Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Alice Padovani / Francesca Piovesan – 404.06 / Memorie della pelle
“404”, il programma per l’arte contemporanea di Porta Cœli Foundation giunge alla sua sesta tappa.
La mostra, allestita negli inediti spazi della Cappella dell’Annunziata di Armento, è una doppia personale delle artiste Alice Padovani e Francesca Piovesan. La curatela è affidata a Donato Faruolo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
“404”, il programma di Porta Cœli Foundation fatto di azioni nomadi e diffuse per l’arte contemporanea in Basilicata, giunge alla sua sesta tappa. Nell’ambito delle attività di “Ori e orazioni. Galleria civica di Armento” (Potenza), inaugura domenica 14 aprile alle ore 17.00 la mostra “Memorie della pelle”, doppia personale delle artiste Alice Padovani e Francesca Piovesan a cura di Donato Faruolo, allestita negli inediti spazi della Cappella dell’Annunziata. La conferenza di inaugurazione avverrà in Sala consiliare, per poi muovere insieme, per le vie del paese, verso il luogo dell’allestimento.
La mostra ha un triplice scopo: è sia un racconto trasversale nella produzione delle artiste, sia la presentazione dei risultati di una residenza artistica, sia un discorso di interlacciamento della loro opera al progetto culturale della galleria. Un’operazione essenzialmente focalizzata sulla cura del senso, della proficuità di un incontro tra urgenze inaspettatamente complementari, quelle della produzione artistica e quelle delle forme della cittadinanza contemporanea, in luoghi che vogliono fare della loro distanza dai centri l’opportunità per parlare di una condizione di necessaria “eccentricità”, del bisogno universale – e non solo armentese – di coltivare le alterità, dopo decenni di coltivazione del complesso dell’inappropriatezza al mondo moderno e globale.
Individuate con il conferimento del premio “404” nell’ambito della terza edizione di Mediterranean art prize (Monteserico, 2023), il profilo delle due artiste è tracciato attraverso l’allestimento di oltre dieci opere ciascuna, selezionate tra le produzioni recenti in grado di sostenere l’appropriatezza e il senso di una “presenza” in un luogo e in un tempo specifici. Il lavoro di Alice Padovani e Francesca Piovesan, infatti, è apparso da subito straordinariamente eloquente nell’ottica di offrire un contributo all’indagine che la nuova galleria civica stava cominciando a intraprendere. Accade ad Armento, cinquecento abitanti sulle montagne dell’entroterra lucano, ed è un discorso intorno alle figure guida dei santi siculo-bizantini Luca e Vitale e al proposito di far riemergere, attraverso azioni e politiche, la traccia di una matrice culturale italo-greca sepolta da spinte assimilative e conformanti. La galleria e la sua collezione permanente di icone sacre sono diventati l’impulso per fare del paese un punto di osservazione e di azione sui fenomeni del contemporaneo in una chiave altamente specifica.
Non solo ricorrenze formali – entrambe le artiste adoperano l’oro in maniera strutturale – quanto piuttosto una curiosa “coincidenza” di propositi e metodi, pur nell’estrema diversità dei due percorsi artistici. Alice Padovani e Francesca Piovesan hanno partecipato, nel mese di marzo 2024, alla residenza intitolata “Il ramo d’oro”, dal celebre saggio centenario di James George Frazer, tra i primi trattati di antropologia a volgere lo sguardo sulla ricorsività delle strutture del sacro in religioni, superstizioni, mitologie attraverso lo spazio e il tempo, con uno sguardo alla ritualizzazione del rapporto dell’uomo con la natura e con la percezione di sé nel cosmo – temi centrali nel lavoro delle artiste. Un richiamo, inoltre, alla celebre Corona di Kritonios, capolavoro dell’archeologia e dell’oreficeria magnogreca, un intreccio di foglie e frutti dorati, ritrovato ad Armento un secolo prima dell’uscita dell’edizione definitiva del libro.
