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Anatomy of Restlessness
Gli artisti Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, David Prytz, Sarah Schoenfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac e Felix Kiessling hanno realizzato appositamente per l’occasione due nuove opere a testa che indagano, per mezzo di tecniche differenti, i limiti e l’identità della superficie del “soggetto immagine” nel momento del passaggio di consegne dal sistema analogico a quello digitale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La Galleria Mario Iannelli presenta mercoledì 11 maggio, dalle ore 18:30 in Via Flaminia 380 a Roma, la collettiva dal titolo “Anatomy of Restlessness” (Anatomia dell’irrequietezza) con il contributo critico di Lorenzo Bruni.
Gli artisti Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, David Prytz, Sarah Schoenfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac e Felix Kiessling hanno realizzato appositamente per l’occasione due nuove opere a testa che indagano, per mezzo di tecniche differenti, i limiti e l’identità della superficie del “soggetto immagine” nel momento del passaggio di consegne dal sistema analogico a quello digitale. Le sedici opere inedite spaziano dalla macchina celibe Time drawing di Felix Kiessling, che misura la durata della mostra per mezzo di un gesso che disegna in maniera reiterata un cerchio su di una base, all’installazione Snake dance di Sarah Schönfeld in cui una pelle di serpente è animata da un’aspirapolvere acceso il cui tubo attraversa unendo/sfondando due pareti della galleria; dalle immagini fotografiche Asset Management di Joe Clark di superfici illuminate come rendering nello spazio virtuale della computer grafica al Je suis Esam di Tom Esam che consiste in un banner su cui un’immagine in bianco e nero di una folla di manifestanti porta in marcia il nome dell’artista evidenziato in rosso.
Questi sono solo alcuni degli esempi degli interventi, tutti all’insegna “dell’evento minimo”, che puntano a caratterizzare lo
spazio espositivo in modo da non produrre solo una mostra collettiva, bensì “un’esperienza laboratoriale” dalle differenti implicazioni
psicologiche e fisiche, personali e collettive, tra il naturale e il reale, tra l’organico e il processuale. L’aspetto singolare di questo
progetto è che la dimensione corale, stabilita per mezzo di un intenso dialogo tra opere autonome, non limita ma amplifica la
fruizione dello specifico “metodo di ricerca tra lo scientifico e l’irrafigurabile” adottato dal singolo artista. Infatti, quello che li
accomuna è il fatto che si confrontano con i processi naturali e psicologici puntando a rendere lo spettatore partecipe del processo che loro stessi sperimentano e mettono in pratica. Loro però, rispetto alla strada aperta dalla generazione precedente che va da Mario Airò a
Carsten Höller da Olafur Eliasson a Cai Guo-Qiang fino a Thomas Demand, sono consapevoli che il confronto con l’attuale mondo
della “concretizzazione della virtualità” deve avvenire da una dimensione introiettiva che restituisca la falsa consapevolezza che
abbiamo oggi che tutto è già stato scoperto e tutto è alla portata di un clic. Le loro opere, così, sono la rappresentazione di gesti intimi che si insinuano direttamente nei meccanismi con cui vengono mediate le informazioni/ immagini “dell’attorno espanso” per
evidenziarne il funzionamento e poter cosi influenzare, in quanto singolo e comunità, la percezione e soprattutto la capacità di
interazione.
