Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Andrea Luporini – Vathi Sporting Club / Gino D’Ugo – La pratica inevasa
Doppia personale nel borgo di Tellaro: Andrea Luporini – Vathi Sporting Club presso lo spazio Fourteen ArTellaro, e Gino D’Ugo – La pratica inevasa nell’oratorio di Santa Maria in Selàa
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Andrea Luporini è il quinto artista e ultimo nel 2020 per rassegna Osare perdere, che riprenderà nella primavera del 2021.
Video (1’50”)
Grecia/Italia 2019
“Questo video è stato girato a Samos, isola greca che ospita uno dei tanti campi rifugiati dell’Egeo. E’ il risultato di uno degli incontri che ho avuto sull’isola con gli ospiti dell’hotspot, nell’ambito di una serie di workshop organizzati da Fondazione Fotografia Modena. Un lavoro frutto di una progettazione condivisa, realizzato con la speranza di riuscire a raccontare, attraverso il linguaggio dell’arte, la vita di persone ormai racchiuse, nel nostro immaginario, da nomi collettivi quali migranti, rifugiati, profughi, clandestini, immigrati.
Ahmad è un ragazzo kurdo.
E’ un maestro di karate, a Samos fa volontariato nell’hotspot come interprete, tiene corsi di lingue e si occupa dei bambini.
In questo video, dal titolo Vathi Sporting Club, abbiamo voluto rappresentare il dissidio fra ciò che è e ciò che gli viene concesso di essere a causa della sua condizione di migrante. Sull’asfalto di un parcheggio, ci propone alcune forme del karate così come le avrebbe eseguite in una palestra di Sulymanyya, la sua città, lasciandosi gradualmente andare verso la frustrazione e l’errore. La location, il rumore dei suoi salti sull’asfalto, la progressiva perdita del controllo e le cadute contrapposte all’iniziale precisione sono servite ad Ahmad per lanciare il suo messaggio, in cui semplicemente chiede che gli venga data la possibilità di trasmettere agli altri il suo sapere come faceva fino a qualche mese prima nella sua terra natia.
Nota: per la pubblicazione del video, presentato sul blog della missione greca di Fondazione Fotografia Modena ma ancora inedito a livello di spazi espositivi, abbiamo ritenuto giusto aspettare che la situazione di Ahmad venisse regolarizzata e avesse ottenuto un regolare permesso dall’Unione Europea e dalla Grecia”.
"La pratica inevasa #3" di Gino D’Ugo a cura di Lori Adragna e di Dimora OZ, fa parte di ARKAD progetto di KAD (Kalsa Art District) per Manifesta 13 - Les Parallèles du Sud. ARKAD che é a cura di Dimora OZ e Analogique, in partnership con l'ESADMM, comprende numerosi eventi e una programmazione diffusa in diverse città del Sud Europa. A novembre ARKAD apre la sua residenza artistica a Marsiglia promossa dall’ Italian Council.
LA PRATICA INEVASA | Gino D’Ugo
A cura di Lori Adragna
5/6 settembre 2020
0re 18.30
Oratorio di Santa Maria in Selàa, Tellaro di Lerici SP
La pratica inevasa #3 si pone come terzo appuntamento di un processo in divenire, in continuità con i precedenti due presentati presso 16 Civico di Pescara nel 2019 e per Recidencies KaOz in Palermo nel 2020.
L’intero lavoro raccolto per questo 3° appuntamento, di approccio relazionale, come quelli precedenti, dove il pubblico si trova a partecipare e a completare l’opera tutta attraverso le proprie espressioni e la propria esperienza, andrà a comporre l’intera esposizione.
“Rimango spesso colpito e rapito da quei muri dove le persone affiggono oggetti, foglietti con frasi, oboli dedicati a una presenza superiore, o alla sorte, perché protegga qualcosa a cui tengono, qualcosa di prezioso.
Interpreto questi luoghi attraverso i frammentari individuali pensieri che manifestano, come accumulatori di energie. Li leggo come una manifestazione del senso del sacro individuale, che non è regola d’ordine ecclesiastico né ideologia.” G. D’Ugo
Questi accumulatori mi fanno riflettere sull’intimo e il personale, una dimensione che va ben oltre il dominio di una ragione totalizzante, hanno un valore di interferenza ed interruzione riguardo alla formazione di un quotidiano omologato. Parlano anche di cose che rimarrebbero lì, sedimentate, senza ricevere risposta o liberazione, costrette a un'altra dimensione dettata da obblighi quotidiani e vicissitudini.
Invece questo traboccare trasmette un processo di accrescimento della sensibilità, gratta sotto la superficie per far emergere dal buio cosa c’è nel fondo, esce da un isolamento del tutto personale per rendere manifesti intimi pensieri, protegge una fiamma interiore e supera un universo molto più vasto di ciò che si delinea concluso nella forma. Permette un dialogo, una continua possibilità e condizione di rilettura di quello che permane.
