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Andrea Lunardi – Ho fatto un sogno ma non ricordo granchè
Un viaggio alla ricerca di memorie di passati apparentemente incerti dove l’operato di Andrea Lunardi si inserisce con l’intento di decontestualizzarli dal loro vivere per portarli in una realtà tutta da (re)interpretare.
Comunicato stampa
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Abbiamo assistito, in questi primi anni del nuovo millennio, alla caduta del capitalismo e di tutte quelle sicurezze che la società occidentale aveva duramente (ri)costruito a partire dalla fine del secondo conflitto mondiale, momento storico segnato dal fiorire dei nuovi mezzi di comunicazione . Al centro di quella situazione venne eretta come specchio della verità fittizia l’immagine intesa come rappresentazione visiva di una realtà esistente in quel momento e sempre, identificatrice dell’universale nel particolare. I primi brand mondialmente riconosciuti e la nascita delle prime star televisive testimoni di prodotti e modi di fare nuovi sono solo due esempi di come la società della rinascita abbia elevato l’immagine a simbolo sintetizzatore del vivere quotidiano.
Con la crisi che sta caratterizzando questo delicato momento storico si sta assistendo ad un graduale abbandono di quei frivoli valori superficiali volti a indagare soltanto l’apparenza delle cose evitando di scavare a fondo alla ricerca di qualcosa di più. Andrea Lunardi, attraverso l’uso del disegno e del video, abbassa i toni glitterati che l’immagine ha assunto in quest’ultimo periodo e concentra il proprio interesse nella ricerca di un bello naturale che non necessita di aggiunte forzate per aggiudicarsi l’attestato di veritiero oggi.
Il progetto Ho fatto un sogno ma non ricordo granché è composto da due momenti diversi per location e tempi ma uniti dalla sola finalità di concentrare l’attenzione sull’immagine e la sua identità.
Due personali, la prima nella rinnovata sede della galleria genovese Openlab Artisti Oggi di Genova precede di un mese quella al ristorante Aoristò di Pistoia. Due appuntamenti che segnano altrettanti step del medesimo percorso, un viaggio alla ricerca di memorie di un passato non molto lontano che è stato ed è tuttora una componente fondamentale del tessuto socio-economico delle due città che ospitano l’evento. La fabbrica San Giorgio, con l’apertura contemporanea a Pistoia e Genova, segnò una svolta importante per il futuro di tali realtà creando con gli anni delle eccellenze sul territorio che ancora non hanno eguali in Italia.
L’artista, entrato in possesso di numerose immagini storiche di settore, dà vita ad un personale percorso di studio di queste. Tralasciando tutti gli elementi tecnici, i dati scientifici e l’accuratezza dei progetti concentra la propria attenzione sul fascino arcaico che queste immagini riescono a emanare. Sono fotografie e progetti in sezione di componenti meccanici o prodotti finiti messi a punto dalla San Giorgio nei primi anni del XX° secolo. Estrapolate dal loro contesto storico e sociale, queste immagini, prese e decontestualizzate sono fogli di un romanzo ancora in fase di stesura, aprono a immaginari nuovi, immettono il lettore in un nuovo racconto che lui stesso dovrà iniziare a scrivere, interpretare, terminare.
La prima impressione che si ha entrando in contatto con le opere della mostra è quella di essere proiettati in un luogo altro, uno spazio fantastico pregno di ricordi che tornano alla mente, un tempo apparentemente lontano quanto realmente vicino perché visibile a un palmo dal naso. Allo stesso tempo le immagini esposte, i disegni, la scritta a led e il video creano uno scenario da sogno che porta lo spettatore a una realtà non vera, visibilmente testimoniata ma dall’origine incerta. Si tratta di quella proprietà intrinseca dell’immagine di testimoniare una verità, anche falsa, e renderla non necessariamente attendibile, ma per lo meno vivibile nell’immaginario collettivo che in quel momento la fruisce.
Ciò che colpisce l’occhio in maniera istantanea è una grande scritta a led che indica una data storicamente non riconosciuta, il 18 novembre del 1905. L’atmosfera tanto intima quanto inconscia che questo lavoro crea con l’oscurità della stanza che lo ospita infonde nel visitatore intento ad avventurarsi in un territorio non familiare una iniezione di adrenalina, un’ondata di energia che lo costringe ad addentrarsi nella mostra, a chiedersi cosa significhi quella data. Qui sta il punto di partenza del progetto dell’artista, ed è l’inizio del sogno in cui Lunardi invita a entrare.