La mostra Anatomy of Restlessness (Anatomia dell’irrequietezza) - titolo preso in prestito dalla raccolta di “racconti dal mondo” di Bruce Chatwin uscita postuma nel 1966 - nasce dall’esigenza di fare il punto con il percorso che da due anni la Galleria Mario
Iannelli ha intrapreso da quando ha trasferito la sua sede da Berlino a Roma. Gli artisti coinvolti hanno tutti realizzato una personale nella sede romana ad eccezione di Philip Topolovac che la inaugurerà a settembre e di Yorgos Stamkopoulos a dicembre. L’occasione di questa collettiva offre la possibilità di verificare sul campo da parte dell’artista/spettatore un confronto dialettico che altrimenti
sarebbe rimasto solo ad un livello intuitivo e di pur parlé. Invece, fruire il video teorical poem di David Prytz in cui parole che si
formano sullo schermo per poi cancellarsi e venire sostituite da altre in un loop suggestivo e non solo temporale influenza e si fa influenzare dall’associazione nello stesso contesto dai quadri di Claus Philip Lehmann in cui espone la tela di jeans, o il modello in sughero di Topolovac della facciata del Berghain, famoso club di Berlino, o gli esperimenti di Stamkopoulos di far convivere sullo stesso supporto due superfici pittoriche non astratte bensì smaterializzate. Il contesto che si viene a creare, per contaminazione tra questi processi condivisi con il pubblico, rende evidente che il paesaggio concettuale da cui si muovono questi artisti è l’indagare sul perché oggi un’immagine esiste e viene considerata reale nel momento che viene condivisa nello spazio della rete e non quando viene scattata come invece accadeva per l’epoca modernista precedente? La constatazione che il tempo di reazione da parte del
pubblico è divenuto nullo, influendo sulle implicazioni della produzione dell’opera d’arte, per loro non è il punto di arrivo,
bensì quello di partenza per interrogarsi su quale possa o debba essere il ruolo dell’artista nell’attuale epoca post ideologica, della
comunicazione globalizzata e del “post internet”. Come scrive Lorenzo Bruni nel saggio che accompagna la mostra: “...anche se i
soggetti adottati sono molto distanti tra loro, le loro opere sono accomunate dal porsi non come un’immagine della realtà, bensì come dei dispositivi sperimentali e processuali. Queste loro condensazioni di tempo, inteso come coagulo di esperienze che condividono con lo
spettatore in presa diretta, puntano ad una riflessione sul “pittorico” indipendentemente dall’oggetto quadro, ma anche sulla necessità di
verificare l’attualità delle scoperte scientifiche e sociali intuite e acquisite nel corso del secolo passato.”
Informazioni generali:
dal 11 maggio fino al 1° giugno 2016
dal martedì al sabato 14.00 – 19.00
o su appuntamento: scrivere a info@marioiannelli.it,
informazioni: www.marioiannelli.it , telefono: 06 89026885
ufficio stampa: Elena Bari | NewRelease , +39 328.9781241, press@newrelease.news
Gli artisti Joe Clark, Tom Esam, Claus Philip Lehmann, David Prytz, Sarah Schoenfeld, Yorgos Stamkopoulos, Philip Topolovac e Felix Kiessling hanno realizzato appositamente per l’occasione due nuove opere a testa che indagano, per mezzo di tecniche differenti, i limiti e l’identità della superficie del “soggetto immagine” nel momento del passaggio di consegne dal sistema analogico a quello digitale. Le sedici opere inedite spaziano dalla macchina celibe Time drawing di Felix Kiessling, che misura la durata della mostra per mezzo di un gesso che disegna in maniera reiterata un cerchio su di una base, all’installazione Snake dance di Sarah Schönfeld in cui una pelle di serpente è animata da un’aspirapolvere acceso il cui tubo attraversa unendo/sfondando due pareti della galleria; dalle immagini fotografiche Asset Management di Joe Clark di superfici illuminate come rendering nello spazio virtuale della computer grafica al Je suis Esam di Tom Esam che consiste in un banner su cui un’immagine in bianco e nero di una folla di manifestanti porta in marcia il nome dell’artista evidenziato in rosso.
Questi sono solo alcuni degli esempi degli interventi, tutti all’insegna “dell’evento minimo”, che puntano a caratterizzare lo
spazio espositivo in modo da non produrre solo una mostra collettiva, bensì “un’esperienza laboratoriale” dalle differenti implicazioni
psicologiche e fisiche, personali e collettive, tra il naturale e il reale, tra l’organico e il processuale. L’aspetto singolare di questo
progetto è che la dimensione corale, stabilita per mezzo di un intenso dialogo tra opere autonome, non limita ma amplifica la
fruizione dello specifico “metodo di ricerca tra lo scientifico e l’irrafigurabile” adottato dal singolo artista. Infatti, quello che li
accomuna è il fatto che si confrontano con i processi naturali e psicologici puntando a rendere lo spettatore partecipe del processo che loro stessi sperimentano e mettono in pratica. Loro però, rispetto alla strada aperta dalla generazione precedente che va da Mario Airò a
Carsten Höller da Olafur Eliasson a Cai Guo-Qiang fino a Thomas Demand, sono consapevoli che il confronto con l’attuale mondo
della “concretizzazione della virtualità” deve avvenire da una dimensione introiettiva che restituisca la falsa consapevolezza che
abbiamo oggi che tutto è già stato scoperto e tutto è alla portata di un clic. Le loro opere, così, sono la rappresentazione di gesti intimi che si insinuano direttamente nei meccanismi con cui vengono mediate le informazioni/ immagini “dell’attorno espanso” per
evidenziarne il funzionamento e poter cosi influenzare, in quanto singolo e comunità, la percezione e soprattutto la capacità di
interazione.
