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Anna Pagnini – Lo sguardo
Fotografie di Anna Pagnini.
Anna Pagnini
Insegna Disegno animato e Fumetto al Corso di perfezionamento “Scuola
del libro” di Urbino.
Dal 1982 al 2010 ha fatto parte della Missione Archeologica Italiana a Cirene (Libia) come disegnatrice.
Suoi lavori sono presenti in diversi testi universitari e pub
Comunicato stampa
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Anna Pagnini. Lo sguardo
Pochi secondi e l’immagine latente appare; la polaroid è un’operazione apparentemente automatica. Molti artisti hanno, ed Anna Pagnini è tra questi, approfondito le possibilità espressive dei materiali inventati da Edwin Land. Anna sa trarre le molteplici possibilità che la polaroid permette. Realizza composizioni di più immagini, propone colori levigati e tenui, sperimenta e sovrappone accostamenti originali. Recupera così il valore del gesto dell’azione, del lavoro delle mani che si unisce a quello dell’occhio e della luce, e dunque dota la fotografia di una durata temporale nuova e profonda. L’uso della polaroid, afferma l’autrice, è l’immagine di un attimo veramente esistito, testimonia che la cosa o il gesto o la visione sono veramente accaduti, ma ha in sé la variabile del caso. Anche la ripetizione delle cose fotografate è un atto necessario per cogliere le lievi mutazioni nel tempo e nello spazio Un’opera esemplare in questo senso è l’immagine del cielo e del mare, apparentemente sempre uguale, e nondimeno sempre diversa. Nessun giorno senza una foto del cielo, asseriva Ghirri che nel 1974 scatta 365 foto del cielo che poi compone in un unico pannello. Un pensiero che potrebbe commentare la serie di fotografie del mare e del cielo realizzate da Anna. La ripetizione e l’iterazione sono sufficiente a tradurre i segni naturali? Cambiano le nuvole e il mare, muta la luce e le altre cose.
Un segno dei king, spiega l’autrice, è composto di 60 polaroid fatte dalla finestra di casa. L’autrice è un’osservatrice esterna che vede e guarda. Valuta le differenze e le sfumature degli oggetti del paesaggio quotidiano; posa il suo sguardo su aspetti della realtà, anche apparentemente banali, e sempre ne ricava un’immagine efficace e consapevole. Il rapporto fra realtà e apparenza, fisicità del mondo reale e immagine, definitezza delle figure e loro irrimediabile instabilità, si rivela essenziale.
Anna Pagnini riesce a congiungere la moderna prassi fotografica alle procedure meditative della grafica. Va subito chiarito però che non vi è nelle sue opere dipendenza alcuna della fotografia dal disegno, semmai una vera e propria compenetrazione delle due discipline espressive, come se il disegno costituisse per l’autrice una memoria profonda, che riaffiora e dà corpo alla fotografia. La sua esperienza, di altissimo livello, di disegnatrice di monumenti architettonici e reperti antichi si palesa, seppure in controluce, anche nella sua produzione fotografica. La linea che collega i due fuochi del suo orizzonte creativo è la capacità di fare dello sguardo un consapevole esercizio di conoscenza.
Le immagini di Cirene colpiscono per la loro malinconica poesia. Luoghi carichi di storia, siti archeologici dove il tempo pare sospeso, e le presenze dei visitatori sono discrete. Lo sguardo di Anna non ha nulla della caustica ironia di Martin Parr, fotografo del consumo turistico dei luoghi. Abita le rovine del tempio di Zeus una figura che discende dai meditabondi filosofi raffigurati nelle incisioni archeologiche del settecento di Luigi Rossini e dai viandanti dipinti di Friedrich. Anna fotografa anche la Tripoli contemporanea, dove convivono tracce delle architetture coloniali, nuovi e futuribili edifici, in una sovrapposizione restituita con sapienza e sensibilità. La stratificazione che nasce dal sovrapporsi delle trasformazioni è il punctum delle straordinarie fotografie realizzate da Basilico nelle grandi metropoli, da Istanbul a Shangai.
Quando ho visto le fotografie realizzate da Anna nella Tripoli moderna, sono quelle altissime immagini che mi sono venute alla mente. La visualizzazione delle stratificazioni urbane induce lo spettatore a soffermarsi, a muovere lo sguardo, a seguire direzioni diverse, e così facendo intuisce la complessità della sovrapposizione delle epoche storiche. Elementi del paesaggio quotidiano, frammenti di cose e oggetti, idee di luogo, dalle tracce dell’antico alle stratificazioni del postmoderno: la produzione delle fotografie non concerne solo l’ambito delle sensazioni e delle percezioni.
L’immagine si rivolge allo sguardo, ma non confina i suoi effetti alla sfera ottica, anzi, come sottolinea la critica più avvertita, la sua intensità ed efficacia investe il nostro corpo nella sua totalità. L’atto fotografico può svolgere una funzione mediatrice, comporre il dissidio interno alla soggettività dell’autore/autrice. Nel lavoro di Anna, la performatività del momento ideativo, trascorre nel tempo della fruizione, estendendosi dal senso affettivo a quello etico.
