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American Dreamers Realtà e immaginazione nell’arte contemporanea americana
La mostra American Dreamers. Realtà e immaginazione nell’arte contemporanea americana, che inaugurerà l’8 marzo 2012 presso il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina (Palazzo Strozzi, Firenze), organizzata in collaborazione con l’Hudson River Museum (Yonkers, New York), propone una riflessione sul lavoro di artisti che utilizzano fantasia, immaginazione e sogno per costruire possibili mondi alternativi di fronte alla realtà sempre più complessa e difficile del presente.
Comunicato stampa
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La mostra American Dreamers. Realtà e immaginazione nell’arte contemporanea americana, che inaugurerà l’8 marzo 2012 presso il Centro di Cultura Contemporanea Strozzina (Palazzo Strozzi, Firenze), organizzata in collaborazione con l’Hudson River Museum (Yonkers, New York), propone una riflessione sul lavoro di artisti che utilizzano fantasia, immaginazione e sogno per costruire possibili mondi alternativi di fronte alla realtà sempre più complessa e difficile del presente.
Esiste ancora oggi il “sogno americano”? Dall’11 settembre 2001 a oggi gli Stati Uniti d’America hanno visto cadere certezze di invulnerabilità e sicurezza. Allo stesso tempo tuttavia uno spirito di ottimismo, una capacità di immaginazione, una volontà di credere sempre in un futuro a lieto fine attraverso il lavoro e nell’esaltazione dei valori di libertà e uguaglianza di opportunità sono rimasti centrali nell’idea stessa di “essere americani” e di “sogno americano”: una promessa di successo e felicità continuamente alimentata dall’immaginario hollywoodiano e dall’estetica delle campagne pubblicitarie delle grandi multinazionali, dalla Coca Cola alla Disney.
Fuggire dalla realtà diviene un modo per combattere la complessa difficoltà del presente: una rottura psicologica con la realtà o la creazione di un’alternativa migliore diventano strategie per fuggire da minacce concrete e reali come gli alti tassi di disoccupazione, la negativa situazione finanziaria internazionale, le previsioni apocalittiche sull’ambiente.
Gli undici artisti americani coinvolti nella mostra (Laura Ball, Adrien Broom, Nick Cave, Will Cotton, Adam Cvijanovic, Richard Deon, Thomas Doyle, Mandy Greer, Kirsten Hassenfeld, Patrick Jacobs, Christy Rupp) ricorrono alla fantasia e all’immaginazione per attuare una rilettura personale della realtà o addirittura una fuga da essa, tramite la costruzione di mondi paralleli alternativi che esplicitamente rifuggono la “vera” realtà. Alcune opere condensano l’essenza del reale in sistemi miniaturizzati, altre si espandono nello spazio creando mondi in cui lo spettatore si potrà immergere, altre ancora si nutrono di immagini oniriche e fantastiche o riflettono su temi simbolici come la casa o la famiglia, ancora oggi centrali nella costruzione del mito dell’American way of life.
Per alcuni artisti la costruzione di mondi fantastici costituisce la propria personale critica alla società contemporanea; per altri ciò permette di creare soluzioni alternative in cui ritrovare significati e valori che sembrano ormai persi. Alcuni degli artisti sembrano inoltre avere in comune un’attenzione alla manualità che rimanda a principi di produzione tipici del passato o a forme di organizzazione alternativa della vita, un atteggiamento volutamente anticonformista contrario ai principi di produzione in serie e all'eccesso di velocità imposto dalla società moderna.
I cosiddetti Soundsuits di Nick Cave (1959) sono opere “indossabili” colorati e stravaganti che, sebbene si pongano come oggetti d'arte a se stanti, sono anche utilizzati dall’artista come costumi per le sue performance. Realizzati in materiali sempre diversi (tessuti, ma anche capelli, bottoni, piume, paillettes), i soundsuits sono lo strumento per un’esperienza multisensoriale, che amplifica i movimenti degli arti e crea inaspettati effetti sonori.