Alice Padovani, nata a Modena nel 1979, laureata in Filosofia e Arti visive, dalla metà degli anni ’90 ha lavorato per diversi anni nel teatro contemporaneo, sviluppando i presupposti per il proprio percorso di artista visiva e performer. Utilizza differenti tecniche, materiali e linguaggi espressivi, passando attraverso grandi installazioni di land art, raccolte, assemblaggi, performance e libri d’arte. Nelle sue opere compone frammenti di natura in nuove piccole elegie e cabinet de curiosités di tracce e scarti di vita, biologica e non. Memoria naturale e umana si confondono in una dichiarazione di comune alleanza, di pregnanza ecologica e simbolica, sottolineata da un’accorta ricorrenza dell’oro come momento di rinvenimento di un inatteso senso dell’aulico e del rituale. Alice alleva da sé insetti da cui recupera bozzoli, pelle, aculei, piume, corazze e scaglie, elementi che rivelano una passione entomologica che guarda in fondo ai terrori atavici dell’uomo, e che oltre la superficie sa raccontare strategie di esistenza e persistenza di straordinaria, ossimorica armonia.
Francesca Piovesan è nata ad Aviano (Pordenone) nel 1981. Diplomata all’Accademia di belle arti di Venezia, si muove nell’ambito della fotografia in una dimensione che sconfina nella processualità performativa e nell’installazione: una fotografia che non è mera composizione formale di uno scenario del visibile, ma rituale del trasferimento e della persistenza dell’immagine, con tutte le implicazioni che questo comporta in termini filosofici, estetici, simbolici. I suoi lavori sono infatti lontani dal tema della somiglianza, del ricordo, della nostalgia. Sono collezioni di tracce, repertori di passaggi, più incentrati sul mistero e sul problema della rappresentazione e dell’immagine tout court che sulla rassicurazione di un riconoscimento: impronte su specchi, reazioni chimiche con le trame della pelle, impressioni fugaci del proprio stesso corpo, catalogate e “religiosamente” trattenute. Il suo uso dell’oro rimanda al momento sacrale dell’apparizione, così come il mitologico vasaio di Sicione, quando inventa la categoria del ritratto con il bassorilievo del viso di un soldato in partenza per la guerra, decide di custodirne l’immagine nel tempio, insieme alle cose che sono sacre per la comunità.
Restano ad Armento, come precipitato di questo proficuo passaggio, le opere prodotte durante la residenza per la collezione della galleria civica di Armento. Alice Padovani, con Arëmient symbola: una frugale scala contadina di fine Ottocento, approdata ad Armento sembra ripercorrere il tema dell’iconografia bizantina della “scala dell’ascesa divina”, così come, parafrasando Frazer, il tema persistente della fatica per l’elevazione dello spirito. In questo processo di universalizzazione dell’immagine accidentale in immagine simbolica, la scala di ricopre di foglia d’oro, diventando un oggetto di inquietante e spiazzante lucentezza. Il processo, paradossalmente, evidenzia crepe, fratture, rughe e nervature del legno consunto, cui si vanno ad aggiungere una serie di segni e simboli che l’artista raccoglie nel paese e incide sull’oro in maniera elementare, quasi infantile, primordiale. Francesca Piovesan lascia alla galleria Aniconico oro, elementi di un polittico in cui il consueto mosaico di tracce della pelle dell’artista si staglia su tessere campite eccezionalmente d’oro zecchino: un rimando a quella vertigine semantica tipica dell’iconografia bizantina in cui alla riconoscibilità di un rapporto frontale con il mondo si preferisce il sabotaggio retorico di un materiale che significa solo “luce”, che si rifiuta categoricamente di rappresentare alcunché, materializzandosi come buco nell’aspettativa di reciprocità dell’immagine. A queste opere si aggiunge La morte del tempo: Alice Padovani rinviene nel borgo semi abbandonato del Casale di Armento le corna di un bue, testimoni della vanità di una necessaria fatica trascorsa, di una traccia della memoria che si dissolve, dell’archetipo della lotta per la difesa o la prevalsa. Come una corona o un’aureola, le corna si vestono d’oro: risalgono via Terenzio per installarsi permanentemente – o per un lasso di tempo di cui da qui non vediamo la fine – in Ori e orazioni, la galleria civica di Armento.
