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Annalù – Aqua
Dopo le mostre di Milano, Los Angeles e Jesolo, l’Artista presenta le ultime sperimentazioni sul tema dell’Acqua attraverso lavori pittorici, sculture ed installazioni a Biella.
Comunicato stampa
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Il rapporto che Annalù ha con l’acqua è un rapporto primitivo: l’acqua rappresenta la sua vita, la sua infanzia, le sue radici.
Cresciuta sul Piave a stretto contatto con una natura sempre mutevole, ma al contempo riconoscibile e familiare ai suoi occhi, Annalù ritorna con la sua arte alle origini e ci racconta col suo linguaggio delicato e insieme incisivo il suo rapporto profondo con l’elemento da cui trae origine la vita.
Non mancate alla nuova mostra organizzata presso la galleria ZAION -Salita di Riva, 3 (ex Lanificio Pria), Biella- in un paesaggio surreale, popolato da farfalle marine, libri d’acqua e creature che possiedono la trasparenza dei laghi e il mistero degli abissi.
Immagini d'acqua.
Fin dall’antichità più remota, le immagini d’acqua – al pari delle immagini di volo – hanno svolto la funzione di archetipo della coscienza profonda dell’uomo, e al tempo stesso della sua stessa origine.
Annalù vive da sempre coi piedi nell'acqua e la testa ben fissata sulle spalle. Annalù vive sul Piave, in una casa fatta di palafitte, un tempo di legno, oggi di mattoni. Una casa, come ci racconta lei stessa, che "respira" di tutte le storie che sul fiume sono passate e sono state vissute, "ed ha il profumo salmastro di quell'acqua". "Un'acqua", ci dice sempre Annalù, "verde-blu che a volte 'sale' (ha la corrente al rovescio) perché siamo vicini al mare e quindi è più salata, a volte 'scende' e quindi è più dolce".
Annalù non vive in una casa qualsiasi: vive in una casa che fu di suo padre, e prima ancora di sua nonna. La nonna si chiamava Anna, era detta "la Nanea", e di mestiere faceva "la barcara" - cioè traghettava da una parte all'altra del fiume chi doveva passare di là. Annalù ha vissuto, attraverso le storie raccolte e ascoltate in famiglia, i mille racconti del fiume. Li ha ascoltati, li ha ri-raccontati, li ha ri-vissuti, letteralmente, poiché, a posteriori, ne è stata partecipe, se n'è rallegrata e s'è commossa e ne ha sofferto, registrandone, dentro di sé, dei brani, dei passaggi, o delle immagini isolate, rimaste come appicicate alla retina, attraverso una vecchia foto in bianco e nero ritrovata in un cassetto – come quella foto di ragazzi che attraversano il fiume, in bilico su una vecchia barca un po' malandata, felici e spensierati nella loro giovinezza d'altri tempi; un ragazzo che tiene in braccio una ragazza, che ride, ride, ride: felice nella sua giovinezza, quella giovinezza che vive un attimo solo, e poi scompare; giovinezze d'altri tempi, sul fiume, memorie d'altri tempi, altri abiti, altre acconciature, altre atmosfere, certo: eppure, la stessa acqua, lo stesso fiume, la stessa casa di oggi; li ha fatti suoi, questi ricordi, e ha lasciato che si sedimentassero e che scavassero un piccolo luogo dentro di sé, un luogo remoto e inaccessibile, fatto della sostanza impalpabile e aerea dei sogni e della memoria ancestrale – la memoria vissuta o immaginata, poiché anche le memorie vissute dagli altri, alle volte, possono diventare le nostre, e scavare un luogo sicuro e profondo nell'acqua sconfinata del nostro inconscio.
Annalù è ripartita dal suo fiume. È ripartita dall'acqua. Ha intrapreso uno di quei percorsi, di scoperta e insieme di conoscenza, in cui la materia impalpabile dei sogni, dei ricordi, delle mille stratificazioni di sensazioni e di sedimenti della memoria e del vissuto, famigliare e intimistico, prova a fare i conti con la materia quanto mai concreta del reale. Mescolandosi al reale. Cercando di vincerlo, a volte. Di tenerlo sulle spine. In bilico. In equilibrio.
Annalù gioca su un filo sottile. Un po' più in qua, e rischia di sfociare nella retorica. Un po' più in là, e non è più nulla. Scompare, come una goccia d'acqua in un fiume.
