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Aniconico su Carta
In mostra sei dei maggiori astrattisti della Campania
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Proseguono i percorsi dell’astrattismo in Campania, organizzati da Carlo Roberto Sciascia in Campania, in una mostra collettiva curata da Giovanni Vinciguerra
Aniconico su Carta
La mostra, allestita dal Comune di Bellona, propone opere dei sei masimi artisti astrattisti della Campania: Antonio Auriemma, Renato Barisani, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Giovanni Ferrenti, Enea Mancino
Inaugurazione
martedì 24 giugno – ore 19.00 a Bellona
Interventi di: Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia.
Presenzieranno: il Sindaco di Bellona dott. Giancarlo Della Cioppa, l’Assessore alla Cultura prof. Arianna Di Giovanni ed il direttore di Arte Vinciguerra dott. Giovanni Vinciguerra, curatore della mostra
Patrocinio: Comune di Bellona, Galleria Arte Vinciguerra, Associazione Culturale Ars Supra Partes
Martedì 24 giugno, alle ore 19.00, avrà luogo la cerimonia di inaugurazione alla quale presenziano il Sindaco di Bellona CE dott. Giancarlo Della Cioppa, l’Assessore alla Cultura Prof. Arianna Di Giovanni ed il direttore di Arte Vinciguerra dott. Giovanni Vinciguerra; sono previsti interventi di Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia.
Antonio Auriemma, Renato Barisani, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Giovanni Ferrenti, Enea Mancino sono i sei maggiori astrattisti della Campania, le cui opere saranno esposte presso la Biblioteca Comunale di Bellona in una mostra collettiva dal titolo “Aniconico su Carta”, curata da Giovanni Vinciguerra e organizzata dal Comune di Bellona con la collaborazione della Galleria Arte Vinciguerra e dell’Associazione Culturale Ars Supra Partes. L’evento rientra ne “I percorsi dell’Astrattismo in Campania”, curati da Carlo Roberto Sciascia.
In occasione dell’inaugurazione è stato edito un catalogo con interventi di Giancarlo Della Coppa, Arianna Di Giovanni e Giovanni Vinciguerra, testi di Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia e William Tode.
Astrattismo a Napoli
di Carlo Roberto Sciascia
Le avanguardie storiche dei primi anni del Novecento hanno contribuito, sia pure in maniera diversa l’una dall’altra, al completo stravolgimento del concetto di arte, ponendo le basi per una nuova idea di arte e dell’essere artisti. Dal desiderio di liberazione scaturisce il dinamismo spaziale, da cui si irraggiano tutte le dinamiche morali e sensitive dell’individuo umano; i singoli colori, la loro più o meno intensa saturazione cromatica, il senso simbolistico, allusivo di stati d’animo o di stati psichici particolari, le profondità dell’interiorità spiritualizzante significano più di qualsiasi apporto naturalistico narrativo ed illustrativo. Colore e struttura delle materie plastiche sono il presupposto per varcare il conscio ed accedere all’inconscio ed alla fantasia soggettiva. L’artista diviene un sottile illusionista, un giocoliere sul filo di seta delle memorie fragranti e nostalgiche, uno stregone, un prestigiatore, un poeta e si avvia a esplorare i meandri oscuri e complessi delle realtà sovrapposte a quelle visibili, nella spazialità di ritmi e di musiche, tra i dinamismi delle linee energetiche, tra le tessiture cromatiche che ci circondano ed hanno un’eco interiore, nella decomposizione della forma.
È stato, però, solo con la seconda metà del Novecento che le varie pratiche di sconfinamento e di estetica diffusa hanno dato vita ad una molteplice e multiforme produzione di interventi negli spazi urbani e nel paesaggio, di performance e di happening, confluendo in ultimo in un unico evento spettacolare, entro cui sfuma la distinzione tra dimensione virtuale e mondo reale. La prevalente causa di ciò deve ricercarsi nelle mutate concezioni filosofiche e socio-economiche e nel diverso concetto di uomo e di umanità, il tutto sotteso da una precarietà sempre più sconvolgente del quotidiano, che sembra distruggere il concetto di spazio temporale ed ogni speranza di durata. Anche i parametri di lettura sono cambiati tanto che si richiede nei confronti dell’arte un atteggiamento diverso da quello tradizionale; si può dire che essa diventa sempre più una disciplina specialistica, “intellettualizzata” e, come ogni altra disciplina, ha un suo linguaggio specializzato e l’uso di termini, per così dire, tecnici.
