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Ana Kapor – I sentieri del silenzio
mostra personale
Comunicato stampa
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"Alla base di tutto quello che faccio c'è esclusivamente il mio tentativo di capire il mondo, di spiegarlo prima a me stesso e poi anche agli altri."
Oggi, molti anni dopo, non potrei aggiungere nulla a questa frase di mio padre, scrittore e pittore, il primo a introdurmi nel mondo della pittura, quando ero ancora molto piccola.
Anche la mia, sicuramente, è una personale ricerca di verità, bellezza, quiete ed equilibrio che dura ormai da più di trent'anni. Forse sarebbe più corretto dire che duri da sempre, poiché una volta cominciato a dipingere, da bambina, non ho mai più smesso.
Arrivata a Roma nei primi anni ottanta, sono stata fin da subito catturata dall'atmosfera ammaliante di questa città, ed ecco che nei miei quadri sono apparsi i palazzi bagnanti dalla luce, una luce così caratteristica e diversa da quella della mia città d'origine. Ho sempre pensato che la mia pittura sarebbe stata un'altra se ad esempio avessi scelto di studiare all'Accademia di Belle Arti di Parigi o di Berlino, invece che a quella di Roma.
Nei miei quadri non c'è un tempo misurabile nel senso convenzionale. E' pressoché impossibile stabilire la nascita e la durata della scena dipinta. Tuttavia, il senso di quel tempo è determinante per il contenuto. Ed è proprio quello che cerco di dipingere: la sequenza estrapolata e fissata per sempre nell'immagine.
Dipingo spesso l'acqua. L'acqua che dipingo è sempre calma, priva di onde. Questo mi permette di studiare i riflessi che, a loro volta, diventano effimeri contenitori della realtà. Qualsiasi movimento della superficie distrugge spietatamente questa armonia, ricordandomi così tutta la fragilità dell'esistente equilibrio.
Quello che mi interessa non è tanto dipingere una cosa o un'altra, ma è soprattutto catturare la luce che determina l'essenza dell'oggetto. Credo che proprio il rapporto tra la luce e l'ombra contenga il vero mistero della pittura. Decifrare quell'esile codice significa creare il proprio linguaggio e trovare un modo per comunicarlo agli altri.
Ormai da anni il mio mondo si è spopolato. Agli inizi la figura umana era parte integrante dei miei dipinti, un protagonista che spesso ne determinava il contenuto. Con gli anni il suo ruolo diventava sempre più marginale, fino a sparire del tutto. Mi sembrava superfluo in quel mondo di perfetta geometria che cercavo di costruire. Adesso, qualche volta, sono tentata di farlo rientrare...
Ana Kapor
Roma, aprile 2016.
Oggi, molti anni dopo, non potrei aggiungere nulla a questa frase di mio padre, scrittore e pittore, il primo a introdurmi nel mondo della pittura, quando ero ancora molto piccola.
Anche la mia, sicuramente, è una personale ricerca di verità, bellezza, quiete ed equilibrio che dura ormai da più di trent'anni. Forse sarebbe più corretto dire che duri da sempre, poiché una volta cominciato a dipingere, da bambina, non ho mai più smesso.
Arrivata a Roma nei primi anni ottanta, sono stata fin da subito catturata dall'atmosfera ammaliante di questa città, ed ecco che nei miei quadri sono apparsi i palazzi bagnanti dalla luce, una luce così caratteristica e diversa da quella della mia città d'origine. Ho sempre pensato che la mia pittura sarebbe stata un'altra se ad esempio avessi scelto di studiare all'Accademia di Belle Arti di Parigi o di Berlino, invece che a quella di Roma.
Nei miei quadri non c'è un tempo misurabile nel senso convenzionale. E' pressoché impossibile stabilire la nascita e la durata della scena dipinta. Tuttavia, il senso di quel tempo è determinante per il contenuto. Ed è proprio quello che cerco di dipingere: la sequenza estrapolata e fissata per sempre nell'immagine.
Dipingo spesso l'acqua. L'acqua che dipingo è sempre calma, priva di onde. Questo mi permette di studiare i riflessi che, a loro volta, diventano effimeri contenitori della realtà. Qualsiasi movimento della superficie distrugge spietatamente questa armonia, ricordandomi così tutta la fragilità dell'esistente equilibrio.
Quello che mi interessa non è tanto dipingere una cosa o un'altra, ma è soprattutto catturare la luce che determina l'essenza dell'oggetto. Credo che proprio il rapporto tra la luce e l'ombra contenga il vero mistero della pittura. Decifrare quell'esile codice significa creare il proprio linguaggio e trovare un modo per comunicarlo agli altri.
Ormai da anni il mio mondo si è spopolato. Agli inizi la figura umana era parte integrante dei miei dipinti, un protagonista che spesso ne determinava il contenuto. Con gli anni il suo ruolo diventava sempre più marginale, fino a sparire del tutto. Mi sembrava superfluo in quel mondo di perfetta geometria che cercavo di costruire. Adesso, qualche volta, sono tentata di farlo rientrare...
Ana Kapor
Roma, aprile 2016.
13
maggio 2016
Ana Kapor – I sentieri del silenzio
Dal 13 maggio al 04 giugno 2016
arte contemporanea
Location
ASSOCIAZIONE CULTURALE ATELIER
Roma, Via Panisperna, 236, (Roma)
Roma, Via Panisperna, 236, (Roma)
Orario di apertura
da giovedì a sabato 18-20
Vernissage
13 Maggio 2016, ore 19
Autore
Curatore