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Amazonas
Doppia personale dei due artisti venezuelani Alberto Allup e Socorro Peraza.
Comunicato stampa
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Alberto Allup
Note biografiche
Nel 1955 studia tecniche di disegno col maestro Diego Herrera Gamez. Nel 1967 studia Educazione Artistica col professore Nicolas Piquer, nel 1993 approfondisce i suoi studi d’arte nella Scuola Higuera Ximenez col maestro Douglas Lopez.
Ha partecipato ad importanti mostre collettive e a saloni d’arte come Fondazione Alcantara, Scuola Casa Luisa Amelia Vegas de Vegas, Ambasciata del Paraguay, La Quinta Biennale Internazionale Victor Valera dell’Università delle Ande, Fundarte, Associazione Venezuelana di Artisti Plastici (AVAP), Sala di Esposizioni Pro-Venezuela, Collegio Medico del Distretto Federale, Incontro di Giovani Artisti e Grandi maestri nella Galleria Li. Ha realizzato mostre individuali nella Sala Pequiven, filiale di Petroli del Venezuela a Caracas con la sua mostra intitolata “La Natura, Ammirazione e Vita”; nella Scuola di Arti Visive Cristobal Rojas con la sua mostra intitolata “La Natura Bramosia Perenne”; nella Borsa dei Valori di Caracas (Bolpriapen) con la mostra “Dalle altezze”.
Ha ricevuto distinzioni e premi importanti come il Secondo Premio del Secondo Salone d’Arte Ospedale Militare di Caracas, 1993; Menzione d’Onore nel Secondo salone di Pittura Maria Lonza a Caracas, 1994; Primo Premio nel Secondo Salone del I. A. D. E. M., 1975.
Ha esposto in Italia presso il Museo del Sannio (Benevento),
Castel dell'Ovo (Napoli), Istituto Italo Latino Americano (Roma), "Il Ramo d'Oro" centro d'arte e cultura (Napoli). Oltre che in queste istituzioni sue opere si trovano in Italia presso il Consolato del Venezuela in Napoli e l'ambasciata del Venezuela in Roma
Soccorro Peraza
Note biografiche
Studia pittura e disegno a Edwood Park, New York nel 1952. Nel 1960 segue corsi avanzati di pittura e disegno nella Scuola d’Arte Plastica di Muturin, Venezuela, distinguendosi
nel dominio delle composizioni figurative. Nel 1978 studia e approfondisce la figura umana nell’Accademia Camden Town di Londra col maestro Jack Yates.
Ha partecipato a prestigiose mostre collettive tra le quali possiamo citare: “Cristo secondo l’arte Venezuelana”, nella Sala Pequiven, marzo-aprile 1999, mostra interistituzionale promossa dalla Petrolchimica Venezuelana (Pequiven). Università Cattolica Andrés Bello (UCAB), Teologia (pro-teologia); “Dio Padre Creatore” Università Cattolica Andrés Bello (UCAB), “Bolivar”, Prima Collettiva Colombo-Venezuelana, Sala Pequiven, luglio 1999; “Cinque per il Mondo” Amici Museo Jacobo Borges, Caracas, settembre 1999; “Salone Annuale di Pittura XXVIII°”, Camera del Commercio di La Guaira, ottobre 1999. E’ stata premiata dal Museo Sacro di Caracas nel Concorso di Presepi per la sua opera “Il Portale”, Menzione Pittura Tradizionale.
Ha realizzato mostre individuali nel Museo Archeologico di San Felipe, La Fortezza (San Felipe, regione Yaracuy, 1999); Museo del Municipio Libertator (Museo Caracas, 1999-2000); Museo Sacro di Caracas (2000); Consolato del Venezuela a New York (2000); Università Cattolica Andrés Bello e Scuola di Arti Visive Cristobal Rojas di Caracas (2001).
Ha esposto in Italia presso il Museo del Sannio (Benevento), Castel dell'Ovo (Napoli), Istituto Italo Latino Americano (Roma), "Il Ramo d'Oro" centro d'arte e cultura (Napoli).