L’allestimento della mostra crea un percorso che ha necessariamente un inizio e una fine ma che, come un tormentoso vortice infinito, ci riporta sempre al punto di partenza senza far mai perdere le tracce del cammino segnato alla partenza. Si è come trascinati dallo spirare di una tromba d’aria che con i suoi venti sconvolge il quieto vivere di una situazione quotidiana proiettando, per alcuni fugaci momenti, lo spettatore impassibile in una circostanza che lo vede direttamente protagonista, ma allo stesso tempo partecipante passivo.
La prima delle tante storie che Lunardi intende raccontare è quella della San Giorgio, la fabbrica di
automezzi che a partire proprio dal 18 novembre 1905 aprì i battenti e che tutt’ora, seppur con altri nomi, continua la propria attività nel medesimo settore.
L’artista inizia una serie di lavori che prevedono il trasporto dei segni e dei pigmenti del materiale che ha ritrovato su tale attività su fogli di carta, innervando l’immagine di nuova energia. L’immagine perde gli stilemi e i supporti del passato, abbandona quella staticità che la fotografia imprime al soggetto che intende indagare e, tramite l’azione dell’accartocciamento, imprime movimento, vitalità e vigore al nuovo prodotto. Non si tratta più di una fotografia scientifica, di documentazione. Quello che vien fuori è il vigore che i primi futuristi ricercavano nei loro dipinti, è la forza del passato che ritorna più imponente di prima appropriandosi di quella terza dimensione che spiazza lo spettatore attento erroneamente ai particolari tecnici e stilistici.
I disegni ad inchiostro analizzano sempre il tema dell’identità di immagini storiche reperite dall’artista. In questo caso però Lunardi interviene in maniera attiva e decisiva sulla carta. Per i lavori poc’anzi citati il processo che porta alla creazione del lavoro finale è quello del trasferimento a solvente, si tratta dunque di un’azione che l’artista delega ad una soluzione chimica che “strappa” l’inchiostro dal supporto primario e lo riporta su un altro senza poter incidervi con la propria volontà. In questa serie invece la mente dell’artista compie una scelta determinate, quella di individuare cosa mostrare, e lo fa direttamente con le proprie mani, fissando indelebilmente sulla carta il proprio volere secondo il suo modus operandi. Anche in questo caso l’attenzione al tecnicismo, al tratto perfetto viene abbandonato per favorire la ricerca dell’anima più profonda delle immagini selezionate.
Una serie di immagini minimamente svelate rappresentano un altro dei racconti che Lunardi presenta in mostra. Una goccia di olio che cade dall’alto inumidisce un foglio di carta neutro, si diffonde creando un alone trasparente che, come i raggi x, aprono a mondi apparentemente invisibili. Quel foglio bianco, nullo, dal vivere insignificante, grazie ad un gesto banalissimo svela scenari inaspettati dando nuova vita e una nuova speranza di esistenza al supporto che ospita queste screziature. Nuovi capitoli di un racconto appena accennato iniziano a prendere vita. Lunardi lancia una fune allo spettatore, mostra un particolare, una porzione di veduta che lo mettono in condizione di comprendere quello che non c’è e di attivare la mente al fine di invitare all’immaginazione più sfrenata. Benvenuti in questo racconto. Accendete la vostra fantasia. Prendete carta e penna e iniziate a scrivere, io ho scritto solo la prima pagina, il resto tocca a voi…
(Testo di Niccolò Bonechi)
Andrea Lunardi nasce a Pistoia nel 1981.
Frequenta la scuola di pittura di Giorgio Ulivi e di Andrea Granchi all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove si laurea nel 2004. Viene selezionato per partecipare al progetto “Networking - My home, a house in the city” curato da Arianna Di Genova, Lorenzo Bruni e Matteo Chini. Dopo aver preso parte a tre edizioni di “Opus Liber” al Museo Virgiliano di Mantova, alla Casa di Raffaello a Urbino e all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze partecipa, nel 2006, al cantiere d’arte “La fotografia come arte: l’arte come fotografia” alla Fondazione “Il giardino di Daniel Spoerri” di Seggiano e sempre nello stesso anno partecipa ad un set fotografico del fotografo Eikoh Hosoe e al Toscana Foto Festival a un incontro con il fotografo Francesco Cito. Ha dato vita, a Pistoia, allo
Studio 8, spazio per l’arte contemporanea.
