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Ampelio Zappalorto – Pagine scelte
In mostra 12 disegni di Ampelio Zappalorto, ritratti e autoritratti; sintesi poetica e drammatica di una ricerca sempre coerente.
Comunicato stampa
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Le confessioni - un diario in forma di segno.
Di Carlo Sala.
Marcel Proust in un celebre passo della Recherche scrisse che “la realtà si forma soltanto nella memoria” ribadendo così un implicito rapporto tra esistenza e creazione. il ciclo di opere su carta che compone la mostra Pagine scelte di Ampelio Zappalorto (Vittorio Veneto, 1956) può essere letto come una sorta di memoir visivo, dove la dimensione del vissuto personale, e dei propri cari, diviene un momento di riflessione su temi universali come il corpo, i rapporti sociali e la sessualità. Dai primi anni Novanta l’opera di Zappalorto si è concentrata su concetti chiavi come l’identità attraverso una pluralità di mezzi espressivi che vanno dalla pittura alla scultura, dal video alla fotografia; in questo caso, la scelta di utilizzare il disegno è indicativa della trattazione visiva diretta di una serie di istanze personali che non ammettono meditazioni o ripensamenti, per imprimere su carta suggestioni e attimi di memoria inconscia che a posteriori la logica codifica e stratifica.
Nelle carte che compongono il dittico Adamo ed Eva sono raffigurati due torsi, uno maschile e uno femminile, che sembrano in bilico tra una tensione prettamente contemporanea e il richiamo alle fattezza alla statuaria antica. Quello maschile rimanda alla stilizzazione del kouros greco per la sua monumentalità statica e l’assenza di attributi evidente, due caratteri che gli permettono di giungere a un equilibrio atavico delle forme. Il titolo dei disegni nel richiamare le due figure primigenie - comuni a cristianesimo, ebraismo e islam - rende chiaro come quelle disegnate da Zappalorto siano degli archetipi senza tempo del maschile e del femminile che compendiano una lunga tradizione di rappresentazioni e speculazioni sul corpo. In queste immagini la sessualità è chiara e ben definita al pari dei disegni che recano due persone inginocchiate in una posa dai risvolti biopolitici quasi fossero poste di fronte all’autorità di un potere politico o religioso in attesa di giudizio, entro un ideale tribunale dell’esistenza. L’artista privandole di un volto non ci permette di indagarne l’identità e il nostro sguardo indugia su un corpo che porta con sè il peso della prigionia, in una sessualità biologica a cui forse non si sentono aderire.
Nel disegno Ritratto di Andrea, appaiono le fattezze di un giovane che porta nel corpo i segni del suo percorso di vita legato alla sessualità. Il suo sguardo sembra incarnare il motivo, visivo e letterario, della malinconia vissuta in un’età fatta di sentimenti contrastanti, tra speranze e timori per il futuro. I vari disegni esposti sono una sorta di racconto della fluidità dei corpi, come in Enigma, dove il pittore con un segno deciso ha cancellato il seno della figura e celato lo sguardo sotto in contorni di una maschera, o Androgino, in cui l’analisi anatomica si fa più cogente nel rappresentare una figura ermafrodita.
In Autoritratto si palesano le fattezze dell’artista, ma private dei consueti attributi della disciplina pittorica tanto cari alla tradizione occidentale. La figura reca in mano un ramo, a richiamare un rito sciamanico, e una bandiera rossa, emblema universale delle lotte per la resistenza; ne emerge una figura sospesa tra una dimensione politica, che si interroga sul mondo che la circonda, e quella taumaturgica e trascendente. La sagoma longilinea dell’autore ha dei raggi che escono dagli occhi, quasi fossero il punto di connessione tra una realtà esterna, compulsata da quello sguardo ipnotico, e la mediazione interiore dell’artista sul mondo che attraverso la pratica del disegno dà forma visiva a sensazioni e frammenti di vita.
Di Carlo Sala.