Sue opere sono in Italia presso il Museo del Sannio (Benevento), Castel dell'Ovo (Napoli), Istituto Italo Latino Americano (Roma), "Il Ramo d'Oro" centro d'arte e cultura (Napoli), l'Ambasciata del Venezuela in Roma, il Consolato del Venezuela in Napoli
Amazonas
Territorio Amazonas è il nome di una regione del Venezuela collocata ad est, che comprende parte della Guayana venezuelana. Nelle opere dei due artisti in mostra risultano immediatamente leggibili le due peculiarità di quella terra remota e parzialmente inesplorata, che sono il paesaggio e gli aborigeni, ed un comune sentito appello alla salvaguardia dell’integrità di quei luoghi e di quelle genti.
Yvonne Carbonaro
Alberto Allup;note critiche di Carmine Montella
La pittura di Alberto Allup è un tuffo nella natura tropicale. Con essa egli istaura una intrinseca comunicazione che gli consente di restituirla nella sua autenticità strutturale ed estetica, con le sue forme e i suoi colori, con la sua bellezza e la sua essenzialità. Due elementi dominano il paesaggio rappresentato: la foresta e il fiume. Sempre compresenti nello spazio pittorico, si condizionano a vicenda col gioco prospettico, con la varietà dei toni, con la scansione dei colori. Due elementi che, diversi e complementari, separati e necessari, generano un senso drammatico che si estrinseca in una serie di contrasti, in cui sono racchiusi il significato e il valore del dipinto.
Staticità - dinamismo
La foresta si presenta con monumentale corposità, come una realtà vegetale composta e solida, che sfida il tempo, pur restando fedele a se stessa.L’acqua del fiume scorre e, scorrendo, si muove, cambia, varia, lambendo i margini della foresta, ma senza soffermarsi, senza attardarsi.
Ombra – luce
La foresta racchiude nella sua intimità, un’ombra densa, continua, perenne. La luce del sole si ferma sulle cime e sulle chiome degli alberi, ma non riesce a violentare la sua immacolata verginità. Quella luce che, invece, familiarizza con l’acqua del fiume, in un carosello capriccioso di chiaro e di scuro, con l’instancabile sorpresa di fluide apparenze.
Silenzio – rumore
Allup riesce a creare, con mezzi pittorici, una concreta suggestione sonora. Alla foresta si addice il silenzio che nessun grido di essere vivente arriva seriamente a lacerare, tanto è chiuso e profondo.L’acqua del fiume, al contrario, fa sentire la sua voce. A volte lieve e dolce nella calma della corrente; a volte assordante e minacciosa nella velocità delle rapide, nel salto delle cascate.
Natura – umanità
Nella natura che Allup dipinge, non c’è l’uomo, non ci sono le opere dell’uomo. Egli la ripropone quale era all’alba dei tempi, libera nella sua forza, spontanea nella sua vitalità, incontaminata nella sua bellezza. Prima che l’uomo intervenisse per assoggettarla, strumentalizzarla, inquinarla. Se si coglie, attraverso i contrasti, il senso drammatico della pittura di Allup, si perviene alla sua essenza. La si può definire: mistero. Della foresta che non si riuscirà mai a penetrare; del fiume di cui non si vedrà mai la fine. Mistero dello spazio e del tempo. Partendo dalla concretezza delle cose rappresentate nella loro definita visibilità, svanisce nella dimensione dell’immaginario, della fantasia, del sogno.
