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Anna Leader – That cloud was Europe
Una grande immagine di un lago di montagna, con residui di insediamenti umani sulla riva vicina, un ponte sopra un fiume in piena, mucche chiuse tra le nuvole basse e un cimitero alpino, la linea dritta di una strada disegnata sul fianco della montagna
Comunicato stampa
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Una grande immagine di un lago di montagna, con residui di insediamenti umani sulla riva vicina, un ponte sopra un fiume in piena, mucche chiuse tra le nuvole basse e un cimitero alpino, la linea dritta di una strada disegnata sul fianco della montagna. C’è una continua influenza, in queste fotografie, tra le costruzioni dell’uomo e la natura circostante: al di là della differenza di scala, e di durata nel tempo (la natura forse eterna, l’umano effimero), appaiono egualmente soggette all’arbitrarietà del tempo e della storia. Al pari di un fiume in piena o di un versante che frana, le vie di comunicazione vengono modificate e i confini nazionali si spostano. Come la forma di una nuvola è continuamente variata dalla sua evoluzione, così variano sia la configurazione del territorio sia l’assetto dell’Europa – ma senza la pioggia a cancellare quel che è appena accaduto, e per questo mantenendo le tracce; anche le foto rimangono come suolo bagnato.
In maniera simile, i soggetti dei ritratti mostrano le tracce e le cicatrici (non solo metaforiche) della loro vita, e questo risulta più evidente quando la persona si astrae dall’ambiente circostante – ossia il “flusso della vita” – per via dell’attenzione che presta all’obiettivo (quella “rosa desiderosa”): lo spazio sembra restringersi, sparire, e l’individuo isolato in qualche modo si arrende, concentra la sua esistenza in uno sguardo e quello sguardo esprime un desiderio vago – di assoluto, possiamo pensare, di una soddisfazione qualsiasi.
Guardando i ritratti e i paesaggi insieme, quel desiderio prende forma fino a sembrare quasi reciproco, questi due poli distanti appaiono complici: le fragili persone sono confinate, incapaci di interagire con la natura perfino quando vi si trovano al centro, come se, sradicati dalla terra non la sapessero più riconoscere e non rimanesse loro che quel desiderio vago; nei vasti paesaggi maestosi e indifferenti si percepisce qualcosa di umano, simile all’attesa o a una nostalgia, per la liberazione dai cicli ciechi delle stagioni, del clima, o perfino dell’uomo.
Prendendo le mosse da immaginari tra loro distanti, That Cloud was Europe riesce a cogliere qualcosa della costante influenza tra uomo e mondo, sia questa simbolica o reale – il contatto tra una persona e la nuvola che le fa ombra da lontano.
Questa è la prima serie del progetto That Cloud was Europe, progetto che la fotografa intende sviluppare in diversi luoghi d’Europa. In questa serie il paesaggio alpino è centrale: per via dell’imponente stabilità che rende più acute le sue debolezze e i suoi abbandoni; per via del ruolo che il Gottardo ha avuto come via di comunicazione europea, combinata con l’isolamento delle persone ritratte; per via del suo isolamento al centro dell’Europa; o perché è lì che si posano le nuvole. In ogni caso, perché all’ombra di questo paesaggio hanno certcato riparo gli individui.
Vanni Bianconi
In maniera simile, i soggetti dei ritratti mostrano le tracce e le cicatrici (non solo metaforiche) della loro vita, e questo risulta più evidente quando la persona si astrae dall’ambiente circostante – ossia il “flusso della vita” – per via dell’attenzione che presta all’obiettivo (quella “rosa desiderosa”): lo spazio sembra restringersi, sparire, e l’individuo isolato in qualche modo si arrende, concentra la sua esistenza in uno sguardo e quello sguardo esprime un desiderio vago – di assoluto, possiamo pensare, di una soddisfazione qualsiasi.
Guardando i ritratti e i paesaggi insieme, quel desiderio prende forma fino a sembrare quasi reciproco, questi due poli distanti appaiono complici: le fragili persone sono confinate, incapaci di interagire con la natura perfino quando vi si trovano al centro, come se, sradicati dalla terra non la sapessero più riconoscere e non rimanesse loro che quel desiderio vago; nei vasti paesaggi maestosi e indifferenti si percepisce qualcosa di umano, simile all’attesa o a una nostalgia, per la liberazione dai cicli ciechi delle stagioni, del clima, o perfino dell’uomo.
Prendendo le mosse da immaginari tra loro distanti, That Cloud was Europe riesce a cogliere qualcosa della costante influenza tra uomo e mondo, sia questa simbolica o reale – il contatto tra una persona e la nuvola che le fa ombra da lontano.
Questa è la prima serie del progetto That Cloud was Europe, progetto che la fotografa intende sviluppare in diversi luoghi d’Europa. In questa serie il paesaggio alpino è centrale: per via dell’imponente stabilità che rende più acute le sue debolezze e i suoi abbandoni; per via del ruolo che il Gottardo ha avuto come via di comunicazione europea, combinata con l’isolamento delle persone ritratte; per via del suo isolamento al centro dell’Europa; o perché è lì che si posano le nuvole. In ogni caso, perché all’ombra di questo paesaggio hanno certcato riparo gli individui.
Vanni Bianconi
20
gennaio 2007
Anna Leader – That cloud was Europe
Dal 20 gennaio al 20 febbraio 2007
fotografia
Location
LA RADA – SPAZIO PER L’ARTE CONTEMPORANEA
Locarno, via della Morettina, 2, (Locarno)
Locarno, via della Morettina, 2, (Locarno)
Orario di apertura
ma / gio - sa dalle 14:00 alle 19:00
Vernissage
20 Gennaio 2007, ore 18
Autore