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Amore in bianco e nero. Memorie fotografiche della stare in due
Un dipinto per quarantuno foto storiche di coppie colte in momenti più o meno ufficiali; scatti che fissano istanti tracciando una piccola storia fotografica dell’amore tra XIX e prima metà del XX secolo con sguardi, posture o teneri abbracci per un sentimento che, da sempre, si desidera eterno
Comunicato stampa
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“Se tu non mi ami, non importa, sono in grado di amare per tutti e due.”
Ernest HEMINGWAY
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
da oltre dieci anni promuove la cultura fotografica attraverso l’opera di autori contemporanei e, pur avendo generato il MUSEF – il Museo della Fotografia Storica e Contemporanea – di Caltagirone, anche quest’anno, come nel giugno del 2010 con un’analoga mostra singolare e accattivante, opera una ricognizione nella fotografia storica indagando un tema tanto caro e ricercato quanto selvaggiamente banalizzato – l’amore – il tutto per tracciarne, più che una mappa accurata, un singolare abbozzo dove l'unica tela di Lisa GIULIANA, valente pittrice siciliana contemporanea, offre la chiave di lettura e declinazione di una sorta di estetica dell’immagine di coppia in questa selezione di fotografie, appartenenti a due collezioni private siciliane, che spaziano tra la fine XIX e la seconda metà del XX secolo.
Se ogni mostra è un viaggio di scoperta e se una bussola necessita ad ogni peregrinare, in questa nuova proposta Ghirri, serendipicamente, un dipinto ci accompagna e, idealmente, ci conforta. L’Ottocento e il Novecento non hanno completamente esaurito la querelle tra pittura e fotografia ma resta indubbia l’osmosi profonda che lega le due arti e la ricerca che le sottende: il dipinto di GIULIANA gioca con gli sguardi e l’amore ammicca indiscreto con tutta l’audacia che il seduttore riesce a manifestare e, parallelamente, la fotografia consegna all’immortalità delle immagini icone in bianco e nero orfane delle vite … e dei sentimenti che rappresentano.
Nelle stampe, come in ogni dove, le coppie si arrendono all’obiettivo portando con sé solo la loro fisicità e ciò che la ospita, sia essa una ricca scenografia o un anonimo fondale: si mira e si è mirati guardando al futuro e all’eternità di quell’amore che infiammandoci azzera il tempo e lo spazio. Fortunosamente sopravvissute agli uomini e alle loro vite le fotografie, decantate come preziosi nettari divini, si offrono alla curiosità del presente come reliquie parzialmente mute. Nascondono storie e vite e amori … tutto, o niente, solo per chi sa ancora ascoltare le immagini.
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, luglio 2011
“Ti prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il mio orecchio si è innamorato delle tue note come il mio occhio è rapito dal tuo aspetto.
Il potere irresistibile della tua virtù mi spinge fin dal primo sguardo a dirti, anzi a giurarti che t’amo.”
William SHAKESPEARE, Sogno di una notte di mezza estate, 1595 ca
“Amore in bianco e nero che non può più invecchiare …”
Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi
se per caso avevi ancora quella foto
in cui tu sorridevi e non guardavi.
Ed il vento passava sul tuo collo di pelliccia
e sulla tua persona e quando io,
senza capire, ho detto sì.
Hai detto "E' tutto quel che hai di me".
È tutto quel che ho di te.
Francesco DE GREGORI, Rimmel, 1975
Desiderio di fermare il tempo e l’attimo: grande fortuna della fotografia fin dagli inizi della sua storia si deve proprio alla possibilità che veniva offerta, attraverso i ritratti, di celebrare rituali familiari, fidanzamenti, matrimoni. Coppie borghesi o contadine ufficializzavano l’unione nell’odore di magnesio di uno scatto vitreo, davanti al fotografo giunto per l’occasione dalla città. Nello scatto in bianco e nero la storia d’amore era pronta per essere consegnata al futuro
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.
