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Andro Wekua – Neon Shadow
Il Castello di Rivoli presenta il progetto speciale di Andro Wekua (Suhumi, Georgia, 1977) appositamente concepito per il Museo e realizzato grazie al sostegno della Fondazione Arte Moderna e Contemporanea CRT.
Comunicato stampa
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Il Castello di Rivoli presenta il progetto speciale di Andro Wekua (Suhumi, Georgia, 1977) appositamente concepito per il Museo e realizzato grazie al sostegno della Fondazione Arte Moderna e Contemporanea CRT.
Nelle prestigiose sale storiche del Castello di Rivoli i visitatori entreranno in contatto con il raffinato immaginario del giovane artista georgiano tra collage, dipinti, sculture di cera e un modello architettonico. Quest'ultimo è ispirato ad un edificio di Suhumi, sua città natale, dalla quale fu costretto a fuggire nel 1990 insieme alla famiglia, a causa degli episodi di pulizia etnica che sconvolsero la regione dell’Abkhazia. Come afferma Andrea Bellini, curatore della mostra “Suhumi, città oggi semiabbandonata, è per Andro Wekua una città miraggio, una città irraggiungibile, un luogo onirico e del ricordo. Queste memorie - nel lavoro dell’artista - prendono forma anche grazie a collage raffinati, ad immagini in movimento, e ad una inquietante serie di sculture figurative, in ceramica o cera, di bambini e di adolescenti, figure che sembrano provenire da una zona remota del sogno e del trauma”.
La mostra Neon Shadow, si inserisce nel più ampio contesto di un progetto espositivo realizzato in collaborazione con la Kunsthalle Wien di Vienna e la Kunsthalle Fridericianum di Kassel, che ospitano rispettivamente le mostre Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth e Pink Wave Hunter. Il titolo di quest’ultima è anche quello della pubblicazione - insieme catalogo e libro d’artista - che accompagna il progetto espositivo.
Andro Wekua è stato invitato a partecipare alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte de la Biennale di Venezia, dal titolo ILLUMInazioni, curata da Bice Curiger, in occasione della quale esporrà il film Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth, 2010, presentato in anteprima al Castello di Rivoli in occasione della mostra.
Andro Wekua (1977) vive e lavora a Zurigo e Berlino. Si è formato presso la National Art School di Sukhumi tra il 1986 e il 1991, proseguendo poi i suoi studi dal 1993 al 1994 presso lo Study at Phil. Institute Gogebaschvili di Tbilisi, ed infine alla Visual Art School di Basilea tra il 1995 e il 1999.
Numerose sono le pubblicazioni ed i progetti internazionali cui l’artista ha partecipato.
Fra le mostre personali ricordiamo Workshop Report, Centre d’Art Contemporain Wiels, Brussel, 2009; Sunset: I Love Horizon, Le Magasin, Centre National d’Art Contemporain de Grenoble, Grenoble, 2008; Wait to Wait, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, 2007. Fra le collettive 10.000 Lives, 8th Gwangju Biennale, Gwangju, 2010, Skin Fruit: Selection from the Dakis Joannou Collection, a cura di Jeff Koons, New Museum, New York, 2010, Abstract Resistence, Walker Art Center, Minneapolis, 2010 e Contemplating the Void: Interventions in the Guggenheim Museum, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, 2010.
IL SÉ E LA STORIA.
IL PERTURBANTE E IL COLLAGE NEI FILM DI ANDRO WEKUA
Miciah Hussey
Forse il titolo del film di Andro Wekua Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth (Mai dormire con una fragola in bocca) deriva da una credenza superstiziosa o dalla sag¬gezza popolare, con il suo enigmatico monito che sembra derivare dal presentimento di qualcosa di più grave dell'in-ghiottimento notturno. Indipendentemente dalle sue origini, il titolo dell'opera richiama la logica onirica ed evoca possi¬bilità più macabre e minacciose del mero soffocamento. Né è solo una vuota minaccia: è d'obbligo attenersi a questa regola se si vuole dormire indisturbati. La premessa sopran¬naturale fa sì che lo spettatore si chieda se il film sia rappre¬sentato dal sogno avuto con il frutto sulla lingua o dalla realtà alla quale si è risvegliato il mattino dopo averlo inghiottito. Tutto ciò che si riesce a intuire è che la minaccia implicita nel titolo sembra dire: "Se ti succede te lo sei meritato." Insomma, se sei pauroso ricordati che è solo un film.
