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Andy Warhol – Illustrations for Fashion Magazines 1951-1963
Maria Calderara, in occasione dei trent’anni di apertura del suo spazio milanese, ospita una mostra dedicata al rapporto tra Andy Warhol e il mondo dell’illustrazione di moda, un aspetto seminale e poco approfondito del lavoro dell’artista,che precede la nascita della Pop Art e la sua carriera d’artista
Comunicato stampa
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Di un’attività nell’ambito della grafica pubblicitaria e dell’illustrazione che ha generato collaborazioni con riviste diverse, questa mostra privilegia il rapporto di Andy Warhol con il mondo della moda. La concezione di disegni e di pagine per alcune delle migliori riviste americane degli anni Cinquanta. Riviste di grande successo, che si contendono i più affermati o promettenti art-directors, scrittori, fotografi e illustratori. E costituiscono in quel periodo delle vere e proprie risorse di espressione e sperimentazione.
Con un vasto seguito e consenso di pubblico, si conformano perdipiù a una società che ha stili di vita, gusti e aspirazioni diverse. Vogue o Harper’s Bazaar si rivolgono alla donna alto borghese colta e sofisticata, mentre Mademoiselle privilegia, ad esempio, le studentesse bene dei college, Glamour la donna già inserita nel mondo del lavoro, American Girl e Seventeen l’adolescente sportiva, Good Housekeeping e McCall’s la casalinga middle class, o infine Esquire l’universo stilistico e culturale del nuovo businessman americano.
Si tratta di orientamenti e aspettative editoriali che Andy Warhol sa interpretare con grande talento e versatilità, adattando ai diversi target la cifra stilistica e il contenuto delle sue illustrazioni. Che si modificano via via per risultare congeniali a pubblici eterogenei e conformarsi ai budget e alle art direction di committenti diversi.
La scelta curatoriale di questa mostra è stata pertanto quella di raggruppare le riviste in specifiche sequenze tematiche, cercando di mettere a fuoco lo straordinario rapporto di empatia fra l’artefice del messaggio e il suo pubblico di destinazione. È una scelta che favorisce peraltro la possibilità di cogliere l’evoluzione del segno grafico dell’artista e la sua profonda influenza sul gusto estetico dell’epoca. A questo proposito è utile ricordare che sebbene le immagini create ad hoc per queste riviste rappresentino un significativo capitolo della carriera di Warhol, la quasi totalità dei disegni originali venne via via distrutta dopo l’utilizzo nei layout delle pagine. Questa era pratica comune poiché era il prodotto finale, la rivista, a rappresentare l’originale, mentre il disegno era considerato solo una fase del processo realizzativo. Le pagine esposte rimangono dunque l’unica possibilità di accesso allo straordinario contributo di Andy Warhol alla storia dell’illustrazione. Inclusi nell’allestimento, alcuni apparati multimediali consentiranno ai visitatori di calarsi nell’ambiente sociale e artistico in cui Warhol operò dal momento del suo arrivo a New York nel 1949.
ANDY WARHOL ILLUSTRATORE SULLE RIVISTE DI MODA
Nell’arco di trentotto anni Andy Warhol lavorò come illustratore per più di quattrocento numeri di testate diverse. Sebbene la maggior parte di questa produzione riguardi il periodo tra il 1949, l’anno in cui approda a New York, e il 1962, convenzionalmente considerato l’anno di nascita della Pop Art, di cui Warhol è stato principale artefice, questa attività continuò anche successivamente e parallelamente al suo lavoro d’artista. Fu l’ambito privilegiato di tutte le sue sperimentazioni, fonte di grande successo e consistenti guadagni. E strumento fondamentale per lo sviluppo di relazioni e amicizie che gli consentiranno di affermare e consolidare la sua fama d’artista.