L’ampliamento dei limiti della concezione estetica per mezzo di varie tecniche ha offerto uno strumento legittimo per realizzare un’espressione più significante. Conoscenze e strumenti derivati dal mondo scientifico, esperimenti condotti dall’industria chimica e dalla rivoluzione tecnologica con i suoi passi da gigante hanno aperto nuovi orizzonti agli artisti, indicato loro nuove tecniche di espressione artistica e fornito i materiali più svariati.
L’Astrattismo è stato accolto nel dopoguerra nel segno di un’apertura scandalosa alla modernità, in un contesto come quello napoletano che, pur avendo conosciuto all’inizio del secolo le rotture clamorose del Futurismo, era rimasto fedele in massima parte, e soprattutto per quanto attiene al pubblico ed al mercato, a moduli tardo-ottocenteschi.
A Napoli importante è stato il senso della problematicità del linguaggio che alcuni colgono sul versante dell’ironia, altri accentuandone la dimensione del conflitto con lacerante sensibilità esistenziale, altri ancora evolvendo elementi che rapportano l’opera alla realtà in un dinamismo soggettivo, ma anche esaltato da frammenti di un reale che varia continuamente, ognuno con personali esperienze e con declinazioni linguistiche molto varie.
Negli anni Cinquanta Renato Barisani dà vita dà vita ad un poetica dell’informale dalle suggestive evocazioni e, più tardi, ad un’astrazione geometrica organica, anima vivacemente lo spazio delineando percorsi movimentati in ritmiche evoluzioni ove anche l’asimmetria, seppur apparentemente disarticolata, raggiunge un ordine più libero ed incondizionato nello spazio; le superfici ideate, levigate e dai risvolti silenziosi, entrano in intima discorsività con l’ambiente realizzando in piena risolutezza un plastico dinamismo che si compenetra nel mondo circostante.
Il linguaggio di Carmine Di Ruggiero gode di continui riferimenti alla magica atmosfera di Napoli, piena di animazione e folclore, e propongono impressioni “serbate” sia nella sua vita quotidiana, sia durante i suoi viaggi trasferiti in un’impalpabile dimensione virtuale; con una dialettica ricca, quelle visioni tipiche dell’astrattismo geometrico si evolvono in strutture materiche le quali, con “graffi” segnici consunti dal tempo, e impulsi gestuali complessi ed incisivi, si impadroniscono della superficie plastica. Le immagini articolate, che si avvalgono di squarci di colore e di linee scavate in uno sfondo denso per delineare il bisogno di ricollegamento al passato da recuperare, diventano segni che incidono nel cuore tracce indelebili e sofferte in una ricerca (quella attuale) che, non in antitesi o contrasto con quelle degli anni precedenti, sviluppa percorsi malinconici ma più intimi; esse si compongono delicatamente, spargendo un assorto silenzio dal forte impatto emotivo e dalle ripercussioni psicologiche incisive in una mirabile rarefazione sensoriale. La consistenza, abbinata al senso etereo dello spirito ed alle percezioni più intime, entra in rapporto con il mondo intimo e personale più segreto intraprendendo un’emozionante suggestiva avventura spirituale.
Giovanni Ferrenti sintetizza le intense percezioni di una realtà, sovrapposta a quella visibile, in grado da un lato di esaltare in lui il senso di appartenenza all’universo della natura, dall’altro di aprire mondi sensoriali inaspettati. Le sue opere vivono intimamente ed armonicamente con il mondo circostante in una concezione spazio temporale vibrante e si esaltano in un vissuto senso di appartenenza all’universo ed alla natura, aprendo mondi sensoriali inaspettati; sanno fondersi con gli interni spaziosi, con le architetture urbane e, soprattutto, con lo sfondo di un paesaggio naturale che ha nell’infinito il suo limite, disegnando intorno visioni euritmiche, mentre le loro cuspidi si prolungano verso il cielo per fendere le linee di confine tra reale e metafisico, alla ricerca di una fusione globale del visibile all’assoluto; concentrate nella concretezza mediana, si distendono in mirabili estensioni che prospettano da un lato il senso della deflagrazione della materia, dall’altro il procedere inarrestabile del tempo verso il punto di non ritorno, mentre dal loro nucleo energetico sono evocati inquietanti eventi che si stemperano nella levità spaziale tra gesti imperiosi ed effusione di pensiero.