Annalù non si fa scoraggiare. Raccoglie materiali dal fiume. Pesca relitti. Vecchie cortecce d'alberi gonfi d'acqua. I rifiuti del fiume. I dannati. Le anime, le scorie dei mille racconti, delle infinite storie con cui il fiume è venuto a contatto. La memoria ancestrale dell'acqua. E li rianima. Ridà loro vita. Li lascia sedimentare, attraverso la materia grezza della memoria e del tempo. Li manipola. Li plasma. Li rende immortali, prima che il disfacimento, la corrosione del tempo venga a ghermirli, precipitandoli nell'oblìo.
Annalù assembla a volte materiali strani, apparentemente incongruenti, che non vorrebbero proprio saperne di stare insieme. Ossimoro di materiali. Resine, cortecce. Lana di vetro. Strani incontri. Forme bizzarre. Architetture dell'immaginario. Metamofrosi.
Alchimie della materia fluida, che non è mai statica. Materia che si muove sempre, fluida, inorganica. Che scarta di lato. Racconta storie che solo un orecchio allenato, o pronto ad ascoltare il suono liquido e immateriale dei sogni, è in grado di accogliere. Vecchie leggende, che paiono tracciate sull'acqua.
Sì - libri d'acqua. Può esistere, al mondo, un ossimoro più evidente di questo?
I libri, di solito, sono fatti di carta. La carta è legno. È materia solida, ferma. Materia terrena. Annalù trasforma il solido in fluido, il materiale in immateriale, lo stabile in instabile.
Le gocce d'acqua, nelle sculture di Annalù, sono fermate nell'attimo in cui sprizzano in alto. Annalù insegue il sogno impossibile di fermare l'attimo nel momento del suo accadere. Vuole vincere il tempo. Per vincerlo, utilizza la metafora dell'elemento dell'acqua - che simboleggia insieme lo scorrere del tempo e la sua stessa nascita.
Prima dell'acqua, non c'era il mondo. Non c'era l'uomo. Non esisteva il tempo.
Le forme in resina delle gocce si allungano in maniera folle, azzardata, sono attimi sospesi in un tempo che non pare più umano.
Come si può fermare il tempo attraverso la forma?
La folle scommessa di Annalù procede insieme cauta e decisa.
Meduse dell'inconscio. Pozzanghere magiche. Alberi sospesi. Dormienti irreali. Sedie impossibili. Panchine fluttuanti. Altalene di piume. Farfalle implapabili. "Tutte opere che racchiudono in sé il mito e la realtà, una visione ottica terrena ed una sognante".
Cresciuta sul Piave a stretto contatto con una natura sempre mutevole, ma al contempo riconoscibile e familiare ai suoi occhi, Annalù ritorna con la sua arte alle origini e ci racconta col suo linguaggio delicato e insieme incisivo il suo rapporto profondo con l’elemento da cui trae origine la vita.
Non mancate alla nuova mostra organizzata presso la galleria ZAION -Salita di Riva, 3 (ex Lanificio Pria), Biella- in un paesaggio surreale, popolato da farfalle marine, libri d’acqua e creature che possiedono la trasparenza dei laghi e il mistero degli abissi.
Immagini d'acqua.
Fin dall’antichità più remota, le immagini d’acqua – al pari delle immagini di volo – hanno svolto la funzione di archetipo della coscienza profonda dell’uomo, e al tempo stesso della sua stessa origine.
Annalù vive da sempre coi piedi nell'acqua e la testa ben fissata sulle spalle. Annalù vive sul Piave, in una casa fatta di palafitte, un tempo di legno, oggi di mattoni. Una casa, come ci racconta lei stessa, che "respira" di tutte le storie che sul fiume sono passate e sono state vissute, "ed ha il profumo salmastro di quell'acqua". "Un'acqua", ci dice sempre Annalù, "verde-blu che a volte 'sale' (ha la corrente al rovescio) perché siamo vicini al mare e quindi è più salata, a volte 'scende' e quindi è più dolce".