Alberto Allup; note critiche di Yvonne Carbonaro
Alberto Allup realizza paesaggi che possono sembrare fantastici e che invece rendono con realismo totale una bellezza assoluta avvolta in un incanto fascinoso, fiabesco, la cui magica essenza non potrebbe essere colta dallo scatto della macchina fotografica. La descrizione che Allup ci offre è puntuale nella rappresentazione dei dettagli e poetica al tempo stesso per la suggestione in cui ci immerge. Non siamo di fronte alla solita olegrafia del paesaggio tropicale: siamo nel cuore di una natura primigenia la cui possanza domina incontrastata, come doveva essere alle origini. E la possanza della natura è nella giungla fittissima (che resta uno dei pochi polmoni verdi dell’umanità), negli immani “tepuy”, nell’eterno scrosciare di enormi masse d’acqua in movimento, siano quelle delle cascate, che vediamo spumeggiare e vaporizzare in un miracolo di eterno dinamismo, siano quelle del fiume che fluisce placido ed imponente attraverso la foresta a galleria di sempreverdi. E il verde intenso è il colore dominante insieme a quello chiaro dell’acqua, all’ocra delle pareti dei tepuy, fino alle tonalità rosa che spennellano i cieli e che tingono il fiume carico del tannino dei giganteschi tronchi che vi si macerano.
Divini protagonisti, come giganti di una religione animista, di quest’inno alla bellezza che idealmente prescinde dalla presenza dell’uomo: il possente fiume Caronì, la grande laguna di Canaima con le sue imponenti meravigliose cascate, con la sua sabbia rosa e sottile come cipria, con il verde fitto e inaccessibile della selva che la circonda, e i superbi Tepuy a eterno baluardo.
Tepuy è il nome indio che indica gli alti tavolati granitici che si innalzano isolati, maestosi e piatti sul pianoro circostante collocato a circa 400 metri sul livello del mare. I tepuy possono raggiungere dislivelli fino a 2400 m. e sono il risultato di un fenomeno di erosione che ha le sue origini nell’era secondaria e che ha lasciato a nudo la roccia viva delle alte pareti scoscese. La fresca temperatura dovuta all’altitudine e l’isolamento delle piatte superfici superiori hanno favorito la nascita e la conservazione di esemplari di flora e fauna endemici e unici al mondo. La vegetazione delle zone basse della “gran sabana” è invece tipica della fascia tropicale con alte temperature e abbondanti piogge.
E’ questa dunque una pittura di paesaggi che fissa sulla tela, lasciandola sospesa nel tempo, l’immagine di una natura vergine ma che si sa assediata dal “progresso” che implacabile avanza con le sue macchine, i suoi motori e rumori, i suoi insediamenti industriali che inevitabilmente violenteranno, invaderanno e sconvolgeranno ogni cosa segnandone la fine
Pur nell’assoluta lontananza e diversità di luogo e di epoca, per la cura minuziosa dei particolari e la delicatezza sognante dell’atmosfera, questo genere ci rimanda ai maestri del vedutismo europeo fino ai nostri grandi vedutisti della corte dei Borboni che hanno fermato sulla tela la testimonianza e la poesia dei più bei luoghi del Regno oggi ahimè assai deturpati. Alla stessa maniera, con lo stesso stupore, con lo stesso amore, con la stessa precisa attenzione, Allup ha fissato nei suoi quadri l’incanto di luoghi ancora parzialmente incontaminati.
Il suo è dunque anche un grido, magari inconscio, in favore della tutela contro la furia devastatrice della cosiddetta civiltà e se nei suoi paesaggi ha volutamente ignorato la presenza di esseri umani, di certo era la presenza dell’uomo “moderno” e dei manufatti della “civiltà” che voleva cancellare, non quella degli abitanti originari di quei luoghi che di quella natura e di quelle fitte foreste sono parte stessa.
Socorro Peraza: note critiche di Carmine Montella
Nella pittura di Socorro Peraza, protagonista è l’indio. Esso è rappresentato con costante attenzione, con analitica compiacimento, con sentita partecipazione. Lo stato d’animo che conduce la pittrice ad accostarsi alla figura dell’indio e al suo mondo culturale e ambientale, è di curiosità intellettuale e di umana simpatia. Si comprendono, perciò, le scelte compositive e pittoriche da lei compiute: la sobrietà dei particolari tipici, l’evidenza prorompente dei primi piani, l’eleganza ricercata degli ornamenti, la coloritura esaltante della nudità, la vigoria matura dei corpi degli adulti, l’innocenza delicata dei corpi dei giovani. Eppure questa figura di indio trascende la sua splendida fisicità e il richiamo obbligato alla realtà tropicale in cui vive.Essa assurge alla dignità del simbolo, che acquista spessore significativo perché si colloca al confine di due civiltà. La sua, da cui proviene portandosi dentro un carico di valori e di vissuti; la nostra, che le si muove incontro aprendosi al riconoscimento, alla comprensione, alla tutela.