Le sculture di Gianni De Tora disegnano architetture geometriche, sviluppate in rigorose forme campite da intensi colori e da interventi segnici per una riscoperta dei principi matematici e per giungere a realtà “altre”. I cromatismi, poi, determinano passaggi decisi e percorsi della mente, così come è evidente. Nelle “strutture riflesse” di De Tora l’insieme si trasforma in contrapposti elementi dal sapore energico e rilevato, che propongono confini tra due realtà simili ma distinte, dalle quali, forse, apprendere una verità: troppo spesso l’uomo discute per futili motivi, senza rendersi conto di osservare tutto su un piano riflesso.
Il rigore espressivo di Enea Mancino tende ad impostare valenze segnico-cromatiche in assetti equilibrati per meglio definire i caratteri distintivi dei suoi lavori; la sua ricerca sul colore e sulla geometria dell’universo si incentra sugli elementi geometrici, i quali si susseguono euritmicamente in originali architetture dall’immediato respiro lirico e dai luminosi richiami all’identità mediterranea con significative sequenze e strati cromatico-espressivi dalle dimensioni controllate. Le sue opere, di notevole sintesi formale, intendono sintetizzare un linguaggio personale per le tracce e le vibrazioni, che le caratterizzano. La sua sintesi non è solo formale in quanto il rigoroso segno entra in contatto con l’armonia dell'universo, mentre le pulsioni interiori cercano un equilibrio assoluto.
L’equilibrio tonale dà corpo alle opere di Antonio Auriemma e le sospende nel tempo e nello spazio sul filo ineffabile della percezione emozionale; i suoi lavori, sottilmente poetici, si avvolgono di misterioso incantesimo offrendo scenari intensi e avvincenti, ricchi di profumi e sapori mediterranei. L’artista si avventura in visioni in bilico tra miraggi e suggestioni, rimandi trasparenti di memorie passate, per accedere a progressioni fantastiche e liricamente energiche in una concretizzazione di accenni intimistici.
* * * * * * * * * * *
Nel Novecento tutte le Arti hanno vissuto profondi momenti di riflessione e di ridefinizione e un moltiplicarsi di tendenze stilistiche che hanno sconvolto il concetto stesso di Arte; relativamente alle arti visive si nota la coesistenza di materiali diversi e di tecnologie avanzate, con la presenza anche di oggetti recuperati, di citazioni colte, di graffiti, tutto nell’ambito di progetti innovativi e di nuovi linguaggi.
L’Arte Contemporanea per i “non addetti ai lavori” è, spesso, di non facile approccio perché hanno varie volte operato un vero e completo stravolgimento del concetto di arte ponendo le basi per una nuova idea di arte e di artisticità. Nella seconda metà del Novecento le varie nuove diffuse con il superamento dei limiti hanno dato vita ad una molteplice e multiforme produzione di interventi causati prevalentemente dalle mutate concezioni filosofiche e socio-economiche, oltre che dal diverso concetto di uomo e di umanità nell’ambito di una precarietà del quotidiano in quanto sembrano aver distrutto lo stesso concetto di spazio temporale einsteiniano.
In tal senso la mostra “proposta” individua nei sei artisti una posizione importante e decisiva nella mutevole, dinamica e sconfinata ampiezza di orizzonti della ricerca artistica contemporanea, costituendo un riferimento costante per coloro che operano nel settore; indubbia è, infatti, la forte valenza didattica per l’individuazione dei nodi articolati e significativi della ricerca nel campo dell’Astrattismo e della conseguiti con originalità in un rapporto dialettico, mai succubo, con ciò che accadeva nel mondo, fino a generare un ambito artistico particolarmente vivo e vitale in Campania che opera in una dimensione di grande e persino autoritaria coerenza formale e teorica.