Pablo NERUDA, Due amanti felici, 1924
Ancora una volta la Galleria Luigi Ghirri ci permette di aggirarci tra questa raccolta di immagini, liberi di evocare le vicende individuali che sono nascoste nel risvolto invisibile di queste fotografie: coppie felici fino alla vecchiaia, separate dalla guerra, afflitte dalla malattia, unite nel lutto, oppure per sempre divise dalla morte che crudelmente decide chi resti nell’aldiquà, fra ricordi e impotente malinconia
Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
Eugenio MONTALE, Xenia I, 4, 1962
Ogni scatto una storia, che si dipana lungo il filo della vita. Indugiamo sui volti, sulla posa talora intimidita, sulle figura protesa di tre quarti, sulle mani, sugli abiti, su sguardi severi privi di sorriso, dove il film di ciò che verrà dopo è ancora tutto da girare. Un lampo luminoso per catturare un momento che verrà consegnato a genitori e parenti, messo in mostra nel salotto buono, incorniciato o custodito nell’album di famiglia
Nessuno in famiglia è mai morto per amore.
Nulla di quel passato potrebbe farsi mito.
Romei tisici? Giuliette malate di cuore?
C'e chi anzi è diventato vecchio e raggrinzito.
Nessuna vittima d'una risposta non giunta
a una lettera bagnata di pianto!
In fondo appariva sempre un qualche vicino
con pince-nez e rose in mano.
Nessun soffocamento in un armadio elegante
per il ritorno del marito dell'amante!
Questi corsetti, queste gale, la mantiglia
non impedivano di entrare nella foto di famiglia.
E mai nell'anima Bosch infernale!
(Morivano con una palla nel cranio
e barelle da campo per guanciale).
Perfino questa, con pudico décolleté
e gli occhi cerchiati come dopo una soirée,
è defluita con una grande emorragia
non verso di te, o cavaliere, e non per nostalgia.
Prima della fotografia, forse qualcuno,
ma di quelli dell'album, a quel che so, nessuno.
Le pene volgevano al riso, giorni volavano,
e loro, placati, per un'influenza se ne andavano.
Wisława SZYMBORSKA, Album,
E’ contagioso il fascino racchiuso in queste immagini di cui tutto ignoriamo, la forza che possiedono mista a un senso di inafferrabilità, di incompiutezza. Mi piace ricordare la genesi una copertina di uno dei più bei libri di Antonio TABUCCHI, uscito nel 2001, intitolato – non a caso – Si sta facendo sempre più tardi, che raffigura un uomo e una donna abbracciati
… Così riflettendo percorsi Rue des Saints-Pères e arrivai alla Senna. Era una bella giornata, e le bancarelle dei bouquinistes erano aperte. Mi soffermai davanti a una che oltre a libri usati vendeva soprattutto vecchie riviste, menù di ristoranti ormai scomparsi, vecchie stampe, e vidi un'immagine che mi colpì. Era una fotografia formato cartolina e raffigurava un uomo che abbraccia una donna. La donna è ritratta di spalle e indossa un vestito nero scollato a v. Ha in testa una cappello bianco che è contemporaneamente la sua testa e la testa dell'uomo che l'abbraccia, perché esso nasconde i volti. Lui si afferra a lei con un abbraccio spasmodico, come un naufrago attaccato a una roccia, si direbbe.
Il corpo della donna non manifesta alcuna visibile emozione, lei fa solo un piccolo gesto con la mano destra, ma non si capisce bene se è un gesto di protezione e tenerezza per l'uomo che l'abbraccia, oppure se sta semplicemente reggendo la falda del cappello che il vento potrebbe far volare via. Intorno a quei corpi fusi in un abbraccio, il grigio del cielo (era una foto in bianco e nero) e un orizzonte vuoto. Quello che mi colpì non fu solo la forza dell'immagine, cioè un momento di vita rapito da un'istantanea, ma anche il "mistero" di quell'abbraccio. Di cosa si trattava? Qual era il segreto di quell'abbraccio così drammatico? La foto costava pochi franchi. La comprai. Sul retro era indicato il nome del fotografo, o meglio, un cognome senza il nome dei battesimo (Kuligowski), il luogo dove era stata ripresa l'immagine (Château-Landon), la data (1978), e il titolo: Couple. E poi, accanto al simbolo del copyright, il nome duna piccola casa editrice (o stamperia) che con tutta probabilità era specializzata in cartoline, calendari e altre piccole pubblicazioni di questo tipo.
