, Bath, UK (2011), The Swedish Church, London (2011), Galleria 291 Est, Rome, (2010), Vanishing Point Contemporary, Newtown, Australia (2010), Spazio Calisti, Perugia, Italy (2010), Kinetica Art Fair, London (2010), Future shorts, Rivington Place, London (2010),
Studio DR Arte Contemporanea, Rome (2009).
Performance SABATO 3 NOVEMBRE ORE 19.00
Photo di Antonio Pagano e Francesco Restelli, video di Vago Tedosio
è nata come una site-specific performance nelle vicinanze della Chiesa di San Alfege. Qui l’antica necropoli è stata convertita in parco giochi nel 1889, con le lapidi disposte perimetralmente: una ricontestualizzazione che rende naturale la convivenza tra i domini della vita e della morte. Ecco che il significato inerente all’architettura funeraria – la chiesa, la pietra tombale, la croce, l'altare - viene interrogato nella propria dissoluzione temporale, divenendo così un emblema sociale: un’azione di deturnamento, che va a rileggere il luogo come surrogato della mancanza di una presenza umana, consegnandola ad un ineludibile cerchio di morte e rinascita. Un criptico sistema che da sempre è stato trattato con la riverenza e il distacco propri dell’indefinito, che ora Alexandra arriva a profanare. Ripristinando la cultura gotica, che viveva concretamente la simbiosi dei suddetti domini, sembra che tali credenze si materializzino nelle mani dell’artista: la traccia di un tempo e un luogo perduto, che prende corpo e viene “presa per mano”.
A Londra si tocca la morte. Qui a Roma, a Galleria 291 Est, l’evocazione londinese diviene sostanza, nella sua imperturbabile ciclica durata, giungendo a concretizzarsi nello stesso corpo dell’artista, che nutre in sé una nuova vita. A questo punto si entra in relazione fisicamente, non più con le strutture, ma con l’archetipo del divenire. È la sublimazione di una presenza che diviene assenza per poi rimaterializzarsi, in continuum e perfetta coerenza con il ciclo della vita: è il cerchio a sancire, anche nella morte, l’esistenza stessa. Solo in esso gli esseri viventi possono alimentarsi.
Ciò che prima era solo consapevolezza intima e personale, si fa materia altrove: simboli che didascalicamente prendono forma nei gesti di colei che si propone come la chiave dell’arcano. Contemporaneamente a tale disvelamento, dentro e fuori dal cerchio tutto permane invariato: ruoli, convenzioni sociali, credenze e morale. L’umanità da secoli rincorre il mito di un elisir di immortalità, rimanendone intrappolato. L’istinto di sopravvivenza che insegue la vita, altro non è che un’inutile sfida alla contrazione del debitum naturae: ciò che la natura dà, la natura toglie.
Rossella Della Vecchia
Alexandra Unger, (1978, Sweden) vive e lavora tra Londra e Roma.
Il lavoro della Unger indaga le relazioni umane e l'esperienza del corpo sia a livello fisico, sociale che psicologico. Ad interessarla è soprattutto il modo in cui il corpo viene concepito, letto ed utilizzato all’interno dei diversi sistemi di credenze. A tal fine la sua attenzione è spesso rivolta ai principali rituali di passaggio, quali simbologie intrinseche a diverse religioni, basati principalmente sulle fasi biologiche del corpo umano (la nascita, la pubertà, la morte), definendo di volta in volta il ruolo dell’individuo all’interno delle gerarchie sociali.
Tra le principali mostre: New York Hall of Science, New York, U.S.A (2012), Parlour Arts, London (2012), Bath Royal Literary and Scientific Institution, Bath, UK (2011), The Swedish Church, London (2011), Galleria 291 Est, Rome, (2010), Vanishing Point Contemporary, Newtown, Australia (2010), Spazio Calisti, Perugia, Italy (2010), Kinetica Art Fair, London (2010), Future shorts, Rivington Place, London (2010),
Studio DR Arte Contemporanea, Rome (2009).
Performance SABATO 3 NOVEMBRE ORE 19.00
Photo di Antonio Pagano e Francesco Restelli, video di Vago Tedosio
03
novembre 2012
Alexandra Unger – Debitum Naturae (parte II)
Dal 03 al 17 novembre 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA 291 EST
Roma, Viale Dello Scalo San Lorenzo, 45, (Roma)
Roma, Viale Dello Scalo San Lorenzo, 45, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì 11.00 - 19.30
sabato 16.00 - 22.00
domenica 16.00 - 19.30
lunedì riposo
Vernissage
3 Novembre 2012, h 19,00
Autore
Curatore