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American Dream
Cinque artisti cosmopoliti di fama internazionale mettono a confronto idee e sensazioni esprimendo attraverso media differenti la propria visione, più o meno problematica, del sogno americano.
Comunicato stampa
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E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete
affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho un sogno.
Un sogno profondamente radicato nel sogno americano.
(Martin Luther King, 28 agosto 1963)
Il sogno americano trova le proprie radici storiche nell'occupazione dei territori del nuovo
continente da parte dei primi coloni europei. Questi, forti dell'idea secondo cui la dedizione al
lavoro e la capacità imprenditoriale avrebbero portato alla realizzazione di una vita più
soddisfacente, lasciarono i loro paesi d'origine per compiere il proprio riscatto nei confronti del
Vecchio Mondo e di modelli culturali, politici ed economici, che prevedevano pochissime
possibilità di promozione sociale. La fiducia nelle possibilità di affermazione fondate sul
presupposto delle pari opportunità, divenne dunque emblema di un contagioso ottimismo.
Il sogno americano è sempre stato caratterizzato dalla convinzione che la vita per la generazione
successiva sarebbe stata migliore in senso sia pragmatico che spirituale; un’idea di progresso che
tuttavia, talvolta, si è rivelata un’astrazione priva di autentica corrispondenza con la realtà.
Se inizialmente il mito del self made man era figlia di un ideale comunitario di prosperità secondo
cui il sogno americano si sarebbe tradotto in “sogno dell'intera umanità”, gradualmente
l'accezione del termine è andata ad assumere connotazioni sempre più legate alla dimensione
prettamente individualistica del successo personale, sempre più identificato in termini economici,
materiali.
Tra l'umana speranza volta ad un futuro migliore e la fame di successo a discapito dei meno
capaci o intraprendenti, il sogno americano raggiunge nel '900 il massimo dell'ambiguità
interpretativa stimolando osservazioni e critiche di scrittori come F. Scott Fitzgerald, John Steinbeck,
E. Albee, Orson Welles e Brian de Palma. Ed è proprio tale ambiguità a rendere la tematica così
interessante.
Dalla metà del XX secolo la cultura americana penetra massivamente il mondo e la trasmissione
dei suoi valori trova potentissimi canali nelle produzioni musicali, cinematografiche e televisive.
Nell'era di Internet il fenomeno si amplifica; la globalizzazione si sposa con il concetto digitale di
rete e i contenuti partoriti dalla Big Apple trovano un nuovo e più efficace filtro per la propria
diffusione.
Oggi le metropoli di Oriente e Occidente sono per molti versi, ad un tempo, colonie e concorrenti
degli Stati Uniti, da cui hanno conseguentemente mutuato alcuni fra i principali aspetti culturali e,
con essi, il grande sogno.
Cos'è dunque, nel nuovo millennio, il sogno americano?
Il progetto “American Dream” si propone di esplorare le dimensioni attuali del fenomeno
utilizzando come chiave ermeneutica il linguaggio dell'arte contemporanea.
Ospitati a partire dal 23 marzo 2011 nelle stanze della galleria Valentina Bonomo, cinque artisti
cosmopoliti di fama internazionale mettono a confronto idee e sensazioni esprimendo attraverso
media differenti la propria visione, più o meno problematica, del sogno americano.
Le opere di Chris Dorland, Farhad Moshiri, Jagannath Panda, Rona Pondick e Jonathan Seliger
sono quindi testimonianze vive di una necessità estetica sensibilmente urgente seppur, finora,
pressoché inesplorata.
affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho un sogno.
Un sogno profondamente radicato nel sogno americano.
(Martin Luther King, 28 agosto 1963)
Il sogno americano trova le proprie radici storiche nell'occupazione dei territori del nuovo
continente da parte dei primi coloni europei. Questi, forti dell'idea secondo cui la dedizione al
lavoro e la capacità imprenditoriale avrebbero portato alla realizzazione di una vita più
soddisfacente, lasciarono i loro paesi d'origine per compiere il proprio riscatto nei confronti del
Vecchio Mondo e di modelli culturali, politici ed economici, che prevedevano pochissime
possibilità di promozione sociale. La fiducia nelle possibilità di affermazione fondate sul
presupposto delle pari opportunità, divenne dunque emblema di un contagioso ottimismo.
Il sogno americano è sempre stato caratterizzato dalla convinzione che la vita per la generazione
successiva sarebbe stata migliore in senso sia pragmatico che spirituale; un’idea di progresso che
tuttavia, talvolta, si è rivelata un’astrazione priva di autentica corrispondenza con la realtà.
Se inizialmente il mito del self made man era figlia di un ideale comunitario di prosperità secondo
cui il sogno americano si sarebbe tradotto in “sogno dell'intera umanità”, gradualmente
l'accezione del termine è andata ad assumere connotazioni sempre più legate alla dimensione
prettamente individualistica del successo personale, sempre più identificato in termini economici,
materiali.
Tra l'umana speranza volta ad un futuro migliore e la fame di successo a discapito dei meno
capaci o intraprendenti, il sogno americano raggiunge nel '900 il massimo dell'ambiguità
interpretativa stimolando osservazioni e critiche di scrittori come F. Scott Fitzgerald, John Steinbeck,
E. Albee, Orson Welles e Brian de Palma. Ed è proprio tale ambiguità a rendere la tematica così
interessante.
Dalla metà del XX secolo la cultura americana penetra massivamente il mondo e la trasmissione
dei suoi valori trova potentissimi canali nelle produzioni musicali, cinematografiche e televisive.
Nell'era di Internet il fenomeno si amplifica; la globalizzazione si sposa con il concetto digitale di
rete e i contenuti partoriti dalla Big Apple trovano un nuovo e più efficace filtro per la propria
diffusione.
Oggi le metropoli di Oriente e Occidente sono per molti versi, ad un tempo, colonie e concorrenti
degli Stati Uniti, da cui hanno conseguentemente mutuato alcuni fra i principali aspetti culturali e,
con essi, il grande sogno.
Cos'è dunque, nel nuovo millennio, il sogno americano?
Il progetto “American Dream” si propone di esplorare le dimensioni attuali del fenomeno
utilizzando come chiave ermeneutica il linguaggio dell'arte contemporanea.
Ospitati a partire dal 23 marzo 2011 nelle stanze della galleria Valentina Bonomo, cinque artisti
cosmopoliti di fama internazionale mettono a confronto idee e sensazioni esprimendo attraverso
media differenti la propria visione, più o meno problematica, del sogno americano.
Le opere di Chris Dorland, Farhad Moshiri, Jagannath Panda, Rona Pondick e Jonathan Seliger
sono quindi testimonianze vive di una necessità estetica sensibilmente urgente seppur, finora,
pressoché inesplorata.
23
marzo 2011
American Dream
Dal 23 marzo al 15 maggio 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA VALENTINABONOMO
Roma, Via Del Portico D'ottavia, 13, (Roma)
Roma, Via Del Portico D'ottavia, 13, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 11-13 e 15-19
Vernissage
23 Marzo 2011, ore 18.30
Autore
Curatore