Quell'immagine, che misi nella mia agenda, mi ha accompagnato per molti anni, seguendomi anche in lontani viaggi. E durante tutti questi anni non ho mancato di porre il quesito che quell'immagine contiene a chi mi era vicino: mia moglie, i miei figli, amici di vari paesi. Di cosa si tratta, secondo te? Di un addio? Di un ritorno? E chi è ritornato, o chi sta partendo, lui o lei? Oppure: e se invece questo disperato abbraccio nascondesse una sciagura? Se, supponiamo, si trattasse di un padre e di una madre (dai corpi si capisce che sono persone mature) e lui avesse saputo di una disgrazia che li riguarda; sua moglie è a una festa, ignara, sta bevendo un cocktail in un giardino, chiacchiera con gli altri invitati, e all'improvviso lui arriva, l'abbraccia, il loro figlio è morto in un incidente, lui lo sa, ma come si fa a dire a una donna che sta bevendo un cocktail in un giardino che suo figlio è appena morto? Nel febbraio del 2001 l'editore Feltrinelli mi chiese se avevo suggerimenti per la copertina di Si sta facendo sempre più tardi che stava per uscire. Senza sapere bene perché pensai che la fotografia che avevo portato con me per tanto tempo avesse qualcosa a che vedere col libro che avevo scritto.
L'editore riuscì a rintracciare la casa editrice che possedeva i diritti, e l'immagine poté essere utilizzata per la copertina. Io, invece, in tutti quegli anni, avevo tentato di reperire notizie sul fotografo, ma senza esito: risultava sconosciuto anche nelle migliori librerie specializzate. Forse si trattava semplicemente di una bella e casuale immagine che era stata scelta per una cartolina. Il libro uscì in francese l'anno seguente (gennaio 2002) presso il mio editore di sempre (Christian Bourgois), con la stessa copertina. A metà gennaio Christian mi propose di fare una seduta di firme in una libreria vicino alla Sorbona. Era un pomeriggio piovoso e nella libreria c'era un certo numero di persone che avevano acquistato il libro e che mi aspettavano affinché lo firmassi. Seduto a un tavolino cominciai ad assolvere il mio compito, che durò un certo tempo. Quando tutti erano partiti si presentò un signore non più giovane, alto, dall'aspetto elegante. Gli chiesi a chi dovevo dedicare il libro. "Kuligowski" rispose. "Come il fotografo?, chiesi con una certa sorpresa. "Come il fotografo", confermò il signore. A quel punto la mia curiosità ebbe il sopravvento. "Scusi", chiesi, "ma lei è parente del fotografo?". "Io sono il fotografo", rispose lui con aria imperturbabile. Mi alzai, ci scambiammo una stretta di mano, chiamai Maria José e Dominique e Christian Bourgois: “Venite, ho trovato il fotografo, c’è qui il signor Kuligowski!”
Facemmo un brindisi, seguirono complimenti, domande d'obbligo: perché non si era mai fatto vivo, se aveva ricevuto il compenso dovuto, cose così. Tutto a posto, confermò il signor Kuligowski. E poi disse che gli sarebbe piaciuto farmi un ritratto, e farlo anche al mio editore: io e Christian che gli lasciamo telefono e indirizzo, grazie, per noi sarebbe un onore, e il signor Kuligowski che fa per accomiatarsi con gentilezza, scusatemi, ma ora devo andare, è stato un vero piacere. Eh no, signor Kuligowski, gli dico accompagnandolo verso l'uscita, scusi, ma non può andarsene così, la sua fotografia mi ha sollevato talmente tante ipotesi in questi anni, è davvero misteriosa, ma di cosa si tratta? quel disperato abbraccio, o almeno a me sembra disperato, cos'è? E il signor Kuligowski, con la sua aria imperturbabile, ormai sulla porta: "Un remariage, c'était un remariage". Probabilmente legge sul mio viso la sorpresa e allora precisa: negli anni settanta, lui di professione faceva il fotografo di matrimoni, battesimi e cerimonie del genere, quei due erano una coppia che aveva divorziato anni addietro e poi, passato il tempo, avevano deciso di risposarsi. "Succede, sa?".