Le opere pittoriche di Will Cotton (1965) danno vita a un mondo in cui tutto diviene zucchero filato, crema, panna. Fondendo riferimenti alla cultura pop americana (dalla cantante Katy Perry alla citazione di Candy Land, gioco molto popolare tra i bambini americani) e alla storia dell’arte (la pittura del Settecento francese di François Boucher o Jean-Honoré Fragonard), le scene di Cotton sembrano creare una realtà parallela in cui dolore o mancanza non esistono, ma in cui anche ogni desiderio ulteriore non può più essere possibile.
Adam Cvijanovic (1960) presenterà in mostra un intervento site specific in cui la pittura su muro realizzerà un coinvolgimento visivo illusionistico dei visitatori all’interno degli spazi espositivi in una sorprendente visione di immagini di resti e rovine, che divengono simbolo della decadenza della cultura contemporanea americana. Patrick Jacobs (1971) crea diorami, vedute urbane o di passaggi che lo spettatore è invitato a osservare come un voyeur, tramite spioncini collocati su di una parete e dotati di lenti ricurve che elaborano mondi a metà tra verità e inganno.
Laura Ball (1972) elabora, attraverso la fluidità dell'acquarello, un mondo popolato di immagini allegoriche in continua mutazione e in dialogo con l’autoritratto dell’artista stessa, con chiari riferimenti alla psicanalisi junghiana. Paure e sogni assumono una forma corporea come in un libero gioco di associazione e con uno stile immaginifico che cita anche figure della tradizione storico-artistica come Arcimboldo.
Kirsten Hassenfeld usa un materiale ordinario come la carta da regalo per creare opere scultoree sospese, collocate su un confine evanescente tra l'enigmatico e il domestico. Materiali e oggetti comuni sono trasformati, abbandonando la propria funzione per assumere nuove forme estetiche e nuovi significati.
Richard Deon mette in scena la sua personale e suggestiva estetica da lui stesso definita “surrealismo sociale”. Con opere pittoriche di diversi formati che interagiscono con lo spazio, Deon crea scene di persone e luoghi che emergono come surreali paradossi che giocano con immagini e situazioni in apparenza familiari, utilizzando forme e figure grafiche tipiche dei manuali di educazione civica degli anni Cinquanta.
Adrien Broom applica un approccio cinematografico alla fotografia. Unendo riferimenti alla storia dell’arte e ai linguaggi della pubblicità e della moda, Broom crea visioni in cui figure femminili diventano creature fiabesche in sospensione tra realtà e sogno, creando illusioni che fanno credere all'osservatore che niente è impossibile.
Le opere di Thomas Doyle (1976) sono micromondi racchiusi in bottiglie di vetro la cui apparenza serena e controllata rivela a un sguardo più attento e ravvicinato realtà drammatiche, che divengono espressione della precarietà della condizione umana, utilizzando simboli della vita borghese come la casa, il giardino e la famiglia in contesti stranianti, catastrofici o a volte sarcastici.
Mandy Greer (1973) crea per la mostra un’installazione spaziale site specific che il visitatore dovrà esplorare con il proprio corpo come in una sorta di foresta fantastica. Realizzati dall’artista con la tecnica dell’uncinetto con inserti di vari materiali, oggetti tridimensionali diversi alludono a forme comuni di piante o oggetti, ma anche a figure immaginarie o animali mitologici.
Le opere di Christy Rupp (1949) riflettono sui temi della produzione di massa e del rapporto tra arte e scienza. Le sue stampe uniscono riferimenti al movimento dell’Arts & Crafts inglese ottocentesco con elementi di denuncia della produzione di massa contemporanea, mentre le sue sculture di animali ormai estinti rimandano alle forme degli scheletri esposti nei musei di storia naturale, ma in realtà sono costituite da innumerevoli frammenti di ossa raccolti dall’artista tra i rifiuti di fast-food, luoghi simbolo del consumismo materialistico contemporaneo.
American Dreamers è organizzata dal Centro di Cultura Contemporanea Strozzina in collaborazione con l’Hudson River Museum (Yonkers, New York) e a cura di Bartholomew Bland.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Silvana Editoriale.
La mostra si pone in dialogo con lʼesposizione contemporaneamente in corso a Palazzo Strozzi per celebrare il quinto centenario della morte di Amerigo Vespucci: Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del Nuovo Mondo (3 marzo-15 luglio 2012), che studia il rapporto tra pittori impressionisti americani e la città di Firenze, meta irrinunciabile del Grand Tour e luogo cruciale nello sviluppo della carriera di grandi artisti d’Oltreoceano.
