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Andrea Biavati – Flag
Videoinstallazione interattiva
Comunicato stampa
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Chi siamo noi per non farci valere in un simbolo?
Andrea Biavati sembra iniziare il suo percorso di ricerca, non tanto dalla domanda escatologica di CHI siamo, ma COME lo siamo e cosa sentiamo riguardo all'idea di identità. Non essendo animali nel senso comune del termine il simbolo ci pertiene eccome.
Biavati esplora l'incessante domanda su come ci si senta ad essere parte integrante di un credo, di un'identità che protegge; Sei fascio, sei punkabbestia, sei cula, sei cattolico. Qui si parte da quello che accade nell'appropriarsi di un semplice simbolo di identità nazionale ovvero le sue tele-bandiera esposte dietro un video da lui stesso girato a New York dopo la ferita dell'11 settembre.
È possibile che col rimando simbolico ad un'appartenenza si possa garantire un senso di benessere psico-fisico? L'esperienza interiore atea e intellettuale, diffidente e critica per natura, che non cede ad una vita di certezze e appartenenze è comunque consegnata alla retorica nostalgica e malinconica? Confini labili sembrano scorgersi tra il valore del concetto di Patria, e l'adesione sanguigna nell'appartenere ad un'ideologia, a una religione, a qualcuno.
Questa mancanza ad essere, diceva Lacan, ci richiama forse ad un primitivo legame reciso per sempre dalla nascita. Ermeneutica psicanalitica e mito platonico della metà perduta s'intreccerebbero quindi, e tutto quello che simboleggia questo ritorno, questo risalire, sembra essere per l'uomo di vitale importanza specialmente da quando si è reso stanziale.
Ci coglie una vertigine allora; Le guerre sono state combattute sotto l'egida dell'idea di religo: dell'essere legato a?
Ed è in queste ossessive trame di garza esposte in mostra che l'artista allegoricamente agisce come un farmakon; la cura rischia però di esser prolungata all'infinito grazie ad una ricerca del medico giusto, del farmaco che funziona, dell'identità che redime. Come nel loop ossessivo del video, la chiave sta nell'essere indotti a credere nel valore proiettivo e soteriologico dell'identificazione. È nel valore salvifico di Hermes trismegisto, di Augusto, di Cristo, di Hitler, di Padre Pio e delle pratiche magico esoteriche che si riscontra sempre quel fil rouge che vorrebbe riscattare la mortalità di queste povere carni riassumendosi in quel concetto classico di sospitas, di salvezza.
Andrea Biavati sembra iniziare il suo percorso di ricerca, non tanto dalla domanda escatologica di CHI siamo, ma COME lo siamo e cosa sentiamo riguardo all'idea di identità. Non essendo animali nel senso comune del termine il simbolo ci pertiene eccome.
Biavati esplora l'incessante domanda su come ci si senta ad essere parte integrante di un credo, di un'identità che protegge; Sei fascio, sei punkabbestia, sei cula, sei cattolico. Qui si parte da quello che accade nell'appropriarsi di un semplice simbolo di identità nazionale ovvero le sue tele-bandiera esposte dietro un video da lui stesso girato a New York dopo la ferita dell'11 settembre.
È possibile che col rimando simbolico ad un'appartenenza si possa garantire un senso di benessere psico-fisico? L'esperienza interiore atea e intellettuale, diffidente e critica per natura, che non cede ad una vita di certezze e appartenenze è comunque consegnata alla retorica nostalgica e malinconica? Confini labili sembrano scorgersi tra il valore del concetto di Patria, e l'adesione sanguigna nell'appartenere ad un'ideologia, a una religione, a qualcuno.
Questa mancanza ad essere, diceva Lacan, ci richiama forse ad un primitivo legame reciso per sempre dalla nascita. Ermeneutica psicanalitica e mito platonico della metà perduta s'intreccerebbero quindi, e tutto quello che simboleggia questo ritorno, questo risalire, sembra essere per l'uomo di vitale importanza specialmente da quando si è reso stanziale.
Ci coglie una vertigine allora; Le guerre sono state combattute sotto l'egida dell'idea di religo: dell'essere legato a?
Ed è in queste ossessive trame di garza esposte in mostra che l'artista allegoricamente agisce come un farmakon; la cura rischia però di esser prolungata all'infinito grazie ad una ricerca del medico giusto, del farmaco che funziona, dell'identità che redime. Come nel loop ossessivo del video, la chiave sta nell'essere indotti a credere nel valore proiettivo e soteriologico dell'identificazione. È nel valore salvifico di Hermes trismegisto, di Augusto, di Cristo, di Hitler, di Padre Pio e delle pratiche magico esoteriche che si riscontra sempre quel fil rouge che vorrebbe riscattare la mortalità di queste povere carni riassumendosi in quel concetto classico di sospitas, di salvezza.
23
giugno 2006
Andrea Biavati – Flag
Dal 23 giugno al 04 luglio 2006
arte contemporanea
Location
FARE SPAZIO
Roma, Via Dei Bruzi, 10, (Roma)
Roma, Via Dei Bruzi, 10, (Roma)
Orario di apertura
lunedì 14.30-18.30, dal martedì al venerdì 10.30-13.30, 14.30-18.30
chiuso sabato domenica e festivi
Vernissage
23 Giugno 2006, ore 19
Autore