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Andrea Nicita – Metamorphosis
L’Osservatorio Polifunzionale del Chianti (OPC) e il Parco Botanico del Chianti ospitano le opere scultoree dell’artista vinciano Andrea Nicita. “Metamorphosis” è una mostra e un percorso che riflette sullo stato evolutivo dell’uomo moderno, indagandone il profondo legame con la natura e il cosmo.
Comunicato stampa
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Corpi che emergono dalla materia, Pesci fantastici, Tuffatori, Equilibristi, Funamboli… quello dell’artista vinciano Andrea Nicita è certamente un universo popolato da curiose e singolari figure.
La ricerca artistica di Nicita si concentra da molti anni su questi soggetti, che sono ormai diventati il suo segno distintivo all’interno del panorama artistico internazionale. Partendo da disegni e bozzetti, le creazioni di Nicita trovano la loro naturale declinazione nella scultura. Si tratta spesso di figure sospese o nell’atto di staccarsi da terra, opere che nel loro “volo” sembrano voler negare lo spazio circostante per riconfigurarsi in una realtà ideale, in quell’astrazione dove l’invenzione e il disegno hanno dato loro la prima forma. Ma quelle di Andrea Nicita sono molto più che sculture. Questi esseri fiabeschi, che salgono come bolle dalla terra, sospesi tra sogno e realtà, non sono solo il frutto di una vivida immaginazione, d’ingegno e maestria, ma sono nella poetica dell’artista i protagonisti di un racconto, vere e proprie metafore dell’uomo moderno occidentale.
È dunque necessario fare una digressione e capire di CHI stiamo parlando.
L’Uomo Moderno, Homo sapiens del terzo millennio, è la specie più evoluta del nostro genere, nel corso dei secoli ha perfezionato un grande strumento, il cervello, che lo ha portato a importanti scoperte e conquiste. Tuttavia, il naturale istinto di conservazione ha condotto l’Uomo dell’era moderna a una degenerazione del concetto di sopravvivenza, a una nevrosi che si manifesta tanto in comportamenti irrazionali verso il proprio ecosistema quanto all’interno della sua società. I grandi centri urbani e industriali sono diventati il suo habitat naturale, luoghi in cui natura e animali sono un’eccezione. La città – il luogo in cui secondo i latini si manifestava la civilitas – è sempre più un ammasso caotico di strade e palazzi, suoni e odori insistenti, auto allineate, insegne ipnotiche, manifesti e messaggi invitanti che cercano di catturare l’attenzione di una moltitudine brulicante e in marcia. Nonostante le indigestioni cerebrali esterne, anche nei momenti di isolamento, l’Uomo Moderno, quasi a voler placare un horror vacui che lo attanaglia, insiste ad abbuffarsi d’immagini e informazioni provenienti da quel mondo artificiale. L’unico momento di introspezione e spiritualità che gli è concesso pare ormai essere il sogno, o il sonno… Uno scenario – per farla breve – che scrittori come Huxley, Orwell, Bradbury e altri hanno ampiamente delineato e anticipato; un sistema basato sul controllo del pensiero e delle emozioni della massa sociale, che con i mezzi più subdoli intima all’Uomo-consumatore cosa fare, cosa pensare, cosa provare. Ma se le specie evolvono rispetto al loro “habitat”, vien da chiedersi, Che cosa sta diventando l’Uomo?
« Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto »
(Franz Kafka, La Metamorfosi, 1915)
Se è vero che una delle definizioni più appropriate di ‘arte’ è quella di essere la manifestazione e il riflesso di un’epoca, l’arte contemporanea è senz'altro uno specchio in cui l’uomo di oggi preferisce non riconoscersi. La ‘metamorfosi’ non è solo un espediente artistico-letterario – del quale Ovidio è certamente il massimo interprete – ma è qualcosa di estremamente reale e presente nella nostra epoca. Essa rappresenta un momento di crisi e di passaggio, di trasformazione fisica o morale, individuale o collettiva. La metamorfosi è sia un concetto che un fenomeno, tanto immaginario che reale e scientifico (si pensi ai tanti esempi riscontrabili in botanica, in zoologia, etc). La si potrebbe definire una legge di massima economia interna, che tende a ottimizzare l’esistenza, conferendo alla materia essenzialità e funzionalità, quindi conservazione di massa e di energia, Lavoisier direbbe: « Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ».
