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Animalìa
Il titolo allude alla singolarità del progetto espositivo che vede affiancati tre artisti del tutto diversi accomunati dall’accidente fortuito di aver creato animali
Comunicato stampa
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Di Gioacchino, Piero e d’altri animali
Una grande ammirazione ed empatica solidarietà mi rende familiare la figura di Gioacchino Rossini. Ironico, crapulone, fine cuoco, poco aduso al pettegolezzo e all’intrallazzo, lecca più volentieri gelati che culi. Ritiratosi prestissimo dalle attività mondane, dedica il suo genio a coloro a cui vuole bene. Solitario e schivo, si definì “cigno di Pesaro e cinghiale di Lugo” proprio per sottolineare la sua propensione alla selvatichezza, alla solitudine e al disadattamento nel luogo che lo ospitò i primi otto anni di vita, prima di andarsene a Bologna seguendo le vicende paterne. Queste ed altre sono le coincidenze di vicissitudini esistenziali e di temperamento con colui che qui vi scrive (salve!, mi chiamo Piero), nato il ventotto febbraio - Gioacchino il ventinove - prima decade del segno dei pesci per entrambi. Segno doppio e animale d’istinto e d’intuito. Le coincidenze, le similitudini, non finirebbero qui, ma di certo finirebbe prima la carta su cui scrivo e soprattutto la tua pazienza, o lettore di brochure e attento frequentatore di mostre. Ma non posso tacere sull’emozione che mi regala casa Rossini: un allegro mulinello vorticoso di analogie suscita in me, in prostrato rispetto, l’illusione di una affinità di temperamento con il “Musicista Italiano” per antonomasia. Presentare poi una mostra in casa sua, più che un onore, è una conferma identitaria. E dunque nella tana del “cinghiale” e con tale ironico spirito, presento altri animali come il Maestro e me stesso in allusiva armonia. Il titolo, per cominciare, svolazzato all’improvviso fuori dalla testa di Federico Capitani, uno degli artisti presenti in mostra, allude alla singolarità del progetto espositivo che vede affiancati tre artisti del tutto diversi accomunati dall’accidente fortuito di aver creato animali (oh!, sia ben chiaro: ognuno per conto suo e con sensibilità affatto diverse). Una “anomalia animalesca” appunto che nella sua ridondanza armonica trova degna cassa di risonanza negli ambienti in cui il piccolo Gioacchino apprendeva i primi rudimenti musicali dal suo babbo. E ho pensato, l’occasione era ghiotta, di pervadere le stanze con i riverberi della Gazza Ladra, del Duetto buffo di due gatti; con gli allegri squilli illuministici del Guglielmo Tell e con la spavalderia del barbiere più famoso del mondo affinché ciò vi tosi l’anima del troppo pelo di un cinico vissuto.
Su tre cinghialotti o porcellini altrettanto poco domestici
Avete mai visto un atelier di scultura? Credo non ci sia altro luogo più simile ad un porcile raccapricciante, ma è anche l’unico luogo dove i porcellini creano quelle perle che un famoso detto collega indissolubilmente alla specie suina. Così, tra polveri, puzze disgustose, scarti deformi e cataste di enigmatica materia bruta, spuntano qua e là come iceberg in un mare disordinato, i capolavori della sensibilità. Se Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’uomo scultore è sicuramente il più simile a Dio. Pensate che porcile doveva essere l’Universo al tempo della Creazione.
Un tempo assai prossimo alle ipostasi originarie a cui ritornano le opere di Antonello Paladino: l’infanzia, le sue fiabe, i suoi giochi e, per analogia, il primitivo, l’arcaico, il mitologico. In questo zoo di forme sottili e animalesche, compendio di ricordi grafici che dalle grotte di Altamira e Lascaux arrivano a Klee, Melotti e Calder, abita il ricordo dell’innocenza, che, nell’uomo, da istinto si fa stupore, incanto, attesa. Fragilissimo e sempre in bilico sta il motore del ricordo. Come la macina duchampiana, impasta e ri-impasta compulsivamente il dolore per il perduto bene. Ad Antonello Paladino piace, e si vede, raccontare le storie di questi animali che assistono ad eventi inusitati per l’uomo contemporaneo – e per te, o lettore di brochure – come la fine di Atlantide vista dal bordo di un cratere, o il funzionamento dei complicati meccanismi occulti di Saturno. E quelle giraffe? Sembra che dalla loro privilegiata posizione annusino un’aria fossile alla ricerca di aromi perduti o restino in ascolto delle poche tracce di un suono primigenio, origine di ogni cosa.