Insieme alla collezione permanente di icone bizantine e alla precedente mostra “Loro. Persistenze dell’oro nel contemporaneo (in galleria civica), la mostra “Memorie della pelle. Alice Padovani, Francesca Piovesan” è visitabile su appuntamento, fino al 14 luglio 2024, presso la Cappella dell’Annunziata.
La mostra ha un triplice scopo: è sia un racconto trasversale nella produzione delle artiste, sia la presentazione dei risultati di una residenza artistica, sia un discorso di interlacciamento della loro opera al progetto culturale della galleria. Un’operazione essenzialmente focalizzata sulla cura del senso, della proficuità di un incontro tra urgenze inaspettatamente complementari, quelle della produzione artistica e quelle delle forme della cittadinanza contemporanea, in luoghi che vogliono fare della loro distanza dai centri l’opportunità per parlare di una condizione di necessaria “eccentricità”, del bisogno universale – e non solo armentese – di coltivare le alterità, dopo decenni di coltivazione del complesso dell’inappropriatezza al mondo moderno e globale.
Individuate con il conferimento del premio “404” nell’ambito della terza edizione di Mediterranean art prize (Monteserico, 2023), il profilo delle due artiste è tracciato attraverso l’allestimento di oltre dieci opere ciascuna, selezionate tra le produzioni recenti in grado di sostenere l’appropriatezza e il senso di una “presenza” in un luogo e in un tempo specifici. Il lavoro di Alice Padovani e Francesca Piovesan, infatti, è apparso da subito straordinariamente eloquente nell’ottica di offrire un contributo all’indagine che la nuova galleria civica stava cominciando a intraprendere. Accade ad Armento, cinquecento abitanti sulle montagne dell’entroterra lucano, ed è un discorso intorno alle figure guida dei santi siculo-bizantini Luca e Vitale e al proposito di far riemergere, attraverso azioni e politiche, la traccia di una matrice culturale italo-greca sepolta da spinte assimilative e conformanti. La galleria e la sua collezione permanente di icone sacre sono diventati l’impulso per fare del paese un punto di osservazione e di azione sui fenomeni del contemporaneo in una chiave altamente specifica.
Non solo ricorrenze formali – entrambe le artiste adoperano l’oro in maniera strutturale – quanto piuttosto una curiosa “coincidenza” di propositi e metodi, pur nell’estrema diversità dei due percorsi artistici. Alice Padovani e Francesca Piovesan hanno partecipato, nel mese di marzo 2024, alla residenza intitolata “Il ramo d’oro”, dal celebre saggio centenario di James George Frazer, tra i primi trattati di antropologia a volgere lo sguardo sulla ricorsività delle strutture del sacro in religioni, superstizioni, mitologie attraverso lo spazio e il tempo, con uno sguardo alla ritualizzazione del rapporto dell’uomo con la natura e con la percezione di sé nel cosmo – temi centrali nel lavoro delle artiste. Un richiamo, inoltre, alla celebre Corona di Kritonios, capolavoro dell’archeologia e dell’oreficeria magnogreca, un intreccio di foglie e frutti dorati, ritrovato ad Armento un secolo prima dell’uscita dell’edizione definitiva del libro.
Alice Padovani, nata a Modena nel 1979, laureata in Filosofia e Arti visive, dalla metà degli anni ’90 ha lavorato per diversi anni nel teatro contemporaneo, sviluppando i presupposti per il proprio percorso di artista visiva e performer. Utilizza differenti tecniche, materiali e linguaggi espressivi, passando attraverso grandi installazioni di land art, raccolte, assemblaggi, performance e libri d’arte. Nelle sue opere compone frammenti di natura in nuove piccole elegie e cabinet de curiosités di tracce e scarti di vita, biologica e non. Memoria naturale e umana si confondono in una dichiarazione di comune alleanza, di pregnanza ecologica e simbolica, sottolineata da un’accorta ricorrenza dell’oro come momento di rinvenimento di un inatteso senso dell’aulico e del rituale. Alice alleva da sé insetti da cui recupera bozzoli, pelle, aculei, piume, corazze e scaglie, elementi che rivelano una passione entomologica che guarda in fondo ai terrori atavici dell’uomo, e che oltre la superficie sa raccontare strategie di esistenza e persistenza di straordinaria, ossimorica armonia.