La pratica inevasa è un processo partecipativo che associa memoria collettiva e individuale. Non c’è narrazione, è una riorganizzazione del linguaggio e del pensiero, zona aperta e relazionale.
Tale processo vuole rendere la memoria pratica liquida, dove componenti essenziali (non disgiunti) dell’esistenza individuale si rimescolano nell’ oceano, seppur parziale, del collettivo.
La pratica inevasa vuole superare il concetto del pensiero ricorrente che la vita scorra e termini con la dissoluzione del corpo, ciò che è ricordato continua a vivere e per essere ricordato ha necessità di trasmissione.
Il termine di inevaso viene comunemente utilizzato per le pratiche degli uffici e della burocrazia, dove una infinità di pratiche staziona come un corpo morto in fondo al mare.
In questa pratica è previsto invece uno slittamento sul piano di esercizio catartico, qualcosa che è rimasto nel buio profondo che a volte riaffiora lievemente o qualcosa di ingombrante che quotidianamente pesa sull’anima: un’immagine, un pensiero , un desiderio inespresso, l’isola che non c’è ma esiste nel profondo, lo scheletro in fondo al mare a cui restituire la carne facendolo affiorare dagli abissi.
In tale processo partecipativo si invitano le persone a dedicare a questo insieme una parte di loro, che si manifesti in modo libero e fuori dalla mera rappresentazione o dalla riproduzione fedele,
favorendo l’emergere di un impulso che elimini persino la paura del contraddirsi, per un evolversi sociale che rompendo sistematicamente la convenzione ne rispetti l’esistenza.
Si vuole creare un luogo dove slittano parole e significati, immagini che creano molteplici e infinite tracce dell’esistere quotidiano.
All’atto pratico il frammento individuale, cartaceo, che dovrà non essere superiore ad un formato A4, potrà rivelarsi nella forma di una frase, di uno scritto o semplicemente di un immagine e verrà esposto in una visione di insieme collettiva.
La “pratica” potrà essere consegnata a mano nella sede espositiva in Tellaro, nei giorni 5 e 6 settembre o essere inviata da altri luoghi alla mail lapraticainevasa@gmail.com , non dovranno essere firmate e avranno l’assoluta attenzione riguardo alla privacy di chi le consegna.
Video (1’50”)
Grecia/Italia 2019
“Questo video è stato girato a Samos, isola greca che ospita uno dei tanti campi rifugiati dell’Egeo. E’ il risultato di uno degli incontri che ho avuto sull’isola con gli ospiti dell’hotspot, nell’ambito di una serie di workshop organizzati da Fondazione Fotografia Modena. Un lavoro frutto di una progettazione condivisa, realizzato con la speranza di riuscire a raccontare, attraverso il linguaggio dell’arte, la vita di persone ormai racchiuse, nel nostro immaginario, da nomi collettivi quali migranti, rifugiati, profughi, clandestini, immigrati.
Ahmad è un ragazzo kurdo.
E’ un maestro di karate, a Samos fa volontariato nell’hotspot come interprete, tiene corsi di lingue e si occupa dei bambini.
In questo video, dal titolo Vathi Sporting Club, abbiamo voluto rappresentare il dissidio fra ciò che è e ciò che gli viene concesso di essere a causa della sua condizione di migrante. Sull’asfalto di un parcheggio, ci propone alcune forme del karate così come le avrebbe eseguite in una palestra di Sulymanyya, la sua città, lasciandosi gradualmente andare verso la frustrazione e l’errore. La location, il rumore dei suoi salti sull’asfalto, la progressiva perdita del controllo e le cadute contrapposte all’iniziale precisione sono servite ad Ahmad per lanciare il suo messaggio, in cui semplicemente chiede che gli venga data la possibilità di trasmettere agli altri il suo sapere come faceva fino a qualche mese prima nella sua terra natia.
Nota: per la pubblicazione del video, presentato sul blog della missione greca di Fondazione Fotografia Modena ma ancora inedito a livello di spazi espositivi, abbiamo ritenuto giusto aspettare che la situazione di Ahmad venisse regolarizzata e avesse ottenuto un regolare permesso dall’Unione Europea e dalla Grecia”.
"La pratica inevasa #3" di Gino D’Ugo a cura di Lori Adragna e di Dimora OZ, fa parte di ARKAD progetto di KAD (Kalsa Art District) per Manifesta 13 - Les Parallèles du Sud. ARKAD che é a cura di Dimora OZ e Analogique, in partnership con l'ESADMM, comprende numerosi eventi e una programmazione diffusa in diverse città del Sud Europa. A novembre ARKAD apre la sua residenza artistica a Marsiglia promossa dall’ Italian Council.