I film di Wekua comunicano tra loro mediante echi incompleti: sono immagini e tecniche ripetute, così come il silenzio, la solitudine e il buio a suscitare la paura della morte. È il buio, per Rein Wolfs, che fa sì che l'opera di Wekua "non [sia] for¬mata dalla razionalità, né primariamente né secondariamente, bensì manifestata piuttosto come un'atmosfera creata da moti impulsivi." I film parlano la stessa lingua e raccontano forse la stessa storia: per impulso, non in base a un piano prestabilito, quelli che Wolfs chiama "drammi non elaborati" si spandono oltre i limiti dei mezzi espressivi e degli oggetti, riversandosi in altre opere, tempi, spazi. Il tavolo da ping-pong nel cortile appare nel primo film di Wekua dal titolo Sicut Lilium Inter Spinas, 2003, e ancora in Never Sleep with a Straw¬berry in Your Mouth; il sole tramonta sempre, senza mai sor¬gere; le onde si schiantano; bambini dallo sguardo insondabile fissano l'osservatore. Comunicando tra loro essi fanno riferi¬mento a una pratica o metodologia fondamentale nella quale motivi, figure e temi operano come prototipi da studiare nell'ambito di scenari diversi: è il collage, appunto. Mentre le ricorrenze invitano a una lettura autobiografica, le implica¬zioni più formali del collage infondono in questi Leitmotiv un'incertezza poetica caratteristica dell'opera di Wekua. I suoi collage esprimono l'impulso linguistico a smantellare le con¬venzioni della storia visiva che spingeva i dadaisti e i surrealisti a fondere il linguaggio intimo dei sogni con quello pubblico della politica e dei mass media. Pur formulando le proprie opere sulla medesima base psicoanalitica che permette all'inconscio di farsi strada attraverso le fratture della coscien¬za, i collage di Wekua fanno riferimento a un nuovo sistema di coordinate. Saturo del film giallo italiano, ossessionato dalla politica post-sovietica e sensibile alle molteplici dimen¬sioni dell'infanzia, Wekua dà vita a un senso di nostalgia che insegue un discorso formale di stile rétro e fa vedere il passato come estetizzazione del presente. Immergere il passato in un'aura di splendore cela le azioni "familiari" di una storia individuale alla base dell'opera; allo stesso tempo, però, vi è un effetto di straniamento che si oppone all'azione dominante del mito. L'incertezza riguardo al motivo per il quale queste immagini diano vita a un tutto omogeneo si riflette nella capacità di Wekua di arrestare il corso del sole che tramonta.
Ipotizzando l'esistenza di un filo rosso lungo tutta la pratica multimediale di Wekua, esso comincerebbe a svolgersi con il collage e terminerebbe, probabilmente, con i film. Mentre la semplice relazione tra il taglio e il montaggio della pellicola e la costruzione del significato attraverso il collage non necessita di spiegazioni, analizzare come Wekua metta alla prova questo legame è fondamentale per comprendere il suo operato arti¬stico. Sicut Lilium Inter Spinas tradisce volutamente l'importan¬za del collage nei suoi film divulgando, ripetendo, strappando e infine riparando i filmati sgranati di rituali familiari di una Georgia di epoca sovietica, in un sonoro lamento funebre di speranza e lutto. Ciò che in un primo momento appare come un'esplorazione ossessiva della somiglianza tra le occasioni gioiose e quelle tristi, si rivela ben presto come un'analisi ben più complessa della nostalgia e dello straniamento tra il pas¬sato dell'individuo (come serie di eventi collegati fra loro) e la sua vita (come costrutto diacronico e polisemico di pensieri, sensazioni e azioni). In virtù dello stile documentario amato¬riale viene naturale identificare con lo stesso Wekua il bambi¬no circondato da adulti, la cui testa viene accarezzata dolce¬mente con gesto consolatorio mentre si volta a fissare l'osservatore attraverso l'obiettivo. La volontà di situare razio¬nalmente il film nel contesto della biografia dell'artista lo riduce immotivatamente al tentativo di affrontare il passato senza riconoscere le strategie visive che minano il concetto di progetto autobiografico, conferendogli un nuovo significato.
Un secondo bambino - forse un fratello, il gemello o lo stesso bambino ripreso in un altro momento - si volta verso la video¬camera e fissa lo spettatore. Ha gli stessi lineamenti scuri e i grandi occhi dall'espressione inafferrabile ed enigmatica del primo bambino. Il collage cinematografico di Wekua fa biforcare l'identità, il tempo e lo spazio in coincidenza della ricucitura che unisce i due bambini come se fossero la stessa persona, sosia funzionali alla simmetrica logica onirica del collage di Wekua. Il secondo bambino incontra lo sguardo del primo, riprendendo il tentativo abbozzato di esprimere un significato attraverso la dislocazione deformante del rituale.
I loro occhi si incontrano a metà strada nella mente dell'os¬servatore, a cui è richiesto di completare il legame che li unisce – o di metterlo in dubbio. II secondo bambino si volta e se ne va; la relazione è sospesa nell'atmosfera tra i tagli e finisce per rimanere irrisolta.
Lo sdoppiamento del bambino permette diverse letture: i gemelli compaiono spesso nella sua opera, oltre a essere impli¬citi nella sua pratica di produrre due varianti delle sue scultu¬re quali Get Out of My Room (Esci dalla mia stanza) (2006) e Wait to Wait (Aspetta di aspettare) (2007). Per Freud il doppio rimanda a superstizioni primitive il cui scopo ultimo è di sottrarre l'identità all'annientamento. Lo sdoppiamento del sé compiuto da Wekua assume i tratti di un trasferimento: in Sicut Lilium Inter Spinas, la perdita dell'identità attraverso lo sdoppiamento presiede ossessivamente al processo di signifi¬cazione. L'autobiografia diviene una storia di fantasmi in cui la costruzione storica dell'identità non può produrre significato; anzi, l'incertezza derivata dal fatto di ignorare il desiderio ra¬zionalizzante di "nominare" permette al perturbante di dirige¬re la narrazione. Il perturbante, secondo il saggio di Freud del 1919, è "quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare"; esso torna "trasformato dalla repressione in angoscia morbosa" e paura.