Francesca Piovesan è nata ad Aviano (Pordenone) nel 1981. Diplomata all’Accademia di belle arti di Venezia, si muove nell’ambito della fotografia in una dimensione che sconfina nella processualità performativa e nell’installazione: una fotografia che non è mera composizione formale di uno scenario del visibile, ma rituale del trasferimento e della persistenza dell’immagine, con tutte le implicazioni che questo comporta in termini filosofici, estetici, simbolici. I suoi lavori sono infatti lontani dal tema della somiglianza, del ricordo, della nostalgia. Sono collezioni di tracce, repertori di passaggi, più incentrati sul mistero e sul problema della rappresentazione e dell’immagine tout court che sulla rassicurazione di un riconoscimento: impronte su specchi, reazioni chimiche con le trame della pelle, impressioni fugaci del proprio stesso corpo, catalogate e “religiosamente” trattenute. Il suo uso dell’oro rimanda al momento sacrale dell’apparizione, così come il mitologico vasaio di Sicione, quando inventa la categoria del ritratto con il bassorilievo del viso di un soldato in partenza per la guerra, decide di custodirne l’immagine nel tempio, insieme alle cose che sono sacre per la comunità.
Restano ad Armento, come precipitato di questo proficuo passaggio, le opere prodotte durante la residenza per la collezione della galleria civica di Armento. Alice Padovani, con Arëmient symbola: una frugale scala contadina di fine Ottocento, approdata ad Armento sembra ripercorrere il tema dell’iconografia bizantina della “scala dell’ascesa divina”, così come, parafrasando Frazer, il tema persistente della fatica per l’elevazione dello spirito. In questo processo di universalizzazione dell’immagine accidentale in immagine simbolica, la scala di ricopre di foglia d’oro, diventando un oggetto di inquietante e spiazzante lucentezza. Il processo, paradossalmente, evidenzia crepe, fratture, rughe e nervature del legno consunto, cui si vanno ad aggiungere una serie di segni e simboli che l’artista raccoglie nel paese e incide sull’oro in maniera elementare, quasi infantile, primordiale. Francesca Piovesan lascia alla galleria Aniconico oro, elementi di un polittico in cui il consueto mosaico di tracce della pelle dell’artista si staglia su tessere campite eccezionalmente d’oro zecchino: un rimando a quella vertigine semantica tipica dell’iconografia bizantina in cui alla riconoscibilità di un rapporto frontale con il mondo si preferisce il sabotaggio retorico di un materiale che significa solo “luce”, che si rifiuta categoricamente di rappresentare alcunché, materializzandosi come buco nell’aspettativa di reciprocità dell’immagine. A queste opere si aggiunge La morte del tempo: Alice Padovani rinviene nel borgo semi abbandonato del Casale di Armento le corna di un bue, testimoni della vanità di una necessaria fatica trascorsa, di una traccia della memoria che si dissolve, dell’archetipo della lotta per la difesa o la prevalsa. Come una corona o un’aureola, le corna si vestono d’oro: risalgono via Terenzio per installarsi permanentemente – o per un lasso di tempo di cui da qui non vediamo la fine – in Ori e orazioni, la galleria civica di Armento.
Insieme alla collezione permanente di icone bizantine e alla precedente mostra “Loro. Persistenze dell’oro nel contemporaneo (in galleria civica), la mostra “Memorie della pelle. Alice Padovani, Francesca Piovesan” è visitabile su appuntamento, fino al 14 luglio 2024, presso la Cappella dell’Annunziata.
14
aprile 2024
Alice Padovani / Francesca Piovesan – 404.06 / Memorie della pelle
Dal 14 aprile al 14 luglio 2024
arte contemporanea
Location
Ori e orazioni. Galleria civica di Armento
Armento, Piazza Umberto 1', 14, (PZ)
Armento, Piazza Umberto 1', 14, (PZ)
Orario di apertura
visitabile su prenotazione +39 0971 751271
Vernissage
14 Aprile 2024, ore 17:00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Allestimento
Progetto grafico
Produzione organizzazione
Patrocini