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Annamaria Targher – Ninfee 2.0
Con la serie Ninfee 2.0 il fiore prende il sopravvento sullo sfondo, sull’habitat: una sovrabbondanza, anche numerica, che forse tradisce la reale perdita di senso del fiore che sembra affidare così la sua identità all’iterazione.
Comunicato stampa
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Henri Matisse a proposito de Il cespuglio si vantava di aver saputo “descrivere un albero” non attraverso l’imitazione, ma “con il sentimento che la sua vicinanza e la contemplazione c’ ispira”, nella convinzione che “il disegno degli spazi vuoti lasciati intorno alle foglie contasse quanto il disegno delle foglie stesse”.
La ninfea non vive senz’acqua: la stessa sua altezza è subordinata alla profondità del bacino idrico che l’ accoglie. L’apparato radicale la ancora al fondale.
Nella prima serie Ninfee il confronto serrato del fiore con lo stagno e il canneto pare tutto. La serie esordisce, infatti, con la preponderanza del contesto; è in tal modo che questo atteggiamento si assesta e conferma in Ninfee VI.
2.0 è, per il Web, un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione rispetto alla condizione precedente. Per esteso, si fa ricorso a questa numerazione in presenza di un cambio che si reputa paradigmatico.
Con la serie Ninfee 2.0, infatti, il fiore prende il sopravvento sullo sfondo, sull’habitat: una sovrabbondanza, anche numerica, che forse tradisce la reale perdita di senso del fiore che sembra affidare così la sua identità all’iterazione. Rimane dunque il colore a segnare il passo, a riuscire a far protendere la forma dal proprio ammasso di repliche; un colore che sembra godere degli improbabili accostamenti che mette in gioco e che parrebbe riproporre il sintattico accostarsi e avvicendarsi del colore delle primissime ninfee.
Il fiore, ora, non esce più da un pantano, dallo stagno , non ascende nemmeno più dal cielo in virtù di un metafisico riscatto (voluto dall’artista o conquistato dalla pura forma e varietà del fiore?), ma crea un primo piano indipendente, giustapposto. Sempre più, due settori distinti all’interno di un identico spazio: uno pare la voce dell’apprensione e della paura, l’altro di un’irrefrenabile esuberanza a coprire il vuoto, dietro.
La scelta di un supporto marcatamente rettangolare in Ninfee XI (piuttosto che il quasi quadrato della prima serie) ha così sciolto i vertici del triangolo di fondo: abisso o ziggurat ? Inoltre, la riduzione della superficie pittorica (Ninfee X e XII) sembra non poter garantire permanenza al respiro dello sfondo: eterea propaggine del fiore, marcata velleità spaziale e di fuga dal limite stesso del medium.
Così, ora, il fiore non esordisce ma straripa: sempre più grande, a sopperire il proprio affacciarsi sul nulla.
O è il fiore stesso il nulla rispetto a ciò che si è andato perdendo?
Un flatus voci?
Solo l’ultima realizzazione, Ninfee XIII, parla d’altro, tornando indietro: ancora arditezza (recuperata nelle misure) e inauditezza del formato verticale della tela, come se la riammissione del triangolo (grigio) sullo sfondo fosse affidata ad una costrizione del solo vertice in alto, a cui tutto il resto non farà che seguire, appendersi.
La ninfea non vive senz’acqua: la stessa sua altezza è subordinata alla profondità del bacino idrico che l’ accoglie. L’apparato radicale la ancora al fondale.
Nella prima serie Ninfee il confronto serrato del fiore con lo stagno e il canneto pare tutto. La serie esordisce, infatti, con la preponderanza del contesto; è in tal modo che questo atteggiamento si assesta e conferma in Ninfee VI.
2.0 è, per il Web, un termine utilizzato per indicare genericamente uno stato di evoluzione rispetto alla condizione precedente. Per esteso, si fa ricorso a questa numerazione in presenza di un cambio che si reputa paradigmatico.
Con la serie Ninfee 2.0, infatti, il fiore prende il sopravvento sullo sfondo, sull’habitat: una sovrabbondanza, anche numerica, che forse tradisce la reale perdita di senso del fiore che sembra affidare così la sua identità all’iterazione. Rimane dunque il colore a segnare il passo, a riuscire a far protendere la forma dal proprio ammasso di repliche; un colore che sembra godere degli improbabili accostamenti che mette in gioco e che parrebbe riproporre il sintattico accostarsi e avvicendarsi del colore delle primissime ninfee.
Il fiore, ora, non esce più da un pantano, dallo stagno , non ascende nemmeno più dal cielo in virtù di un metafisico riscatto (voluto dall’artista o conquistato dalla pura forma e varietà del fiore?), ma crea un primo piano indipendente, giustapposto. Sempre più, due settori distinti all’interno di un identico spazio: uno pare la voce dell’apprensione e della paura, l’altro di un’irrefrenabile esuberanza a coprire il vuoto, dietro.
La scelta di un supporto marcatamente rettangolare in Ninfee XI (piuttosto che il quasi quadrato della prima serie) ha così sciolto i vertici del triangolo di fondo: abisso o ziggurat ? Inoltre, la riduzione della superficie pittorica (Ninfee X e XII) sembra non poter garantire permanenza al respiro dello sfondo: eterea propaggine del fiore, marcata velleità spaziale e di fuga dal limite stesso del medium.
Così, ora, il fiore non esordisce ma straripa: sempre più grande, a sopperire il proprio affacciarsi sul nulla.
O è il fiore stesso il nulla rispetto a ciò che si è andato perdendo?
Un flatus voci?
Solo l’ultima realizzazione, Ninfee XIII, parla d’altro, tornando indietro: ancora arditezza (recuperata nelle misure) e inauditezza del formato verticale della tela, come se la riammissione del triangolo (grigio) sullo sfondo fosse affidata ad una costrizione del solo vertice in alto, a cui tutto il resto non farà che seguire, appendersi.
26
dicembre 2010
Annamaria Targher – Ninfee 2.0
Dal 26 dicembre 2010 al 09 gennaio 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO DI MASO SPILZI
Folgaria, Ss350, (Trento)
Folgaria, Ss350, (Trento)
Orario di apertura
tutti i giorni 10.00 – 12.00 / 14.00 – 17.00
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