Dott. Giovanni Vinciguerra
Direttore della Galleria Arte Vinciguerra
Curatore della mostra
Aniconico su Carta
La mostra, allestita dal Comune di Bellona, propone opere dei sei masimi artisti astrattisti della Campania: Antonio Auriemma, Renato Barisani, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Giovanni Ferrenti, Enea Mancino
Inaugurazione
martedì 24 giugno – ore 19.00 a Bellona
Interventi di: Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia.
Presenzieranno: il Sindaco di Bellona dott. Giancarlo Della Cioppa, l’Assessore alla Cultura prof. Arianna Di Giovanni ed il direttore di Arte Vinciguerra dott. Giovanni Vinciguerra, curatore della mostra
Patrocinio: Comune di Bellona, Galleria Arte Vinciguerra, Associazione Culturale Ars Supra Partes
Martedì 24 giugno, alle ore 19.00, avrà luogo la cerimonia di inaugurazione alla quale presenziano il Sindaco di Bellona CE dott. Giancarlo Della Cioppa, l’Assessore alla Cultura Prof. Arianna Di Giovanni ed il direttore di Arte Vinciguerra dott. Giovanni Vinciguerra; sono previsti interventi di Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia.
Antonio Auriemma, Renato Barisani, Gianni De Tora, Carmine Di Ruggiero, Giovanni Ferrenti, Enea Mancino sono i sei maggiori astrattisti della Campania, le cui opere saranno esposte presso la Biblioteca Comunale di Bellona in una mostra collettiva dal titolo “Aniconico su Carta”, curata da Giovanni Vinciguerra e organizzata dal Comune di Bellona con la collaborazione della Galleria Arte Vinciguerra e dell’Associazione Culturale Ars Supra Partes. L’evento rientra ne “I percorsi dell’Astrattismo in Campania”, curati da Carlo Roberto Sciascia.
In occasione dell’inaugurazione è stato edito un catalogo con interventi di Giancarlo Della Coppa, Arianna Di Giovanni e Giovanni Vinciguerra, testi di Giorgio Agnisola, Franco Lista, Carlo Roberto Sciascia e William Tode.
Astrattismo a Napoli
di Carlo Roberto Sciascia
Le avanguardie storiche dei primi anni del Novecento hanno contribuito, sia pure in maniera diversa l’una dall’altra, al completo stravolgimento del concetto di arte, ponendo le basi per una nuova idea di arte e dell’essere artisti. Dal desiderio di liberazione scaturisce il dinamismo spaziale, da cui si irraggiano tutte le dinamiche morali e sensitive dell’individuo umano; i singoli colori, la loro più o meno intensa saturazione cromatica, il senso simbolistico, allusivo di stati d’animo o di stati psichici particolari, le profondità dell’interiorità spiritualizzante significano più di qualsiasi apporto naturalistico narrativo ed illustrativo. Colore e struttura delle materie plastiche sono il presupposto per varcare il conscio ed accedere all’inconscio ed alla fantasia soggettiva. L’artista diviene un sottile illusionista, un giocoliere sul filo di seta delle memorie fragranti e nostalgiche, uno stregone, un prestigiatore, un poeta e si avvia a esplorare i meandri oscuri e complessi delle realtà sovrapposte a quelle visibili, nella spazialità di ritmi e di musiche, tra i dinamismi delle linee energetiche, tra le tessiture cromatiche che ci circondano ed hanno un’eco interiore, nella decomposizione della forma.
È stato, però, solo con la seconda metà del Novecento che le varie pratiche di sconfinamento e di estetica diffusa hanno dato vita ad una molteplice e multiforme produzione di interventi negli spazi urbani e nel paesaggio, di performance e di happening, confluendo in ultimo in un unico evento spettacolare, entro cui sfuma la distinzione tra dimensione virtuale e mondo reale. La prevalente causa di ciò deve ricercarsi nelle mutate concezioni filosofiche e socio-economiche e nel diverso concetto di uomo e di umanità, il tutto sotteso da una precarietà sempre più sconvolgente del quotidiano, che sembra distruggere il concetto di spazio temporale ed ogni speranza di durata. Anche i parametri di lettura sono cambiati tanto che si richiede nei confronti dell’arte un atteggiamento diverso da quello tradizionale; si può dire che essa diventa sempre più una disciplina specialistica, “intellettualizzata” e, come ogni altra disciplina, ha un suo linguaggio specializzato e l’uso di termini, per così dire, tecnici.
