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Alfredo Billetto / Mauro Chessa / Pino Mantovani / Mario Surbone
Perché una mostra di quattro pittori che in nessun modo possono definirsi un gruppo? Una giustificazione potrebbe essere che siamo amici, ed è insolito perciò significativo in un territorio come quello dell’arte, assai accidentato e spesso diviso in quartieri incomunicanti.
Comunicato stampa
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Perché una mostra di quattro pittori che in nessun modo possono definirsi un gruppo?
Una giustificazione potrebbe essere che siamo amici, ed è insolito perciò significativo in un territorio come quello dell’arte, assai accidentato e spesso diviso in quartieri incomunicanti. Amici soprattutto nel senso che da anni confrontiamo le idee convergenti o divergenti a proposito di un comune interesse: la pittura. Che cosa sia la pittura, non è facile da dire, ma certo qualcosa di preciso, visto che qualcuno di noi ha creduto d doversene allontanare per un poco, dubitando che la pittura avesse concluso la sua funzione nel complicato presente. Ma poi tutti siamo ritornati nel recinto di quel linguaggio, che, senza essere comprensivo di tutte le specie dell’esprimere e comunicare per figure, all’interno di questa esigenza utilizza certi strumenti e mette in opera certe abilità. Può essere che, nella storia dell’uomo, la pittura perda efficacia e sia sostituita da altri linguaggi pur sempre “visivi” o “figurativi”- nel nostro tempo basterebbe pensare alla fotografia e al cinema; ma non è l’ortodossia materiale e operativa che ci interessa difendere, invece la persistenza di un certo tipo di sensibilità che caratterizza la pittura e che forse è riconoscibile anche in altri linguaggi figurativi, i quali infatti utilizzano i repertori depositati della pittura, come senza complessi la pittura dialoga con gli altri linguaggi attingendovi linfa nuova e riconoscendovi ulteriori occasioni. E’ un fatto che per tutti noi l’uso della pittura nel senso più comune è tornato come una necessità fisica (vista e mano protagonisti) e mentale (costruire intuitivamente e responsabilmente immagini). Anche per la convinzione, certo connessa con una conoscenza analitica della storia del passato prossimo e remoto, che la pittura è una forma di espressione e comunicazione straordinariamente ricca ed elastica, mirabilmente comprensiva di “infinite” facoltà e possibilità. Se tuttavia la nostra pittura, dico la pittura di ciascuno, mostra dei limiti non è colpa della Pittura, ma “colpa” di chi la pratica, come può e sa. Ma è anche o proprio per questo che la pittura merita d’essere coltivata, perché diventa la miglior testimonanza dei limiti, cioè della particolare natura e del carattere di ciascuno.
In questo stesso luogo, l’amico Nino Aimone ha voluto mostrare che per lui la tensione della pittura è durata una vita intera; in modi diversi, anche per noi la pittura è una prova, una scommessa che continuiamo a fare, nonostante tutto. Nella pittura troviamo infatti soddisfazioni e risposte che non sapremmo cercare altrove.
Una giustificazione potrebbe essere che siamo amici, ed è insolito perciò significativo in un territorio come quello dell’arte, assai accidentato e spesso diviso in quartieri incomunicanti. Amici soprattutto nel senso che da anni confrontiamo le idee convergenti o divergenti a proposito di un comune interesse: la pittura. Che cosa sia la pittura, non è facile da dire, ma certo qualcosa di preciso, visto che qualcuno di noi ha creduto d doversene allontanare per un poco, dubitando che la pittura avesse concluso la sua funzione nel complicato presente. Ma poi tutti siamo ritornati nel recinto di quel linguaggio, che, senza essere comprensivo di tutte le specie dell’esprimere e comunicare per figure, all’interno di questa esigenza utilizza certi strumenti e mette in opera certe abilità. Può essere che, nella storia dell’uomo, la pittura perda efficacia e sia sostituita da altri linguaggi pur sempre “visivi” o “figurativi”- nel nostro tempo basterebbe pensare alla fotografia e al cinema; ma non è l’ortodossia materiale e operativa che ci interessa difendere, invece la persistenza di un certo tipo di sensibilità che caratterizza la pittura e che forse è riconoscibile anche in altri linguaggi figurativi, i quali infatti utilizzano i repertori depositati della pittura, come senza complessi la pittura dialoga con gli altri linguaggi attingendovi linfa nuova e riconoscendovi ulteriori occasioni. E’ un fatto che per tutti noi l’uso della pittura nel senso più comune è tornato come una necessità fisica (vista e mano protagonisti) e mentale (costruire intuitivamente e responsabilmente immagini). Anche per la convinzione, certo connessa con una conoscenza analitica della storia del passato prossimo e remoto, che la pittura è una forma di espressione e comunicazione straordinariamente ricca ed elastica, mirabilmente comprensiva di “infinite” facoltà e possibilità. Se tuttavia la nostra pittura, dico la pittura di ciascuno, mostra dei limiti non è colpa della Pittura, ma “colpa” di chi la pratica, come può e sa. Ma è anche o proprio per questo che la pittura merita d’essere coltivata, perché diventa la miglior testimonanza dei limiti, cioè della particolare natura e del carattere di ciascuno.
In questo stesso luogo, l’amico Nino Aimone ha voluto mostrare che per lui la tensione della pittura è durata una vita intera; in modi diversi, anche per noi la pittura è una prova, una scommessa che continuiamo a fare, nonostante tutto. Nella pittura troviamo infatti soddisfazioni e risposte che non sapremmo cercare altrove.
28
marzo 2015
Alfredo Billetto / Mauro Chessa / Pino Mantovani / Mario Surbone
Dal 28 marzo al 15 aprile 2015
arte contemporanea
Location
GALLERIA 20
Torino, Corso Casale, 85, (Torino)
Torino, Corso Casale, 85, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì al sabato ore 15-19
Vernissage
28 Marzo 2015, ore 17,00
Autore
Curatore