Simbolo, quindi, complesso, profondo. Esso emerge con impeto espressivo in alcuni punti focali di questo universo pittorico. Per esempio, nella normale intimità di un gesto, di un atteggiamento, di una situazione, in cui si fondono e si confondono necessità e gratuità, lavoro e gioco. Ma, soprattutto, in questi occhi, grandi, fermi, sicuri. Occhi interrogativi, che chiedono notizia sul segreto della vita, sulla condizione dell’esistente, sull’incognita dell’avvenire. Tra
stupore e smarrimento, tra incertezza e speranza. Perciò la pittura di Socorro Peraza richiede la presenza, oltre all’indio, di un coprotagonista. E’ l’osservatore. Mai come in questo caso non gli è consentito di essere distratto, di farsi da parte. Egli è costantemente richiamato all’interno del quadro e costretto ad impegnare la sua intelligenza, la sua sensibilità.
Pittura che impone contatto, immedesimazione, coinvolgimento. E’ questa la sua ambiguità, è questa la sua ricchezza.
Socorro Peraza; note critiche di Yvonne Carbonaro
Gli Indios del Venezuela nella varietà delle etnie ancora esistenti, discendono dai Caribes che all’arrivo dei conquistatori erano cacciatori e raccoglitori. Non avevano raggiunto livelli di civiltà avanzati come in Messico o in Perù, ma avevano una loro cultura, religione e valori che difesero strenuamente contro gli Spagnoli. Guidati dai Caciques scrissero pagine di valore, ma non riuscirono a fermare l’avanzata dei feroci invasori che li sterminarono. Le poche etnie ancora esistenti, anche se ufficialmente protette, in realtà sono inevitabilmente a rischio, sia per la graduale trasformazione dell’ecosistema del territorio in cui vivono, sia perché il contatto con i bianchi, che per loro è sempre stato deleterio in tutti i sensi, in questa fase di febbre globalizzante, non può che minacciarne la scomparsa. Fino a quando potranno infatti essere tenuti sottovetro e conservati come specie rare in via di estinzione?
Gli Indios di Socorro per noi europei sono decisamente soggetti insoliti in pittura, ma per gli abitanti delle Americhe rappresentano le radici più profonde con cui fare i conti, il ricordo ancestrale di quel continente e di quei popoli che sono il frutto di secolari fusioni. Nei quadri di questa pittrice non sono visti come immagini di folklore o con la curiosità del bianco verso la gente di altro colore, c’è invece l’osservazione attenta e pur tenera verso questi abitatori della selva, rimasti
miracolosamente fermi nel tempo così come li videro i primi europei che toccarono quei luoghi. C’è il rispetto nei confronti del mistero delle loro usanze, dei loro riti religiosi, della loro casta e naturale nudità che dopo l’iniziazione i giovani maschi coprono con il “guayuco”.
La plasticità dei corpi è resa attraverso le tonalità bronzee della pelle la cui dominante cromatica si esalta su sfondi chiari, sfumati, accennati o arricchiti di pochi elementi decorativi. L’attenzione è concentrata sui volumi corporei e sulla loro centralità all’interno dei dipinti di cui sono gli unici assoluti protagonisti, protagonisti dei dipinti ma non del proprio destino, sul quale sembrano chiederci ragione .
13
marzo 2004
Amazonas
Dal 13 al 21 marzo 2004
arte contemporanea
Location
IL RAMO D’ORO
Napoli, Via Adolfo Omodeo, 124, (Napoli)
Napoli, Via Adolfo Omodeo, 124, (Napoli)
Orario di apertura
tutti i giorni tranne il giovedi dalle 16 alle 20
Vernissage
13 Marzo 2004, ore 18 con presentazione di
Yvonne Carbonaro e Carmine Montella
intervento musicale di Enrico Mosiello