Nel 2007 viene selezionato per partecipare al master sull’arte e il paesaggio “Manufatto in situ” con Hidetoshi Nagasawa, al progetto “Networking - Coming Conflicts, artistic practices in conflict places” con Mario Rizzi, al cantiere di video arte “Spazio. Tempo. Territori della mente” con Tessa M. den Uyl, al workshop per un’installazione permanente per la città di Prato con Botto & Bruno, in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, alla “Biennale del libro d’artista” al Museo Wignacourt, Rabat Malta, alla “V Biennale del Libro d’Artista” a Cassino e alla manifestazione “Tra Arte e Cinema” curata da Andrea Granchi e Silvia Lucchesi. Nel 2008 sono
da segnalare la mostra “Gecekondu” ai Cantieri Goldonetta a Firenze a cura di Giacomo Bazzani, “Strettamente personale” a cura di Matilde Puleo in collaborazione con il Centro d’arte Contemporanea Mega+Mega. Sempre nello stesso anno viene selezionato da una commissione composta da Carlo Sisi e Pierluigi Tazzi per il Premio “Studenti di eccellenza” e partecipa alla mostra all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze curata da Andrea Granchi, Giuliana Videtta, Rosella Alberti.
Nel 2009 realizza il lavoro site specific per la biblioteca Fabroniana di Pistoia “Excommunicatio contra Extrahentes: libero il pensiero” e partecipa al progetto “Start Point” curato da Sergio Risaliti, Laura Vecere, Gianni Pozzi e Susanna Ragionieri esponendo al Museo degli Innocenti, alla Fondazione Studio Marangoni, alla galleria Il Ponte, alla galleria Frittelli Arte Contemporanea e alla galleria Daniele Ugolini Contemporary di Firenze.
Viene selezionato per la partecipazione al progetto “Networking – Back to the present”, con John Duncan e Melissa Pasut presso il Mac,n Museo d’Arte Contemporanea e del Novecento di Monsummano Terme a cura di Elisa Del Prete e al workshop “Arte pubblica, partecipata, collaborazione, comunità, spazio pubblico”, un progetto di Pietro Gaglianò con la collaborazione di 1:1 projects a cura di Maria Alicata, Cecilia Canziani, Benedetta Di Loreto, Adrienne Drake.
Attualmente lavora a Pistoia.
Con la crisi che sta caratterizzando questo delicato momento storico si sta assistendo ad un graduale abbandono di quei frivoli valori superficiali volti a indagare soltanto l’apparenza delle cose evitando di scavare a fondo alla ricerca di qualcosa di più. Andrea Lunardi, attraverso l’uso del disegno e del video, abbassa i toni glitterati che l’immagine ha assunto in quest’ultimo periodo e concentra il proprio interesse nella ricerca di un bello naturale che non necessita di aggiunte forzate per aggiudicarsi l’attestato di veritiero oggi.
Il progetto Ho fatto un sogno ma non ricordo granché è composto da due momenti diversi per location e tempi ma uniti dalla sola finalità di concentrare l’attenzione sull’immagine e la sua identità.
Due personali, la prima nella rinnovata sede della galleria genovese Openlab Artisti Oggi di Genova precede di un mese quella al ristorante Aoristò di Pistoia. Due appuntamenti che segnano altrettanti step del medesimo percorso, un viaggio alla ricerca di memorie di un passato non molto lontano che è stato ed è tuttora una componente fondamentale del tessuto socio-economico delle due città che ospitano l’evento. La fabbrica San Giorgio, con l’apertura contemporanea a Pistoia e Genova, segnò una svolta importante per il futuro di tali realtà creando con gli anni delle eccellenze sul territorio che ancora non hanno eguali in Italia.
L’artista, entrato in possesso di numerose immagini storiche di settore, dà vita ad un personale percorso di studio di queste. Tralasciando tutti gli elementi tecnici, i dati scientifici e l’accuratezza dei progetti concentra la propria attenzione sul fascino arcaico che queste immagini riescono a emanare. Sono fotografie e progetti in sezione di componenti meccanici o prodotti finiti messi a punto dalla San Giorgio nei primi anni del XX° secolo. Estrapolate dal loro contesto storico e sociale, queste immagini, prese e decontestualizzate sono fogli di un romanzo ancora in fase di stesura, aprono a immaginari nuovi, immettono il lettore in un nuovo racconto che lui stesso dovrà iniziare a scrivere, interpretare, terminare.