II montaggio del film seppellisce il passato in una relazione incerta con il presente ma non può impedirgli di rivivere attra¬verso la relazione inquietante dei due bambini. Mentre l'im¬pulso iniziale ad analizzare l'identità dei gemelli, a capirne la relazione di parentela o a unirli in una persona sola fa sì che al film venga attribuita una funzione autobiografica, è l'altro approccio, basato sull'incertezza, che si afferma me¬diante gli imperativi formali e strutturali del film. Il processo di straniamento genera siti multipli di produzione artistica e permette la nascita di nuovi costrutti narrativi. Il collage estrania il sé (o permette di estraniarlo): i due bambini, indi-pendentemente dal fatto che si tratti effettivamente di un bambino solo, di fratelli o di gemelli, diventano esseri che si perseguitano a vicenda. Inoltre, la sensazione di inquietudine si intensifica con l'aumentare dell'incertezza nel nominare il contesto: è proprio questo che fa emergere il perturbante. Laddove il film rivela il tempo, il luogo o l'identità, il luogo dell'inquietudine si sposta, costringendo l'osservatore a rico¬noscere la possibilità che l'organizzazione di eventi passati intorno a un costrutto narrativo possa portare alla luce, al posto di elementi autobiografici, solo sensazioni di dubbio e tormento.
Tutti i film di Wekua sono in fondo storie di fantasmi. Tuttavia l'abilità di esorcizzare l'elemento inquietante (di dargli un nome, di bandirlo) viene frustrata dal fatto che il perturbante è allo stesso tempo una modalità primaria della narrazione. Eliminare gli spiriti dalla propria opera vorrebbe dire distrug¬gere l'atmosfera che genera il significato. In Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth Wekua compone un collage di tropi presi in prestito non solo da film dell'orrore, ma anche dalle sue opere precedenti. Ne risulta una narrativa in grado di infondere la vita in Leitmotiv inanimati, svelando uno scopo recondito. L'apertura compositiva del collage consente a Wekua di cogliere, connettere, trasfigurare o delegittimare svariate combinazioni di dettagli narrativi e immagini, sottoli¬neando non tanto l'unicità del racconto, quanto lo schema formale, all'interno del quale l'incertezza si fa portatrice di significato. L'intreccio, semplice eppure inspiegabile, vede un protagonista androgino che sembra quasi un automa attra¬versare le stanze di un appartamento vicino al mare mentre lui/lei si rende conto di essere imprigionato/a sia nel tempo sia nello spazio, e di essere vittima di una serie di episodi sconcertanti per essere inghiottito, infine, in una crepa del racconto. A questo punto fa il suo ingresso un essere proveniente da un altro luogo e fa piazza pulita, sostituendosi al protagonista nella luce psichedelica di un tramonto statico.
Ad eccezione della scena finale in cui il protagonista e la crea¬tura da un altro luogo fissano il sole sospeso all'orizzonte, il film si svolge all'interno dell'edificio; ma proprio come in By the Window (Accanto alla finestra) (2008), il confine tra dentro e fuori non è ben delimitato e permette ai surreali scenari esterni di invadere il campo attraverso le finestre. Nei film di Wekua le finestre, anziché offrire una vista sull'esterno o possibilità di fuga, diventano superfici sulle quali proiettare segni interpretativi della dimensione interiore. La vista dalle finestre offre una grande varietà di messaggi che costitui¬scono l'impalcatura su cui si regge lo spazio psichico interio¬re; in questo modo essa assume le funzioni del sogno e fa del collage una condizione necessaria per la produzione del significato. Una finestra mostra un tavolo da ping-pong sorvegliata da un gabbiano; in un altro momento, un'automo¬bile senza conducente. Entrambe queste immagini riappaiono da Sicut Lilium Inter Spinas: il tavolo da ping-pong, oggetto-simbolo dell'infanzia dell'artista a Suhumi, in Georgia, appare brevemente, mentre l'automobile sembra estratta da un corteo. Queste immagini non solo offrono uno sguardo sul passato, ma escludono la possibilità che il protagonista possa trovarvi una via di fuga. La finestra stessa, come superficie che trasmette il passato sotto forma di segno, rifiuta l'assi¬stenza della storia e disattiva la conoscenza simbolica. Oltre a contestualizzare il dramma interiore negli strati temporali, gli sguardi dalla finestra moltiplicano i livelli del film: esso diventa un collage di film dentro il film, dando così un'espressione concreta al carattere cinematografico dello sguardo narrativo di Wekua. Eppure non sono solo le opere cinematografiche che Wekua reimmagina in quest'opera: molti dei personaggi in Never Sleep richiamano le figure che appaiono sia nelle sue sculture sia nei collage. Il protagonista senza nome sembra essere lo stesso di Get Out of My Room e By the Window: i capelli corti e l'abbigliamento essenziale, i lineamenti appena accennati, celati sotto una maschera bianca, rimandano alla natura di manichini delle figure e gli ambigui scenari evidenziano la vulnerabilità di questi esseri inerti alle macchinazioni della messinscena. Successivamente, la donna nella sedia a dondolo, il volto di pallore fantasmagorico e gli occhi scuriti al punto di essere obliterati, richiama il giovane di Wait to Wait. L'economia dell'artificio ripetuto caratterizza il mondo creato da Wekua, popolato da volti inespressivi la cui accentuata disinvoltura viene smentita da un travestimento che non garantisce né l'anonimato né la fuga. Le maschere possono coprire i volti, ma l'identità sembra emergere da scenari precedenti, come se tutte le figure svolgessero un ruolo auto¬matizzato già rappresentato infinite volte e dovessero ora mettere in scena una prova generale collettiva. L'aspetto del déjà vu deriva non solo dai rimandi ad altre opere di Wekua, ma da un'analisi approfondita del genere horror. Il film dell'orrore che attira Wekua è inquietante, ma lo è proprio in virtù della sua esuberanza visiva e della consapevolezza che la paura è un prodotto dello stile più che della sostanza dell'orrore.
