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Alfabeti contemporanei. Aspetti e tendenze dell’arte italiana
La mostra storica – a cadenza annuale – pone ancora una volta una riflessione sulla contemporaneità, contemplando sia l’approccio innervato alla didattica dell’insegnamento che l’approfondimento su movimenti e figure che hanno contribuito alla storia dell’arte contentemporanea.
Comunicato stampa
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Scrive Emilia Ametrano:
Lo Spazio Hajech del Liceo Artistico Statale di Brera vivacizza e incornicia le sue due mostre storiche - a cadenza annuale - all’interno di una riflessione sulla contemporaneità, contemplando sia l’approccio innervato alla didattica dell’insegnamento che l’approfondimento su movimenti e figure che hanno contribuito alla storia dell’arte contemporanea. E’ la volta di “Alfabeti contemporanei. Aspetti e tendenze dell’arte italiana”, una mostra che campiona artisti che hanno caratterizzato il loro lavoro all’interno di movimenti, tecniche e metodologie significative come lo spazialismo (Remo Bianco), il concettuale (Bruno Mangiaterra), l’informale (Edoardo Franceschini), il nuovo fantastico (Vanni Viviani), la pittura analitica (Claudio D’Angelo e Riccardo Guarneri), l’arte estroflessa (Loi di Campi), la poesia visuale (Giorgio Milani), la clonart e la cracker’art (Giuliano Grittini), il nuovo-nuovo futurismo (Antonio Fiore), la scultura informale (Giuliano Giuliani), la fotografia (Giorgio Cutini). E’ uno sguardo, certo non totale, ma certamente ampio, di talune filosofie, di nuovi sviluppi e occasioni in cui l’arte contemporanea ha trovato iniziatori e adepti. Tutto ciò è certamente occasione di forte riscontro non solo per alunni e professori dell’istituzione artistica in cui vive questa mostra storica, anche per la città di Milano che ormai è luogo permanente della cultura del futuro.
Scrive Carlo Franza:
L’impossibilità di sistematizzare le poetiche in categorie e movimenti è l’ormai proverbiale caratteristica dell’arte d’oggi. Spesso noi Storici dell’Arte Moderna e Contemporanea ci siamo confrontati con questo stato di cose, tentando di delineare un panorama dell’arte odierna con approcci opposti. Si è pensato anche a un metodo empirico, ovvero alla raccolta di interviste, procedendo non a una selezione di artisti, critici, galleristi, direttori di riviste e di musei onde costruirne un campione rappresentativo, ma scegliendoli senza badare a fama, età o al tipo di poetica.
E devo dire che il risultato, paradossalmente, non è mancato di una certa rappresentatività. Perché tutti gli artisti (con qualche punta massima come Emilio Isgrò e, tra i giovani, Davide Nido) hanno rivelato un buon livello di consapevolezza della propria poetica e delle istanze sociali a cui essa si riferisce. E soprattutto un buon grado di “responsabilità”, nel senso di coscienza del rapporto che la loro opera ha con il mondo (e ciò è avvenuto sorprendentemente anche nel caso degli autori meno sperimentali). Va sottolineato, però, che la consapevolezza quasi mai si traduce in una volontà di ribellione allo status quo sociale. Beninteso, le interviste hanno consentito di cogliere il metodo dell’artista, non sul piano pratico e formale ma su quello intellettuale: gli artisti sono stati spinti a enunciare i loro moventi e ad analizzare il rapporto tra opera e contesto. Strutturare una mostra sul “contemporaneo” significa far emergere lo statuto problematico e incerto dell’opera d’arte nell’epoca attuale, individuando attraverso mirati case studies il suo spazio critico e discorsivo e i temi più rilevanti del dibattito recente, sottolineando in particolar modo le diverse strategie di mediazione e resistenza messe in atto dagli artisti nei confronti dei meccanismi dell’immaginario mediatico e più in generale del contesto istituzionale dell’arte, e procedendo quindi a una verifica sul campo grazie alla collaborazione con due tra i maggiori musei d’arte contemporanea italiani…
E’ stata questa una scelta, certo parziale, ma altamente indicativa e che ha segnato non poco negli ultimi anni il campo delle arti visive. Le ragioni, quanto mai significative, hanno origine nella necessità di fuoriuscire da una condizione di frammentazione e marginalità per ritrovare i fili di un discorso più coerente ed incisivo sul tempo presente. La frammentazione del dibattito critico, disperso tra quotidiani, riviste specializzate e siti internet; l’esigenza di riattivare un dialogo con i maestri e le generazioni precedenti; la ridefinizione di un canone contemporaneo e di un nuovo vocabolario per narrare la vicenda recente dell’arte e della cultura; il rapporto tra studio accademico e militanza; il confronto, spesso difficile, tra scrittura e curatela, sono solo alcune delle questioni più urgenti oggi sul tappeto. Da qui vuol partire, e ciò ne è occasione, un confronto tra il mondo della storia, della cultura, della letteratura e dell’arte per riflettere in comune sul tema più ampio del ruolo della critica nel panorama culturale contemporaneo.