La mostra Anatomy of Restlessness (Anatomia dell’irrequietezza) - titolo preso in prestito dalla raccolta di “racconti dal mondo” di Bruce Chatwin uscita postuma nel 1966 - nasce dall’esigenza di fare il punto con il percorso che da due anni la Galleria Mario
Iannelli ha intrapreso da quando ha trasferito la sua sede da Berlino a Roma. Gli artisti coinvolti hanno tutti realizzato una personale nella sede romana ad eccezione di Philip Topolovac che la inaugurerà a settembre e di Yorgos Stamkopoulos a dicembre. L’occasione di questa collettiva offre la possibilità di verificare sul campo da parte dell’artista/spettatore un confronto dialettico che altrimenti
sarebbe rimasto solo ad un livello intuitivo e di pur parlé. Invece, fruire il video teorical poem di David Prytz in cui parole che si
formano sullo schermo per poi cancellarsi e venire sostituite da altre in un loop suggestivo e non solo temporale influenza e si fa influenzare dall’associazione nello stesso contesto dai quadri di Claus Philip Lehmann in cui espone la tela di jeans, o il modello in sughero di Topolovac della facciata del Berghain, famoso club di Berlino, o gli esperimenti di Stamkopoulos di far convivere sullo stesso supporto due superfici pittoriche non astratte bensì smaterializzate. Il contesto che si viene a creare, per contaminazione tra questi processi condivisi con il pubblico, rende evidente che il paesaggio concettuale da cui si muovono questi artisti è l’indagare sul perché oggi un’immagine esiste e viene considerata reale nel momento che viene condivisa nello spazio della rete e non quando viene scattata come invece accadeva per l’epoca modernista precedente? La constatazione che il tempo di reazione da parte del
pubblico è divenuto nullo, influendo sulle implicazioni della produzione dell’opera d’arte, per loro non è il punto di arrivo,
bensì quello di partenza per interrogarsi su quale possa o debba essere il ruolo dell’artista nell’attuale epoca post ideologica, della
comunicazione globalizzata e del “post internet”. Come scrive Lorenzo Bruni nel saggio che accompagna la mostra: “...anche se i
soggetti adottati sono molto distanti tra loro, le loro opere sono accomunate dal porsi non come un’immagine della realtà, bensì come dei dispositivi sperimentali e processuali. Queste loro condensazioni di tempo, inteso come coagulo di esperienze che condividono con lo
spettatore in presa diretta, puntano ad una riflessione sul “pittorico” indipendentemente dall’oggetto quadro, ma anche sulla necessità di
verificare l’attualità delle scoperte scientifiche e sociali intuite e acquisite nel corso del secolo passato.”
Informazioni generali:
dal 11 maggio fino al 1° giugno 2016
dal martedì al sabato 14.00 – 19.00
o su appuntamento: scrivere a info@marioiannelli.it,
informazioni: www.marioiannelli.it , telefono: 06 89026885
ufficio stampa: Elena Bari | NewRelease , +39 328.9781241, press@newrelease.news
11
maggio 2016
Anatomy of Restlessness
Dall'undici maggio al primo giugno 2016
arte contemporanea
Location
GALLERIA MARIO IANNELLI
Roma, Via Flaminia, 380, (Roma)
Roma, Via Flaminia, 380, (Roma)
Orario di apertura
dal martedì al sabato 14.00 – 19.00 o su appuntamento
Vernissage
11 Maggio 2016, ore 18.30
Autore