Antonio TABUCCHI, Quella foto misteriosa che valeva un libro intero, La Repubblica, 7 maggio 2003
Ognuna di queste fotografie estranee un po’ ci appartiene, sono sorelle delle immagini più antiche dei nostri album di famiglia, quelle a cui siamo davvero legati, perché rappresentano la genesi della storia di ciascuno, e forse perché sono poche, tramandate da generazioni.
«È il paradosso attuale: siamo sommersi dalle immagini, attraverso la digitalizzazione del mondo e la disponibilità della rete, ma si è perso il senso del pensare per immagini, che è il fondamento di ogni mondo mitico».
Roberto CALASSO intervistato da Antonio GNOLI, Quando il mito creò l’immagine, La Repubblica, 13 ottobre 2009
Si può dire che nelle migliaia di immagini che grazie alla fotografia digitale ognuno di noi oggi possiede, a fatica si rovista per trovarne qualcuna carica del potere evocativo di queste vecchie foto, così cariche di significati nascosti: in una sola foto, nella preziosità di quell’unico scatto, stava scritto il passato, il presente e talora il futuro
Già conosco i passi di una strada
che qualunque cosa accada
so a memoria dove andrà,
già conosco i sassi del cammino
e il dolcissimo declino
da cui sola tornerò,
ma intanto penso che sto andando
verso ciò che sto negando
evitando, ritardando
osservandomi con te
in un album di fotografie,
inguaribili manie
per salvare non so che.
Mina, Ritratto in bianco e nero, 1986
Un futuro lieto o amaro, ma tuttavia già tracciato, certo, stabile, in vita e in morte, perché estranea a quel tempo in bianco e nero era l’odierna – mutuando Milan KUNDERA – insostenibile leggerezza dell’essere.
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, luglio 2011
Ernest HEMINGWAY
La Galleria Fotografica Luigi Ghirri di Caltagirone CT,
da oltre dieci anni promuove la cultura fotografica attraverso l’opera di autori contemporanei e, pur avendo generato il MUSEF – il Museo della Fotografia Storica e Contemporanea – di Caltagirone, anche quest’anno, come nel giugno del 2010 con un’analoga mostra singolare e accattivante, opera una ricognizione nella fotografia storica indagando un tema tanto caro e ricercato quanto selvaggiamente banalizzato – l’amore – il tutto per tracciarne, più che una mappa accurata, un singolare abbozzo dove l'unica tela di Lisa GIULIANA, valente pittrice siciliana contemporanea, offre la chiave di lettura e declinazione di una sorta di estetica dell’immagine di coppia in questa selezione di fotografie, appartenenti a due collezioni private siciliane, che spaziano tra la fine XIX e la seconda metà del XX secolo.
Se ogni mostra è un viaggio di scoperta e se una bussola necessita ad ogni peregrinare, in questa nuova proposta Ghirri, serendipicamente, un dipinto ci accompagna e, idealmente, ci conforta. L’Ottocento e il Novecento non hanno completamente esaurito la querelle tra pittura e fotografia ma resta indubbia l’osmosi profonda che lega le due arti e la ricerca che le sottende: il dipinto di GIULIANA gioca con gli sguardi e l’amore ammicca indiscreto con tutta l’audacia che il seduttore riesce a manifestare e, parallelamente, la fotografia consegna all’immortalità delle immagini icone in bianco e nero orfane delle vite … e dei sentimenti che rappresentano.
Nelle stampe, come in ogni dove, le coppie si arrendono all’obiettivo portando con sé solo la loro fisicità e ciò che la ospita, sia essa una ricca scenografia o un anonimo fondale: si mira e si è mirati guardando al futuro e all’eternità di quell’amore che infiammandoci azzera il tempo e lo spazio. Fortunosamente sopravvissute agli uomini e alle loro vite le fotografie, decantate come preziosi nettari divini, si offrono alla curiosità del presente come reliquie parzialmente mute. Nascondono storie e vite e amori … tutto, o niente, solo per chi sa ancora ascoltare le immagini.
Sebastiano FAVITTA, Attilio GERBINO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Caltagirone, luglio 2011
“Ti prego, grazioso mortale, canta ancora.