La situazione stessa, nella sua versione più elementare, richia¬ma il gioco del gatto col topo che è alla base di gran parte dei film horror: all'interno di uno spazio senza vie di fuga una figura-manichino viene inseguita da un folto gruppo di manichini e di automi dotati di coscienza. Si tratta della rela¬zione implicita tra il volto anonimizzato e privo di lineamenti del protagonista con l'artificiosità del manichino predatore che crea la tensione tra una trasformazione imminente e l'evocazione di un elemento familiare? Nonostante il legame non chiarito con i suoi persecutori, il protagonista possiede tutte le caratteristiche che Carol Clover attribuisce nelle sue letture del genere slasher alla "ragazza finale", colei che alla fine della storia trionfa sull'essere che ha decimato i suoi compagni. L'androginia della protagonista riecheggia questa figura la cui "eleganza, gravità, competenza in questioni meccaniche e pratiche, nonché la sua ritrosia sessuale, la distinguono dalle altre ragazze, rendendola paradossalmente alleata degli stessi giovani uomini che lei teme o rifiuta, per non parlare dell'assassino stesso." Wekua smantella questo schema generico non sacrificando il suo protagonista, ma mediante la demolizione indiscriminata del flusso narrativo. Nel suo terzo atto, che sembra svolgersi in un altro mondo, una figura mascherata entra ed elimina sia il protagonista sia coloro che lo tengono prigioniero. Tale fatto apparentemente inesplicabile ottiene coerenza narrativa grazie alla simmetria di eventi: proprio come il protagonista originale si fermava a osservare il tramonto all'inizio del film, così questa figura si volta verso il sole statico, arrestato nel suo corso.
Il dirottamento repentino e senza preavviso della storia di fantasmi scompiglia i meccanismi di paura e di suspense rodati fino alla banalità da decenni di esposizione al genere horror. L'idea inquietante di essere chiusi in un appartamen¬to abitato dai fantasmi diventa essa stessa soggetto di mi¬naccia e di paura mentre un'entità sconosciuta e inaspettata afferma il proprio dominio. Così come ha incluso immagini dai suoi film precedenti quali significanti di paura e prigionia, Wekua ricompone l'atmosfera inquietante della scena me¬diante l'intrusione di un personaggio che sembra appartenere a un altro film, o addirittura a un diverso genere. Il film stesso diventa un collage, non solo attraverso i tagli tra le riprese e le scene, ma anche sfidando le convenzioni di genere mediante tecniche di giustapposizione e di destabilizzazione del flusso narrativo. Freud avverte che "non dobbiamo lasciare che la nostra predilezione per le soluzioni ben levigate e per un'espo¬sizione assolutamente chiara ci trattenga dal confessare che non sempre è possibile isolare nettamente nell'esperienza vissuta i due tipi di perturbante." Benché caratterizzato da minore frammentazione e dalla riconoscibilità dell'intreccio, questo film fa ancora affidamento sulla presenza di fratture nel flusso narrativo al fine di evocare una sensazione di paura; ciò avviene non solo per la direzione attribuita all'intreccio, ma anche per lo schema in base al quale opere precedenti si inseriscono nella sfera diegetica. Freud sembra voler dire che dalle cuciture della pellicola nel processo di montaggio alle smagliature della psiche attraverso le quali emerge il pertur¬bante il passo è breve. In Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth Wekua tenta di sopprimere l'impulso a frammentare che caratterizza i suoi film precedenti, così come le opere su carta e i testi elusivi che accompagnano ogni gruppo di opere; eppure, egli sente il fascino del perturbante come metodo sintattico di produzione del significato attraverso le lacerazioni del flusso narrativo. Attribuendo al film la forma di un collage non solo di varie convenzioni del genere horror, ma anche delle sue opere precedenti, Wekua sembra evocare un'imma¬gine di se stesso come oggetto di persecuzione.
