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Anahi Angela Mariotti – Se non vedete segni o prodigi, non credete affatto
Con il suo progetto site specific per la Sala Santa Rita di Roma, Anahi Angela Mariotti parte dall’analisi architettonica e storica della chiesa sconsacrata di Santa Rita per poi rivolgere una più ampia riflessione sul concetto di miracolo nella contemporaneità, un fenomeno che sfugge alla confutazione scientifica tramandandosi nel tempo a seconda dei codici della cultura dominante
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Con il suo progetto site specific per la Sala Santa Rita di Roma, Se non vedete segni o prodigi,
non credete affatto, Anahi Angela Mariotti parte dall’analisi architettonica e storica della
chiesa sconsacrata di Santa Rita per poi rivolgere una più ampia riflessione sul concetto di
miracolo nella contemporaneità, un fenomeno che sfugge alla confutazione scientifica
tramandandosi nel tempo a seconda dei codici della cultura dominante.
L’opera nasce così dallo studio dello spazio architettonico come contenitore di credenze,
veicolo di rituali e narrazioni e, in particolare dal pavimento della Sala, una scacchiera
esagonale in marmo concepita per ricordare un alveare, elemento che allude agli attributi
simbolici di Santa Rita.
Dal pavimento si erge l’esile struttura metallica con intrecci articolati che invadono lo spazio e
se ne lasciano attraversare, l’opera è un sottile gioco d’interconnessioni la cui possibile
evoluzione consiste proprio nella reciprocità dei suoi elementi. A rompere la schematicità del
reticolato Anahi colloca tra le maglie della struttura impercettibili e preziosissime api in
bronzo, un tentativo di riportare alla presenza quello che normalmente viene demandato
all’assenza.
Ci sono molti modi per definire il miracolo. Secondo Treccani, la definizione di miracolo viene
associata all’ambito della teologia come evento inspiegabile che nasce “là dove manca un
concetto preciso di "natura".
Molti sono coloro che si sono interrogati sull’essenza di questa parola, attribuendole di volta in volta
una specificità diversa.
Certo è che il miracolo resta un “problema” vivo anche nella contemporaneità.
Nella sua manifestazione teologica il miracolo assume la funzione di simbolo e di veicolo di un
messaggio il cui contenuto è insito nel simbolo stesso.
Ma la simbologia non può che appartenere ad un sistema di credenze e mitologie collettive, che
vengono plasmate nel corso delle epoche proprio in virtù della necessita di rispondere ad una sempre
viva esigenza di trascendenza.
Dal punto di vista filosofico, spesso è stato fatto notare come l’esigenza del miracolo nasca da una
netta demarcazione tra il concetto di divinità e di natura, dall’impossibilità di accettare la natura al di
fuori della propria cognizione.
“Chi si consegna alla natura non ha bisogno dell'inconoscibile, del soprannaturale, per poter provar
rispetto; c'è soltanto un miracolo per lui, ed è che tutto su questa terra, incluse le massime fioriture
della vita, si sia semplicemente formato senza miracoli nel senso convenzionale della parola.” (Konrad
Lorenz)
Appare ormai chiaro come questa partita si giochi tutta nel campo della credenza collettiva e nel
rapporto che l’uomo ha con quanto gli appare misterioso ed inspiegabile. Anche il filosofo Ludwig
Wittgenstein, così concentrato a fare del linguaggio l’essenza di qualsiasi esperienza e lontano da
qualunque posizione teologica, aveva sentito il bisogno di appellarsi al “mistico” all’ “indicibile” per
definire un qualcosa che propriamente sfugge alla logica del linguaggio e tuttavia solo attraverso esso
riesce a manifestarsi come tale.
Relazionandosi all’imponente architettura della Sala Santa Rita, ricca di simbologia e connotazioni
storiche, è difficile pensare ad un intervento che prescinda da questi elementi.
Il pavimento, con la sua forte presenza scenica, conquista lo spazio una volta occupato da mobilie e
suppellettili destinate al culto.