Il già citato Federico Capitani, più freddino e rarefatto, più apollineo e lontano, gioca con gli specchi dell’analogia allusiva, dell’assenza linguistica – il famoso non detto che si lascia intuire; che apre porte socchiuse, o le richiude subito, se al di là di esse si palesasse qualche “scena primaria” rischiando di sconvolgerci la mente o di eccitarla. Le sue sculture, pur chiare e fin troppo intelligibili, ingannano l’occhio più dell’abuso di sostanze stupefacenti: che ci fa, per esempio, un caprone nel salotto “buono” della signorina “bene” seduta in poltrona a leggere…chissà che, ma ipocritamente rivolta altrove? Anch’egli aduso ad arcaismi, non guarda propriamente al nostro Trecento, bensì alla sua riedizione novecentesca: la metafisica di Carrà, l’arcaismo di Arturo Martini. Fondendo metafisica ed arcaismo il silenzio si fa tosto, le allusioni assumono il peso dell’enfasi e trasformano lo stereotipo in icona: il levriero che acchiappa la luna sia d’esempio a tutti quei cani che si limitano ad abbaiarle. La solitudine di un gabbiano è materializzazione del sentire di una fanciulla assorta nella contemplazione dei suoi desideri, lontani al punto da costringerla a piegarsi in avanti; mentre la gattara danza – forse sui gorgheggi del rossiniano duetto felino.
Federico Civolani, dal canto suo, passa decisamente dalla metafora alla parodia. Prima con l’eleganza innata del pinguino che cela l’abnegazione, la forza d’animo di chi vive in condizioni estreme, simboleggiate da quell’unico uovo da salvare, da proteggere, preservandolo dall’ostilità dell’ambiente. Poi, dottamente, dando forma tridimensionale ad una incisione di Albrecht Dürer del 1515 che ritrae un improbabile rinoceronte frutto, come si sa, di racconti fantastici e pregiudizi anziché di naturalistica osservazione. Civolani lo trasfigura in un oggetto prezioso proprio accentuandone i difetti: ogni asperità dermica diviene cesello, incrostatura dorata, rilievo sinuoso e fa del simbolo della forza bruta, una metafora di bellezza e preziosità. Stessa sorte capita ad un armadillo, ma più avanti incontriamo un camaleonte, che, pur avvezzo a mille trasformismi, non può evitare il confronto con il suo doppio. Con la serie degli asini e maiali in atteggiamenti antropomorfi, l’ambiguo lavorio parodistico dell’artista esce allo scoperto e si dichiara apertamente. I simboli dell’ottusità e della volgarità per antonomasia finiscono con l’assumere valenze morali ben precise – Politica da fattoria è il titolo dell’opera – descrivendo in sintesi un Paese che ormai ha più bisogno del veterinario che del medico.
…E tu come ti senti? O lettore di brochure e attento frequentatore di mostre?
Piero Deggiovanni
***
Per Oltre Casa Rossini completano l’esposizione le seguenti Opere per il passante: Federico Capitani “Ninnananna” – installazione opera scultorea nell’atrio del Palazzo CNA, via Acquacalda, 37/1.
Federico Civolani “Rinoceronte - installazione opera scultorea nella Rocca Estense, Casa Comunale, antisala ufficio del Sindaco.
Antonello Paladino “Atlantide” – installazione opera scultorea nel nuovo ingresso dell’ Ospedale Civile, viale Dante,13.
Le opere resteranno visibili sino al 16 dicembre 2007.
Federico Capitani è nato a Orbetello (Gr) nel 1980, vive e lavora a Bologna.
Si è diplomato all'Accademia delle Belle Arti di Bologna conseguendo anche la specializzazione in Scultura sotto la guida di M. Mazzali. Ha realizzato diverse opere per enti pubblici e ha partecipato a varie mostre e concorsi nazionali. Scultore dedito alla delicatezza e alla poesia è creatore di immagini che aprono al sentimento e che si avvicinano all’anima. Capitani è un poeta in tutti i sensi, in quanto ne possiede tutte le caratteristiche.
Federico Civolani è nato a Bologna nel 1978, dove vive e lavora.
Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel corso di Scultura diretto da M. Mazzali. Vincitore di concorsi a livello nazionale, ha partecipato a numerose mostre e ha collaborato con enti e istituti per i quali ha realizzato varie opere pubbliche.
La sua opera si esprime attraverso diverse tecniche e materiali e si contraddistingue per una forte connotazione ironica che a volte sfiora il grottesco. Civolani tratta i soggetti presi in esame con atteggiamento giocoso, restituendoci visioni sospese tra il fiabesco e il popolare.