Nelle prestigiose sale storiche del Castello di Rivoli i visitatori entreranno in contatto con il raffinato immaginario del giovane artista georgiano tra collage, dipinti, sculture di cera e un modello architettonico. Quest'ultimo è ispirato ad un edificio di Suhumi, sua città natale, dalla quale fu costretto a fuggire nel 1990 insieme alla famiglia, a causa degli episodi di pulizia etnica che sconvolsero la regione dell’Abkhazia. Come afferma Andrea Bellini, curatore della mostra “Suhumi, città oggi semiabbandonata, è per Andro Wekua una città miraggio, una città irraggiungibile, un luogo onirico e del ricordo. Queste memorie - nel lavoro dell’artista - prendono forma anche grazie a collage raffinati, ad immagini in movimento, e ad una inquietante serie di sculture figurative, in ceramica o cera, di bambini e di adolescenti, figure che sembrano provenire da una zona remota del sogno e del trauma”.
La mostra Neon Shadow, si inserisce nel più ampio contesto di un progetto espositivo realizzato in collaborazione con la Kunsthalle Wien di Vienna e la Kunsthalle Fridericianum di Kassel, che ospitano rispettivamente le mostre Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth e Pink Wave Hunter. Il titolo di quest’ultima è anche quello della pubblicazione - insieme catalogo e libro d’artista - che accompagna il progetto espositivo.
Andro Wekua è stato invitato a partecipare alla 54. Esposizione Internazionale d’Arte de la Biennale di Venezia, dal titolo ILLUMInazioni, curata da Bice Curiger, in occasione della quale esporrà il film Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth, 2010, presentato in anteprima al Castello di Rivoli in occasione della mostra.
Andro Wekua (1977) vive e lavora a Zurigo e Berlino. Si è formato presso la National Art School di Sukhumi tra il 1986 e il 1991, proseguendo poi i suoi studi dal 1993 al 1994 presso lo Study at Phil. Institute Gogebaschvili di Tbilisi, ed infine alla Visual Art School di Basilea tra il 1995 e il 1999.
Numerose sono le pubblicazioni ed i progetti internazionali cui l’artista ha partecipato.
Fra le mostre personali ricordiamo Workshop Report, Centre d’Art Contemporain Wiels, Brussel, 2009; Sunset: I Love Horizon, Le Magasin, Centre National d’Art Contemporain de Grenoble, Grenoble, 2008; Wait to Wait, Museum Boijmans Van Beuningen, Rotterdam, 2007. Fra le collettive 10.000 Lives, 8th Gwangju Biennale, Gwangju, 2010, Skin Fruit: Selection from the Dakis Joannou Collection, a cura di Jeff Koons, New Museum, New York, 2010, Abstract Resistence, Walker Art Center, Minneapolis, 2010 e Contemplating the Void: Interventions in the Guggenheim Museum, Solomon R. Guggenheim Museum, New York, 2010.
IL SÉ E LA STORIA.
IL PERTURBANTE E IL COLLAGE NEI FILM DI ANDRO WEKUA
Miciah Hussey
Forse il titolo del film di Andro Wekua Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth (Mai dormire con una fragola in bocca) deriva da una credenza superstiziosa o dalla sag¬gezza popolare, con il suo enigmatico monito che sembra derivare dal presentimento di qualcosa di più grave dell'in-ghiottimento notturno. Indipendentemente dalle sue origini, il titolo dell'opera richiama la logica onirica ed evoca possi¬bilità più macabre e minacciose del mero soffocamento. Né è solo una vuota minaccia: è d'obbligo attenersi a questa regola se si vuole dormire indisturbati. La premessa sopran¬naturale fa sì che lo spettatore si chieda se il film sia rappre¬sentato dal sogno avuto con il frutto sulla lingua o dalla realtà alla quale si è risvegliato il mattino dopo averlo inghiottito. Tutto ciò che si riesce a intuire è che la minaccia implicita nel titolo sembra dire: "Se ti succede te lo sei meritato." Insomma, se sei pauroso ricordati che è solo un film.