Le sue celebri illustrazioni di scarpe di linea sottile, allungata e appuntita, che paiono animarsi sulla pagina, vive, attraenti, inesauribilmente straordinarie e impossibili da ignorare, hanno inaugurato un modo di rappresentare e comunicare abiti, capi di biancheria e accessori. Un approccio all’immagine redazionale e pubblicitaria che trascende la mera utilità, evidenziando come e quanto un’interpretazione artistica, più di una rappresentazione oggettiva, può sintetizzare e diffondere una tendenza della moda, un sofisticato concetto di glamour e di eleganza. E abbattere le demarcazioni tra high & low, prodotto e opera.
Lavorando come illustratore Warhol comprese perfettamente le strategie del consumismo e il ruolo fondamentale dei mezzi d’informazione e comunicazione nell’immaginario collettivo. Al punto da trasformare quella consapevolezza in una forma d’arte, un’opera Pop consumabile come un qualsiasi altro prodotto commerciale, trasposta dagli scaffali del supermercato all’interno di musei e gallerie.
MARIA CALDERARA
Il rapporto con la moda di Maria Calderara è frutto di un excursus completamente personale. Dopo gli studi di architettura, si dedica infatti da autodidatta alla sperimentazione. E se dell’architetto conserva nel tempo l’approccio severo e il dominio estremo del progetto nella sua interezza, ama d’altro canto scardinare ogni ordine e priorità, per creare imprevedibili interazioni di alto e basso, sofisticato e ruvido, rifinito e grezzo.
Invisibilmente preziosi, i suoi gioielli sono infatti montati su nastri sfilacciati, impalpabili, accumulazioni imprevedibili di rare pietre e perle, sempre privilegiate per l’organica irregolarità e unicità, antitetica all’artificiale perfezione delle forme.
Tagli imprevedibili e asimmetrici, stropicciature, avvolgimenti e tinture, generano pezzi dalle linee fluide, sinuose la cui preziosità finale è sottrazione, decostruzione e sovvertimento dell’ovvio, e governo sicuro del caso.
Le sue collezioni sono atemporali, leggere e assertive.
E il suo showroom milanese di Via Lazzaretto, ex fonderia adocchiata durante le visite giovanili presso la storica galleria Christan Stein – baluardo cittadino dell’arte povera e concettuale riadattato nel 1985 – è ancora oggi moderno nella maniera più disarmante e pura del termine, ingrandito con l’annessione degli spazi della ex galleria lasciati intonsi e ariosi a creare ulteriori effetti di contrasto strutturale e culturale.
Con un vasto seguito e consenso di pubblico, si conformano perdipiù a una società che ha stili di vita, gusti e aspirazioni diverse. Vogue o Harper’s Bazaar si rivolgono alla donna alto borghese colta e sofisticata, mentre Mademoiselle privilegia, ad esempio, le studentesse bene dei college, Glamour la donna già inserita nel mondo del lavoro, American Girl e Seventeen l’adolescente sportiva, Good Housekeeping e McCall’s la casalinga middle class, o infine Esquire l’universo stilistico e culturale del nuovo businessman americano.
Si tratta di orientamenti e aspettative editoriali che Andy Warhol sa interpretare con grande talento e versatilità, adattando ai diversi target la cifra stilistica e il contenuto delle sue illustrazioni. Che si modificano via via per risultare congeniali a pubblici eterogenei e conformarsi ai budget e alle art direction di committenti diversi.
La scelta curatoriale di questa mostra è stata pertanto quella di raggruppare le riviste in specifiche sequenze tematiche, cercando di mettere a fuoco lo straordinario rapporto di empatia fra l’artefice del messaggio e il suo pubblico di destinazione. È una scelta che favorisce peraltro la possibilità di cogliere l’evoluzione del segno grafico dell’artista e la sua profonda influenza sul gusto estetico dell’epoca. A questo proposito è utile ricordare che sebbene le immagini create ad hoc per queste riviste rappresentino un significativo capitolo della carriera di Warhol, la quasi totalità dei disegni originali venne via via distrutta dopo l’utilizzo nei layout delle pagine. Questa era pratica comune poiché era il prodotto finale, la rivista, a rappresentare l’originale, mentre il disegno era considerato solo una fase del processo realizzativo. Le pagine esposte rimangono dunque l’unica possibilità di accesso allo straordinario contributo di Andy Warhol alla storia dell’illustrazione. Inclusi nell’allestimento, alcuni apparati multimediali consentiranno ai visitatori di calarsi nell’ambiente sociale e artistico in cui Warhol operò dal momento del suo arrivo a New York nel 1949.