Antonello Paladino è nato a Polla (Sa) nel 1979, vive e lavora a Bologna.
Diploma di Maturità Artistica, conseguito al Liceo Artistico “Carlo Levi” di Teggiano (SA).
Diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel corso di Scultura diretto da M. Mazzali. Diverse le mostre collettive e personali, così come le partecipazioni a concorsi nazionali e numerose le opere premiate e realizzate per enti pubblici.
Paladino predilige la sensibilità cromatica dei materiali poveri e la pratica dell’installazione dove interagisce con lo spazio con forza e originalità mantenendo alta la poesia dello sguardo.
Il titolo dato alla rassegna vuole suggerire il totale coinvolgimento estetico a cui il progetto tende invitando gli artisti a rivelare se stessi all’interno di uno spazio sconosciuto, seguendo un personale riferimento di estetica interiore e con specifica sensibilità, interpretando i vuoti domestici di Casa Rossini come una seconda pelle e infine agire fuori di sé. La rassegna prevede un ciclo di 6 mostre da attuarsi nel corso del 2007 e trova un suo ideale completamento in altri due momenti espositivi concatenati tra loro che si dilatano oltre lo spazio e oltre il tempo, già definiti Oltre Casa Rossini, per creare un proficuo intreccio dialogico tra il susseguirsi delle mostre, generare una estensione visiva, porre un collegamento effettivo tra la sede espositiva e la zona del centro città: Opere per il passante immagina lo svolgersi dell’azione artistica in spazi pubblici istituzionali tradizionalmente non vissuti come luoghi d’arte, e Sinergie prevede l’inserimento di opere d’arte in luoghi di incontro a gestione privata, con o senza vocazione artistica, per fare entrare prepotentemente l’arte contemporanea nel nostro quotidiano e farla accogliere come importante riflesso della società attuale. Il programma espositivo intende mettere in relazione giovani esponenti di tendenze artistiche appartenenti a differenti poetiche, le cui mostre si alterneranno a quelle di artisti segnati da un percorso maturo e solido, nell’intento di sottolineare il sottile filo conduttore che lega tanta arte emergente a comuni radici storiche, ma anche evidenziandone le distanze mentali acquisite, in un interessante confronto generazionale.
Una grande ammirazione ed empatica solidarietà mi rende familiare la figura di Gioacchino Rossini. Ironico, crapulone, fine cuoco, poco aduso al pettegolezzo e all’intrallazzo, lecca più volentieri gelati che culi. Ritiratosi prestissimo dalle attività mondane, dedica il suo genio a coloro a cui vuole bene. Solitario e schivo, si definì “cigno di Pesaro e cinghiale di Lugo” proprio per sottolineare la sua propensione alla selvatichezza, alla solitudine e al disadattamento nel luogo che lo ospitò i primi otto anni di vita, prima di andarsene a Bologna seguendo le vicende paterne. Queste ed altre sono le coincidenze di vicissitudini esistenziali e di temperamento con colui che qui vi scrive (salve!, mi chiamo Piero), nato il ventotto febbraio - Gioacchino il ventinove - prima decade del segno dei pesci per entrambi. Segno doppio e animale d’istinto e d’intuito. Le coincidenze, le similitudini, non finirebbero qui, ma di certo finirebbe prima la carta su cui scrivo e soprattutto la tua pazienza, o lettore di brochure e attento frequentatore di mostre. Ma non posso tacere sull’emozione che mi regala casa Rossini: un allegro mulinello vorticoso di analogie suscita in me, in prostrato rispetto, l’illusione di una affinità di temperamento con il “Musicista Italiano” per antonomasia. Presentare poi una mostra in casa sua, più che un onore, è una conferma identitaria. E dunque nella tana del “cinghiale” e con tale ironico spirito, presento altri animali come il Maestro e me stesso in allusiva armonia. Il titolo, per cominciare, svolazzato all’improvviso fuori dalla testa di Federico Capitani, uno degli artisti presenti in mostra, allude alla singolarità del progetto espositivo che vede affiancati tre artisti del tutto diversi accomunati dall’accidente fortuito di aver creato animali (oh!, sia ben chiaro: ognuno per conto suo e con sensibilità affatto diverse). Una “anomalia animalesca” appunto che nella sua ridondanza armonica trova degna cassa di risonanza negli ambienti in cui il piccolo Gioacchino apprendeva i primi rudimenti musicali dal suo babbo. E ho pensato, l’occasione era ghiotta, di pervadere le stanze con i riverberi della Gazza Ladra, del Duetto buffo di due gatti; con gli allegri squilli illuministici del Guglielmo Tell e con la spavalderia del barbiere più famoso del mondo affinché ciò vi tosi l’anima del troppo pelo di un cinico vissuto.
