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Andrea Giuseppe Marte – Anywhere and everywhere
Il lavoro di Andrea Marte è una ricerca continua sulla fotografia e sulla loro essenza. L’oggetto
principale del suo lavoro non è semplicemente il soggetto raffigurato, ma la fotografia stessa,
ritrovata e rielaborata, per poter rinascere con nuovo vigore nella contemporaneità
Comunicato stampa
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Tutti i luoghi hanno uno spirito, a questi spiriti non possiamo fare a meno di legarci. Siamo fatti per
vivere gli spazi che ci circondano, non potrebbe esistere una vita senza sicuri confini da abitare.
Allo stesso modo, parafrasando l’architetto inglese Richard Rogers, “Non si può pensare
un'architettura senza pensare alla gente”. Una costruzione architettonica è pensata per essere
abitata, per poter essere vissuta, la stessa esistenza dell’opera architettonica è legata
indissolubilmente alla sua funzionalità.
Ritrovarsi virtualmente di fronte a luoghi sconosciuti, vuoti, visibilmente vissuti, ma in cui la vita non
è presente, ci da un senso di straniamento, di solitudine assoluta, di conseguenza l’incapacità di
trovare il nostro ruolo all’interno di uno spazio non definibile.
Non si tratta esattamente di quelli che Marc Augé definisce nonluoghi, ma probabilmente, tale
definizione potrebbe anche accogliere gli edifici scelti da Andrea Marte per i suoi lavori.
I nonluoghi non si vivono, si attraversano. Gli individui che si trovano al loro interno passano solo
una parte infinitesimale della loro vita dentro questi spazi, e i rapporti tra di essi sono quasi nulli. I
non luoghi per eccellenza possono essere gli aeroporti, le stazioni, i grossi centri commerciali e tutti
quei grandi spazi le cui funzioni sono legate all’essere indiscutibilmente “luogo di passaggio”.
Osservando gli scatti scelti dall’artista, non si può fare a meno di risvegliarsi in una realtà differente
da quella dello spazio espositivo, e di attraversare questa nuova dimensione per qualche attimo. Un
viaggio istantaneo veicolato dal nostro subconscio.
Il luogo abbandonato, il cui unico destino è solo quello di esistere senza una reale utilità, diventa
terra di mezzo per una “folla” di inconsapevoli e invisibili viaggiatori che non si incontreranno mai,
un nonluogo metafisico.
Il lavoro di Andrea Marte è una ricerca continua sulla fotografia e sulla loro essenza. L’oggetto
principale del suo lavoro non è semplicemente il soggetto raffigurato, ma la fotografia stessa,
ritrovata e rielaborata, per poter rinascere con nuovo vigore nella contemporaneità.
I luoghi, riproposti con una nuova veste, grazie all’intervento pittorico, diventano surreali vie di fuga
verso una realtà altra, ricreata per l’occasione attraverso colori cangianti, frutto dell’utilizzo di
medium particolari, come l’olio esausto, riproposto anch’esso con un nuovo utilizzo.
Il risultato finale è sorprendentemente nuovo, ma allo stesso tempo suscita un’inevitabile nostalgia.
Simone D’Agostino
vivere gli spazi che ci circondano, non potrebbe esistere una vita senza sicuri confini da abitare.
Allo stesso modo, parafrasando l’architetto inglese Richard Rogers, “Non si può pensare
un'architettura senza pensare alla gente”. Una costruzione architettonica è pensata per essere
abitata, per poter essere vissuta, la stessa esistenza dell’opera architettonica è legata
indissolubilmente alla sua funzionalità.
Ritrovarsi virtualmente di fronte a luoghi sconosciuti, vuoti, visibilmente vissuti, ma in cui la vita non
è presente, ci da un senso di straniamento, di solitudine assoluta, di conseguenza l’incapacità di
trovare il nostro ruolo all’interno di uno spazio non definibile.
Non si tratta esattamente di quelli che Marc Augé definisce nonluoghi, ma probabilmente, tale
definizione potrebbe anche accogliere gli edifici scelti da Andrea Marte per i suoi lavori.
I nonluoghi non si vivono, si attraversano. Gli individui che si trovano al loro interno passano solo
una parte infinitesimale della loro vita dentro questi spazi, e i rapporti tra di essi sono quasi nulli. I
non luoghi per eccellenza possono essere gli aeroporti, le stazioni, i grossi centri commerciali e tutti
quei grandi spazi le cui funzioni sono legate all’essere indiscutibilmente “luogo di passaggio”.
Osservando gli scatti scelti dall’artista, non si può fare a meno di risvegliarsi in una realtà differente
da quella dello spazio espositivo, e di attraversare questa nuova dimensione per qualche attimo. Un
viaggio istantaneo veicolato dal nostro subconscio.
Il luogo abbandonato, il cui unico destino è solo quello di esistere senza una reale utilità, diventa
terra di mezzo per una “folla” di inconsapevoli e invisibili viaggiatori che non si incontreranno mai,
un nonluogo metafisico.
Il lavoro di Andrea Marte è una ricerca continua sulla fotografia e sulla loro essenza. L’oggetto
principale del suo lavoro non è semplicemente il soggetto raffigurato, ma la fotografia stessa,
ritrovata e rielaborata, per poter rinascere con nuovo vigore nella contemporaneità.
I luoghi, riproposti con una nuova veste, grazie all’intervento pittorico, diventano surreali vie di fuga
verso una realtà altra, ricreata per l’occasione attraverso colori cangianti, frutto dell’utilizzo di
medium particolari, come l’olio esausto, riproposto anch’esso con un nuovo utilizzo.
Il risultato finale è sorprendentemente nuovo, ma allo stesso tempo suscita un’inevitabile nostalgia.
Simone D’Agostino
07
giugno 2011
Andrea Giuseppe Marte – Anywhere and everywhere
Dal 07 giugno al 16 luglio 2011
arte contemporanea
Location
GALLERIA DIEFFE
Torino, Via Porta Palatina, 9, (Torino)
Torino, Via Porta Palatina, 9, (Torino)
Vernissage
7 Giugno 2011, ore 18.30
Autore
Curatore