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Andrea Catolino – Carnalità
Nato nel 1974 vive e lavora a Torino.In un percorso che dalle leziosità formali giovanili si fa sempre più drammatico,con spiccata personalità e inconfondibile gesto,in un saldo taglio compositivo,dipinge grandi corpi nudi, in continue variazioni cromatiche nel gioco delle tonalità più fredde
Comunicato stampa
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«C’è un fatto ormai sicuro: che mai come oggi gli uomini si sono talmente
occupati di pittura e mai come oggi si è parlato così poco di pittura - sapeva
de Chirico -. Il critico moderno ha in orrore parlare di pittura» perché non
considera il valore pittorico di un quadro, né l’ispirazione spirituale che ha
spinto il pittore a farlo, ma basa il suo giudizio «sull’invenzione intellettuale».
Discorrendo di Andrea Catolino, giovane artista non ancora quarantenne, è
necessario invece prendere in considerazione la pittura come mestiere,
difendere la conservazione e la tradizione dei suoi strumenti e dei suoi segreti,
dimenticati e negletti; ribadire ed esaltarne i valori profondi.
La pittura moderna, nel defluire degli afflati anarchici dell’informale, tenta la
ricostruzione dell’immagine attraverso l’evoluzione evocativa della
rappresentazione della realtà. Va in questa direzione la sua ricerca tormentata,
le emozioni e la tensione del confronto con la tela bianca, che risolve con
grande intensità formale. La sua è una pittura gotica, nordica, dai forti rigurgiti
espressionisti, dall’esito teatrale. In un percorso che dalle leziosità formali
giovanili si fa sempre più drammatico, con spiccata personalità e
inconfondibile gesto, in un saldo taglio compositivo, Andrea dipinge grandi
corpi nudi, in continue variazioni cromatiche nel gioco delle tonalità più fredde.
Il segno ed il colore si sovrappongono, si congiungono, si incastrano, in un
gesto sicuro - natura, vigore, violenza, incanto, tensione, ossessione, dramma,
dissoluzione -, quasi nella sua coscienza albergasse l’idea della creazione,
quella “vis”, polla primigenia dell’inesauribile energia, da cui nasce la vita e la
forza. Le sue figure sono autentiche, al limite del ritratto; rigorosi esercizi di
eccellente felicità formale; dialoghi continui con la grande pittura d’antan: i
michelangioleschi e Delacroix, e moderna: Kirchner e Kokoschka; sfrenati
virtuosismi barocchetti ed arditi scorci pompier.Affascina la vivezza delle tinte, livide, sensuali, organiche, viscerali. Talvolta
opprimono, soffocano con l’invadenza della carne la scena scabra,
prorompono nell’incombenza delle proporzioni che invischiano lo sguardo ed
impediscono di sorvolare; attraggono con vellicate promesse di tormento e di
estasi.
La costruzione del quadro per Andrea Catolino appare immediata e istintiva.
Non è così: sulla tela appare, malcelato, un lavoro affollato di correzioni e
pentimenti, sovrapposizioni, ricostruzioni e pesanti velature. C’è la
scomposizione della realtà mimetica, la sua elaborazione concettuale
nell’attribuzione di un significato, la ricomposizione a gesti pittorici violenti. Ma
mirati. In un procedimento dove con un’impostazione cromatica aspra e
contrastata, le pieghe della carne rivelano la fotografia di un mondo quotidiano
risolta nell’estraneità al tempo reale. In un intreccio che si aggrappa al rito
dell’esistere e confluisce, e si definisce, nell’iconicità.
Il tema della carnalità è centrale. Intesa come fisicità, un po’ animalesca, con
un compiaciuto sentimento di impudicizia. Il corpo femminile, non è mai
estetizzato, mai inteso come espressione di bellezza. Spesso prevale
l’indagine morbosa l’esaltazione della sua realtà negli aspetti più veri, oltre i veli
dell’ipocrisia che stimola le barriere della decenza per defluire nella realtà
dell’eros. Il colore diventa pelle: livido e scostante, affatto irreale,
computerizzato, concettualizzato.
È una suite di tasselli cromatici che si aggiungono come fotogrammi fino a
idealizzare il volume delle figure. Che si bloccano alla conclusione del processo
metamorfico che le trasforma in archetipi della creazione, in documento
dell’emozione. Nella consapevolezza di un percorso faticoso e ancora irrisolto,
con gli ostacoli del tormento e dell’angoscia. Ma nella fiducia: dell’intelligenza,
del mestiere e del rigore. E del colore, la luce che indica e consola.