Esiste ancora oggi il “sogno americano”? Dall’11 settembre 2001 a oggi gli Stati Uniti d’America hanno visto cadere certezze di invulnerabilità e sicurezza. Allo stesso tempo tuttavia uno spirito di ottimismo, una capacità di immaginazione, una volontà di credere sempre in un futuro a lieto fine attraverso il lavoro e nell’esaltazione dei valori di libertà e uguaglianza di opportunità sono rimasti centrali nell’idea stessa di “essere americani” e di “sogno americano”: una promessa di successo e felicità continuamente alimentata dall’immaginario hollywoodiano e dall’estetica delle campagne pubblicitarie delle grandi multinazionali, dalla Coca Cola alla Disney.
Fuggire dalla realtà diviene un modo per combattere la complessa difficoltà del presente: una rottura psicologica con la realtà o la creazione di un’alternativa migliore diventano strategie per fuggire da minacce concrete e reali come gli alti tassi di disoccupazione, la negativa situazione finanziaria internazionale, le previsioni apocalittiche sull’ambiente.
Gli undici artisti americani coinvolti nella mostra (Laura Ball, Adrien Broom, Nick Cave, Will Cotton, Adam Cvijanovic, Richard Deon, Thomas Doyle, Mandy Greer, Kirsten Hassenfeld, Patrick Jacobs, Christy Rupp) ricorrono alla fantasia e all’immaginazione per attuare una rilettura personale della realtà o addirittura una fuga da essa, tramite la costruzione di mondi paralleli alternativi che esplicitamente rifuggono la “vera” realtà. Alcune opere condensano l’essenza del reale in sistemi miniaturizzati, altre si espandono nello spazio creando mondi in cui lo spettatore si potrà immergere, altre ancora si nutrono di immagini oniriche e fantastiche o riflettono su temi simbolici come la casa o la famiglia, ancora oggi centrali nella costruzione del mito dell’American way of life.
Per alcuni artisti la costruzione di mondi fantastici costituisce la propria personale critica alla società contemporanea; per altri ciò permette di creare soluzioni alternative in cui ritrovare significati e valori che sembrano ormai persi. Alcuni degli artisti sembrano inoltre avere in comune un’attenzione alla manualità che rimanda a principi di produzione tipici del passato o a forme di organizzazione alternativa della vita, un atteggiamento volutamente anticonformista contrario ai principi di produzione in serie e all'eccesso di velocità imposto dalla società moderna.
I cosiddetti Soundsuits di Nick Cave (1959) sono opere “indossabili” colorati e stravaganti che, sebbene si pongano come oggetti d'arte a se stanti, sono anche utilizzati dall’artista come costumi per le sue performance. Realizzati in materiali sempre diversi (tessuti, ma anche capelli, bottoni, piume, paillettes), i soundsuits sono lo strumento per un’esperienza multisensoriale, che amplifica i movimenti degli arti e crea inaspettati effetti sonori.
Le opere pittoriche di Will Cotton (1965) danno vita a un mondo in cui tutto diviene zucchero filato, crema, panna. Fondendo riferimenti alla cultura pop americana (dalla cantante Katy Perry alla citazione di Candy Land, gioco molto popolare tra i bambini americani) e alla storia dell’arte (la pittura del Settecento francese di François Boucher o Jean-Honoré Fragonard), le scene di Cotton sembrano creare una realtà parallela in cui dolore o mancanza non esistono, ma in cui anche ogni desiderio ulteriore non può più essere possibile.
Adam Cvijanovic (1960) presenterà in mostra un intervento site specific in cui la pittura su muro realizzerà un coinvolgimento visivo illusionistico dei visitatori all’interno degli spazi espositivi in una sorprendente visione di immagini di resti e rovine, che divengono simbolo della decadenza della cultura contemporanea americana. Patrick Jacobs (1971) crea diorami, vedute urbane o di passaggi che lo spettatore è invitato a osservare come un voyeur, tramite spioncini collocati su di una parete e dotati di lenti ricurve che elaborano mondi a metà tra verità e inganno.