LA PRATICA INEVASA | Gino D’Ugo
A cura di Lori Adragna
5/6 settembre 2020
0re 18.30
Oratorio di Santa Maria in Selàa, Tellaro di Lerici SP
La pratica inevasa #3 si pone come terzo appuntamento di un processo in divenire, in continuità con i precedenti due presentati presso 16 Civico di Pescara nel 2019 e per Recidencies KaOz in Palermo nel 2020.
L’intero lavoro raccolto per questo 3° appuntamento, di approccio relazionale, come quelli precedenti, dove il pubblico si trova a partecipare e a completare l’opera tutta attraverso le proprie espressioni e la propria esperienza, andrà a comporre l’intera esposizione.
“Rimango spesso colpito e rapito da quei muri dove le persone affiggono oggetti, foglietti con frasi, oboli dedicati a una presenza superiore, o alla sorte, perché protegga qualcosa a cui tengono, qualcosa di prezioso.
Interpreto questi luoghi attraverso i frammentari individuali pensieri che manifestano, come accumulatori di energie. Li leggo come una manifestazione del senso del sacro individuale, che non è regola d’ordine ecclesiastico né ideologia.” G. D’Ugo
Questi accumulatori mi fanno riflettere sull’intimo e il personale, una dimensione che va ben oltre il dominio di una ragione totalizzante, hanno un valore di interferenza ed interruzione riguardo alla formazione di un quotidiano omologato. Parlano anche di cose che rimarrebbero lì, sedimentate, senza ricevere risposta o liberazione, costrette a un'altra dimensione dettata da obblighi quotidiani e vicissitudini.
Invece questo traboccare trasmette un processo di accrescimento della sensibilità, gratta sotto la superficie per far emergere dal buio cosa c’è nel fondo, esce da un isolamento del tutto personale per rendere manifesti intimi pensieri, protegge una fiamma interiore e supera un universo molto più vasto di ciò che si delinea concluso nella forma. Permette un dialogo, una continua possibilità e condizione di rilettura di quello che permane.
La pratica inevasa è un processo partecipativo che associa memoria collettiva e individuale. Non c’è narrazione, è una riorganizzazione del linguaggio e del pensiero, zona aperta e relazionale.
Tale processo vuole rendere la memoria pratica liquida, dove componenti essenziali (non disgiunti) dell’esistenza individuale si rimescolano nell’ oceano, seppur parziale, del collettivo.
La pratica inevasa vuole superare il concetto del pensiero ricorrente che la vita scorra e termini con la dissoluzione del corpo, ciò che è ricordato continua a vivere e per essere ricordato ha necessità di trasmissione.
Il termine di inevaso viene comunemente utilizzato per le pratiche degli uffici e della burocrazia, dove una infinità di pratiche staziona come un corpo morto in fondo al mare.
In questa pratica è previsto invece uno slittamento sul piano di esercizio catartico, qualcosa che è rimasto nel buio profondo che a volte riaffiora lievemente o qualcosa di ingombrante che quotidianamente pesa sull’anima: un’immagine, un pensiero , un desiderio inespresso, l’isola che non c’è ma esiste nel profondo, lo scheletro in fondo al mare a cui restituire la carne facendolo affiorare dagli abissi.
In tale processo partecipativo si invitano le persone a dedicare a questo insieme una parte di loro, che si manifesti in modo libero e fuori dalla mera rappresentazione o dalla riproduzione fedele,
favorendo l’emergere di un impulso che elimini persino la paura del contraddirsi, per un evolversi sociale che rompendo sistematicamente la convenzione ne rispetti l’esistenza.
Si vuole creare un luogo dove slittano parole e significati, immagini che creano molteplici e infinite tracce dell’esistere quotidiano.
All’atto pratico il frammento individuale, cartaceo, che dovrà non essere superiore ad un formato A4, potrà rivelarsi nella forma di una frase, di uno scritto o semplicemente di un immagine e verrà esposto in una visione di insieme collettiva.
La “pratica” potrà essere consegnata a mano nella sede espositiva in Tellaro, nei giorni 5 e 6 settembre o essere inviata da altri luoghi alla mail lapraticainevasa@gmail.com , non dovranno essere firmate e avranno l’assoluta attenzione riguardo alla privacy di chi le consegna.
05
settembre 2020
Andrea Luporini – Vathi Sporting Club / Gino D’Ugo – La pratica inevasa
Dal 05 al 06 settembre 2020
arte contemporanea
Location
SPAZIO FOURTEEN ARTELLARO
Lerici, Piazza E. Figoli, 14, (La Spezia)
Lerici, Piazza E. Figoli, 14, (La Spezia)
Orario di apertura
sabato e domenica 18.30 - 20.30
Vernissage
5 Settembre 2020, h 18.30
Autore
Curatore
Produzione organizzazione
Patrocini