Il mio orecchio si è innamorato delle tue note come il mio occhio è rapito dal tuo aspetto.
Il potere irresistibile della tua virtù mi spinge fin dal primo sguardo a dirti, anzi a giurarti che t’amo.”
William SHAKESPEARE, Sogno di una notte di mezza estate, 1595 ca
“Amore in bianco e nero che non può più invecchiare …”
Come quando fuori pioveva e tu mi domandavi
se per caso avevi ancora quella foto
in cui tu sorridevi e non guardavi.
Ed il vento passava sul tuo collo di pelliccia
e sulla tua persona e quando io,
senza capire, ho detto sì.
Hai detto "E' tutto quel che hai di me".
È tutto quel che ho di te.
Francesco DE GREGORI, Rimmel, 1975
Desiderio di fermare il tempo e l’attimo: grande fortuna della fotografia fin dagli inizi della sua storia si deve proprio alla possibilità che veniva offerta, attraverso i ritratti, di celebrare rituali familiari, fidanzamenti, matrimoni. Coppie borghesi o contadine ufficializzavano l’unione nell’odore di magnesio di uno scatto vitreo, davanti al fotografo giunto per l’occasione dalla città. Nello scatto in bianco e nero la storia d’amore era pronta per essere consegnata al futuro
Due amanti felici non hanno fine né morte,
nascono e muoiono più volte vivendo,
hanno l’eternità della natura.
Pablo NERUDA, Due amanti felici, 1924
Ancora una volta la Galleria Luigi Ghirri ci permette di aggirarci tra questa raccolta di immagini, liberi di evocare le vicende individuali che sono nascoste nel risvolto invisibile di queste fotografie: coppie felici fino alla vecchiaia, separate dalla guerra, afflitte dalla malattia, unite nel lutto, oppure per sempre divise dalla morte che crudelmente decide chi resti nell’aldiquà, fra ricordi e impotente malinconia
Avevamo studiato per l'aldilà
un fischio, un segno di riconoscimento.
Mi provo a modularlo nella speranza
che tutti siamo già morti senza saperlo.
Eugenio MONTALE, Xenia I, 4, 1962
Ogni scatto una storia, che si dipana lungo il filo della vita. Indugiamo sui volti, sulla posa talora intimidita, sulle figura protesa di tre quarti, sulle mani, sugli abiti, su sguardi severi privi di sorriso, dove il film di ciò che verrà dopo è ancora tutto da girare. Un lampo luminoso per catturare un momento che verrà consegnato a genitori e parenti, messo in mostra nel salotto buono, incorniciato o custodito nell’album di famiglia
Nessuno in famiglia è mai morto per amore.
Nulla di quel passato potrebbe farsi mito.
Romei tisici? Giuliette malate di cuore?
C'e chi anzi è diventato vecchio e raggrinzito.
Nessuna vittima d'una risposta non giunta
a una lettera bagnata di pianto!
In fondo appariva sempre un qualche vicino
con pince-nez e rose in mano.
Nessun soffocamento in un armadio elegante
per il ritorno del marito dell'amante!
Questi corsetti, queste gale, la mantiglia
non impedivano di entrare nella foto di famiglia.
E mai nell'anima Bosch infernale!
(Morivano con una palla nel cranio
e barelle da campo per guanciale).
Perfino questa, con pudico décolleté
e gli occhi cerchiati come dopo una soirée,
è defluita con una grande emorragia
non verso di te, o cavaliere, e non per nostalgia.
Prima della fotografia, forse qualcuno,
ma di quelli dell'album, a quel che so, nessuno.
Le pene volgevano al riso, giorni volavano,
e loro, placati, per un'influenza se ne andavano.