Laura Ball (1972) elabora, attraverso la fluidità dell'acquarello, un mondo popolato di immagini allegoriche in continua mutazione e in dialogo con l’autoritratto dell’artista stessa, con chiari riferimenti alla psicanalisi junghiana. Paure e sogni assumono una forma corporea come in un libero gioco di associazione e con uno stile immaginifico che cita anche figure della tradizione storico-artistica come Arcimboldo.
Kirsten Hassenfeld usa un materiale ordinario come la carta da regalo per creare opere scultoree sospese, collocate su un confine evanescente tra l'enigmatico e il domestico. Materiali e oggetti comuni sono trasformati, abbandonando la propria funzione per assumere nuove forme estetiche e nuovi significati.
Richard Deon mette in scena la sua personale e suggestiva estetica da lui stesso definita “surrealismo sociale”. Con opere pittoriche di diversi formati che interagiscono con lo spazio, Deon crea scene di persone e luoghi che emergono come surreali paradossi che giocano con immagini e situazioni in apparenza familiari, utilizzando forme e figure grafiche tipiche dei manuali di educazione civica degli anni Cinquanta.
Adrien Broom applica un approccio cinematografico alla fotografia. Unendo riferimenti alla storia dell’arte e ai linguaggi della pubblicità e della moda, Broom crea visioni in cui figure femminili diventano creature fiabesche in sospensione tra realtà e sogno, creando illusioni che fanno credere all'osservatore che niente è impossibile.
Le opere di Thomas Doyle (1976) sono micromondi racchiusi in bottiglie di vetro la cui apparenza serena e controllata rivela a un sguardo più attento e ravvicinato realtà drammatiche, che divengono espressione della precarietà della condizione umana, utilizzando simboli della vita borghese come la casa, il giardino e la famiglia in contesti stranianti, catastrofici o a volte sarcastici.
Mandy Greer (1973) crea per la mostra un’installazione spaziale site specific che il visitatore dovrà esplorare con il proprio corpo come in una sorta di foresta fantastica. Realizzati dall’artista con la tecnica dell’uncinetto con inserti di vari materiali, oggetti tridimensionali diversi alludono a forme comuni di piante o oggetti, ma anche a figure immaginarie o animali mitologici.
Le opere di Christy Rupp (1949) riflettono sui temi della produzione di massa e del rapporto tra arte e scienza. Le sue stampe uniscono riferimenti al movimento dell’Arts & Crafts inglese ottocentesco con elementi di denuncia della produzione di massa contemporanea, mentre le sue sculture di animali ormai estinti rimandano alle forme degli scheletri esposti nei musei di storia naturale, ma in realtà sono costituite da innumerevoli frammenti di ossa raccolti dall’artista tra i rifiuti di fast-food, luoghi simbolo del consumismo materialistico contemporaneo.
American Dreamers è organizzata dal Centro di Cultura Contemporanea Strozzina in collaborazione con l’Hudson River Museum (Yonkers, New York) e a cura di Bartholomew Bland.
Il catalogo della mostra è pubblicato da Silvana Editoriale.
La mostra si pone in dialogo con lʼesposizione contemporaneamente in corso a Palazzo Strozzi per celebrare il quinto centenario della morte di Amerigo Vespucci: Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del Nuovo Mondo (3 marzo-15 luglio 2012), che studia il rapporto tra pittori impressionisti americani e la città di Firenze, meta irrinunciabile del Grand Tour e luogo cruciale nello sviluppo della carriera di grandi artisti d’Oltreoceano.
08
marzo 2012
American Dreamers Realtà e immaginazione nell’arte contemporanea americana
Dall'otto marzo al 15 luglio 2012
arte contemporanea
Location
CCCS – CENTRO DI CULTURA CONTEMPORANEA STROZZINA – PALAZZO STROZZI
Firenze, Piazza Degli Strozzi, 1, (Firenze)
Firenze, Piazza Degli Strozzi, 1, (Firenze)
Biglietti
(biglietto valido un mese) € 5,00 intero; € 4,00 ridotti (universitari e altre riduzioni); € 3,00 scuole; ingresso gratuito
giovedì 18.00-23.00; € 10,00 speciale biglietto congiunto con la mostra Americani a Firenze
Orario di apertura
martedì-domenica, 10.00-20.00; giovedì 10.00-23.00; lunedì chiuso
Vernissage
8 Marzo 2012, ore 18,30
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore