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Alverio Merlo – Fotografia di poesia. Fuori dal tempo fuori dalle righe. Senza schemi. Senza frontiere
Uno dei padri fondatori di “Frangenti culturali”, Alverio Merlo è ormai considerato da tutti l’unico erede vero di Berto Barbarani, un poeta che sfida le ire dei potenti per difendere la libertà del verso veronese. Di lui si potrebbe dire molto, ma molto di più dicono i suoi versi. L’autore presenta le proprie poesie su immagini fotografiche stampate su tela.
Comunicato stampa
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Articolo su Alverio Merlo
Alverio Merlo si pone fuori dagli schemi, allo stesso modo degli artisti outsider, continuamente promossi e fatti conoscere da Galleria Massella. Le sue foto, arricchite dai versi poetici, offrono spaccati di vita che parlano direttamente alle emozioni, al cuore. In esse troviamo l’immediata spontaneità delle persone, nel loro aggregarsi per una serata in osteria, oppure nel lasciare fluire stati d’animo dinanzi a un paesaggio o alla luna. Emozioni che sgorgano spontanee, mostrando la parte più genuina e profonda dell’anima.
Alverio Merlo
Nella sua città, Verona, Alverio Merlo è ormai considerato da tutti l’unico erede vero di Berto Barbarani, un poeta che sfida le ire dei potenti per difendere la libertà del verso veronese. Ma la città scaligera ha anche altre ragioni per dimostrarsi grata a Alverio Merlo. Egli è infatti uno dei padri fondatori di “Frangenti culturali”, un progetto per la diffusione dell’arte e della poesia nei loro molteplici aspetti, con appuntamenti mensili presso la biblioteca Civica di Verona, dove viene dato spazio ad artisti e poeti che altrimenti resterebbero nell’ombra. Alverio Merlo, inoltre, promuove gli incontri mensili presso il ristorante Calmiere, dove tutti i partecipanti la possibilità di recitare le loro poesie. Nota a tutti anche la sua collaborazione alle manifestazioni del Bacanal del Gnoco, per il quale ha interpretato la maschera di Re Pipino, figlio di Carlo Magno e nipote del leggendario Pipino il Breve, e perfino il Papà del Gnoco.
Un grande amore per la poesia e per l’arte in generale, dunque, e non solo la passione per la propria attività poetica. Alverio Merlo compone poesie da moltissimi anni, scrivendo versi che possiedono la virtù a volte di parlare al cuore e trasportare in un’atmosfera evocativa di sentimenti ed emozioni, altre di cogliere il lato ironico dell’esistenza.
Ultimamente, però, la sua vena creativa si è spinta oltre, testimoniando la sua capacità di rinnovarsi e trovare sempre nuove strade di comunicazione artistica. Per definire le sue ultime opere, bisognerebbe coniare un nuovo termine, come “fotopoesie”, perché Alverio Merlo non si è limitato a comporre versi, ma li ha contestualizzati di volta in volta in fotografie da lui stesso scattate. Ne risultano opere dal grande effetto suggestivo, con una stupefacente integrazione di due arti: lo scattare la foto e poi scrivere la poesia, naturalmente connettendo le due arti oltre che sul piano percettivo anche su quello dello stile e del significato.
I temi trattati sono vari, ma possono essere suddivisi in due grandi categorie: Verona, con le sue piazze, vie, ma anche con le sue manifestazioni (il Carnevale, il Natale) e con la passione per il buon vino. Nelle foto di questo primo gruppo di opere compaiono splendidi scorci cittadini, sapientemente catturati dall’obbiettivo della macchina fotografica di Alverio Merlo. Piazza Bra con la sua gigantesca stella natalizia, l’Adige, i festeggiamenti del Carnevale, ma anche l’osteria di Sottoriva (chiamata dal poeta “tempio della veronesità”) e un tavolo con bottiglie di vino e bicchieri. Le poesie, quasi tutte in dialetto, sono volte ad esaltare l’amore che Alverio Merlo nutre per la sua città natale e per le sue tradizioni. “Verona… che bela che te sì ghe farea un monumento a ci t’ha inventà e el meterea davanti a l’arena… lì… nel mezo dela Brà.” Ma non manca mai l’ironia, lo scherzo, la capacità di ridere e far ridere, nonché la gioia delle serate trascorse in compagnia. “Se va in Sotoriva a far un poco de casin/ se bee più de qualche goto de vin/ qualche sproloquio… tanta alegria/ un poca de musica… qualche poesia” recitano i versi che accompagnano la foto della nota osteria veronese.