Su tre cinghialotti o porcellini altrettanto poco domestici
Avete mai visto un atelier di scultura? Credo non ci sia altro luogo più simile ad un porcile raccapricciante, ma è anche l’unico luogo dove i porcellini creano quelle perle che un famoso detto collega indissolubilmente alla specie suina. Così, tra polveri, puzze disgustose, scarti deformi e cataste di enigmatica materia bruta, spuntano qua e là come iceberg in un mare disordinato, i capolavori della sensibilità. Se Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, l’uomo scultore è sicuramente il più simile a Dio. Pensate che porcile doveva essere l’Universo al tempo della Creazione.
Un tempo assai prossimo alle ipostasi originarie a cui ritornano le opere di Antonello Paladino: l’infanzia, le sue fiabe, i suoi giochi e, per analogia, il primitivo, l’arcaico, il mitologico. In questo zoo di forme sottili e animalesche, compendio di ricordi grafici che dalle grotte di Altamira e Lascaux arrivano a Klee, Melotti e Calder, abita il ricordo dell’innocenza, che, nell’uomo, da istinto si fa stupore, incanto, attesa. Fragilissimo e sempre in bilico sta il motore del ricordo. Come la macina duchampiana, impasta e ri-impasta compulsivamente il dolore per il perduto bene. Ad Antonello Paladino piace, e si vede, raccontare le storie di questi animali che assistono ad eventi inusitati per l’uomo contemporaneo – e per te, o lettore di brochure – come la fine di Atlantide vista dal bordo di un cratere, o il funzionamento dei complicati meccanismi occulti di Saturno. E quelle giraffe? Sembra che dalla loro privilegiata posizione annusino un’aria fossile alla ricerca di aromi perduti o restino in ascolto delle poche tracce di un suono primigenio, origine di ogni cosa.
Il già citato Federico Capitani, più freddino e rarefatto, più apollineo e lontano, gioca con gli specchi dell’analogia allusiva, dell’assenza linguistica – il famoso non detto che si lascia intuire; che apre porte socchiuse, o le richiude subito, se al di là di esse si palesasse qualche “scena primaria” rischiando di sconvolgerci la mente o di eccitarla. Le sue sculture, pur chiare e fin troppo intelligibili, ingannano l’occhio più dell’abuso di sostanze stupefacenti: che ci fa, per esempio, un caprone nel salotto “buono” della signorina “bene” seduta in poltrona a leggere…chissà che, ma ipocritamente rivolta altrove? Anch’egli aduso ad arcaismi, non guarda propriamente al nostro Trecento, bensì alla sua riedizione novecentesca: la metafisica di Carrà, l’arcaismo di Arturo Martini. Fondendo metafisica ed arcaismo il silenzio si fa tosto, le allusioni assumono il peso dell’enfasi e trasformano lo stereotipo in icona: il levriero che acchiappa la luna sia d’esempio a tutti quei cani che si limitano ad abbaiarle. La solitudine di un gabbiano è materializzazione del sentire di una fanciulla assorta nella contemplazione dei suoi desideri, lontani al punto da costringerla a piegarsi in avanti; mentre la gattara danza – forse sui gorgheggi del rossiniano duetto felino.
Federico Civolani, dal canto suo, passa decisamente dalla metafora alla parodia. Prima con l’eleganza innata del pinguino che cela l’abnegazione, la forza d’animo di chi vive in condizioni estreme, simboleggiate da quell’unico uovo da salvare, da proteggere, preservandolo dall’ostilità dell’ambiente. Poi, dottamente, dando forma tridimensionale ad una incisione di Albrecht Dürer del 1515 che ritrae un improbabile rinoceronte frutto, come si sa, di racconti fantastici e pregiudizi anziché di naturalistica osservazione. Civolani lo trasfigura in un oggetto prezioso proprio accentuandone i difetti: ogni asperità dermica diviene cesello, incrostatura dorata, rilievo sinuoso e fa del simbolo della forza bruta, una metafora di bellezza e preziosità. Stessa sorte capita ad un armadillo, ma più avanti incontriamo un camaleonte, che, pur avvezzo a mille trasformismi, non può evitare il confronto con il suo doppio. Con la serie degli asini e maiali in atteggiamenti antropomorfi, l’ambiguo lavorio parodistico dell’artista esce allo scoperto e si dichiara apertamente. I simboli dell’ottusità e della volgarità per antonomasia finiscono con l’assumere valenze morali ben precise – Politica da fattoria è il titolo dell’opera – descrivendo in sintesi un Paese che ormai ha più bisogno del veterinario che del medico.