Nelle opere dell’artista Andrea Nicita è ben evidente sia il processo di creazione, del prendere forma della materia – le sculture vengono spesso immortalate in fieri ad uno stadio di bozzetto – sia la volontà di dare una risposta a quella domanda che è il fulcro di tutta una ricerca artistica: Che cosa sta diventando l’Uomo?
I Pesci (sculture in bronzo o resina epossidica) sono il risultato di una metamorfosi. Non sappiano se si tratti di un’evoluzione o di un’involuzione, fatto sta che questi esseri un tempo erano “uomini”. Girando intorno alle sinuose forme che culminano in estrose pinne, ci ritroviamo di fronte un volto umano, o meglio, a quel che resta dell’uomo. Gli occhi sono chiusi, atrofizzati; le orecchie si sono ritirate; la bocca è serrata in un sorriso arcaico o socchiusa in un muto anelito. Dell’avvenuta metamorfosi Nicita non ci racconta solo il fenomeno fisico, ma il duplice dramma di quelle personalità rivestite di un corpo che non è il loro: quello dell’Io che ha perduto la propria corporeità, quindi la propria identità; quello dell’Io che non può e non riesce ad esprimersi.
Ciò che è possibile intuire è che se da un lato i Pesci rappresentano un’umanità regredita a uno stato primordiale e bestiale, dall’altro si fanno portatori di una nuova umanità latente. Privati di tutti gli organi di senso, nei loro corpi/corazze/contenitori è custodito un seme: le pance sono gravide, le loro code un germoglio. Riecheggiano in loro i versi danteschi:
« Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza »
(Dante Alighieri, XXVI, vv. 118-120)
Esseri futuristici o preistorici, ibridi mostruosi dalle affascinanti e armoniche forme, le creature di Nicita emergono da un mondo saturo e sommerso, cercano l’aria, la trascendenza, una metamorfosi ulteriore. Ed è proprio in questo mondo sospeso, iperuranico, che avviene la seconda metamorfosi: la forma acquista le sembianze del contenuto. Come crisalidi di un’umanità in gestazione dai Pesci rinasce l’Uomo. Dai Pesci abissali scaturiscono i Tuffatori e gli Equilibristi, esseri eterei che fondono in sé leggerezza ed eleganza, coraggio e vigore, ideale ed intelletto. Nicita plasma i loro corpi nel momento dell’equilibrio perfetto, in cui il corpo ha l’assoluto controllo del movimento, li immortala nel loro sicuro incedere, nell’istante di fusione e materializzazione dell’idea con la materia. Sono questi gli eroi “postdiluviani” di Nicita, i protagonisti di una nuova era, funamboli che avanzano i loro primi passi in bilico tra cielo e terra.
In ultima analisi, le opere di Nicita sono da intendere come un augurio, un messaggio fiducioso all’Uomo Moderno, un appello alla creatività e alla libertà di espressione, alla ricerca interiore per un’umanità purificata e rinnovata. Quella stessa speranza che il grande poeta e filosofo Friedrich Nietzsche riponeva nel suo Übermensch (l’Oltreuomo o Superuomo).
« L'Uomo è una corda tesa tra la bestia e il Superuomo - una corda sopra un abisso. Un passaggio pericoloso, un pericoloso cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e fermarsi. La grandezza dell’Uomo è nell’essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare nell'Uomo è il suo essere una transizione e un tramonto».