Wisława SZYMBORSKA, Album,
E’ contagioso il fascino racchiuso in queste immagini di cui tutto ignoriamo, la forza che possiedono mista a un senso di inafferrabilità, di incompiutezza. Mi piace ricordare la genesi una copertina di uno dei più bei libri di Antonio TABUCCHI, uscito nel 2001, intitolato – non a caso – Si sta facendo sempre più tardi, che raffigura un uomo e una donna abbracciati
… Così riflettendo percorsi Rue des Saints-Pères e arrivai alla Senna. Era una bella giornata, e le bancarelle dei bouquinistes erano aperte. Mi soffermai davanti a una che oltre a libri usati vendeva soprattutto vecchie riviste, menù di ristoranti ormai scomparsi, vecchie stampe, e vidi un'immagine che mi colpì. Era una fotografia formato cartolina e raffigurava un uomo che abbraccia una donna. La donna è ritratta di spalle e indossa un vestito nero scollato a v. Ha in testa una cappello bianco che è contemporaneamente la sua testa e la testa dell'uomo che l'abbraccia, perché esso nasconde i volti. Lui si afferra a lei con un abbraccio spasmodico, come un naufrago attaccato a una roccia, si direbbe.
Il corpo della donna non manifesta alcuna visibile emozione, lei fa solo un piccolo gesto con la mano destra, ma non si capisce bene se è un gesto di protezione e tenerezza per l'uomo che l'abbraccia, oppure se sta semplicemente reggendo la falda del cappello che il vento potrebbe far volare via. Intorno a quei corpi fusi in un abbraccio, il grigio del cielo (era una foto in bianco e nero) e un orizzonte vuoto. Quello che mi colpì non fu solo la forza dell'immagine, cioè un momento di vita rapito da un'istantanea, ma anche il "mistero" di quell'abbraccio. Di cosa si trattava? Qual era il segreto di quell'abbraccio così drammatico? La foto costava pochi franchi. La comprai. Sul retro era indicato il nome del fotografo, o meglio, un cognome senza il nome dei battesimo (Kuligowski), il luogo dove era stata ripresa l'immagine (Château-Landon), la data (1978), e il titolo: Couple. E poi, accanto al simbolo del copyright, il nome duna piccola casa editrice (o stamperia) che con tutta probabilità era specializzata in cartoline, calendari e altre piccole pubblicazioni di questo tipo.
Quell'immagine, che misi nella mia agenda, mi ha accompagnato per molti anni, seguendomi anche in lontani viaggi. E durante tutti questi anni non ho mancato di porre il quesito che quell'immagine contiene a chi mi era vicino: mia moglie, i miei figli, amici di vari paesi. Di cosa si tratta, secondo te? Di un addio? Di un ritorno? E chi è ritornato, o chi sta partendo, lui o lei? Oppure: e se invece questo disperato abbraccio nascondesse una sciagura? Se, supponiamo, si trattasse di un padre e di una madre (dai corpi si capisce che sono persone mature) e lui avesse saputo di una disgrazia che li riguarda; sua moglie è a una festa, ignara, sta bevendo un cocktail in un giardino, chiacchiera con gli altri invitati, e all'improvviso lui arriva, l'abbraccia, il loro figlio è morto in un incidente, lui lo sa, ma come si fa a dire a una donna che sta bevendo un cocktail in un giardino che suo figlio è appena morto? Nel febbraio del 2001 l'editore Feltrinelli mi chiese se avevo suggerimenti per la copertina di Si sta facendo sempre più tardi che stava per uscire. Senza sapere bene perché pensai che la fotografia che avevo portato con me per tanto tempo avesse qualcosa a che vedere col libro che avevo scritto.
L'editore riuscì a rintracciare la casa editrice che possedeva i diritti, e l'immagine poté essere utilizzata per la copertina. Io, invece, in tutti quegli anni, avevo tentato di reperire notizie sul fotografo, ma senza esito: risultava sconosciuto anche nelle migliori librerie specializzate. Forse si trattava semplicemente di una bella e casuale immagine che era stata scelta per una cartolina. Il libro uscì in francese l'anno seguente (gennaio 2002) presso il mio editore di sempre (Christian Bourgois), con la stessa copertina. A metà gennaio Christian mi propose di fare una seduta di firme in una libreria vicino alla Sorbona. Era un pomeriggio piovoso e nella libreria c'era un certo numero di persone che avevano acquistato il libro e che mi aspettavano affinché lo firmassi. Seduto a un tavolino cominciai ad assolvere il mio compito, che durò un certo tempo. Quando tutti erano partiti si presentò un signore non più giovane, alto, dall'aspetto elegante. Gli chiesi a chi dovevo dedicare il libro. "Kuligowski" rispose. "Come il fotografo?, chiesi con una certa sorpresa. "Come il fotografo", confermò il signore. A quel punto la mia curiosità ebbe il sopravvento. "Scusi", chiesi, "ma lei è parente del fotografo?". "Io sono il fotografo", rispose lui con aria imperturbabile. Mi alzai, ci scambiammo una stretta di mano, chiamai Maria José e Dominique e Christian Bourgois: “Venite, ho trovato il fotografo, c’è qui il signor Kuligowski!”