Lucia Miodini
da lunedì
Pochi secondi e l’immagine latente appare; la polaroid è un’operazione apparentemente automatica. Molti artisti hanno, ed Anna Pagnini è tra questi, approfondito le possibilità espressive dei materiali inventati da Edwin Land. Anna sa trarre le molteplici possibilità che la polaroid permette. Realizza composizioni di più immagini, propone colori levigati e tenui, sperimenta e sovrappone accostamenti originali. Recupera così il valore del gesto dell’azione, del lavoro delle mani che si unisce a quello dell’occhio e della luce, e dunque dota la fotografia di una durata temporale nuova e profonda. L’uso della polaroid, afferma l’autrice, è l’immagine di un attimo veramente esistito, testimonia che la cosa o il gesto o la visione sono veramente accaduti, ma ha in sé la variabile del caso. Anche la ripetizione delle cose fotografate è un atto necessario per cogliere le lievi mutazioni nel tempo e nello spazio Un’opera esemplare in questo senso è l’immagine del cielo e del mare, apparentemente sempre uguale, e nondimeno sempre diversa. Nessun giorno senza una foto del cielo, asseriva Ghirri che nel 1974 scatta 365 foto del cielo che poi compone in un unico pannello. Un pensiero che potrebbe commentare la serie di fotografie del mare e del cielo realizzate da Anna. La ripetizione e l’iterazione sono sufficiente a tradurre i segni naturali? Cambiano le nuvole e il mare, muta la luce e le altre cose.
Un segno dei king, spiega l’autrice, è composto di 60 polaroid fatte dalla finestra di casa. L’autrice è un’osservatrice esterna che vede e guarda. Valuta le differenze e le sfumature degli oggetti del paesaggio quotidiano; posa il suo sguardo su aspetti della realtà, anche apparentemente banali, e sempre ne ricava un’immagine efficace e consapevole. Il rapporto fra realtà e apparenza, fisicità del mondo reale e immagine, definitezza delle figure e loro irrimediabile instabilità, si rivela essenziale.
Anna Pagnini riesce a congiungere la moderna prassi fotografica alle procedure meditative della grafica. Va subito chiarito però che non vi è nelle sue opere dipendenza alcuna della fotografia dal disegno, semmai una vera e propria compenetrazione delle due discipline espressive, come se il disegno costituisse per l’autrice una memoria profonda, che riaffiora e dà corpo alla fotografia. La sua esperienza, di altissimo livello, di disegnatrice di monumenti architettonici e reperti antichi si palesa, seppure in controluce, anche nella sua produzione fotografica. La linea che collega i due fuochi del suo orizzonte creativo è la capacità di fare dello sguardo un consapevole esercizio di conoscenza.
Le immagini di Cirene colpiscono per la loro malinconica poesia. Luoghi carichi di storia, siti archeologici dove il tempo pare sospeso, e le presenze dei visitatori sono discrete. Lo sguardo di Anna non ha nulla della caustica ironia di Martin Parr, fotografo del consumo turistico dei luoghi. Abita le rovine del tempio di Zeus una figura che discende dai meditabondi filosofi raffigurati nelle incisioni archeologiche del settecento di Luigi Rossini e dai viandanti dipinti di Friedrich. Anna fotografa anche la Tripoli contemporanea, dove convivono tracce delle architetture coloniali, nuovi e futuribili edifici, in una sovrapposizione restituita con sapienza e sensibilità. La stratificazione che nasce dal sovrapporsi delle trasformazioni è il punctum delle straordinarie fotografie realizzate da Basilico nelle grandi metropoli, da Istanbul a Shangai.
Quando ho visto le fotografie realizzate da Anna nella Tripoli moderna, sono quelle altissime immagini che mi sono venute alla mente. La visualizzazione delle stratificazioni urbane induce lo spettatore a soffermarsi, a muovere lo sguardo, a seguire direzioni diverse, e così facendo intuisce la complessità della sovrapposizione delle epoche storiche. Elementi del paesaggio quotidiano, frammenti di cose e oggetti, idee di luogo, dalle tracce dell’antico alle stratificazioni del postmoderno: la produzione delle fotografie non concerne solo l’ambito delle sensazioni e delle percezioni.
L’immagine si rivolge allo sguardo, ma non confina i suoi effetti alla sfera ottica, anzi, come sottolinea la critica più avvertita, la sua intensità ed efficacia investe il nostro corpo nella sua totalità. L’atto fotografico può svolgere una funzione mediatrice, comporre il dissidio interno alla soggettività dell’autore/autrice. Nel lavoro di Anna, la performatività del momento ideativo, trascorre nel tempo della fruizione, estendendosi dal senso affettivo a quello etico.
Lucia Miodini
da lunedì
30
maggio 2015
Anna Pagnini – Lo sguardo
Dal 30 maggio al 04 luglio 2015
fotografia
Location
CA’ PESARO ARTE 2.0
Pesaro, Via Zongo, 45, (Pesaro E Urbino)
Pesaro, Via Zongo, 45, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 17,00-19,30
Vernissage
30 Maggio 2015, ore 18,30
Autore