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Angelo Barone – Apparenti Stretti
Il lavoro di Angelo Barone indaga le forme dei luoghi focalizzando l’immagine sfuggente o parziale che questi danno di se stessi durante i processi di modificazione.
Comunicato stampa
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Il lavoro di Angelo Barone indaga le forme dei luoghi focalizzando l’immagine sfuggente o parziale che questi danno di se stessi durante i processi di modificazione. Qui sopravvivono forme che perdono il loro significato nel passaggio da uno spazio antropico a un’immagine autorappresentata. E’ un procedere sulla perdita, sulla sparizione di forme la cui identità è celata sotto il riflesso manchevole del sensore fotografico, oppure sotto un filtro vellutato o ancora sotto una superficie pittorica. Le immagini costituiscono così affioramenti di ombre sotto la superficie. Le cinque grandi tele presenti in mostra rimandano a una doppia evocazione: la frontalità dei luoghi e il loro divenire forma attraverso la scultura. In questi lavori lo sguardo si perde a cercare i contorni, a perimetrarli con battiti di ciglia così da attivare l’operazione di riconoscimento delle forme familiari giacenti sotto la superficie. La sua è una visione in trasparenza che fa del tempo una forma che sparisce o che attende. Crea monoliti virtuali che attendono invisibili nemici come in un apocalittico e silenzioso “deserto dei Tartari”. Un oggetto nel quale sono le informazioni di base che fanno rete consentendo all’opera di accumulare nuovi dati e di crescere in termini di comunicazione complessiva.
Le sei sculture evocano invece il blocco architettonico, il monolite fratturato, il bunker come paradigma dell’applicazione delle “Regole Massime”. Sono gli stessi luoghi celati dentro le superfici che diventano forme chiuse e ingannevoli nelle loro allusioni a corpi di fabbrica o a manufatti nei quali si perde il processo delle idee che li hanno suggerite. Qui si evidenzia anche il tentativo di concentrare ombra e assenza per sviluppare livelli funzionali di senso. Nella possibilità d’individuazione di tecnologie minime, invisibili, si percepisce anche la possibilità dello scontro e l’estensione del contrasto tra forma chiusa, stratificata e monolitica e un’immateriale sacralità architettonica. La perdita e la sparizione dell’identità diventano allora il pretesto per una ricerca sul vuoto, sull’iperspazio, sulla privazione del corpo, sull’assunzione delle casematte quali potenti metafore del senso, dell’impenetrabilità dell’anima e della necessità di avere un baluardo.
Annullando la storicità dell’occhio, l’artista esplora forme significanti e assolute portandole verso il collasso del senso e della funzione. Attraverso l’emersione di una presenza liquida e collettiva arriva alla creazione di un non-luogo dal quale emergono unicamente quattro fondamentali proprietà: complessità, conformità, trasformabilità e invisibilità. E proprio sul limite dell’invisibilità si collocano le sue opere, trafitte da punti di vista e da filtri, trasmettendo un’inquietante funzione difensiva proprio per la loro caratteristica di svestire i panni dell’architettura e di assumere quelli del corpo-oggetto.
Accompagnerà la mostra una ricca intervista di Angela Sanna.
Le sei sculture evocano invece il blocco architettonico, il monolite fratturato, il bunker come paradigma dell’applicazione delle “Regole Massime”. Sono gli stessi luoghi celati dentro le superfici che diventano forme chiuse e ingannevoli nelle loro allusioni a corpi di fabbrica o a manufatti nei quali si perde il processo delle idee che li hanno suggerite. Qui si evidenzia anche il tentativo di concentrare ombra e assenza per sviluppare livelli funzionali di senso. Nella possibilità d’individuazione di tecnologie minime, invisibili, si percepisce anche la possibilità dello scontro e l’estensione del contrasto tra forma chiusa, stratificata e monolitica e un’immateriale sacralità architettonica. La perdita e la sparizione dell’identità diventano allora il pretesto per una ricerca sul vuoto, sull’iperspazio, sulla privazione del corpo, sull’assunzione delle casematte quali potenti metafore del senso, dell’impenetrabilità dell’anima e della necessità di avere un baluardo.
Annullando la storicità dell’occhio, l’artista esplora forme significanti e assolute portandole verso il collasso del senso e della funzione. Attraverso l’emersione di una presenza liquida e collettiva arriva alla creazione di un non-luogo dal quale emergono unicamente quattro fondamentali proprietà: complessità, conformità, trasformabilità e invisibilità. E proprio sul limite dell’invisibilità si collocano le sue opere, trafitte da punti di vista e da filtri, trasmettendo un’inquietante funzione difensiva proprio per la loro caratteristica di svestire i panni dell’architettura e di assumere quelli del corpo-oggetto.
Accompagnerà la mostra una ricca intervista di Angela Sanna.
16
maggio 2018
Angelo Barone – Apparenti Stretti
Dal 16 maggio al 26 luglio 2018
arte contemporanea
Location
PATRIZIA PEPE
Campi Bisenzio, Via Piero Gobetti, 7/9, (Firenze)
Campi Bisenzio, Via Piero Gobetti, 7/9, (Firenze)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì 9:30/12:30 - 14:30/18:00
Vernissage
16 Maggio 2018, h 17:30-19:30
Autore
Curatore