…E tu come ti senti? O lettore di brochure e attento frequentatore di mostre?
Piero Deggiovanni
***
Per Oltre Casa Rossini completano l’esposizione le seguenti Opere per il passante: Federico Capitani “Ninnananna” – installazione opera scultorea nell’atrio del Palazzo CNA, via Acquacalda, 37/1.
Federico Civolani “Rinoceronte - installazione opera scultorea nella Rocca Estense, Casa Comunale, antisala ufficio del Sindaco.
Antonello Paladino “Atlantide” – installazione opera scultorea nel nuovo ingresso dell’ Ospedale Civile, viale Dante,13.
Le opere resteranno visibili sino al 16 dicembre 2007.
Federico Capitani è nato a Orbetello (Gr) nel 1980, vive e lavora a Bologna.
Si è diplomato all'Accademia delle Belle Arti di Bologna conseguendo anche la specializzazione in Scultura sotto la guida di M. Mazzali. Ha realizzato diverse opere per enti pubblici e ha partecipato a varie mostre e concorsi nazionali. Scultore dedito alla delicatezza e alla poesia è creatore di immagini che aprono al sentimento e che si avvicinano all’anima. Capitani è un poeta in tutti i sensi, in quanto ne possiede tutte le caratteristiche.
Federico Civolani è nato a Bologna nel 1978, dove vive e lavora.
Si è diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel corso di Scultura diretto da M. Mazzali. Vincitore di concorsi a livello nazionale, ha partecipato a numerose mostre e ha collaborato con enti e istituti per i quali ha realizzato varie opere pubbliche.
La sua opera si esprime attraverso diverse tecniche e materiali e si contraddistingue per una forte connotazione ironica che a volte sfiora il grottesco. Civolani tratta i soggetti presi in esame con atteggiamento giocoso, restituendoci visioni sospese tra il fiabesco e il popolare.
Antonello Paladino è nato a Polla (Sa) nel 1979, vive e lavora a Bologna.
Diploma di Maturità Artistica, conseguito al Liceo Artistico “Carlo Levi” di Teggiano (SA).
Diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna, nel corso di Scultura diretto da M. Mazzali. Diverse le mostre collettive e personali, così come le partecipazioni a concorsi nazionali e numerose le opere premiate e realizzate per enti pubblici.
Paladino predilige la sensibilità cromatica dei materiali poveri e la pratica dell’installazione dove interagisce con lo spazio con forza e originalità mantenendo alta la poesia dello sguardo.
Il titolo dato alla rassegna vuole suggerire il totale coinvolgimento estetico a cui il progetto tende invitando gli artisti a rivelare se stessi all’interno di uno spazio sconosciuto, seguendo un personale riferimento di estetica interiore e con specifica sensibilità, interpretando i vuoti domestici di Casa Rossini come una seconda pelle e infine agire fuori di sé. La rassegna prevede un ciclo di 6 mostre da attuarsi nel corso del 2007 e trova un suo ideale completamento in altri due momenti espositivi concatenati tra loro che si dilatano oltre lo spazio e oltre il tempo, già definiti Oltre Casa Rossini, per creare un proficuo intreccio dialogico tra il susseguirsi delle mostre, generare una estensione visiva, porre un collegamento effettivo tra la sede espositiva e la zona del centro città: Opere per il passante immagina lo svolgersi dell’azione artistica in spazi pubblici istituzionali tradizionalmente non vissuti come luoghi d’arte, e Sinergie prevede l’inserimento di opere d’arte in luoghi di incontro a gestione privata, con o senza vocazione artistica, per fare entrare prepotentemente l’arte contemporanea nel nostro quotidiano e farla accogliere come importante riflesso della società attuale. Il programma espositivo intende mettere in relazione giovani esponenti di tendenze artistiche appartenenti a differenti poetiche, le cui mostre si alterneranno a quelle di artisti segnati da un percorso maturo e solido, nell’intento di sottolineare il sottile filo conduttore che lega tanta arte emergente a comuni radici storiche, ma anche evidenziandone le distanze mentali acquisite, in un interessante confronto generazionale.
31
ottobre 2007
Animalìa
Dal 31 ottobre al 18 novembre 2007
arte contemporanea
Location
CASA ROSSINI
Lugo, Via Giacomo Rocca, 14, (Ravenna)
Lugo, Via Giacomo Rocca, 14, (Ravenna)
Orario di apertura
da martedì a sabato 16,00/18,30 - domenica 10,00/12,00 – 16,00/18,30 - chiuso il lunedì
Vernissage
31 Ottobre 2007, ore 18
Autore
Curatore