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Alida Pardo – Lo sguardo e il suo doppio. Omaggio a Ettore Scola
Mostra personale
Comunicato stampa
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Si inaugura giovedì 10 dicembre 2009, alle ore 19.30, presso la sala Melies del Cinema Lumière, la mostra di Alida Pardo “Lo sguardo e il suo doppio. Omaggio a Ettore Scola”, catalogo Elledue Edizioni, a cura di Andrea Guastella, con testi di Aldo Gerbino, Andrea Guastella, Giovanni Occhipinti. La mostra si svolge nell’ambito del Costaiblea Filmfest, e vedrà la presenza del regista Ettore Scola. Dalla presentazione di Andrea Guastella: “Di solito, quando si parla di cinema e arte, il rapporto è inteso in termini di emulazione. Agli inizi del secolo scorso, con il cinema ancora agli albori, era quest’ultimo a imitare l’arte, ricreandone i temi, le pose e le atmosfere. Oggi accade piuttosto il contrario: risiede nel cinema, non nella figurazione, il repertorio culturale della contemporaneità.
In realtà la questione risulta molto più complessa: se il cinema non è più pensabile al di fuori delle arti, è anzi un’arte esso stesso, non basta stabilire un primato; occorre individuare tangenze e specificità. C’è, ad esempio, una sorta di accordo non scritto che sconsiglia a chi gira un film di indugiare troppo a lungo su una scena. È, il più delle volte, una questione di ritmo: il cinema racconta infatti la vita, ma la vita sta altrove. Chi disegna ha il problema opposto: i tempi della fruizione di un disegno possono durare all’infinito. Ha poco senso, perciò, creare immagini puntuali, senza respiro, a meno di non tessere una trama narrativa. Il che, a pensarci bene, equivale a una sorta di cinema in embrione, intendendo per “cinema” una successione di quadri disposti in sequenza.
Il cinema sarebbe dunque “romanzo” e il disegno “poesia”? Forse. Ma non è di questo che volevo discutere, nel presentare Alida Pardo, che ha realizzato una serie di disegni ispirati ai lavori di Ettore Scola, bensì di quei momenti speciali, di quei luoghi e situazioni drammatici o sereni che le due arti si contendono. Pensate a quante corse in due in bicicletta, come quella di Stefania Sandrelli e Vittorio Gassman in C’eravamo tanto amati, o a quanti approcci affettuosi come quello di Mastroianni alla Loren in Una giornata particolare ci sono stati donati dal cinema e dal disegno, prima che Alida e lo stesso Scola li interpretassero. Lo specchio, poi, “oggetto” pittorico per eccellenza e ingrediente immancabile in ogni prova dello schermo, è un elemento che si carica di significati metaforici e si fa mezzo per visualizzare l’invisibile. A cosa pensa Sofia Loren mentre si guarda allo specchio? Per quale incanto i suoi occhi, come quelli di una giovane dai lunghi capelli disegnata da Alida – il suo autoritratto – non scompaiono nell’abisso e ci sorprendono da un’angolatura sempre nuova? Lo specchio moltiplica la vista, amplifica le percezioni, trasforma il reale in illusione.
E cos’altro sono cinema e disegno se non il doppio del nostro sguardo, il labirinto di specchi in cui per vanità, per gioco o per angoscia sovente ci smarriamo? Non a caso, pur mostrandoci in un pastello lo schermo di un cinema vuoto, Alida non si stanca di proiettarvi, a furia di comprimere e sfumare la materia, luci e ombre memori delle storie passate e presaghe di quelle che saranno. Non a caso non si limita a citare film famosi, ma ne osserva attentamente il pubblico, gli spettatori, cercando di riviverne i pensieri e le emozioni. Non a caso i suoi lavori più veloci, quei volti femminili tracciati con la biro che scrutano il cielo o chissà quali orizzonti, abbiamo come l’impressione di averli già incontrati, come quelli di Marcello o di Sofia.