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, 1884-’85)
[ TESTO: Giada Rodani ]
La ricerca artistica di Nicita si concentra da molti anni su questi soggetti, che sono ormai diventati il suo segno distintivo all’interno del panorama artistico internazionale. Partendo da disegni e bozzetti, le creazioni di Nicita trovano la loro naturale declinazione nella scultura. Si tratta spesso di figure sospese o nell’atto di staccarsi da terra, opere che nel loro “volo” sembrano voler negare lo spazio circostante per riconfigurarsi in una realtà ideale, in quell’astrazione dove l’invenzione e il disegno hanno dato loro la prima forma. Ma quelle di Andrea Nicita sono molto più che sculture. Questi esseri fiabeschi, che salgono come bolle dalla terra, sospesi tra sogno e realtà, non sono solo il frutto di una vivida immaginazione, d’ingegno e maestria, ma sono nella poetica dell’artista i protagonisti di un racconto, vere e proprie metafore dell’uomo moderno occidentale.
È dunque necessario fare una digressione e capire di CHI stiamo parlando.
L’Uomo Moderno, Homo sapiens del terzo millennio, è la specie più evoluta del nostro genere, nel corso dei secoli ha perfezionato un grande strumento, il cervello, che lo ha portato a importanti scoperte e conquiste. Tuttavia, il naturale istinto di conservazione ha condotto l’Uomo dell’era moderna a una degenerazione del concetto di sopravvivenza, a una nevrosi che si manifesta tanto in comportamenti irrazionali verso il proprio ecosistema quanto all’interno della sua società. I grandi centri urbani e industriali sono diventati il suo habitat naturale, luoghi in cui natura e animali sono un’eccezione. La città – il luogo in cui secondo i latini si manifestava la civilitas – è sempre più un ammasso caotico di strade e palazzi, suoni e odori insistenti, auto allineate, insegne ipnotiche, manifesti e messaggi invitanti che cercano di catturare l’attenzione di una moltitudine brulicante e in marcia. Nonostante le indigestioni cerebrali esterne, anche nei momenti di isolamento, l’Uomo Moderno, quasi a voler placare un horror vacui che lo attanaglia, insiste ad abbuffarsi d’immagini e informazioni provenienti da quel mondo artificiale. L’unico momento di introspezione e spiritualità che gli è concesso pare ormai essere il sogno, o il sonno… Uno scenario – per farla breve – che scrittori come Huxley, Orwell, Bradbury e altri hanno ampiamente delineato e anticipato; un sistema basato sul controllo del pensiero e delle emozioni della massa sociale, che con i mezzi più subdoli intima all’Uomo-consumatore cosa fare, cosa pensare, cosa provare. Ma se le specie evolvono rispetto al loro “habitat”, vien da chiedersi, Che cosa sta diventando l’Uomo?
« Destandosi un mattino da sogni inquieti, Gregor Samsa si trovò tramutato, nel suo letto, in un enorme insetto »
(Franz Kafka, La Metamorfosi, 1915)
Se è vero che una delle definizioni più appropriate di ‘arte’ è quella di essere la manifestazione e il riflesso di un’epoca, l’arte contemporanea è senz'altro uno specchio in cui l’uomo di oggi preferisce non riconoscersi. La ‘metamorfosi’ non è solo un espediente artistico-letterario – del quale Ovidio è certamente il massimo interprete – ma è qualcosa di estremamente reale e presente nella nostra epoca. Essa rappresenta un momento di crisi e di passaggio, di trasformazione fisica o morale, individuale o collettiva. La metamorfosi è sia un concetto che un fenomeno, tanto immaginario che reale e scientifico (si pensi ai tanti esempi riscontrabili in botanica, in zoologia, etc). La si potrebbe definire una legge di massima economia interna, che tende a ottimizzare l’esistenza, conferendo alla materia essenzialità e funzionalità, quindi conservazione di massa e di energia, Lavoisier direbbe: « Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma ».