Gianfranco Schialvino
occupati di pittura e mai come oggi si è parlato così poco di pittura - sapeva
de Chirico -. Il critico moderno ha in orrore parlare di pittura» perché non
considera il valore pittorico di un quadro, né l’ispirazione spirituale che ha
spinto il pittore a farlo, ma basa il suo giudizio «sull’invenzione intellettuale».
Discorrendo di Andrea Catolino, giovane artista non ancora quarantenne, è
necessario invece prendere in considerazione la pittura come mestiere,
difendere la conservazione e la tradizione dei suoi strumenti e dei suoi segreti,
dimenticati e negletti; ribadire ed esaltarne i valori profondi.
La pittura moderna, nel defluire degli afflati anarchici dell’informale, tenta la
ricostruzione dell’immagine attraverso l’evoluzione evocativa della
rappresentazione della realtà. Va in questa direzione la sua ricerca tormentata,
le emozioni e la tensione del confronto con la tela bianca, che risolve con
grande intensità formale. La sua è una pittura gotica, nordica, dai forti rigurgiti
espressionisti, dall’esito teatrale. In un percorso che dalle leziosità formali
giovanili si fa sempre più drammatico, con spiccata personalità e
inconfondibile gesto, in un saldo taglio compositivo, Andrea dipinge grandi
corpi nudi, in continue variazioni cromatiche nel gioco delle tonalità più fredde.
Il segno ed il colore si sovrappongono, si congiungono, si incastrano, in un
gesto sicuro - natura, vigore, violenza, incanto, tensione, ossessione, dramma,
dissoluzione -, quasi nella sua coscienza albergasse l’idea della creazione,
quella “vis”, polla primigenia dell’inesauribile energia, da cui nasce la vita e la
forza. Le sue figure sono autentiche, al limite del ritratto; rigorosi esercizi di
eccellente felicità formale; dialoghi continui con la grande pittura d’antan: i
michelangioleschi e Delacroix, e moderna: Kirchner e Kokoschka; sfrenati
virtuosismi barocchetti ed arditi scorci pompier.Affascina la vivezza delle tinte, livide, sensuali, organiche, viscerali. Talvolta
opprimono, soffocano con l’invadenza della carne la scena scabra,
prorompono nell’incombenza delle proporzioni che invischiano lo sguardo ed
impediscono di sorvolare; attraggono con vellicate promesse di tormento e di
estasi.
La costruzione del quadro per Andrea Catolino appare immediata e istintiva.
Non è così: sulla tela appare, malcelato, un lavoro affollato di correzioni e
pentimenti, sovrapposizioni, ricostruzioni e pesanti velature. C’è la
scomposizione della realtà mimetica, la sua elaborazione concettuale
nell’attribuzione di un significato, la ricomposizione a gesti pittorici violenti. Ma
mirati. In un procedimento dove con un’impostazione cromatica aspra e
contrastata, le pieghe della carne rivelano la fotografia di un mondo quotidiano
risolta nell’estraneità al tempo reale. In un intreccio che si aggrappa al rito
dell’esistere e confluisce, e si definisce, nell’iconicità.
Il tema della carnalità è centrale. Intesa come fisicità, un po’ animalesca, con
un compiaciuto sentimento di impudicizia. Il corpo femminile, non è mai
estetizzato, mai inteso come espressione di bellezza. Spesso prevale
l’indagine morbosa l’esaltazione della sua realtà negli aspetti più veri, oltre i veli
dell’ipocrisia che stimola le barriere della decenza per defluire nella realtà
dell’eros. Il colore diventa pelle: livido e scostante, affatto irreale,
computerizzato, concettualizzato.
È una suite di tasselli cromatici che si aggiungono come fotogrammi fino a
idealizzare il volume delle figure. Che si bloccano alla conclusione del processo
metamorfico che le trasforma in archetipi della creazione, in documento
dell’emozione. Nella consapevolezza di un percorso faticoso e ancora irrisolto,
con gli ostacoli del tormento e dell’angoscia. Ma nella fiducia: dell’intelligenza,
del mestiere e del rigore. E del colore, la luce che indica e consola.
Gianfranco Schialvino
15
febbraio 2012
Andrea Catolino – Carnalità
Dal 15 febbraio al 03 marzo 2012
arte moderna e contemporanea
Location
STUDIO LABORATORIO ANNA VIRANDO
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Torino, Corso Giovanni Lanza, 105, (Torino)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato dalle 16,30 alle 20,00 Fuori orario su appuntamento
Vernissage
15 Febbraio 2012, dalle ore 17,30 alle 23,00
Autore
Curatore