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Alfredo Filippini – Fare,scultura
Il “fare” di Alfredo Filippini attiene al pensiero di chi predispone la scena, la coreografia, la prossemica, lo stile garbato o l’enfasi, l’abito, per non dire la nudità, per indurre l’illusione teatrale e la finzione mimetica esplicitata, perciò senza alcun inganno per chi è spettatore.
Comunicato stampa
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“Fare” scultura
La parola “fare” è un termine vago, generalmente inadatto, per la sua indeterminatezza, a definire con precisione un’azione, meno che meno le azioni di chi opera nel campo dell’espressione artistica.
“Fare” non precisa un gesto, una tensione, uno scopo, una sapienza nell’uso delle mani.
Se parliamo di scultura, “fare” non si addice all’organizzazione delle operazioni messe in atto da chi pensa una forma nello spazio, quando sia ricavata dal volume informe di una pietra, per esempio, cioè di operazioni tese ad estrarre la forma di un’idea per sottrazione di materia, dove la materia stessa possiede già vuoti e pieni, che si organizzeranno nello spazio a contenere ed escludere l’aria che li circonda.
Tuttavia non è improprio né vago, il termine “fare”, quando si parli di forme nello spazio, che si vanno costituendo se si aggiunge materiale, cioè quando si genera una forma che non esisteva, non aveva consistenza, non era fisicamente presente nello spazio. Il plasticatore fa che la forma ci sia.
È certamente frutto di un’ambizione creativa, il fare di questo attore del “fare”, che potrebbe rasentare la presunzione di un demiurgo.
Più vicino all’opera di un regista, invece, il lavoro di Alfredo Filippini.
La materia dalle sue mani si dispone nell’aria fino ad organizzare azioni che le figure interpretano.
Il “fare” di Alfredo Filippini attiene al pensiero di chi predispone la scena, la coreografia, la prossemica, lo stile garbato o l’enfasi, l’abito, per non dire la nudità, per indurre l’illusione teatrale e la finzione mimetica esplicitata, perciò senza alcun inganno per chi è spettatore.
Così sul palcoscenico fatto di piedistalli dello studio di Filippini figure che tirano, che lanciano, che battono, che implorano, che trangugiano e altre e altre, recitano la loro parte fingendo un ruolo, che è il ruolo della scultura figurativa. Una mimesi che lascia poco spazio alle allusioni ed alle vaghezze.
Con un’ambizione di “fare” più che mai concreto, nella scena assediata dalle figure che interpretano atti di vita presente, passata o presunta, prende posto fisicamente anche il
“fabbro” mitologico di una fucina dipinta sulle famose pareti affrescate di Schifanoia.
Qui Vulcano si “fa” tangibile.
E quello dipinto, attore che si palesa alla platea del pubblico di visitatori del Salone dei Mesi, alludendo magistralmente alla fisicità dei suoi muscoli energici e mostrandosi sempre nello stesso scorcio visuale, qui nello “studio” ipotizzato da Filippini, mostra anche i suoi lati abitualmente mascherati all’interno della muratura.
La scultura può essere anche questo “fare”. Filippini rappresenta questo aspetto nella scena ferrarese di questo ultimo scorcio della sua storia. Lucia Boni
La parola “fare” è un termine vago, generalmente inadatto, per la sua indeterminatezza, a definire con precisione un’azione, meno che meno le azioni di chi opera nel campo dell’espressione artistica.
“Fare” non precisa un gesto, una tensione, uno scopo, una sapienza nell’uso delle mani.
Se parliamo di scultura, “fare” non si addice all’organizzazione delle operazioni messe in atto da chi pensa una forma nello spazio, quando sia ricavata dal volume informe di una pietra, per esempio, cioè di operazioni tese ad estrarre la forma di un’idea per sottrazione di materia, dove la materia stessa possiede già vuoti e pieni, che si organizzeranno nello spazio a contenere ed escludere l’aria che li circonda.
Tuttavia non è improprio né vago, il termine “fare”, quando si parli di forme nello spazio, che si vanno costituendo se si aggiunge materiale, cioè quando si genera una forma che non esisteva, non aveva consistenza, non era fisicamente presente nello spazio. Il plasticatore fa che la forma ci sia.
È certamente frutto di un’ambizione creativa, il fare di questo attore del “fare”, che potrebbe rasentare la presunzione di un demiurgo.
Più vicino all’opera di un regista, invece, il lavoro di Alfredo Filippini.
La materia dalle sue mani si dispone nell’aria fino ad organizzare azioni che le figure interpretano.
Il “fare” di Alfredo Filippini attiene al pensiero di chi predispone la scena, la coreografia, la prossemica, lo stile garbato o l’enfasi, l’abito, per non dire la nudità, per indurre l’illusione teatrale e la finzione mimetica esplicitata, perciò senza alcun inganno per chi è spettatore.
Così sul palcoscenico fatto di piedistalli dello studio di Filippini figure che tirano, che lanciano, che battono, che implorano, che trangugiano e altre e altre, recitano la loro parte fingendo un ruolo, che è il ruolo della scultura figurativa. Una mimesi che lascia poco spazio alle allusioni ed alle vaghezze.
Con un’ambizione di “fare” più che mai concreto, nella scena assediata dalle figure che interpretano atti di vita presente, passata o presunta, prende posto fisicamente anche il
“fabbro” mitologico di una fucina dipinta sulle famose pareti affrescate di Schifanoia.
Qui Vulcano si “fa” tangibile.
E quello dipinto, attore che si palesa alla platea del pubblico di visitatori del Salone dei Mesi, alludendo magistralmente alla fisicità dei suoi muscoli energici e mostrandosi sempre nello stesso scorcio visuale, qui nello “studio” ipotizzato da Filippini, mostra anche i suoi lati abitualmente mascherati all’interno della muratura.
La scultura può essere anche questo “fare”. Filippini rappresenta questo aspetto nella scena ferrarese di questo ultimo scorcio della sua storia. Lucia Boni
15
giugno 2013
Alfredo Filippini – Fare,scultura
Dal 15 al 30 giugno 2013
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA DEL CARBONE
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Ferrara, Via Del Carbone, 18, (Ferrara)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 17.00-20.00; sabato e festivi 11.00-12.30 17.00-20.00
Vernissage
15 Giugno 2013, ore 18.00
Autore
Curatore