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Anno Matthias Henke – BlackBox
Così come Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all’“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche
Comunicato stampa
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Venerdì 13 maggio a partire dalle ore 18.30 inaugura Blackbox, la mostra che raccoglie gli ultimi lavori dell'artista tedesco Anno Matthias Henke presso gli spazi espositivi dell'Istituto di Cultura Germanica di Bologna (Via de'Marchi 4).
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri. Venerdì 13 maggio a partire dalle ore 18.30 inaugura Blackbox, la mostra che raccoglie gli ultimi lavori dell'artista tedesco Anno Matthias Henke presso gli spazi espositivi dell'Istituto di Cultura Germanica di Bologna (Via de'Marchi 4).
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri.Venerdì 13 maggio a partire dalle ore 18.30 inaugura Blackbox, la mostra che raccoglie gli ultimi lavori dell'artista tedesco Anno Matthias Henke presso gli spazi espositivi dell'Istituto di Cultura Germanica di Bologna (Via de'Marchi 4).
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri. Anno Matthias Henke nasce a Marburg (Germania) nel 1965. Studia presso l’atelier della madre, la pittrice Annegrete Henke-Reinarz. Già nei primi anni 80 ripetuti soggiorni lavorativi a Parigi per studiare arte moderna francese. Dal 1989 al 1994 studio presso l’università di Colonia. Costante mettersi in discussione con le più varie tecniche di pittura e grafica. Dal 1989 al 2002 Anno Matthias Henke vive e lavora a Colonia. Enfasi parallela durante gli anni 90 nella musica Underground con vari progetti Punk, Alternative e Wave con numerose pubblicazioni discografiche. Ripetuti soggiorni lavorativi in Italia in particolare Lago di Garda, Emilia Romagna, Toscana, Roma, Firenze, Venezia, Calabria e Puglia. Dal 2002 Anno Matthias Henke vive e lavora a Bologna. Negli ultimi 15 anni Anno Matthias Henke ha partecipato a numerose manifestazioni d’arte al livello nazionale ed internazionale tra cui al museo d’arte moderna della città di Kwanjiu e Soul, Corea del sud, il consulato italiano a Du
blino, Irlanda, sala mussale del comune di Bologna, museo nazionale d’arte moderna Termoli, Colonia, Francoforte, Kassel ed Amburgo. Vendite negli Stati Uniti, Francia, Corea del Sud e Germania.
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri. Venerdì 13 maggio a partire dalle ore 18.30 inaugura Blackbox, la mostra che raccoglie gli ultimi lavori dell'artista tedesco Anno Matthias Henke presso gli spazi espositivi dell'Istituto di Cultura Germanica di Bologna (Via de'Marchi 4).
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri.Venerdì 13 maggio a partire dalle ore 18.30 inaugura Blackbox, la mostra che raccoglie gli ultimi lavori dell'artista tedesco Anno Matthias Henke presso gli spazi espositivi dell'Istituto di Cultura Germanica di Bologna (Via de'Marchi 4).
Il titolo della mostra – fruibile fino al 10 giugno, dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18 – si ispira al Black Box, il dispositivo che si trova all''interno di un velivolo e serve per registrare tutto ciò che succede durante un viaggio, tutti i movimenti del mezzo in questione e le mosse del pilota durante il percorso. In caso di disastro il Black Box ci da la possibilità di ripercorrere ciò che è successo e trovare magari il perché di una disgrazia.
Così come Anno Matthias Henke si percepisce come un cronista che fissa quello che succede o che vede attorno a se, allo stesso modo il suo linguaggio e le sue tele corrispondono all'“eventogramma”, le lastre sulle quali è scritto ciò che è successo, codificato e filtrato attraverso la sua concezione di forma e cromaticità e attraverso le sue radici culturali ed artistiche che possono essere ritrovate nell'espressionismo anche astratto e nel surrealismo come anche nei "Neuen Wilden" ( i nuovi selvaggi ) tedeschi degli anni ''80.
“La mia è una pittura istintiva e spesso del forte gesto, non mi interessa la perfezione del disegno, mi interessa il gesto, la postura delle mie figure che parla di come stanno e cosa vivono” - dichiara l’artista protagonista di Black Box e prosegue - : “Le mie "lastre" spesso riproducono il mondo urbano, metropolitano, l''uomo nel suo ormai naturale habitat, spesso ambientato nelle zone marginali, lungo il muro (di Berlino), sobborghi, lontano dal glamour e dalla ricchezza, zone abbandonate, i "banlieue" delle nostre metropoli. Un immaginario ricercatore in un lontano futuro, che studi le mie "registrazioni" Black Box, forse potrebbe capire cosa fosse successo a noi e come abbiamo vissuto” e conclude: “D'altronde la mia pittura sicuramente non è del tutto materialista o realista, si avvale sempre anche di elementi onirici, a volte gli scenari sono apocalittici però sempre una codificazione del mondo che mi circonda.”
