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Alfredo Meschi – Il sentimento della natura
Al paesaggio l’artista si è dedicato tutta la vita, cercando di equilibrare fantasia e realtà, evidenziando una certa componente romantica, e non di rendere un’analisi della natura esclusivamente ottico-percettiva
Comunicato stampa
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La Fondazione Ricci Onlus inaugura sabato 5 luglio la mostra Il sentimento della natura nell’opera di Alfredo Meschi (Lucca 1905 – 1981) curata da Gioela Massagli e Giovanni Battista Meschi, allestita presso la Fondazione Ricci Onlus di Barga.
“…Posso dire di aver scoperto il paesaggio per la prima volta, e con emozione volta a volta diversa e sempre di rinnovata fascinazione, seguendo il Meschi nella sua ricerca appassionata e silenziosa, anzi dissimulata, del paesaggio dell’anima e dell’ora. Ed era il paesaggio della Lucchesia…”. Così Carlo Ludovico Ragghianti, amico di Alfredo Meschi e frequentatore sin da giovane del suo studio, scrive nel catalogo che accompagnava la mostra dell’artista a Palazzo Mansi del 1979. E al paesaggio senza dubbio l’artista si è dedicato tutta la vita, cercando di equilibrare, sempre secondo Ragghianti, fantasia e realtà, evidenziando una certa componente romantica, e non di rendere un’analisi della natura esclusivamente ottico-percettiva.
La mostra ricostruisce attentamente l’attività di questo particolarissimo artista, nato a Lucca nel 1905 dove visse fino alla sua morte nel 1981. Settanta opere circa documenteranno oltre quarant’anni della sua attività, analizzando le varie fasi del suo percorso artistico. Alfredo Meschi, chiamato non a caso “il pittore di Lucca per antonomasia” per i numerosissimi dipinti dedicati alla sua città natale, ha raffigurato Lucca non solo nei suoi aspetti antichi e monumentali ma anche in quelli quotidiani, minori, inediti: dalle strade silenziose, alle chiese più o meno note - San Giovanni, La chiesina della Rosa, San Frediano dalle mura - immerse in cieli luminosissimi o plumbei, dalla ricchezza di spazio e di luce delle mura, ai giardini incastonati tra le case - Orto Bottini, Orto Micheletti, Giardino botanico - fino alle molte vedute panoramiche sui tetti, eseguite dall’interno o dall’esterno dello studio nella torre medievale di San Gervasio.
Un’ampia sezione mostrerà i dipinti dedicati alla Garfagnana, dove ogni anno, da giugno a settembre, a partire dagli anni Cinquanta, Meschi si trasferiva, trovandovi qualcosa di prezioso e consono alla sua sensibilità: l’autenticità di un ambiente umano conservatosi intatto - come scrive la curatrice Gioela Massagli -, testimoniato soprattutto da un gran numero di interni, con effetti di controluce molto insistiti e armonie di colori caldi e vellutati.
Formatosi presso l’Istituto di Belle Arti tra 1921 e 1924, Alfredo Meschi seguì l’insegnamento del paesaggista Alceste Campriani, il quale, arrivato a Lucca da Napoli nel 1900 con l’incarico di professore di pittura, determinò l’immissione, in un ambiente artistico estremamente conservatore, dell’esperienza figurativa della Scuola di Resina, gruppo di veristi napoletani al quale Campriani aveva partecipato tra 1862 e 1869. Circa sessant’anni più tardi, nel 1924, anche Meschi soggiornerà a Napoli, proseguendo la sua formazione sotto la guida dell’altra figura importante della sua educazione artistica, il pittore Gennaro Villani, attivo nella prima metà del Novecento e titolare, negli anni Venti, della cattedra di paesaggio e figura all’Istituto di Belle Arti di Lucca.
Nei dipinti ad olio di questo primo periodo - Veduta del porto di Napoli, Interno, Primo sole sulle Apuane, Ritratto della sorella Anna - dalla pennellata densa e dal colore espressivo, si coglie l’interesse di Meschi per le ricerche postmacchiaiole primo novecentesche, suggestione presto superata a favore di una stesura pittorica sfumata e atmosferica, incoraggiata dalla “scoperta” del pastello, tecnica predominante a partire dagli anni Trenta.