La prima impressione che si ha entrando in contatto con le opere della mostra è quella di essere proiettati in un luogo altro, uno spazio fantastico pregno di ricordi che tornano alla mente, un tempo apparentemente lontano quanto realmente vicino perché visibile a un palmo dal naso. Allo stesso tempo le immagini esposte, i disegni, la scritta a led e il video creano uno scenario da sogno che porta lo spettatore a una realtà non vera, visibilmente testimoniata ma dall’origine incerta. Si tratta di quella proprietà intrinseca dell’immagine di testimoniare una verità, anche falsa, e renderla non necessariamente attendibile, ma per lo meno vivibile nell’immaginario collettivo che in quel momento la fruisce.
Ciò che colpisce l’occhio in maniera istantanea è una grande scritta a led che indica una data storicamente non riconosciuta, il 18 novembre del 1905. L’atmosfera tanto intima quanto inconscia che questo lavoro crea con l’oscurità della stanza che lo ospita infonde nel visitatore intento ad avventurarsi in un territorio non familiare una iniezione di adrenalina, un’ondata di energia che lo costringe ad addentrarsi nella mostra, a chiedersi cosa significhi quella data. Qui sta il punto di partenza del progetto dell’artista, ed è l’inizio del sogno in cui Lunardi invita a entrare.
L’allestimento della mostra crea un percorso che ha necessariamente un inizio e una fine ma che, come un tormentoso vortice infinito, ci riporta sempre al punto di partenza senza far mai perdere le tracce del cammino segnato alla partenza. Si è come trascinati dallo spirare di una tromba d’aria che con i suoi venti sconvolge il quieto vivere di una situazione quotidiana proiettando, per alcuni fugaci momenti, lo spettatore impassibile in una circostanza che lo vede direttamente protagonista, ma allo stesso tempo partecipante passivo.
La prima delle tante storie che Lunardi intende raccontare è quella della San Giorgio, la fabbrica di
automezzi che a partire proprio dal 18 novembre 1905 aprì i battenti e che tutt’ora, seppur con altri nomi, continua la propria attività nel medesimo settore.
L’artista inizia una serie di lavori che prevedono il trasporto dei segni e dei pigmenti del materiale che ha ritrovato su tale attività su fogli di carta, innervando l’immagine di nuova energia. L’immagine perde gli stilemi e i supporti del passato, abbandona quella staticità che la fotografia imprime al soggetto che intende indagare e, tramite l’azione dell’accartocciamento, imprime movimento, vitalità e vigore al nuovo prodotto. Non si tratta più di una fotografia scientifica, di documentazione. Quello che vien fuori è il vigore che i primi futuristi ricercavano nei loro dipinti, è la forza del passato che ritorna più imponente di prima appropriandosi di quella terza dimensione che spiazza lo spettatore attento erroneamente ai particolari tecnici e stilistici.
I disegni ad inchiostro analizzano sempre il tema dell’identità di immagini storiche reperite dall’artista. In questo caso però Lunardi interviene in maniera attiva e decisiva sulla carta. Per i lavori poc’anzi citati il processo che porta alla creazione del lavoro finale è quello del trasferimento a solvente, si tratta dunque di un’azione che l’artista delega ad una soluzione chimica che “strappa” l’inchiostro dal supporto primario e lo riporta su un altro senza poter incidervi con la propria volontà. In questa serie invece la mente dell’artista compie una scelta determinate, quella di individuare cosa mostrare, e lo fa direttamente con le proprie mani, fissando indelebilmente sulla carta il proprio volere secondo il suo modus operandi. Anche in questo caso l’attenzione al tecnicismo, al tratto perfetto viene abbandonato per favorire la ricerca dell’anima più profonda delle immagini selezionate.