Accade, in altre parole, che rispecchiandosi nel cinema, l’artista scopra l’estraneo che è in se, gli occhi non suoi che cova dentro, la cui esistenza si rivela solo nell’atto del disegno. Viceversa, rispecchiandosi nell’arte, il cinema si libera dalla maledizione dell’istante, partecipando della sua (quasi) eternità. Questo il senso di una trasposizione grafica che vuol’essere sì omaggio affettuoso al cinema di Scola, ma soprattutto al potere della figura, alla sua capacità di renderci, ingannandoci, un poco più felici”.
In realtà la questione risulta molto più complessa: se il cinema non è più pensabile al di fuori delle arti, è anzi un’arte esso stesso, non basta stabilire un primato; occorre individuare tangenze e specificità. C’è, ad esempio, una sorta di accordo non scritto che sconsiglia a chi gira un film di indugiare troppo a lungo su una scena. È, il più delle volte, una questione di ritmo: il cinema racconta infatti la vita, ma la vita sta altrove. Chi disegna ha il problema opposto: i tempi della fruizione di un disegno possono durare all’infinito. Ha poco senso, perciò, creare immagini puntuali, senza respiro, a meno di non tessere una trama narrativa. Il che, a pensarci bene, equivale a una sorta di cinema in embrione, intendendo per “cinema” una successione di quadri disposti in sequenza.
Il cinema sarebbe dunque “romanzo” e il disegno “poesia”? Forse. Ma non è di questo che volevo discutere, nel presentare Alida Pardo, che ha realizzato una serie di disegni ispirati ai lavori di Ettore Scola, bensì di quei momenti speciali, di quei luoghi e situazioni drammatici o sereni che le due arti si contendono. Pensate a quante corse in due in bicicletta, come quella di Stefania Sandrelli e Vittorio Gassman in C’eravamo tanto amati, o a quanti approcci affettuosi come quello di Mastroianni alla Loren in Una giornata particolare ci sono stati donati dal cinema e dal disegno, prima che Alida e lo stesso Scola li interpretassero. Lo specchio, poi, “oggetto” pittorico per eccellenza e ingrediente immancabile in ogni prova dello schermo, è un elemento che si carica di significati metaforici e si fa mezzo per visualizzare l’invisibile. A cosa pensa Sofia Loren mentre si guarda allo specchio? Per quale incanto i suoi occhi, come quelli di una giovane dai lunghi capelli disegnata da Alida – il suo autoritratto – non scompaiono nell’abisso e ci sorprendono da un’angolatura sempre nuova? Lo specchio moltiplica la vista, amplifica le percezioni, trasforma il reale in illusione.
E cos’altro sono cinema e disegno se non il doppio del nostro sguardo, il labirinto di specchi in cui per vanità, per gioco o per angoscia sovente ci smarriamo? Non a caso, pur mostrandoci in un pastello lo schermo di un cinema vuoto, Alida non si stanca di proiettarvi, a furia di comprimere e sfumare la materia, luci e ombre memori delle storie passate e presaghe di quelle che saranno. Non a caso non si limita a citare film famosi, ma ne osserva attentamente il pubblico, gli spettatori, cercando di riviverne i pensieri e le emozioni. Non a caso i suoi lavori più veloci, quei volti femminili tracciati con la biro che scrutano il cielo o chissà quali orizzonti, abbiamo come l’impressione di averli già incontrati, come quelli di Marcello o di Sofia.
Accade, in altre parole, che rispecchiandosi nel cinema, l’artista scopra l’estraneo che è in se, gli occhi non suoi che cova dentro, la cui esistenza si rivela solo nell’atto del disegno. Viceversa, rispecchiandosi nell’arte, il cinema si libera dalla maledizione dell’istante, partecipando della sua (quasi) eternità. Questo il senso di una trasposizione grafica che vuol’essere sì omaggio affettuoso al cinema di Scola, ma soprattutto al potere della figura, alla sua capacità di renderci, ingannandoci, un poco più felici”.
10
dicembre 2009
Alida Pardo – Lo sguardo e il suo doppio. Omaggio a Ettore Scola
Dal 10 al 22 dicembre 2009
arte contemporanea
Location
CINEMA LUMIERE
Ragusa, Via Archimede, 214, (Ragusa)
Ragusa, Via Archimede, 214, (Ragusa)
Orario di apertura
tutti i giorni, ore 16.00 – 24.00
Vernissage
10 Dicembre 2009, ore 19.30
Autore
Curatore