I film di Wekua comunicano tra loro mediante echi incompleti: sono immagini e tecniche ripetute, così come il silenzio, la solitudine e il buio a suscitare la paura della morte. È il buio, per Rein Wolfs, che fa sì che l'opera di Wekua "non [sia] for¬mata dalla razionalità, né primariamente né secondariamente, bensì manifestata piuttosto come un'atmosfera creata da moti impulsivi." I film parlano la stessa lingua e raccontano forse la stessa storia: per impulso, non in base a un piano prestabilito, quelli che Wolfs chiama "drammi non elaborati" si spandono oltre i limiti dei mezzi espressivi e degli oggetti, riversandosi in altre opere, tempi, spazi. Il tavolo da ping-pong nel cortile appare nel primo film di Wekua dal titolo Sicut Lilium Inter Spinas, 2003, e ancora in Never Sleep with a Straw¬berry in Your Mouth; il sole tramonta sempre, senza mai sor¬gere; le onde si schiantano; bambini dallo sguardo insondabile fissano l'osservatore. Comunicando tra loro essi fanno riferi¬mento a una pratica o metodologia fondamentale nella quale motivi, figure e temi operano come prototipi da studiare nell'ambito di scenari diversi: è il collage, appunto. Mentre le ricorrenze invitano a una lettura autobiografica, le implica¬zioni più formali del collage infondono in questi Leitmotiv un'incertezza poetica caratteristica dell'opera di Wekua. I suoi collage esprimono l'impulso linguistico a smantellare le con¬venzioni della storia visiva che spingeva i dadaisti e i surrealisti a fondere il linguaggio intimo dei sogni con quello pubblico della politica e dei mass media. Pur formulando le proprie opere sulla medesima base psicoanalitica che permette all'inconscio di farsi strada attraverso le fratture della coscien¬za, i collage di Wekua fanno riferimento a un nuovo sistema di coordinate. Saturo del film giallo italiano, ossessionato dalla politica post-sovietica e sensibile alle molteplici dimen¬sioni dell'infanzia, Wekua dà vita a un senso di nostalgia che insegue un discorso formale di stile rétro e fa vedere il passato come estetizzazione del presente. Immergere il passato in un'aura di splendore cela le azioni "familiari" di una storia individuale alla base dell'opera; allo stesso tempo, però, vi è un effetto di straniamento che si oppone all'azione dominante del mito. L'incertezza riguardo al motivo per il quale queste immagini diano vita a un tutto omogeneo si riflette nella capacità di Wekua di arrestare il corso del sole che tramonta.
Ipotizzando l'esistenza di un filo rosso lungo tutta la pratica multimediale di Wekua, esso comincerebbe a svolgersi con il collage e terminerebbe, probabilmente, con i film. Mentre la semplice relazione tra il taglio e il montaggio della pellicola e la costruzione del significato attraverso il collage non necessita di spiegazioni, analizzare come Wekua metta alla prova questo legame è fondamentale per comprendere il suo operato arti¬stico. Sicut Lilium Inter Spinas tradisce volutamente l'importan¬za del collage nei suoi film divulgando, ripetendo, strappando e infine riparando i filmati sgranati di rituali familiari di una Georgia di epoca sovietica, in un sonoro lamento funebre di speranza e lutto. Ciò che in un primo momento appare come un'esplorazione ossessiva della somiglianza tra le occasioni gioiose e quelle tristi, si rivela ben presto come un'analisi ben più complessa della nostalgia e dello straniamento tra il pas¬sato dell'individuo (come serie di eventi collegati fra loro) e la sua vita (come costrutto diacronico e polisemico di pensieri, sensazioni e azioni). In virtù dello stile documentario amato¬riale viene naturale identificare con lo stesso Wekua il bambi¬no circondato da adulti, la cui testa viene accarezzata dolce¬mente con gesto consolatorio mentre si volta a fissare l'osservatore attraverso l'obiettivo. La volontà di situare razio¬nalmente il film nel contesto della biografia dell'artista lo riduce immotivatamente al tentativo di affrontare il passato senza riconoscere le strategie visive che minano il concetto di progetto autobiografico, conferendogli un nuovo significato.
Un secondo bambino - forse un fratello, il gemello o lo stesso bambino ripreso in un altro momento - si volta verso la video¬camera e fissa lo spettatore. Ha gli stessi lineamenti scuri e i grandi occhi dall'espressione inafferrabile ed enigmatica del primo bambino. Il collage cinematografico di Wekua fa biforcare l'identità, il tempo e lo spazio in coincidenza della ricucitura che unisce i due bambini come se fossero la stessa persona, sosia funzionali alla simmetrica logica onirica del collage di Wekua. Il secondo bambino incontra lo sguardo del primo, riprendendo il tentativo abbozzato di esprimere un significato attraverso la dislocazione deformante del rituale.
I loro occhi si incontrano a metà strada nella mente dell'os¬servatore, a cui è richiesto di completare il legame che li unisce – o di metterlo in dubbio. II secondo bambino si volta e se ne va; la relazione è sospesa nell'atmosfera tra i tagli e finisce per rimanere irrisolta.
Lo sdoppiamento del bambino permette diverse letture: i gemelli compaiono spesso nella sua opera, oltre a essere impli¬citi nella sua pratica di produrre due varianti delle sue scultu¬re quali Get Out of My Room (Esci dalla mia stanza) (2006) e Wait to Wait (Aspetta di aspettare) (2007). Per Freud il doppio rimanda a superstizioni primitive il cui scopo ultimo è di sottrarre l'identità all'annientamento. Lo sdoppiamento del sé compiuto da Wekua assume i tratti di un trasferimento: in Sicut Lilium Inter Spinas, la perdita dell'identità attraverso lo sdoppiamento presiede ossessivamente al processo di signifi¬cazione. L'autobiografia diviene una storia di fantasmi in cui la costruzione storica dell'identità non può produrre significato; anzi, l'incertezza derivata dal fatto di ignorare il desiderio ra¬zionalizzante di "nominare" permette al perturbante di dirige¬re la narrazione. Il perturbante, secondo il saggio di Freud del 1919, è "quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare"; esso torna "trasformato dalla repressione in angoscia morbosa" e paura.