Il secondo gruppo di opere, presenta immagini di vario genere: una bicicletta sotto i fiocchi di neve, l’artista in riva al lago, l’artista da bambino, la luna alta nel cielo notturno oppure tramonti. Si tratta di foto che colpiscono per la delicatezza delle atmosfere, per i giochi di luce, amalgamati in modo armonico e delicato (le tenui e leggere sfumature). I paesaggi, dalle connotazioni tra il magico e il fiabesco, infondono la netta sensazione che Alverio Merlo non sia limitato a ritrarre la perfezione della natura, ma abbia tentato di superarla nel suo aspetto fisico, finito e contingente per trasportare l’osservatore in un mondo fantastico dove prevalgono i sentimenti e lo spirito.
In questo molteplice dispiegarsi di temi e di immagini, Alverio Merlo sa calare sempre quel fattore luminoso che diviene veicolo essenziale per una visione autenticamente naturalistica e nello stesso tempo idealizzata che schiude l’anima al messaggio della comunicazione. I versi delle poesie che accompagnano le immagini diventano commossi, raggiungendo le vette del lirismo nella trepida ed ansiosa contemplazione del mistero della natura. Ragione e sentimento, forza ed idillio sembrano equilibrarsi nella visione di un mondo interpretato in chiave umanistica e nello stesso tempo romantica, dove la potenza dello spirito riprende il sopravvento sulla materia di per sé greve ed inerte: di qui nascono le varie ed indefinite sensazioni. Come Leopardi, Alverio Merlo si rivolge alla luna, confidandogli le sue emozioni e speranze più luminose. “…bianca signora/ del cielo della notte/ … tu…/ tu cavalchi nuvole nere/ …tu…/ tu crei sogni impossibili/ tu dispensi sogni irreali/ …tu…/ alimenti favole nuove”. E sempre alla luna, in un’altra opera, esprime il suo senso di amarezza esistenziale, intriso però ancora una volta di speranza. “Lacrime amare/ vegliano un uomo/ eternamente indifeso/ rimarrà un segno/ in quel cuore malato/ …oltre ogni tempo”. Con commozione, compone dei versi accanto alla foto di se stesso bambino. “…ero anca un bel buteleto/…ero anca bon… così i me disea/ che parea un angioleto/…guardo le foto… quasi che credo/ e me domando e digo… è restà in mi/ qualcosa de quel’angioleto/…penso de sì… parché dele olte/ me sento ancora… un buteleto”.
E così, un’opera dopo l’altra, Alverio Merlo ci offre delle aperture fantastiche, sovrapposte ad una lucidità intimistica e armonizzate da una quieta e poetica contemplazione degli oggetti. E, con i suoi versi, esplora e invita ad esplorare sentimenti spontanei e di lirica essenza, fino a toccare, tra immagini e poesia, il punto più profondo e vero dell’animo umano.
Alverio Merlo si pone fuori dagli schemi, allo stesso modo degli artisti outsider, continuamente promossi e fatti conoscere da Galleria Massella. Le sue foto, arricchite dai versi poetici, offrono spaccati di vita che parlano direttamente alle emozioni, al cuore. In esse troviamo l’immediata spontaneità delle persone, nel loro aggregarsi per una serata in osteria, oppure nel lasciare fluire stati d’animo dinanzi a un paesaggio o alla luna. Emozioni che sgorgano spontanee, mostrando la parte più genuina e profonda dell’anima.
Alverio Merlo
Nella sua città, Verona, Alverio Merlo è ormai considerato da tutti l’unico erede vero di Berto Barbarani, un poeta che sfida le ire dei potenti per difendere la libertà del verso veronese. Ma la città scaligera ha anche altre ragioni per dimostrarsi grata a Alverio Merlo. Egli è infatti uno dei padri fondatori di “Frangenti culturali”, un progetto per la diffusione dell’arte e della poesia nei loro molteplici aspetti, con appuntamenti mensili presso la biblioteca Civica di Verona, dove viene dato spazio ad artisti e poeti che altrimenti resterebbero nell’ombra. Alverio Merlo, inoltre, promuove gli incontri mensili presso il ristorante Calmiere, dove tutti i partecipanti la possibilità di recitare le loro poesie. Nota a tutti anche la sua collaborazione alle manifestazioni del Bacanal del Gnoco, per il quale ha interpretato la maschera di Re Pipino, figlio di Carlo Magno e nipote del leggendario Pipino il Breve, e perfino il Papà del Gnoco.
Un grande amore per la poesia e per l’arte in generale, dunque, e non solo la passione per la propria attività poetica. Alverio Merlo compone poesie da moltissimi anni, scrivendo versi che possiedono la virtù a volte di parlare al cuore e trasportare in un’atmosfera evocativa di sentimenti ed emozioni, altre di cogliere il lato ironico dell’esistenza.
Ultimamente, però, la sua vena creativa si è spinta oltre, testimoniando la sua capacità di rinnovarsi e trovare sempre nuove strade di comunicazione artistica. Per definire le sue ultime opere, bisognerebbe coniare un nuovo termine, come “fotopoesie”, perché Alverio Merlo non si è limitato a comporre versi, ma li ha contestualizzati di volta in volta in fotografie da lui stesso scattate. Ne risultano opere dal grande effetto suggestivo, con una stupefacente integrazione di due arti: lo scattare la foto e poi scrivere la poesia, naturalmente connettendo le due arti oltre che sul piano percettivo anche su quello dello stile e del significato.