L’ampliamento dei limiti della concezione estetica per mezzo di varie tecniche ha offerto uno strumento legittimo per realizzare un’espressione più significante. Conoscenze e strumenti derivati dal mondo scientifico, esperimenti condotti dall’industria chimica e dalla rivoluzione tecnologica con i suoi passi da gigante hanno aperto nuovi orizzonti agli artisti, indicato loro nuove tecniche di espressione artistica e fornito i materiali più svariati.
L’Astrattismo è stato accolto nel dopoguerra nel segno di un’apertura scandalosa alla modernità, in un contesto come quello napoletano che, pur avendo conosciuto all’inizio del secolo le rotture clamorose del Futurismo, era rimasto fedele in massima parte, e soprattutto per quanto attiene al pubblico ed al mercato, a moduli tardo-ottocenteschi.
A Napoli importante è stato il senso della problematicità del linguaggio che alcuni colgono sul versante dell’ironia, altri accentuandone la dimensione del conflitto con lacerante sensibilità esistenziale, altri ancora evolvendo elementi che rapportano l’opera alla realtà in un dinamismo soggettivo, ma anche esaltato da frammenti di un reale che varia continuamente, ognuno con personali esperienze e con declinazioni linguistiche molto varie.
Negli anni Cinquanta Renato Barisani dà vita dà vita ad un poetica dell’informale dalle suggestive evocazioni e, più tardi, ad un’astrazione geometrica organica, anima vivacemente lo spazio delineando percorsi movimentati in ritmiche evoluzioni ove anche l’asimmetria, seppur apparentemente disarticolata, raggiunge un ordine più libero ed incondizionato nello spazio; le superfici ideate, levigate e dai risvolti silenziosi, entrano in intima discorsività con l’ambiente realizzando in piena risolutezza un plastico dinamismo che si compenetra nel mondo circostante.
Il linguaggio di Carmine Di Ruggiero gode di continui riferimenti alla magica atmosfera di Napoli, piena di animazione e folclore, e propongono impressioni “serbate” sia nella sua vita quotidiana, sia durante i suoi viaggi trasferiti in un’impalpabile dimensione virtuale; con una dialettica ricca, quelle visioni tipiche dell’astrattismo geometrico si evolvono in strutture materiche le quali, con “graffi” segnici consunti dal tempo, e impulsi gestuali complessi ed incisivi, si impadroniscono della superficie plastica. Le immagini articolate, che si avvalgono di squarci di colore e di linee scavate in uno sfondo denso per delineare il bisogno di ricollegamento al passato da recuperare, diventano segni che incidono nel cuore tracce indelebili e sofferte in una ricerca (quella attuale) che, non in antitesi o contrasto con quelle degli anni precedenti, sviluppa percorsi malinconici ma più intimi; esse si compongono delicatamente, spargendo un assorto silenzio dal forte impatto emotivo e dalle ripercussioni psicologiche incisive in una mirabile rarefazione sensoriale. La consistenza, abbinata al senso etereo dello spirito ed alle percezioni più intime, entra in rapporto con il mondo intimo e personale più segreto intraprendendo un’emozionante suggestiva avventura spirituale.
Giovanni Ferrenti sintetizza le intense percezioni di una realtà, sovrapposta a quella visibile, in grado da un lato di esaltare in lui il senso di appartenenza all’universo della natura, dall’altro di aprire mondi sensoriali inaspettati. Le sue opere vivono intimamente ed armonicamente con il mondo circostante in una concezione spazio temporale vibrante e si esaltano in un vissuto senso di appartenenza all’universo ed alla natura, aprendo mondi sensoriali inaspettati; sanno fondersi con gli interni spaziosi, con le architetture urbane e, soprattutto, con lo sfondo di un paesaggio naturale che ha nell’infinito il suo limite, disegnando intorno visioni euritmiche, mentre le loro cuspidi si prolungano verso il cielo per fendere le linee di confine tra reale e metafisico, alla ricerca di una fusione globale del visibile all’assoluto; concentrate nella concretezza mediana, si distendono in mirabili estensioni che prospettano da un lato il senso della deflagrazione della materia, dall’altro il procedere inarrestabile del tempo verso il punto di non ritorno, mentre dal loro nucleo energetico sono evocati inquietanti eventi che si stemperano nella levità spaziale tra gesti imperiosi ed effusione di pensiero.