Tale simbologia sembra necessariamente richiamare alla storia di Santa Rita da Cascia, storicamente
associata al simbolo dell’ape in virtù di un episodio miracoloso che la vede protagonista. L’alveare,
ricovero dell’insetto ma anche simbolo della complessa organizzazione architettonica di una società
operaia, ben si presta a manifestare questa dicotomia tra simbolo sacro e complessa articolazione
sociale.
La sua proiezione verticale è il risultato di una stratificazione, quella che normalmente è attribuibile
all’avvicendarsi delle epoche e che si arricchisce di mitologie collettive in funzione della necessità
sempre presente di sfuggire alla mancanza di significato. Anahi Angela Mariotti con il suo intervento,
mette in luce la differenza tra un approccio passivo alla credenza e la possibilità di un sentire che è
prima di tutto frutto di un’esperienza presente e non evocazione di un non ben precisato “altrove”.
Le api in bronzo, prodotto della delicata sensibilità scultorea dell’artista rappresentano proprio questa
possibilità di ancoraggio alla realtà, coinvolgendo direttamente la sua abilità nel modellare la forma.
L’intervento si inserisce delicatamente nell’architettura preesistente, le sue forme sono il frutto di una
sensibilità femminile in grado di abitare lo spazio senza imporsi su esso. Allo stesso tempo la natura
scultorea ed installativa dell’opera ne garantisce la presenza, amplificando il già presente gioco di
illusioni ottiche creato dal pavimento. L’installazione sembra proiettarsi nella sala come un disegno su
un foglio di acetato attraversato da un raggio luminoso: così l’opera esiste ma potrebbe scomparire
quando la luce si spegne e gli occhi non vedono più. (Daniela Cotimbo).
La mostra, a cura di Daniela Cotimbo, è promossa da Roma Capitale – Dipartimento Cultura -
Servizio Programmazione e Gestione Spazi Culturali e realizzata con il supporto organizzativo
di Zètema Progetto Cultura.
Anahi Angela Mariotti è nata nel 1986 a Recanati, vive e lavora a Roma presso lo studio OFF1C1NA. Si
diploma all'Accademia di Belle Arti di Roma in pittura, effettuando un periodo di studi in Spagna.
Frequenta il Master in Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Stauròs. Successivamente si forma
come orafa modellista. Tra il 2011 e il 2013 collabora come assistente degli artisti spagnoli Lorena
Amòros e Eduardo Balanza (Manifesta 8, Murcia), successivamente con Pietro Ruffo e, attualmente,
con Marco Tirelli presso il Pastificio Cerere a Roma.
Tra le mostre personali più recenti: Il sentiero dei nidi di Vespa (SPAZIO Y. Roma, 2015), Anahi Angela
Mariotti (Galleria DiVinArte. Mentana, 2013); Intimità (LAB, Murcia Spagna, 2011);
Collettive: Madre Terra 2015 Pizzo Calabro, Limen 2014 Vibo Valentia, OFF1C1NA, al Quadraro (Temple
University. Roma 2014); Land Art al Furlo 2014 (. Sant’Anna del Furlo, 2014); Ginkgo, progetto di
resilienza artistica (Roma 2014);Festival della Creatività (Pelanda Factory - Ex Mattatoio di Testaccio,
Roma, 2013).
Premi: Premio della Critica Art&co. 2015, Premio Cent’anni di Welles 2015 Nuovo Cinema Aquila,
Premio Catel 2009, pubblicazione tesi di triennio negli Annali della Insigne Pontificia Accademia di
Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon.
Sala Santa Rita, via Montanara (adiacenze piazza Campitelli).
Orario di apertura: Tutti i giorni 15-19
Chiuso: Domenica
Ingresso libero
www.comune.roma.it/cultura
Ufficio Stampa
Daniela Cotimbo danielacotimbo.news@gmail.com
Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura
Gabriella Gnetti g.gnetti@zetema.it
non credete affatto, Anahi Angela Mariotti parte dall’analisi architettonica e storica della
chiesa sconsacrata di Santa Rita per poi rivolgere una più ampia riflessione sul concetto di
miracolo nella contemporaneità, un fenomeno che sfugge alla confutazione scientifica
tramandandosi nel tempo a seconda dei codici della cultura dominante.