Marcel Proust in un celebre passo della Recherche scrisse che “la realtà si forma soltanto nella memoria” ribadendo così un implicito rapporto tra esistenza e creazione. il ciclo di opere su carta che compone la mostra Pagine scelte di Ampelio Zappalorto (Vittorio Veneto, 1956) può essere letto come una sorta di memoir visivo, dove la dimensione del vissuto personale, e dei propri cari, diviene un momento di riflessione su temi universali come il corpo, i rapporti sociali e la sessualità. Dai primi anni Novanta l’opera di Zappalorto si è concentrata su concetti chiavi come l’identità attraverso una pluralità di mezzi espressivi che vanno dalla pittura alla scultura, dal video alla fotografia; in questo caso, la scelta di utilizzare il disegno è indicativa della trattazione visiva diretta di una serie di istanze personali che non ammettono meditazioni o ripensamenti, per imprimere su carta suggestioni e attimi di memoria inconscia che a posteriori la logica codifica e stratifica.
Nelle carte che compongono il dittico Adamo ed Eva sono raffigurati due torsi, uno maschile e uno femminile, che sembrano in bilico tra una tensione prettamente contemporanea e il richiamo alle fattezza alla statuaria antica. Quello maschile rimanda alla stilizzazione del kouros greco per la sua monumentalità statica e l’assenza di attributi evidente, due caratteri che gli permettono di giungere a un equilibrio atavico delle forme. Il titolo dei disegni nel richiamare le due figure primigenie - comuni a cristianesimo, ebraismo e islam - rende chiaro come quelle disegnate da Zappalorto siano degli archetipi senza tempo del maschile e del femminile che compendiano una lunga tradizione di rappresentazioni e speculazioni sul corpo. In queste immagini la sessualità è chiara e ben definita al pari dei disegni che recano due persone inginocchiate in una posa dai risvolti biopolitici quasi fossero poste di fronte all’autorità di un potere politico o religioso in attesa di giudizio, entro un ideale tribunale dell’esistenza. L’artista privandole di un volto non ci permette di indagarne l’identità e il nostro sguardo indugia su un corpo che porta con sè il peso della prigionia, in una sessualità biologica a cui forse non si sentono aderire.
Nel disegno Ritratto di Andrea, appaiono le fattezze di un giovane che porta nel corpo i segni del suo percorso di vita legato alla sessualità. Il suo sguardo sembra incarnare il motivo, visivo e letterario, della malinconia vissuta in un’età fatta di sentimenti contrastanti, tra speranze e timori per il futuro. I vari disegni esposti sono una sorta di racconto della fluidità dei corpi, come in Enigma, dove il pittore con un segno deciso ha cancellato il seno della figura e celato lo sguardo sotto in contorni di una maschera, o Androgino, in cui l’analisi anatomica si fa più cogente nel rappresentare una figura ermafrodita.
In Autoritratto si palesano le fattezze dell’artista, ma private dei consueti attributi della disciplina pittorica tanto cari alla tradizione occidentale. La figura reca in mano un ramo, a richiamare un rito sciamanico, e una bandiera rossa, emblema universale delle lotte per la resistenza; ne emerge una figura sospesa tra una dimensione politica, che si interroga sul mondo che la circonda, e quella taumaturgica e trascendente. La sagoma longilinea dell’autore ha dei raggi che escono dagli occhi, quasi fossero il punto di connessione tra una realtà esterna, compulsata da quello sguardo ipnotico, e la mediazione interiore dell’artista sul mondo che attraverso la pratica del disegno dà forma visiva a sensazioni e frammenti di vita.
18
novembre 2023
Ampelio Zappalorto – Pagine scelte
Dal 18 novembre al 20 dicembre 2023
arte contemporanea
Location
GALLERIA L’ELEFANTE
Treviso, Via Roggia, 52, (Treviso)
Treviso, Via Roggia, 52, (Treviso)
Orario di apertura
Da martedì a sabato ore 15-19
Vernissage
18 Novembre 2023, Dalle 18.00
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico