Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Andrea Romanello – Quello che non si deve dire
L’indagine vuol far riflettere in maniera “diversa” attraverso il linguaggio
dell’arte e della pittura.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
La mostra nasce dall’analisi e dalla ri essione di alcuni provvedimenti
legislativi dell’attuale governo italiano.
A dispetto di ciò che potrebbe apparire, essa è “apartitica”. Non vuole, cioè,
costituire un attacco ad una matrice politica, bensì offrirsi come strumento
di attenzione su alcune leggi ed argomenti, analizzando le motivazioni che
le hanno prodotte, nonché le conseguenze che esse portano con sé.
L’indagine vuol far ri ettere in maniera “diversa” attraverso il linguaggio
dell’arte e della pittura.
L’obiettivo è riparare al troppo frequente disinteresse e alla disinformazione
nei quali versa buon parte della popolazione italiana.
L’azione degli artisti d’oggi è troppo spesso legata ad una valenza
esclusivamente estetica e ad un mondo dell’arte che sovente è
autoreferenziale agli eccessi. Con questa proposta tento di cambiare
questo stato di cose.
Lo stesso Pablo Picasso nei suoi Scritti ci ricorda che “la pittura non è fatta
per decorare appartamenti [e come] ..l’artista non è un imbecille che ha
solo gli occhi se è un pittore [ma come] ..egli sia anche un uomo politico”
(Pablo Picasso, Scritti, SE Editore, Milano 1998, p. 52) .
Ho scelto uno dei linguaggi tradizionali dell’arte: la pittura gurativa.
La mia pittura è un mix tra classico e moderno, riprendendo artisti del
Rinascimento Maturo per arrivare ad altri più moderni come Helene
Schjerfbeck o Francis Bacon, ma anche contemporanei come Jenny Saville.
Dal punto di vista formale, la scelta del bianco e nero vuole ricalcare la
velocità e immediatezza della cronaca, ma nello stesso tempo rispecchia
l’esigenza di non “abbellire” col colore gli argomenti trattati.
I “tagli” hanno valenze molteplici: possono rappresentare l’attacco ai vari
personaggi-icona dell’attuale politica nazionale, ma sono anche il tentativo
di smontare delle personalità pubbliche per cercare di “umanizzarle”,
facendole tornare allo stato di persone. Dunque la mia è una ri essione,
attraverso lo strumento della pittura, sulla fragilità dei personaggi pubblici
sottratti (forse) per un momento alla loro “maschera teatrale”.
L’operazione si distingue in due fasi:
- dei dipinti gurativi che mirano a produrre una oggettivazione “piena”
delle varie tematiche trattate;
- dei disegni più liberi che puntano ad una sintesi maggiormente
”aperta”.
La fonte d’ispirazione di partenza, per il lavoro d’indagine politica e per
la realizzazione della mostra, è stata Enzo Biagi e il suo libro “Quello che
non si doveva dire”.
Andrea Romanello
Andrea Romanello sull’onda della pittura
Andrea Romanello a un certo punto è nito all’Accademia di Brera
quasi per necessità. Un’attrazione irresistibile per la pittura gli
aveva via via impedito di abbracciare altri lavori o attività. La
passione per la pittura può essere un tiranno dei più terribili.
Venendo all’Accademia Romanello deve aver pensato che,
sgobbando, studiando e andando a vedere mostre e musei, il suo
rapporto con la pittura avrebbe trovato da solo il suo equilibrio.
Niente di più sbagliato: la pittura può diventare una tortura di
Tantalo e un incubo. Disegnare e dipingere è dolce come il miele,
ma portare la pittura fuori dalla propria stanza è uno degli esercizi
più dif cili. Il perché è presto detto: la pittura può essere bella o
brutta, facile o ermetica, scostante o attraente, ma non può stare
dietro a niente. Deve essere sovrana.