Lo Spazio Hajech del Liceo Artistico Statale di Brera vivacizza e incornicia le sue due mostre storiche - a cadenza annuale - all’interno di una riflessione sulla contemporaneità, contemplando sia l’approccio innervato alla didattica dell’insegnamento che l’approfondimento su movimenti e figure che hanno contribuito alla storia dell’arte contemporanea. E’ la volta di “Alfabeti contemporanei. Aspetti e tendenze dell’arte italiana”, una mostra che campiona artisti che hanno caratterizzato il loro lavoro all’interno di movimenti, tecniche e metodologie significative come lo spazialismo (Remo Bianco), il concettuale (Bruno Mangiaterra), l’informale (Edoardo Franceschini), il nuovo fantastico (Vanni Viviani), la pittura analitica (Claudio D’Angelo e Riccardo Guarneri), l’arte estroflessa (Loi di Campi), la poesia visuale (Giorgio Milani), la clonart e la cracker’art (Giuliano Grittini), il nuovo-nuovo futurismo (Antonio Fiore), la scultura informale (Giuliano Giuliani), la fotografia (Giorgio Cutini). E’ uno sguardo, certo non totale, ma certamente ampio, di talune filosofie, di nuovi sviluppi e occasioni in cui l’arte contemporanea ha trovato iniziatori e adepti. Tutto ciò è certamente occasione di forte riscontro non solo per alunni e professori dell’istituzione artistica in cui vive questa mostra storica, anche per la città di Milano che ormai è luogo permanente della cultura del futuro.
Scrive Carlo Franza:
L’impossibilità di sistematizzare le poetiche in categorie e movimenti è l’ormai proverbiale caratteristica dell’arte d’oggi. Spesso noi Storici dell’Arte Moderna e Contemporanea ci siamo confrontati con questo stato di cose, tentando di delineare un panorama dell’arte odierna con approcci opposti. Si è pensato anche a un metodo empirico, ovvero alla raccolta di interviste, procedendo non a una selezione di artisti, critici, galleristi, direttori di riviste e di musei onde costruirne un campione rappresentativo, ma scegliendoli senza badare a fama, età o al tipo di poetica.
E devo dire che il risultato, paradossalmente, non è mancato di una certa rappresentatività. Perché tutti gli artisti (con qualche punta massima come Emilio Isgrò e, tra i giovani, Davide Nido) hanno rivelato un buon livello di consapevolezza della propria poetica e delle istanze sociali a cui essa si riferisce. E soprattutto un buon grado di “responsabilità”, nel senso di coscienza del rapporto che la loro opera ha con il mondo (e ciò è avvenuto sorprendentemente anche nel caso degli autori meno sperimentali). Va sottolineato, però, che la consapevolezza quasi mai si traduce in una volontà di ribellione allo status quo sociale. Beninteso, le interviste hanno consentito di cogliere il metodo dell’artista, non sul piano pratico e formale ma su quello intellettuale: gli artisti sono stati spinti a enunciare i loro moventi e ad analizzare il rapporto tra opera e contesto. Strutturare una mostra sul “contemporaneo” significa far emergere lo statuto problematico e incerto dell’opera d’arte nell’epoca attuale, individuando attraverso mirati case studies il suo spazio critico e discorsivo e i temi più rilevanti del dibattito recente, sottolineando in particolar modo le diverse strategie di mediazione e resistenza messe in atto dagli artisti nei confronti dei meccanismi dell’immaginario mediatico e più in generale del contesto istituzionale dell’arte, e procedendo quindi a una verifica sul campo grazie alla collaborazione con due tra i maggiori musei d’arte contemporanea italiani…
E’ stata questa una scelta, certo parziale, ma altamente indicativa e che ha segnato non poco negli ultimi anni il campo delle arti visive. Le ragioni, quanto mai significative, hanno origine nella necessità di fuoriuscire da una condizione di frammentazione e marginalità per ritrovare i fili di un discorso più coerente ed incisivo sul tempo presente. La frammentazione del dibattito critico, disperso tra quotidiani, riviste specializzate e siti internet; l’esigenza di riattivare un dialogo con i maestri e le generazioni precedenti; la ridefinizione di un canone contemporaneo e di un nuovo vocabolario per narrare la vicenda recente dell’arte e della cultura; il rapporto tra studio accademico e militanza; il confronto, spesso difficile, tra scrittura e curatela, sono solo alcune delle questioni più urgenti oggi sul tappeto. Da qui vuol partire, e ciò ne è occasione, un confronto tra il mondo della storia, della cultura, della letteratura e dell’arte per riflettere in comune sul tema più ampio del ruolo della critica nel panorama culturale contemporaneo.
27
febbraio 2017
Alfabeti contemporanei. Aspetti e tendenze dell’arte italiana
Dal 27 febbraio al 25 marzo 2017
arte contemporanea
Location
SPAZIO HAJECH – LICEO ARTISTICO DI BRERA
Milano, Via Camillo Hajech, 27, (Milano)
Milano, Via Camillo Hajech, 27, (Milano)
Orario di apertura
Da lunedì a venerdì 09.30/14.00
Sabato 09.30/12.30
Ingresso da Via Hajech, 27
Vernissage
27 Febbraio 2017, ore 18.00 Ingresso Via Marcona 55
Autore
Curatore