Facemmo un brindisi, seguirono complimenti, domande d'obbligo: perché non si era mai fatto vivo, se aveva ricevuto il compenso dovuto, cose così. Tutto a posto, confermò il signor Kuligowski. E poi disse che gli sarebbe piaciuto farmi un ritratto, e farlo anche al mio editore: io e Christian che gli lasciamo telefono e indirizzo, grazie, per noi sarebbe un onore, e il signor Kuligowski che fa per accomiatarsi con gentilezza, scusatemi, ma ora devo andare, è stato un vero piacere. Eh no, signor Kuligowski, gli dico accompagnandolo verso l'uscita, scusi, ma non può andarsene così, la sua fotografia mi ha sollevato talmente tante ipotesi in questi anni, è davvero misteriosa, ma di cosa si tratta? quel disperato abbraccio, o almeno a me sembra disperato, cos'è? E il signor Kuligowski, con la sua aria imperturbabile, ormai sulla porta: "Un remariage, c'était un remariage". Probabilmente legge sul mio viso la sorpresa e allora precisa: negli anni settanta, lui di professione faceva il fotografo di matrimoni, battesimi e cerimonie del genere, quei due erano una coppia che aveva divorziato anni addietro e poi, passato il tempo, avevano deciso di risposarsi. "Succede, sa?".
Antonio TABUCCHI, Quella foto misteriosa che valeva un libro intero, La Repubblica, 7 maggio 2003
Ognuna di queste fotografie estranee un po’ ci appartiene, sono sorelle delle immagini più antiche dei nostri album di famiglia, quelle a cui siamo davvero legati, perché rappresentano la genesi della storia di ciascuno, e forse perché sono poche, tramandate da generazioni.
«È il paradosso attuale: siamo sommersi dalle immagini, attraverso la digitalizzazione del mondo e la disponibilità della rete, ma si è perso il senso del pensare per immagini, che è il fondamento di ogni mondo mitico».
Roberto CALASSO intervistato da Antonio GNOLI, Quando il mito creò l’immagine, La Repubblica, 13 ottobre 2009
Si può dire che nelle migliaia di immagini che grazie alla fotografia digitale ognuno di noi oggi possiede, a fatica si rovista per trovarne qualcuna carica del potere evocativo di queste vecchie foto, così cariche di significati nascosti: in una sola foto, nella preziosità di quell’unico scatto, stava scritto il passato, il presente e talora il futuro
Già conosco i passi di una strada
che qualunque cosa accada
so a memoria dove andrà,
già conosco i sassi del cammino
e il dolcissimo declino
da cui sola tornerò,
ma intanto penso che sto andando
verso ciò che sto negando
evitando, ritardando
osservandomi con te
in un album di fotografie,
inguaribili manie
per salvare non so che.
Mina, Ritratto in bianco e nero, 1986
Un futuro lieto o amaro, ma tuttavia già tracciato, certo, stabile, in vita e in morte, perché estranea a quel tempo in bianco e nero era l’odierna – mutuando Milan KUNDERA – insostenibile leggerezza dell’essere.
Marina BENEDETTO
Galleria Fotografica Luigi GHIRRI
Savona, luglio 2011
23
luglio 2011
Amore in bianco e nero. Memorie fotografiche della stare in due
Dal 23 luglio al 04 settembre 2011
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
GALLERIA FOTOGRAFICA LUIGI GHIRRI
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Caltagirone, Via Duomo, 11, (Catania)
Orario di apertura
da lunedì a domenica 9.30 -12.30, 16.00 -19.00
Vernissage
23 Luglio 2011, h 19.30
Autore
Curatore