I temi trattati sono vari, ma possono essere suddivisi in due grandi categorie: Verona, con le sue piazze, vie, ma anche con le sue manifestazioni (il Carnevale, il Natale) e con la passione per il buon vino. Nelle foto di questo primo gruppo di opere compaiono splendidi scorci cittadini, sapientemente catturati dall’obbiettivo della macchina fotografica di Alverio Merlo. Piazza Bra con la sua gigantesca stella natalizia, l’Adige, i festeggiamenti del Carnevale, ma anche l’osteria di Sottoriva (chiamata dal poeta “tempio della veronesità”) e un tavolo con bottiglie di vino e bicchieri. Le poesie, quasi tutte in dialetto, sono volte ad esaltare l’amore che Alverio Merlo nutre per la sua città natale e per le sue tradizioni. “Verona… che bela che te sì ghe farea un monumento a ci t’ha inventà e el meterea davanti a l’arena… lì… nel mezo dela Brà.” Ma non manca mai l’ironia, lo scherzo, la capacità di ridere e far ridere, nonché la gioia delle serate trascorse in compagnia. “Se va in Sotoriva a far un poco de casin/ se bee più de qualche goto de vin/ qualche sproloquio… tanta alegria/ un poca de musica… qualche poesia” recitano i versi che accompagnano la foto della nota osteria veronese.
Il secondo gruppo di opere, presenta immagini di vario genere: una bicicletta sotto i fiocchi di neve, l’artista in riva al lago, l’artista da bambino, la luna alta nel cielo notturno oppure tramonti. Si tratta di foto che colpiscono per la delicatezza delle atmosfere, per i giochi di luce, amalgamati in modo armonico e delicato (le tenui e leggere sfumature). I paesaggi, dalle connotazioni tra il magico e il fiabesco, infondono la netta sensazione che Alverio Merlo non sia limitato a ritrarre la perfezione della natura, ma abbia tentato di superarla nel suo aspetto fisico, finito e contingente per trasportare l’osservatore in un mondo fantastico dove prevalgono i sentimenti e lo spirito.
In questo molteplice dispiegarsi di temi e di immagini, Alverio Merlo sa calare sempre quel fattore luminoso che diviene veicolo essenziale per una visione autenticamente naturalistica e nello stesso tempo idealizzata che schiude l’anima al messaggio della comunicazione. I versi delle poesie che accompagnano le immagini diventano commossi, raggiungendo le vette del lirismo nella trepida ed ansiosa contemplazione del mistero della natura. Ragione e sentimento, forza ed idillio sembrano equilibrarsi nella visione di un mondo interpretato in chiave umanistica e nello stesso tempo romantica, dove la potenza dello spirito riprende il sopravvento sulla materia di per sé greve ed inerte: di qui nascono le varie ed indefinite sensazioni. Come Leopardi, Alverio Merlo si rivolge alla luna, confidandogli le sue emozioni e speranze più luminose. “…bianca signora/ del cielo della notte/ … tu…/ tu cavalchi nuvole nere/ …tu…/ tu crei sogni impossibili/ tu dispensi sogni irreali/ …tu…/ alimenti favole nuove”. E sempre alla luna, in un’altra opera, esprime il suo senso di amarezza esistenziale, intriso però ancora una volta di speranza. “Lacrime amare/ vegliano un uomo/ eternamente indifeso/ rimarrà un segno/ in quel cuore malato/ …oltre ogni tempo”. Con commozione, compone dei versi accanto alla foto di se stesso bambino. “…ero anca un bel buteleto/…ero anca bon… così i me disea/ che parea un angioleto/…guardo le foto… quasi che credo/ e me domando e digo… è restà in mi/ qualcosa de quel’angioleto/…penso de sì… parché dele olte/ me sento ancora… un buteleto”.
E così, un’opera dopo l’altra, Alverio Merlo ci offre delle aperture fantastiche, sovrapposte ad una lucidità intimistica e armonizzate da una quieta e poetica contemplazione degli oggetti. E, con i suoi versi, esplora e invita ad esplorare sentimenti spontanei e di lirica essenza, fino a toccare, tra immagini e poesia, il punto più profondo e vero dell’animo umano.
20
febbraio 2010
Alverio Merlo – Fotografia di poesia. Fuori dal tempo fuori dalle righe. Senza schemi. Senza frontiere
Dal 20 febbraio al 09 aprile 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA MASSELLA
Verona, Via Dietro Filippini, 13, (Verona)
Verona, Via Dietro Filippini, 13, (Verona)
Vernissage
20 Febbraio 2010, ore 18
Autore
Curatore