Una serie di immagini minimamente svelate rappresentano un altro dei racconti che Lunardi presenta in mostra. Una goccia di olio che cade dall’alto inumidisce un foglio di carta neutro, si diffonde creando un alone trasparente che, come i raggi x, aprono a mondi apparentemente invisibili. Quel foglio bianco, nullo, dal vivere insignificante, grazie ad un gesto banalissimo svela scenari inaspettati dando nuova vita e una nuova speranza di esistenza al supporto che ospita queste screziature. Nuovi capitoli di un racconto appena accennato iniziano a prendere vita. Lunardi lancia una fune allo spettatore, mostra un particolare, una porzione di veduta che lo mettono in condizione di comprendere quello che non c’è e di attivare la mente al fine di invitare all’immaginazione più sfrenata. Benvenuti in questo racconto. Accendete la vostra fantasia. Prendete carta e penna e iniziate a scrivere, io ho scritto solo la prima pagina, il resto tocca a voi…
(Testo di Niccolò Bonechi)
Andrea Lunardi nasce a Pistoia nel 1981.
Frequenta la scuola di pittura di Giorgio Ulivi e di Andrea Granchi all’Accademia di Belle Arti di Firenze dove si laurea nel 2004. Viene selezionato per partecipare al progetto “Networking - My home, a house in the city” curato da Arianna Di Genova, Lorenzo Bruni e Matteo Chini. Dopo aver preso parte a tre edizioni di “Opus Liber” al Museo Virgiliano di Mantova, alla Casa di Raffaello a Urbino e all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze partecipa, nel 2006, al cantiere d’arte “La fotografia come arte: l’arte come fotografia” alla Fondazione “Il giardino di Daniel Spoerri” di Seggiano e sempre nello stesso anno partecipa ad un set fotografico del fotografo Eikoh Hosoe e al Toscana Foto Festival a un incontro con il fotografo Francesco Cito. Ha dato vita, a Pistoia, allo
Studio 8, spazio per l’arte contemporanea.
Nel 2007 viene selezionato per partecipare al master sull’arte e il paesaggio “Manufatto in situ” con Hidetoshi Nagasawa, al progetto “Networking - Coming Conflicts, artistic practices in conflict places” con Mario Rizzi, al cantiere di video arte “Spazio. Tempo. Territori della mente” con Tessa M. den Uyl, al workshop per un’installazione permanente per la città di Prato con Botto & Bruno, in collaborazione con il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, alla “Biennale del libro d’artista” al Museo Wignacourt, Rabat Malta, alla “V Biennale del Libro d’Artista” a Cassino e alla manifestazione “Tra Arte e Cinema” curata da Andrea Granchi e Silvia Lucchesi. Nel 2008 sono
da segnalare la mostra “Gecekondu” ai Cantieri Goldonetta a Firenze a cura di Giacomo Bazzani, “Strettamente personale” a cura di Matilde Puleo in collaborazione con il Centro d’arte Contemporanea Mega+Mega. Sempre nello stesso anno viene selezionato da una commissione composta da Carlo Sisi e Pierluigi Tazzi per il Premio “Studenti di eccellenza” e partecipa alla mostra all’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze curata da Andrea Granchi, Giuliana Videtta, Rosella Alberti.
Nel 2009 realizza il lavoro site specific per la biblioteca Fabroniana di Pistoia “Excommunicatio contra Extrahentes: libero il pensiero” e partecipa al progetto “Start Point” curato da Sergio Risaliti, Laura Vecere, Gianni Pozzi e Susanna Ragionieri esponendo al Museo degli Innocenti, alla Fondazione Studio Marangoni, alla galleria Il Ponte, alla galleria Frittelli Arte Contemporanea e alla galleria Daniele Ugolini Contemporary di Firenze.
Viene selezionato per la partecipazione al progetto “Networking – Back to the present”, con John Duncan e Melissa Pasut presso il Mac,n Museo d’Arte Contemporanea e del Novecento di Monsummano Terme a cura di Elisa Del Prete e al workshop “Arte pubblica, partecipata, collaborazione, comunità, spazio pubblico”, un progetto di Pietro Gaglianò con la collaborazione di 1:1 projects a cura di Maria Alicata, Cecilia Canziani, Benedetta Di Loreto, Adrienne Drake.
Attualmente lavora a Pistoia.
10
settembre 2010
Andrea Lunardi – Ho fatto un sogno ma non ricordo granchè
Dal 10 al 27 settembre 2010
arte contemporanea
Location
OPEN LAB ARTISTI OGGI
Genova, Vico Giannini, 1/1, (Genova)
Genova, Vico Giannini, 1/1, (Genova)
Orario di apertura
da mercoledì a domenica ore 16.00-20.00
Vernissage
10 Settembre 2010, ore 19.00
Autore
Curatore