ANDY WARHOL ILLUSTRATORE SULLE RIVISTE DI MODA
Nell’arco di trentotto anni Andy Warhol lavorò come illustratore per più di quattrocento numeri di testate diverse. Sebbene la maggior parte di questa produzione riguardi il periodo tra il 1949, l’anno in cui approda a New York, e il 1962, convenzionalmente considerato l’anno di nascita della Pop Art, di cui Warhol è stato principale artefice, questa attività continuò anche successivamente e parallelamente al suo lavoro d’artista. Fu l’ambito privilegiato di tutte le sue sperimentazioni, fonte di grande successo e consistenti guadagni. E strumento fondamentale per lo sviluppo di relazioni e amicizie che gli consentiranno di affermare e consolidare la sua fama d’artista.
Le sue celebri illustrazioni di scarpe di linea sottile, allungata e appuntita, che paiono animarsi sulla pagina, vive, attraenti, inesauribilmente straordinarie e impossibili da ignorare, hanno inaugurato un modo di rappresentare e comunicare abiti, capi di biancheria e accessori. Un approccio all’immagine redazionale e pubblicitaria che trascende la mera utilità, evidenziando come e quanto un’interpretazione artistica, più di una rappresentazione oggettiva, può sintetizzare e diffondere una tendenza della moda, un sofisticato concetto di glamour e di eleganza. E abbattere le demarcazioni tra high & low, prodotto e opera.
Lavorando come illustratore Warhol comprese perfettamente le strategie del consumismo e il ruolo fondamentale dei mezzi d’informazione e comunicazione nell’immaginario collettivo. Al punto da trasformare quella consapevolezza in una forma d’arte, un’opera Pop consumabile come un qualsiasi altro prodotto commerciale, trasposta dagli scaffali del supermercato all’interno di musei e gallerie.
MARIA CALDERARA
Il rapporto con la moda di Maria Calderara è frutto di un excursus completamente personale. Dopo gli studi di architettura, si dedica infatti da autodidatta alla sperimentazione. E se dell’architetto conserva nel tempo l’approccio severo e il dominio estremo del progetto nella sua interezza, ama d’altro canto scardinare ogni ordine e priorità, per creare imprevedibili interazioni di alto e basso, sofisticato e ruvido, rifinito e grezzo.
Invisibilmente preziosi, i suoi gioielli sono infatti montati su nastri sfilacciati, impalpabili, accumulazioni imprevedibili di rare pietre e perle, sempre privilegiate per l’organica irregolarità e unicità, antitetica all’artificiale perfezione delle forme.
Tagli imprevedibili e asimmetrici, stropicciature, avvolgimenti e tinture, generano pezzi dalle linee fluide, sinuose la cui preziosità finale è sottrazione, decostruzione e sovvertimento dell’ovvio, e governo sicuro del caso.
Le sue collezioni sono atemporali, leggere e assertive.
E il suo showroom milanese di Via Lazzaretto, ex fonderia adocchiata durante le visite giovanili presso la storica galleria Christan Stein – baluardo cittadino dell’arte povera e concettuale riadattato nel 1985 – è ancora oggi moderno nella maniera più disarmante e pura del termine, ingrandito con l’annessione degli spazi della ex galleria lasciati intonsi e ariosi a creare ulteriori effetti di contrasto strutturale e culturale.
10
novembre 2015
Andy Warhol – Illustrations for Fashion Magazines 1951-1963
Dal 10 al 16 novembre 2015
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
SPAZIO MARIA CALDERARA
Milano, Via Lazzaretto, 15, (Milano)
Milano, Via Lazzaretto, 15, (Milano)
Vernissage
10 Novembre 2015, ore 18
Autore
Curatore