L’opera nasce così dallo studio dello spazio architettonico come contenitore di credenze,
veicolo di rituali e narrazioni e, in particolare dal pavimento della Sala, una scacchiera
esagonale in marmo concepita per ricordare un alveare, elemento che allude agli attributi
simbolici di Santa Rita.
Dal pavimento si erge l’esile struttura metallica con intrecci articolati che invadono lo spazio e
se ne lasciano attraversare, l’opera è un sottile gioco d’interconnessioni la cui possibile
evoluzione consiste proprio nella reciprocità dei suoi elementi. A rompere la schematicità del
reticolato Anahi colloca tra le maglie della struttura impercettibili e preziosissime api in
bronzo, un tentativo di riportare alla presenza quello che normalmente viene demandato
all’assenza.
Ci sono molti modi per definire il miracolo. Secondo Treccani, la definizione di miracolo viene
associata all’ambito della teologia come evento inspiegabile che nasce “là dove manca un
concetto preciso di "natura".
Molti sono coloro che si sono interrogati sull’essenza di questa parola, attribuendole di volta in volta
una specificità diversa.
Certo è che il miracolo resta un “problema” vivo anche nella contemporaneità.
Nella sua manifestazione teologica il miracolo assume la funzione di simbolo e di veicolo di un
messaggio il cui contenuto è insito nel simbolo stesso.
Ma la simbologia non può che appartenere ad un sistema di credenze e mitologie collettive, che
vengono plasmate nel corso delle epoche proprio in virtù della necessita di rispondere ad una sempre
viva esigenza di trascendenza.
Dal punto di vista filosofico, spesso è stato fatto notare come l’esigenza del miracolo nasca da una
netta demarcazione tra il concetto di divinità e di natura, dall’impossibilità di accettare la natura al di
fuori della propria cognizione.
“Chi si consegna alla natura non ha bisogno dell'inconoscibile, del soprannaturale, per poter provar
rispetto; c'è soltanto un miracolo per lui, ed è che tutto su questa terra, incluse le massime fioriture
della vita, si sia semplicemente formato senza miracoli nel senso convenzionale della parola.” (Konrad
Lorenz)
Appare ormai chiaro come questa partita si giochi tutta nel campo della credenza collettiva e nel
rapporto che l’uomo ha con quanto gli appare misterioso ed inspiegabile. Anche il filosofo Ludwig
Wittgenstein, così concentrato a fare del linguaggio l’essenza di qualsiasi esperienza e lontano da
qualunque posizione teologica, aveva sentito il bisogno di appellarsi al “mistico” all’ “indicibile” per
definire un qualcosa che propriamente sfugge alla logica del linguaggio e tuttavia solo attraverso esso
riesce a manifestarsi come tale.
Relazionandosi all’imponente architettura della Sala Santa Rita, ricca di simbologia e connotazioni
storiche, è difficile pensare ad un intervento che prescinda da questi elementi.
Il pavimento, con la sua forte presenza scenica, conquista lo spazio una volta occupato da mobilie e
suppellettili destinate al culto.
Tale simbologia sembra necessariamente richiamare alla storia di Santa Rita da Cascia, storicamente
associata al simbolo dell’ape in virtù di un episodio miracoloso che la vede protagonista. L’alveare,
ricovero dell’insetto ma anche simbolo della complessa organizzazione architettonica di una società
operaia, ben si presta a manifestare questa dicotomia tra simbolo sacro e complessa articolazione
sociale.