Ora proviamo a guardarci attorno e vedere quanto incontriamo
continuamente sotto forma di immagine: la televisione, il web,
la fotogra a analogica o digitale, il cinema, i giornali, le insegne
dei negozi, la pubblicità, i segni in niti collocati sui vestiti, sulle
borse, sui mezzi di trasporto, i graf ti sui muri, i display sui
cellulari… Come la pittura può essere sovrana rispetto a questa
onda incontenibile di immagini? Cavalcandola come fa un surf con
le onde dell’oceano.
Andrea Romanello per anni ha fatto il bravo ragazzo che studia e
lavora. Ha raggiunto una eccellente perizia nel suo lavoro. Forse ha
imparato più dal confronto con i suoi compagni di scuola che dai
suoi insegnanti (tra i quali c’ero anch’io). Ha fatto con me la tesi di
storia dell’arte. Dopo un lungo travaglio leopardiano è approdato a
un progetto interessante: lo studio di due artisti inglesi dell’onda
recente, Damien Hirst e Jenny Saville. Ha scelto il primo per studiare
l’arte della costruzione del successo e l’altra per esaminare da
vicino un caso di pittura attuale di successo. Avrà pensato: “Se
faccio uno più uno…”. In realtà la faccenda è tremendamente
complicata. Uno degli esiti dello studio condotto da Andrea è stato
un lavoro che, assumendo una griglia conoscitiva di Hirst, l’unità
fatta a fette (le vacche in formalina fatte a pezzi), l’ha restituita
con un suo ritratto in pittura. È stata una bella mossa: l’artista che
si è caratterizzato per la capacità di fagocitare forme, immagini e
linguaggi del nostro tempo è stato a sua volta fagocitato in forma
simbolica. Questo è un esempio da manuale di sovranità della
pittura. Da quel momento Romanello poteva dirsi di aver raggiunto
l’obiettivo che aveva inseguito per anni.
Ma le faccende in pittura sono maledettamente complicate e del
resto anche il mondo in cui viviamo non è semplice. E allora eccoci
qui, dopo un’estate in cui Andrea ha viaggiato in Europa e a New
York, ha visto musei e gallerie facendo scorpacciate di quadri,
sculture, disegni, collages… e ha provato a elaborare una sua
risposta. Risposta che, per come si è manifestata, ha preso un esito
imprevisto anche per lui. I suoi quadri recenti hanno a che fare con
la cronaca italiana, con gli scandali e le vicende dei politici e dei
personaggi pubblici. Andrea, giovane uomo educato alla pittura ha
provato a rispondere all’onda di programmi televisivi, immagini di
giornali e del web che ci bombarda sulle prodezze di queste gure
pubbliche. Rispetto a quell’onda la pittura ha ben poco potere, è
ingombrante, statica e non facile da replicare. D’altra parte quella
materia o la signoreggia o è meglio che la eviti. I quadri di Romanello,
quella materia, la dominano? Si avventurano in un terreno nuovo
dove, per raggiungere sovranità, ci vogliono in nito esercizio e
sperimentazione. Ma intanto posso dire che questi quadri mordono:
ci fanno uscire dall’intontimento dei telegiornali e dei talk show
obbligandoci a ri ettere e non è poco. Chi sa qualcosa sulla pittura
di oggi conosce anche le dif coltà tradite dagli artisti osannati dal
mercato. Quello che resta da fare per il giovane artista, mi vien da
dire, è arrivare alle ultime conseguenze. Non so se ci arriverà sui
temi che sta elaborando o su altri percorsi. La strada della pittura è
imprevedibile e impervia. So che Andrea non la abbandonerà perché
non gli è possibile di farlo. Conoscendo il motore che lo muove, provo
per lui simpatia e ducia. Infatti so che, comunque vadano le cose, il
confronto con la pittura se lo giocherà no in fondo.
Dario Trento
Andrea Romanello nasce a Cles (TN) il 20 luglio 1975, si è laureato
in Pittura all’Accademia di Belle Arti di “Brera” di Milano nel 2008 e
vive e lavora tra Milano e Bocenago (TN).
legislativi dell’attuale governo italiano.