II montaggio del film seppellisce il passato in una relazione incerta con il presente ma non può impedirgli di rivivere attra¬verso la relazione inquietante dei due bambini. Mentre l'im¬pulso iniziale ad analizzare l'identità dei gemelli, a capirne la relazione di parentela o a unirli in una persona sola fa sì che al film venga attribuita una funzione autobiografica, è l'altro approccio, basato sull'incertezza, che si afferma me¬diante gli imperativi formali e strutturali del film. Il processo di straniamento genera siti multipli di produzione artistica e permette la nascita di nuovi costrutti narrativi. Il collage estrania il sé (o permette di estraniarlo): i due bambini, indi-pendentemente dal fatto che si tratti effettivamente di un bambino solo, di fratelli o di gemelli, diventano esseri che si perseguitano a vicenda. Inoltre, la sensazione di inquietudine si intensifica con l'aumentare dell'incertezza nel nominare il contesto: è proprio questo che fa emergere il perturbante. Laddove il film rivela il tempo, il luogo o l'identità, il luogo dell'inquietudine si sposta, costringendo l'osservatore a rico¬noscere la possibilità che l'organizzazione di eventi passati intorno a un costrutto narrativo possa portare alla luce, al posto di elementi autobiografici, solo sensazioni di dubbio e tormento.
Tutti i film di Wekua sono in fondo storie di fantasmi. Tuttavia l'abilità di esorcizzare l'elemento inquietante (di dargli un nome, di bandirlo) viene frustrata dal fatto che il perturbante è allo stesso tempo una modalità primaria della narrazione. Eliminare gli spiriti dalla propria opera vorrebbe dire distrug¬gere l'atmosfera che genera il significato. In Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth Wekua compone un collage di tropi presi in prestito non solo da film dell'orrore, ma anche dalle sue opere precedenti. Ne risulta una narrativa in grado di infondere la vita in Leitmotiv inanimati, svelando uno scopo recondito. L'apertura compositiva del collage consente a Wekua di cogliere, connettere, trasfigurare o delegittimare svariate combinazioni di dettagli narrativi e immagini, sottoli¬neando non tanto l'unicità del racconto, quanto lo schema formale, all'interno del quale l'incertezza si fa portatrice di significato. L'intreccio, semplice eppure inspiegabile, vede un protagonista androgino che sembra quasi un automa attra¬versare le stanze di un appartamento vicino al mare mentre lui/lei si rende conto di essere imprigionato/a sia nel tempo sia nello spazio, e di essere vittima di una serie di episodi sconcertanti per essere inghiottito, infine, in una crepa del racconto. A questo punto fa il suo ingresso un essere proveniente da un altro luogo e fa piazza pulita, sostituendosi al protagonista nella luce psichedelica di un tramonto statico.
Ad eccezione della scena finale in cui il protagonista e la crea¬tura da un altro luogo fissano il sole sospeso all'orizzonte, il film si svolge all'interno dell'edificio; ma proprio come in By the Window (Accanto alla finestra) (2008), il confine tra dentro e fuori non è ben delimitato e permette ai surreali scenari esterni di invadere il campo attraverso le finestre. Nei film di Wekua le finestre, anziché offrire una vista sull'esterno o possibilità di fuga, diventano superfici sulle quali proiettare segni interpretativi della dimensione interiore. La vista dalle finestre offre una grande varietà di messaggi che costitui¬scono l'impalcatura su cui si regge lo spazio psichico interio¬re; in questo modo essa assume le funzioni del sogno e fa del collage una condizione necessaria per la produzione del significato. Una finestra mostra un tavolo da ping-pong sorvegliata da un gabbiano; in un altro momento, un'automo¬bile senza conducente. Entrambe queste immagini riappaiono da Sicut Lilium Inter Spinas: il tavolo da ping-pong, oggetto-simbolo dell'infanzia dell'artista a Suhumi, in Georgia, appare brevemente, mentre l'automobile sembra estratta da un corteo. Queste immagini non solo offrono uno sguardo sul passato, ma escludono la possibilità che il protagonista possa trovarvi una via di fuga. La finestra stessa, come superficie che trasmette il passato sotto forma di segno, rifiuta l'assi¬stenza della storia e disattiva la conoscenza simbolica. Oltre a contestualizzare il dramma interiore negli strati temporali, gli sguardi dalla finestra moltiplicano i livelli del film: esso diventa un collage di film dentro il film, dando così un'espressione concreta al carattere cinematografico dello sguardo narrativo di Wekua. Eppure non sono solo le opere cinematografiche che Wekua reimmagina in quest'opera: molti dei personaggi in Never Sleep richiamano le figure che appaiono sia nelle sue sculture sia nei collage. Il protagonista senza nome sembra essere lo stesso di Get Out of My Room e By the Window: i capelli corti e l'abbigliamento essenziale, i lineamenti appena accennati, celati sotto una maschera bianca, rimandano alla natura di manichini delle figure e gli ambigui scenari evidenziano la vulnerabilità di questi esseri inerti alle macchinazioni della messinscena. Successivamente, la donna nella sedia a dondolo, il volto di pallore fantasmagorico e gli occhi scuriti al punto di essere obliterati, richiama il giovane di Wait to Wait. L'economia dell'artificio ripetuto caratterizza il mondo creato da Wekua, popolato da volti inespressivi la cui accentuata disinvoltura viene smentita da un travestimento che non garantisce né l'anonimato né la fuga. Le maschere possono coprire i volti, ma l'identità sembra emergere da scenari precedenti, come se tutte le figure svolgessero un ruolo auto¬matizzato già rappresentato infinite volte e dovessero ora mettere in scena una prova generale collettiva. L'aspetto del déjà vu deriva non solo dai rimandi ad altre opere di Wekua, ma da un'analisi approfondita del genere horror. Il film dell'orrore che attira Wekua è inquietante, ma lo è proprio in virtù della sua esuberanza visiva e della consapevolezza che la paura è un prodotto dello stile più che della sostanza dell'orrore.