Annalù non vive in una casa qualsiasi: vive in una casa che fu di suo padre, e prima ancora di sua nonna. La nonna si chiamava Anna, era detta "la Nanea", e di mestiere faceva "la barcara" - cioè traghettava da una parte all'altra del fiume chi doveva passare di là. Annalù ha vissuto, attraverso le storie raccolte e ascoltate in famiglia, i mille racconti del fiume. Li ha ascoltati, li ha ri-raccontati, li ha ri-vissuti, letteralmente, poiché, a posteriori, ne è stata partecipe, se n'è rallegrata e s'è commossa e ne ha sofferto, registrandone, dentro di sé, dei brani, dei passaggi, o delle immagini isolate, rimaste come appicicate alla retina, attraverso una vecchia foto in bianco e nero ritrovata in un cassetto – come quella foto di ragazzi che attraversano il fiume, in bilico su una vecchia barca un po' malandata, felici e spensierati nella loro giovinezza d'altri tempi; un ragazzo che tiene in braccio una ragazza, che ride, ride, ride: felice nella sua giovinezza, quella giovinezza che vive un attimo solo, e poi scompare; giovinezze d'altri tempi, sul fiume, memorie d'altri tempi, altri abiti, altre acconciature, altre atmosfere, certo: eppure, la stessa acqua, lo stesso fiume, la stessa casa di oggi; li ha fatti suoi, questi ricordi, e ha lasciato che si sedimentassero e che scavassero un piccolo luogo dentro di sé, un luogo remoto e inaccessibile, fatto della sostanza impalpabile e aerea dei sogni e della memoria ancestrale – la memoria vissuta o immaginata, poiché anche le memorie vissute dagli altri, alle volte, possono diventare le nostre, e scavare un luogo sicuro e profondo nell'acqua sconfinata del nostro inconscio.
Annalù è ripartita dal suo fiume. È ripartita dall'acqua. Ha intrapreso uno di quei percorsi, di scoperta e insieme di conoscenza, in cui la materia impalpabile dei sogni, dei ricordi, delle mille stratificazioni di sensazioni e di sedimenti della memoria e del vissuto, famigliare e intimistico, prova a fare i conti con la materia quanto mai concreta del reale. Mescolandosi al reale. Cercando di vincerlo, a volte. Di tenerlo sulle spine. In bilico. In equilibrio.
Annalù gioca su un filo sottile. Un po' più in qua, e rischia di sfociare nella retorica. Un po' più in là, e non è più nulla. Scompare, come una goccia d'acqua in un fiume.
Annalù non si fa scoraggiare. Raccoglie materiali dal fiume. Pesca relitti. Vecchie cortecce d'alberi gonfi d'acqua. I rifiuti del fiume. I dannati. Le anime, le scorie dei mille racconti, delle infinite storie con cui il fiume è venuto a contatto. La memoria ancestrale dell'acqua. E li rianima. Ridà loro vita. Li lascia sedimentare, attraverso la materia grezza della memoria e del tempo. Li manipola. Li plasma. Li rende immortali, prima che il disfacimento, la corrosione del tempo venga a ghermirli, precipitandoli nell'oblìo.
Annalù assembla a volte materiali strani, apparentemente incongruenti, che non vorrebbero proprio saperne di stare insieme. Ossimoro di materiali. Resine, cortecce. Lana di vetro. Strani incontri. Forme bizzarre. Architetture dell'immaginario. Metamofrosi.
Alchimie della materia fluida, che non è mai statica. Materia che si muove sempre, fluida, inorganica. Che scarta di lato. Racconta storie che solo un orecchio allenato, o pronto ad ascoltare il suono liquido e immateriale dei sogni, è in grado di accogliere. Vecchie leggende, che paiono tracciate sull'acqua.
Sì - libri d'acqua. Può esistere, al mondo, un ossimoro più evidente di questo?
I libri, di solito, sono fatti di carta. La carta è legno. È materia solida, ferma. Materia terrena. Annalù trasforma il solido in fluido, il materiale in immateriale, lo stabile in instabile.
Le gocce d'acqua, nelle sculture di Annalù, sono fermate nell'attimo in cui sprizzano in alto. Annalù insegue il sogno impossibile di fermare l'attimo nel momento del suo accadere. Vuole vincere il tempo. Per vincerlo, utilizza la metafora dell'elemento dell'acqua - che simboleggia insieme lo scorrere del tempo e la sua stessa nascita.
Prima dell'acqua, non c'era il mondo. Non c'era l'uomo. Non esisteva il tempo.
Le forme in resina delle gocce si allungano in maniera folle, azzardata, sono attimi sospesi in un tempo che non pare più umano.
Come si può fermare il tempo attraverso la forma?
La folle scommessa di Annalù procede insieme cauta e decisa.
Meduse dell'inconscio. Pozzanghere magiche. Alberi sospesi. Dormienti irreali. Sedie impossibili. Panchine fluttuanti. Altalene di piume. Farfalle implapabili. "Tutte opere che racchiudono in sé il mito e la realtà, una visione ottica terrena ed una sognante".
02
ottobre 2010
Annalù – Aqua
Dal 02 ottobre al 12 novembre 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA ZAION – LANIFICIO PRIA
Biella, Salita Di Riva, 3, (Biella)
Biella, Salita Di Riva, 3, (Biella)
Orario di apertura
Mercoledì, Giovedì, Venerdì ore 16.30 / 19.30, altri giorni su appuntamento.
Vernissage
2 Ottobre 2010, ore 18
Autore