Della fine degli anni Venti molti sono anche i dipinti in cui Meschi raffigura soggetti lacustri come il bellissimo Lago Santo o il fiume Serchio.
Vivace, a partire da questo periodo, fu anche l’attività espositiva, anche se, schivo quale era, raramente frequentava i luoghi d’incontro tipici degli intellettuali dell’epoca. Partecipò a numerose collettive nazionali e molte furono le mostre personali allestite. Non tardarono ad arrivare anche i primi riconoscimenti ufficiali da parte della critica come il premio conferitogli alla mostra Nazionale Mentana di Milano (1929) o il premio Caselli vinto con La via della selva nel 1932.
Nel secondo dopoguerra assistiamo ad un mutamento progressivo dello stile di Alfredo Meschi: vivaci e decisi accostamenti cromatici lasciano spazio ad un colorismo vivo ma attenuato, che si fonde nella visione d’insieme, mentre solo alcuni tocchi più netti emergono dall’impasto morbido e soffice del fondo. Si vedano ad esempio Veduta romana (Aventino), del novembre del 1945, i frequenti paesaggi della Valfreddana e i quadri dedicati alla Garfagnana.
Raramente Meschi si è allontanato dalla sua città natale, se si escludono i brevi viaggi che ci hanno regalato le vedute di Venezia, Roma, Napoli, i paesaggi maremmani e liguri. Ha preferito dipingere quotidianamente, per oltre cinquant’anni, con la semplicità e la serietà che gli erano propri, i luoghi che conosceva sin dall’infanzia. Ed è l’amore per il volgere dolce e immutabile delle stagioni, per le variazioni delle luci e del cielo, per l’aspetto così familiare eppure sempre nuovo che i tetti e i colli lucchesi assumevano sotto i suoi occhi che ha permesso ad Alfredo Meschi, anche nella sua attività più tarda di mantenere uno sguardo limpido e fresco sulla realtà quotidiana.
La mostra rimarrà aperta fino al 14 settembre 2008, ed è accompagnata da un catalogo edito da Edizioni ETS, introduzione di Umberto Sereni, testo di Gioela Massagli, e nota biografica di Giovan Battista Meschi.
“…Posso dire di aver scoperto il paesaggio per la prima volta, e con emozione volta a volta diversa e sempre di rinnovata fascinazione, seguendo il Meschi nella sua ricerca appassionata e silenziosa, anzi dissimulata, del paesaggio dell’anima e dell’ora. Ed era il paesaggio della Lucchesia…”. Così Carlo Ludovico Ragghianti, amico di Alfredo Meschi e frequentatore sin da giovane del suo studio, scrive nel catalogo che accompagnava la mostra dell’artista a Palazzo Mansi del 1979. E al paesaggio senza dubbio l’artista si è dedicato tutta la vita, cercando di equilibrare, sempre secondo Ragghianti, fantasia e realtà, evidenziando una certa componente romantica, e non di rendere un’analisi della natura esclusivamente ottico-percettiva.
La mostra ricostruisce attentamente l’attività di questo particolarissimo artista, nato a Lucca nel 1905 dove visse fino alla sua morte nel 1981. Settanta opere circa documenteranno oltre quarant’anni della sua attività, analizzando le varie fasi del suo percorso artistico. Alfredo Meschi, chiamato non a caso “il pittore di Lucca per antonomasia” per i numerosissimi dipinti dedicati alla sua città natale, ha raffigurato Lucca non solo nei suoi aspetti antichi e monumentali ma anche in quelli quotidiani, minori, inediti: dalle strade silenziose, alle chiese più o meno note - San Giovanni, La chiesina della Rosa, San Frediano dalle mura - immerse in cieli luminosissimi o plumbei, dalla ricchezza di spazio e di luce delle mura, ai giardini incastonati tra le case - Orto Bottini, Orto Micheletti, Giardino botanico - fino alle molte vedute panoramiche sui tetti, eseguite dall’interno o dall’esterno dello studio nella torre medievale di San Gervasio.