La situazione stessa, nella sua versione più elementare, richia¬ma il gioco del gatto col topo che è alla base di gran parte dei film horror: all'interno di uno spazio senza vie di fuga una figura-manichino viene inseguita da un folto gruppo di manichini e di automi dotati di coscienza. Si tratta della rela¬zione implicita tra il volto anonimizzato e privo di lineamenti del protagonista con l'artificiosità del manichino predatore che crea la tensione tra una trasformazione imminente e l'evocazione di un elemento familiare? Nonostante il legame non chiarito con i suoi persecutori, il protagonista possiede tutte le caratteristiche che Carol Clover attribuisce nelle sue letture del genere slasher alla "ragazza finale", colei che alla fine della storia trionfa sull'essere che ha decimato i suoi compagni. L'androginia della protagonista riecheggia questa figura la cui "eleganza, gravità, competenza in questioni meccaniche e pratiche, nonché la sua ritrosia sessuale, la distinguono dalle altre ragazze, rendendola paradossalmente alleata degli stessi giovani uomini che lei teme o rifiuta, per non parlare dell'assassino stesso." Wekua smantella questo schema generico non sacrificando il suo protagonista, ma mediante la demolizione indiscriminata del flusso narrativo. Nel suo terzo atto, che sembra svolgersi in un altro mondo, una figura mascherata entra ed elimina sia il protagonista sia coloro che lo tengono prigioniero. Tale fatto apparentemente inesplicabile ottiene coerenza narrativa grazie alla simmetria di eventi: proprio come il protagonista originale si fermava a osservare il tramonto all'inizio del film, così questa figura si volta verso il sole statico, arrestato nel suo corso.
Il dirottamento repentino e senza preavviso della storia di fantasmi scompiglia i meccanismi di paura e di suspense rodati fino alla banalità da decenni di esposizione al genere horror. L'idea inquietante di essere chiusi in un appartamen¬to abitato dai fantasmi diventa essa stessa soggetto di mi¬naccia e di paura mentre un'entità sconosciuta e inaspettata afferma il proprio dominio. Così come ha incluso immagini dai suoi film precedenti quali significanti di paura e prigionia, Wekua ricompone l'atmosfera inquietante della scena me¬diante l'intrusione di un personaggio che sembra appartenere a un altro film, o addirittura a un diverso genere. Il film stesso diventa un collage, non solo attraverso i tagli tra le riprese e le scene, ma anche sfidando le convenzioni di genere mediante tecniche di giustapposizione e di destabilizzazione del flusso narrativo. Freud avverte che "non dobbiamo lasciare che la nostra predilezione per le soluzioni ben levigate e per un'espo¬sizione assolutamente chiara ci trattenga dal confessare che non sempre è possibile isolare nettamente nell'esperienza vissuta i due tipi di perturbante." Benché caratterizzato da minore frammentazione e dalla riconoscibilità dell'intreccio, questo film fa ancora affidamento sulla presenza di fratture nel flusso narrativo al fine di evocare una sensazione di paura; ciò avviene non solo per la direzione attribuita all'intreccio, ma anche per lo schema in base al quale opere precedenti si inseriscono nella sfera diegetica. Freud sembra voler dire che dalle cuciture della pellicola nel processo di montaggio alle smagliature della psiche attraverso le quali emerge il pertur¬bante il passo è breve. In Never Sleep with a Strawberry in Your Mouth Wekua tenta di sopprimere l'impulso a frammentare che caratterizza i suoi film precedenti, così come le opere su carta e i testi elusivi che accompagnano ogni gruppo di opere; eppure, egli sente il fascino del perturbante come metodo sintattico di produzione del significato attraverso le lacerazioni del flusso narrativo. Attribuendo al film la forma di un collage non solo di varie convenzioni del genere horror, ma anche delle sue opere precedenti, Wekua sembra evocare un'imma¬gine di se stesso come oggetto di persecuzione.
02
maggio 2011
Andro Wekua – Neon Shadow
Dal 02 maggio al 04 settembre 2011
arte contemporanea
Location
CASTELLO DI RIVOLI – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA
Rivoli, Piazza Mafalda Di Savoia, (Torino)
Rivoli, Piazza Mafalda Di Savoia, (Torino)
Biglietti
€ 6.50 intero, € 4.50 ridotto
Orario di apertura
da martedì a venerdì 10-17, il sabato e domenica 10-19. Lunedì chiuso
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Curatore