Ciò che vede e percepisce Henke non gli dà più pace, urge ad essere dipinto. Così arriva ai suoi quadri, tele grandi che si estendono sempre di più, le quali egli ridesta con superiori mezzi pittorici ed esplorativi mai compiuti. In tessuti multipli “organizza“ dei colori, come dice lui. Da molta importanza al processo creativo in cui è formato un layer dopo l’altro, uno strato dopo l’altro: ecco, dipingere, plasmare colori in cifre riconoscibili, in simboli pluricodificati di ciò che è intenzione e ciò che è intuito. Henke sa di trovarsi in linea con degli artisti come Gerhard Richter, Daniel Richter oppure Peter Doig, i quali professarono il pittorico quando l’arte dell’istallazione e del video sostenevano l’obsoleto della pittura. Il fatto che Henke nel suo sviluppo si sia occupato anche d’arte concettuale, del linguaggio simbolico della Pop-Art nonché della pittura informale ora torna utile alla molteplicità dei suoi mezzi d’espressione.
Questa pittura è surreale, sognato, ecco, con la gran forza di seduzione di prestanti oniroforme che ci attirano per il loro fascino. É pittura narrativa, osa di non essere solamente figurativa e concreta ma di parlare un linguaggio dei sogni, di raccontare delle storie sulla vita nelle grandi città, su dei momenti speciali che illuminano destini, nitidi e al contempo allegorici. E la storia stessa diventa visibile come strato di queste tele, che dopo la proclamata “Fine della grande narrazione“ (Lyotard) osano di nuovo riportare alla nostra attenzione delle storie raccontabili, non come pittura classico-storica ma come codice di una Zeitsituation, della situazione dei tempi (in cui viviamo), che si mostra anche negli attimi di storie di vita considerate che non sono solamente visibili ma anche percepibili.
Espressiva è la pittura di Henke, un ulteriore punto d’eccellenza di quest’arte, per la sua forza di colore, la sua energia cromatica ed emotiva, la sua profonda soggettività, il suo essere centrata nell’animo dell’artista e della sua visuale empatica sulla vita. C’è da parlare anche di bellezza, un linguaggio formale e un convincente colorito dimostrano bravura magistrale che si amalgama con il pieno significato di questi quadri. Anno Matthias Henke nasce a Marburg (Germania) nel 1965. Studia presso l’atelier della madre, la pittrice Annegrete Henke-Reinarz. Già nei primi anni 80 ripetuti soggiorni lavorativi a Parigi per studiare arte moderna francese. Dal 1989 al 1994 studio presso l’università di Colonia. Costante mettersi in discussione con le più varie tecniche di pittura e grafica. Dal 1989 al 2002 Anno Matthias Henke vive e lavora a Colonia. Enfasi parallela durante gli anni 90 nella musica Underground con vari progetti Punk, Alternative e Wave con numerose pubblicazioni discografiche. Ripetuti soggiorni lavorativi in Italia in particolare Lago di Garda, Emilia Romagna, Toscana, Roma, Firenze, Venezia, Calabria e Puglia. Dal 2002 Anno Matthias Henke vive e lavora a Bologna. Negli ultimi 15 anni Anno Matthias Henke ha partecipato a numerose manifestazioni d’arte al livello nazionale ed internazionale tra cui al museo d’arte moderna della città di Kwanjiu e Soul, Corea del sud, il consulato italiano a Du
blino, Irlanda, sala mussale del comune di Bologna, museo nazionale d’arte moderna Termoli, Colonia, Francoforte, Kassel ed Amburgo. Vendite negli Stati Uniti, Francia, Corea del Sud e Germania.
13
maggio 2011
Anno Matthias Henke – BlackBox
Dal 13 maggio al 10 giugno 2011
arte contemporanea
Location
ISTITUTO DI CULTURA GERMANICA – PALAZZO BONFIOLI ROSSI
Bologna, Via De' Marchi, 4, (Bologna)
Bologna, Via De' Marchi, 4, (Bologna)
Orario di apertura
dal martedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18
Vernissage
13 Maggio 2011, ore 18.30
Autore