Nelle opere dell’artista Andrea Nicita è ben evidente sia il processo di creazione, del prendere forma della materia – le sculture vengono spesso immortalate in fieri ad uno stadio di bozzetto – sia la volontà di dare una risposta a quella domanda che è il fulcro di tutta una ricerca artistica: Che cosa sta diventando l’Uomo?
I Pesci (sculture in bronzo o resina epossidica) sono il risultato di una metamorfosi. Non sappiano se si tratti di un’evoluzione o di un’involuzione, fatto sta che questi esseri un tempo erano “uomini”. Girando intorno alle sinuose forme che culminano in estrose pinne, ci ritroviamo di fronte un volto umano, o meglio, a quel che resta dell’uomo. Gli occhi sono chiusi, atrofizzati; le orecchie si sono ritirate; la bocca è serrata in un sorriso arcaico o socchiusa in un muto anelito. Dell’avvenuta metamorfosi Nicita non ci racconta solo il fenomeno fisico, ma il duplice dramma di quelle personalità rivestite di un corpo che non è il loro: quello dell’Io che ha perduto la propria corporeità, quindi la propria identità; quello dell’Io che non può e non riesce ad esprimersi.
Ciò che è possibile intuire è che se da un lato i Pesci rappresentano un’umanità regredita a uno stato primordiale e bestiale, dall’altro si fanno portatori di una nuova umanità latente. Privati di tutti gli organi di senso, nei loro corpi/corazze/contenitori è custodito un seme: le pance sono gravide, le loro code un germoglio. Riecheggiano in loro i versi danteschi:
« Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza »
(Dante Alighieri, XXVI, vv. 118-120)
Esseri futuristici o preistorici, ibridi mostruosi dalle affascinanti e armoniche forme, le creature di Nicita emergono da un mondo saturo e sommerso, cercano l’aria, la trascendenza, una metamorfosi ulteriore. Ed è proprio in questo mondo sospeso, iperuranico, che avviene la seconda metamorfosi: la forma acquista le sembianze del contenuto. Come crisalidi di un’umanità in gestazione dai Pesci rinasce l’Uomo. Dai Pesci abissali scaturiscono i Tuffatori e gli Equilibristi, esseri eterei che fondono in sé leggerezza ed eleganza, coraggio e vigore, ideale ed intelletto. Nicita plasma i loro corpi nel momento dell’equilibrio perfetto, in cui il corpo ha l’assoluto controllo del movimento, li immortala nel loro sicuro incedere, nell’istante di fusione e materializzazione dell’idea con la materia. Sono questi gli eroi “postdiluviani” di Nicita, i protagonisti di una nuova era, funamboli che avanzano i loro primi passi in bilico tra cielo e terra.
In ultima analisi, le opere di Nicita sono da intendere come un augurio, un messaggio fiducioso all’Uomo Moderno, un appello alla creatività e alla libertà di espressione, alla ricerca interiore per un’umanità purificata e rinnovata. Quella stessa speranza che il grande poeta e filosofo Friedrich Nietzsche riponeva nel suo Übermensch (l’Oltreuomo o Superuomo).
« L'Uomo è una corda tesa tra la bestia e il Superuomo - una corda sopra un abisso. Un passaggio pericoloso, un pericoloso cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e fermarsi. La grandezza dell’Uomo è nell’essere un ponte e non una meta: ciò che si può amare nell'Uomo è il suo essere una transizione e un tramonto».
(Friedrich Nietzsche, Così parlò Zarathustra, 1884-’85)
[ TESTO: Giada Rodani ]
22
marzo 2014
Andrea Nicita – Metamorphosis
Dal 22 marzo al 27 aprile 2014
arte contemporanea
Location
OSSERVATORIO POLIFUNZIONALE DEL CHIANTI
Barberino Val D'elsa, Strada Provinciale Castellina In Chianti, (Firenze)
Barberino Val D'elsa, Strada Provinciale Castellina In Chianti, (Firenze)
Orario di apertura
su appuntamento scrivendo a: info@osservatoriodelchianti.it
Vernissage
22 Marzo 2014, h. 17
Autore
Curatore