Un’ampia sezione mostrerà i dipinti dedicati alla Garfagnana, dove ogni anno, da giugno a settembre, a partire dagli anni Cinquanta, Meschi si trasferiva, trovandovi qualcosa di prezioso e consono alla sua sensibilità: l’autenticità di un ambiente umano conservatosi intatto - come scrive la curatrice Gioela Massagli -, testimoniato soprattutto da un gran numero di interni, con effetti di controluce molto insistiti e armonie di colori caldi e vellutati.
Formatosi presso l’Istituto di Belle Arti tra 1921 e 1924, Alfredo Meschi seguì l’insegnamento del paesaggista Alceste Campriani, il quale, arrivato a Lucca da Napoli nel 1900 con l’incarico di professore di pittura, determinò l’immissione, in un ambiente artistico estremamente conservatore, dell’esperienza figurativa della Scuola di Resina, gruppo di veristi napoletani al quale Campriani aveva partecipato tra 1862 e 1869. Circa sessant’anni più tardi, nel 1924, anche Meschi soggiornerà a Napoli, proseguendo la sua formazione sotto la guida dell’altra figura importante della sua educazione artistica, il pittore Gennaro Villani, attivo nella prima metà del Novecento e titolare, negli anni Venti, della cattedra di paesaggio e figura all’Istituto di Belle Arti di Lucca.
Nei dipinti ad olio di questo primo periodo - Veduta del porto di Napoli, Interno, Primo sole sulle Apuane, Ritratto della sorella Anna - dalla pennellata densa e dal colore espressivo, si coglie l’interesse di Meschi per le ricerche postmacchiaiole primo novecentesche, suggestione presto superata a favore di una stesura pittorica sfumata e atmosferica, incoraggiata dalla “scoperta” del pastello, tecnica predominante a partire dagli anni Trenta.
Della fine degli anni Venti molti sono anche i dipinti in cui Meschi raffigura soggetti lacustri come il bellissimo Lago Santo o il fiume Serchio.
Vivace, a partire da questo periodo, fu anche l’attività espositiva, anche se, schivo quale era, raramente frequentava i luoghi d’incontro tipici degli intellettuali dell’epoca. Partecipò a numerose collettive nazionali e molte furono le mostre personali allestite. Non tardarono ad arrivare anche i primi riconoscimenti ufficiali da parte della critica come il premio conferitogli alla mostra Nazionale Mentana di Milano (1929) o il premio Caselli vinto con La via della selva nel 1932.
Nel secondo dopoguerra assistiamo ad un mutamento progressivo dello stile di Alfredo Meschi: vivaci e decisi accostamenti cromatici lasciano spazio ad un colorismo vivo ma attenuato, che si fonde nella visione d’insieme, mentre solo alcuni tocchi più netti emergono dall’impasto morbido e soffice del fondo. Si vedano ad esempio Veduta romana (Aventino), del novembre del 1945, i frequenti paesaggi della Valfreddana e i quadri dedicati alla Garfagnana.
Raramente Meschi si è allontanato dalla sua città natale, se si escludono i brevi viaggi che ci hanno regalato le vedute di Venezia, Roma, Napoli, i paesaggi maremmani e liguri. Ha preferito dipingere quotidianamente, per oltre cinquant’anni, con la semplicità e la serietà che gli erano propri, i luoghi che conosceva sin dall’infanzia. Ed è l’amore per il volgere dolce e immutabile delle stagioni, per le variazioni delle luci e del cielo, per l’aspetto così familiare eppure sempre nuovo che i tetti e i colli lucchesi assumevano sotto i suoi occhi che ha permesso ad Alfredo Meschi, anche nella sua attività più tarda di mantenere uno sguardo limpido e fresco sulla realtà quotidiana.
La mostra rimarrà aperta fino al 14 settembre 2008, ed è accompagnata da un catalogo edito da Edizioni ETS, introduzione di Umberto Sereni, testo di Gioela Massagli, e nota biografica di Giovan Battista Meschi.
05
luglio 2008
Alfredo Meschi – Il sentimento della natura
Dal 05 luglio al 14 settembre 2008
arte contemporanea
Location
FONDAZIONE RICCI ONLUS
Barga, Via Roma, 10, (Lucca)
Barga, Via Roma, 10, (Lucca)
Orario di apertura
15,30 - 19,30 escluso il lunedi
Vernissage
5 Luglio 2008, ore 18
Editore
ETS
Ufficio stampa
DAVIS & CO.
Autore
Curatore