La sua proiezione verticale è il risultato di una stratificazione, quella che normalmente è attribuibile
all’avvicendarsi delle epoche e che si arricchisce di mitologie collettive in funzione della necessità
sempre presente di sfuggire alla mancanza di significato. Anahi Angela Mariotti con il suo intervento,
mette in luce la differenza tra un approccio passivo alla credenza e la possibilità di un sentire che è
prima di tutto frutto di un’esperienza presente e non evocazione di un non ben precisato “altrove”.
Le api in bronzo, prodotto della delicata sensibilità scultorea dell’artista rappresentano proprio questa
possibilità di ancoraggio alla realtà, coinvolgendo direttamente la sua abilità nel modellare la forma.
L’intervento si inserisce delicatamente nell’architettura preesistente, le sue forme sono il frutto di una
sensibilità femminile in grado di abitare lo spazio senza imporsi su esso. Allo stesso tempo la natura
scultorea ed installativa dell’opera ne garantisce la presenza, amplificando il già presente gioco di
illusioni ottiche creato dal pavimento. L’installazione sembra proiettarsi nella sala come un disegno su
un foglio di acetato attraversato da un raggio luminoso: così l’opera esiste ma potrebbe scomparire
quando la luce si spegne e gli occhi non vedono più. (Daniela Cotimbo).
La mostra, a cura di Daniela Cotimbo, è promossa da Roma Capitale – Dipartimento Cultura -
Servizio Programmazione e Gestione Spazi Culturali e realizzata con il supporto organizzativo
di Zètema Progetto Cultura.
Anahi Angela Mariotti è nata nel 1986 a Recanati, vive e lavora a Roma presso lo studio OFF1C1NA. Si
diploma all'Accademia di Belle Arti di Roma in pittura, effettuando un periodo di studi in Spagna.
Frequenta il Master in Arte Sacra Contemporanea della Fondazione Stauròs. Successivamente si forma
come orafa modellista. Tra il 2011 e il 2013 collabora come assistente degli artisti spagnoli Lorena
Amòros e Eduardo Balanza (Manifesta 8, Murcia), successivamente con Pietro Ruffo e, attualmente,
con Marco Tirelli presso il Pastificio Cerere a Roma.
Tra le mostre personali più recenti: Il sentiero dei nidi di Vespa (SPAZIO Y. Roma, 2015), Anahi Angela
Mariotti (Galleria DiVinArte. Mentana, 2013); Intimità (LAB, Murcia Spagna, 2011);
Collettive: Madre Terra 2015 Pizzo Calabro, Limen 2014 Vibo Valentia, OFF1C1NA, al Quadraro (Temple
University. Roma 2014); Land Art al Furlo 2014 (. Sant’Anna del Furlo, 2014); Ginkgo, progetto di
resilienza artistica (Roma 2014);Festival della Creatività (Pelanda Factory - Ex Mattatoio di Testaccio,
Roma, 2013).
Premi: Premio della Critica Art&co. 2015, Premio Cent’anni di Welles 2015 Nuovo Cinema Aquila,
Premio Catel 2009, pubblicazione tesi di triennio negli Annali della Insigne Pontificia Accademia di
Belle Arti e Lettere dei Virtuosi del Pantheon.
Sala Santa Rita, via Montanara (adiacenze piazza Campitelli).
Orario di apertura: Tutti i giorni 15-19
Chiuso: Domenica
Ingresso libero
www.comune.roma.it/cultura
Ufficio Stampa
Daniela Cotimbo danielacotimbo.news@gmail.com
Ufficio Stampa Zètema Progetto Cultura
Gabriella Gnetti g.gnetti@zetema.it
10
maggio 2016
Anahi Angela Mariotti – Se non vedete segni o prodigi, non credete affatto
Dal 10 al 21 maggio 2016
arte contemporanea
Location
SALA SANTA RITA
Roma, Via Montanara, 8, (Roma)
Roma, Via Montanara, 8, (Roma)
Orario di apertura
Tutti i giorni 15-19
Chiuso: Domenica
Vernissage
10 Maggio 2016, ore 18
Sito web
www.comune.roma.it/cultura
Ufficio stampa
ZETEMA
Autore
Curatore