Le sculture di Gianni De Tora disegnano architetture geometriche, sviluppate in rigorose forme campite da intensi colori e da interventi segnici per una riscoperta dei principi matematici e per giungere a realtà “altre”. I cromatismi, poi, determinano passaggi decisi e percorsi della mente, così come è evidente. Nelle “strutture riflesse” di De Tora l’insieme si trasforma in contrapposti elementi dal sapore energico e rilevato, che propongono confini tra due realtà simili ma distinte, dalle quali, forse, apprendere una verità: troppo spesso l’uomo discute per futili motivi, senza rendersi conto di osservare tutto su un piano riflesso.
Il rigore espressivo di Enea Mancino tende ad impostare valenze segnico-cromatiche in assetti equilibrati per meglio definire i caratteri distintivi dei suoi lavori; la sua ricerca sul colore e sulla geometria dell’universo si incentra sugli elementi geometrici, i quali si susseguono euritmicamente in originali architetture dall’immediato respiro lirico e dai luminosi richiami all’identità mediterranea con significative sequenze e strati cromatico-espressivi dalle dimensioni controllate. Le sue opere, di notevole sintesi formale, intendono sintetizzare un linguaggio personale per le tracce e le vibrazioni, che le caratterizzano. La sua sintesi non è solo formale in quanto il rigoroso segno entra in contatto con l’armonia dell'universo, mentre le pulsioni interiori cercano un equilibrio assoluto.
L’equilibrio tonale dà corpo alle opere di Antonio Auriemma e le sospende nel tempo e nello spazio sul filo ineffabile della percezione emozionale; i suoi lavori, sottilmente poetici, si avvolgono di misterioso incantesimo offrendo scenari intensi e avvincenti, ricchi di profumi e sapori mediterranei. L’artista si avventura in visioni in bilico tra miraggi e suggestioni, rimandi trasparenti di memorie passate, per accedere a progressioni fantastiche e liricamente energiche in una concretizzazione di accenni intimistici.
* * * * * * * * * * *
Nel Novecento tutte le Arti hanno vissuto profondi momenti di riflessione e di ridefinizione e un moltiplicarsi di tendenze stilistiche che hanno sconvolto il concetto stesso di Arte; relativamente alle arti visive si nota la coesistenza di materiali diversi e di tecnologie avanzate, con la presenza anche di oggetti recuperati, di citazioni colte, di graffiti, tutto nell’ambito di progetti innovativi e di nuovi linguaggi.
L’Arte Contemporanea per i “non addetti ai lavori” è, spesso, di non facile approccio perché hanno varie volte operato un vero e completo stravolgimento del concetto di arte ponendo le basi per una nuova idea di arte e di artisticità. Nella seconda metà del Novecento le varie nuove
In tal senso la mostra “proposta” individua nei sei artisti una posizione importante e decisiva nella mutevole, dinamica e sconfinata ampiezza di orizzonti della ricerca artistica contemporanea, costituendo un riferimento costante per coloro che operano nel settore; indubbia è, infatti, la forte valenza didattica per l’individuazione dei nodi articolati e significativi della ricerca nel campo dell’Astrattismo e della
Dott. Giovanni Vinciguerra
Direttore della Galleria Arte Vinciguerra
Curatore della mostra
24
giugno 2008
Aniconico su Carta
Dal 24 giugno al 16 luglio 2008
arte contemporanea
Location
BIBLIOTECA COMUNALE DI BELLONA – PALAZZO DEL COMUNE
Bellona, Via Aldo Moro, (Caserta)
Bellona, Via Aldo Moro, (Caserta)
Orario di apertura
lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9 alle 13, martedì e giovedì dalle 9 alle 13 e dalle 15.30 alle 18
Vernissage
24 Giugno 2008, ore 18
Autore
Curatore