A dispetto di ciò che potrebbe apparire, essa è “apartitica”. Non vuole, cioè,
costituire un attacco ad una matrice politica, bensì offrirsi come strumento
di attenzione su alcune leggi ed argomenti, analizzando le motivazioni che
le hanno prodotte, nonché le conseguenze che esse portano con sé.
L’indagine vuol far ri ettere in maniera “diversa” attraverso il linguaggio
dell’arte e della pittura.
L’obiettivo è riparare al troppo frequente disinteresse e alla disinformazione
nei quali versa buon parte della popolazione italiana.
L’azione degli artisti d’oggi è troppo spesso legata ad una valenza
esclusivamente estetica e ad un mondo dell’arte che sovente è
autoreferenziale agli eccessi. Con questa proposta tento di cambiare
questo stato di cose.
Lo stesso Pablo Picasso nei suoi Scritti ci ricorda che “la pittura non è fatta
per decorare appartamenti [e come] ..l’artista non è un imbecille che ha
solo gli occhi se è un pittore [ma come] ..egli sia anche un uomo politico”
(Pablo Picasso, Scritti, SE Editore, Milano 1998, p. 52) .
Ho scelto uno dei linguaggi tradizionali dell’arte: la pittura gurativa.
La mia pittura è un mix tra classico e moderno, riprendendo artisti del
Rinascimento Maturo per arrivare ad altri più moderni come Helene
Schjerfbeck o Francis Bacon, ma anche contemporanei come Jenny Saville.
Dal punto di vista formale, la scelta del bianco e nero vuole ricalcare la
velocità e immediatezza della cronaca, ma nello stesso tempo rispecchia
l’esigenza di non “abbellire” col colore gli argomenti trattati.
I “tagli” hanno valenze molteplici: possono rappresentare l’attacco ai vari
personaggi-icona dell’attuale politica nazionale, ma sono anche il tentativo
di smontare delle personalità pubbliche per cercare di “umanizzarle”,
facendole tornare allo stato di persone. Dunque la mia è una ri essione,
attraverso lo strumento della pittura, sulla fragilità dei personaggi pubblici
sottratti (forse) per un momento alla loro “maschera teatrale”.
L’operazione si distingue in due fasi:
- dei dipinti gurativi che mirano a produrre una oggettivazione “piena”
delle varie tematiche trattate;
- dei disegni più liberi che puntano ad una sintesi maggiormente
”aperta”.
La fonte d’ispirazione di partenza, per il lavoro d’indagine politica e per
la realizzazione della mostra, è stata Enzo Biagi e il suo libro “Quello che
non si doveva dire”.
Andrea Romanello
Andrea Romanello sull’onda della pittura
Andrea Romanello a un certo punto è nito all’Accademia di Brera
quasi per necessità. Un’attrazione irresistibile per la pittura gli
aveva via via impedito di abbracciare altri lavori o attività. La
passione per la pittura può essere un tiranno dei più terribili.
Venendo all’Accademia Romanello deve aver pensato che,
sgobbando, studiando e andando a vedere mostre e musei, il suo
rapporto con la pittura avrebbe trovato da solo il suo equilibrio.
Niente di più sbagliato: la pittura può diventare una tortura di
Tantalo e un incubo. Disegnare e dipingere è dolce come il miele,
ma portare la pittura fuori dalla propria stanza è uno degli esercizi
più dif cili. Il perché è presto detto: la pittura può essere bella o
brutta, facile o ermetica, scostante o attraente, ma non può stare
dietro a niente. Deve essere sovrana.
Ora proviamo a guardarci attorno e vedere quanto incontriamo
continuamente sotto forma di immagine: la televisione, il web,
la fotogra a analogica o digitale, il cinema, i giornali, le insegne
dei negozi, la pubblicità, i segni in niti collocati sui vestiti, sulle
borse, sui mezzi di trasporto, i graf ti sui muri, i display sui
cellulari… Come la pittura può essere sovrana rispetto a questa
onda incontenibile di immagini? Cavalcandola come fa un surf con
le onde dell’oceano.
Andrea Romanello per anni ha fatto il bravo ragazzo che studia e
lavora. Ha raggiunto una eccellente perizia nel suo lavoro. Forse ha
imparato più dal confronto con i suoi compagni di scuola che dai
suoi insegnanti (tra i quali c’ero anch’io). Ha fatto con me la tesi di
storia dell’arte. Dopo un lungo travaglio leopardiano è approdato a
un progetto interessante: lo studio di due artisti inglesi dell’onda
recente, Damien Hirst e Jenny Saville. Ha scelto il primo per studiare
l’arte della costruzione del successo e l’altra per esaminare da
vicino un caso di pittura attuale di successo. Avrà pensato: “Se
faccio uno più uno…”. In realtà la faccenda è tremendamente
complicata. Uno degli esiti dello studio condotto da Andrea è stato
un lavoro che, assumendo una griglia conoscitiva di Hirst, l’unità
fatta a fette (le vacche in formalina fatte a pezzi), l’ha restituita
con un suo ritratto in pittura. È stata una bella mossa: l’artista che
si è caratterizzato per la capacità di fagocitare forme, immagini e
linguaggi del nostro tempo è stato a sua volta fagocitato in forma
simbolica. Questo è un esempio da manuale di sovranità della
pittura. Da quel momento Romanello poteva dirsi di aver raggiunto
l’obiettivo che aveva inseguito per anni.
Ma le faccende in pittura sono maledettamente complicate e del
resto anche il mondo in cui viviamo non è semplice. E allora eccoci
qui, dopo un’estate in cui Andrea ha viaggiato in Europa e a New
York, ha visto musei e gallerie facendo scorpacciate di quadri,
sculture, disegni, collages… e ha provato a elaborare una sua
risposta. Risposta che, per come si è manifestata, ha preso un esito
imprevisto anche per lui. I suoi quadri recenti hanno a che fare con
la cronaca italiana, con gli scandali e le vicende dei politici e dei
personaggi pubblici. Andrea, giovane uomo educato alla pittura ha
provato a rispondere all’onda di programmi televisivi, immagini di
giornali e del web che ci bombarda sulle prodezze di queste gure
pubbliche. Rispetto a quell’onda la pittura ha ben poco potere, è
ingombrante, statica e non facile da replicare. D’altra parte quella
materia o la signoreggia o è meglio che la eviti. I quadri di Romanello,
quella materia, la dominano? Si avventurano in un terreno nuovo
dove, per raggiungere sovranità, ci vogliono in nito esercizio e
sperimentazione. Ma intanto posso dire che questi quadri mordono:
ci fanno uscire dall’intontimento dei telegiornali e dei talk show
obbligandoci a ri ettere e non è poco. Chi sa qualcosa sulla pittura
di oggi conosce anche le dif coltà tradite dagli artisti osannati dal
mercato. Quello che resta da fare per il giovane artista, mi vien da
dire, è arrivare alle ultime conseguenze. Non so se ci arriverà sui
temi che sta elaborando o su altri percorsi. La strada della pittura è
imprevedibile e impervia. So che Andrea non la abbandonerà perché
non gli è possibile di farlo. Conoscendo il motore che lo muove, provo
per lui simpatia e ducia. Infatti so che, comunque vadano le cose, il
confronto con la pittura se lo giocherà no in fondo.
Dario Trento
Andrea Romanello nasce a Cles (TN) il 20 luglio 1975, si è laureato
in Pittura all’Accademia di Belle Arti di “Brera” di Milano nel 2008 e
vive e lavora tra Milano e Bocenago (TN).
31
gennaio 2009
Andrea Romanello – Quello che non si deve dire
Dal 31 gennaio al 19 febbraio 2009
arte contemporanea
Location
CHALET LAGHETTO
Pinzolo, Via Monte Spinale, 14, (Trento)
Pinzolo, Via Monte Spinale, 14, (Trento)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 18.00 alle 22.00
Vernissage
31 Gennaio 2009, ore 17
Autore