Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Antonella Cappuccio – Il Gioco dell’Arte Theatrum Mundi
Il Gioco dell’Arte Theatrum Mundi è il titolo della Mostra personale di Antonella Cappuccio alla Ex Cartiera Latina Sala Nagasawa all’interno del Parco Regionale dell’Appia Antica in Via Appia Antica 42 a Roma. L’inaugurazione è prevista Giovedì 6 Aprile 2023 dalle ore 17.00. Fino al 1* Maggio.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si inaugura a Roma Giovedì 6 Aprile 2023 dalle ore 17.00, allestita nella Sala Nagasawa dell’Ex Cartiera Latina nel Parco Regionale dell’Appia Antica, la Mostra personale di Antonella Cappuccio, curata da Marco Bussagli e Francesco Ruggiero, dal titolo Il Gioco dell’Arte Theatrum Mundi.
Le Opere esposte abbracciano un periodo che va dal 1997 al 2022 e tracciano un’interessante sintesi della poetica dell’Artista. Sul palcoscenico offerto da Antonella si scoprono meraviglie date da elementi teatrali proposti in maniera nuova e stimolante come i costumi di scena fluttuanti sulla tela. Antonella Cappuccio ha studiato con Maria Baroni e Dario Cecchi, entrambi costumisti designer, i primi Maestri d’Arte con cui Antonella ha iniziato a lavorare per il Cinema e il Teatro, inizialmente come assistente, in seguito, come Costumista designer: a loro deve la sua formazione artistica e culturale. Ha lavorato con la crème del Teatro italiano, da Pierluigi Pizzi a Danilo Donati, da Maria De Matteis a Ezio Frigerio, Luigi Squarzina, Daniele D’Anza fino a Orazio Costa, Edmo Fenoglio, Silverio Blasi, Giulio Majano, Lina Wertmuller e Paolo Poli. Contemporaneamente, insieme alla passione per il costume teatrale, nasceva l’amore per la Pittura. In questo settore Dario Cecchi guidò l’Artista in un attento e profondo studio di Mantegna, Botticelli, Raffaello, Bellini. In Esposizione una vera e propria Galleria di Opere che prendono spunto da testi importanti, dall’antichità alla modernità, come L’asino d’oro di Apuleio o il Don Chisciotte di Cervantes, o la Lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, oppure il Papageno di Mozart che hanno come primo Attore della scena, non il protagonista in carne e ossa, ma il vuoto costume da indossare sul palcoscenico dove Antonella Cappuccio trasforma il Teatro in Pittura e viceversa, affinché i personaggi escano dalla cornice e prendano volume, appropriandosi dello spazio circostante. E c’è qualcosa di più nelle Opere di Antonella Cappuccio. Non parliamo semplicemente del coinvolgimento del fruitore ma della sintesi di aspetti sociali offerti allo stesso per un approfondimento che, inevitabilmente, porterà a una valutazione del vissuto e all’arricchimento culturale.
… Fra la miriade di suggestioni che provengono dalla Pittura colta di Antonella Cappuccio, sottolinea Marco Bussagli nel Catalogo della Mostra, non si può fare a meno di notare che esiste un filo rosso che unisce gli esordi dell’Artista di Ischia con le sue Opere più recenti: la dimensione teatrale. Come per la gran parte degli Artisti che si sono cimentati su questo versante, si pensi a Bernini, anche per Antonella Cappuccio, si tratta di una metafora del mondo nella quale, in questo caso, è la Pittura a giocare un ruolo primario perché si può dire che Antonella, nasca come teatrante, viste le sue prime esperienze in RAI da costumista e scenografa.
Il concetto di Theatrum mundi, che sarà sviluppato e indagato meglio più avanti, si declina secondo due direttive principali. Da una parte c’è la riproduzione in vitro delle dinamiche del mondo, recitate nell’Athanor del palcoscenico e, dall’altra, c’è l’indagine intorno al microcosmo umano e alla sua aspirazione verso una crescita spirituale.
Entrambi i percorsi si ritrovano nella grande Pittura dell’Artista di Ischia che non si lascia sfuggire implicazioni e rimandi dispiegando con assoluta generosità una ricchezza culturale che va di pari passo con una perizia tecnica di rara capacità espressiva. Così, già in questa sintetica cernita di Opere presentata per rendere concreto ed esplicito un percorso espositivo che coglie, fior da fiore, le premesse pittoriche di questa nuova impresa artistica, non sarà difficile individuare, fin dall’inizio, la scelta di guardare alla tradizione italiana che vede in Mantegna un primo punto di riferimento. Infatti, la Pittura del grande Artista padovano è caratterizzata da una teatralità che trasforma il supporto pittorico (o incisorio della lastra prima e della carta poi, nella resa calcografica dei Trionfi di Cesare conservati ad Hampton Court) nel boccascena di un Teatro dove Storia, Fantasia e Bellezza si rincorrono e dove, adesso, Antonella entra da protagonista.
L’esperienza messa a punto con le Storie di San Cristoforo di Mantegna, si ripete, poi, usando altri espedienti espressivi con Raffaello che, grazie al pennello della pittrice di Ischia, si vede moltiplicare per tre la sua amata Fornarina che ora pare davvero seduta nel palco di un Teatro.
Con la medesima logica, i protagonisti della celeberrima Primavera di Botticelli, rivisitati ne Il commiato, recentemente acquistata dal MART di Rovereto, e inserito nella serie de Gli addii, non si fanno scrupolo di voltare le spalle al pubblico, certo a sipario chiuso, come se la rappresentazione fosse finita e ognuno potesse tornare alle predilette occupazioni.
Si sa: lo spettacolo inizia, ma poi conclude e gli Attori se ne vanno, come nel quadro, che appartiene alla stessa serie, intitolato Verso sera, dove a lasciare il ‘palcoscenico’ della Pittura sono le due Veneri dell’Amor sacro e amor profano di Tiziano Vecellio (la Pandemones e l’Urania nell’interpretazione proposta da Wind) che abbandonano le loro cose, veste e mantello compresi, e chiudono idealmente il sipario.
Sono queste due Opere del 2002 un punto di arrivo di un percorso che subito si caratterizza per l’attenzione al Teatro fin dagli esordi, come si è detto, e che non muta tono passando per l’esperienza della Nuova Maniera Italiana, il movimento che fu teorizzato da Giuseppe Gatt nell’ambito del quale, Antonella è stata protagonista insieme a un manipolo di eroi cui si deve la rinnovata cittadinanza alla figurazione in Italia.
Per questo un’Opera come Ratio fecit diversum li vede in scena sulla tela, ciascuno ad interpretare il proprio ruolo nella Rinascita della Pittura iconica, dove il corpo è il primo attore.
Non c’è qui lo spazio per commentare le Opere in Mostra e sottolineare l’importante componente scenica di ciascuna (per la quale si rimanda a quanto pubblicato da chi scrive nel Catalogo generale), ma basta dare uno sguardo ai titoli dei quadri presentati per rendersi conto che la letteratura teatrale è stata da sempre una delle principali fonti d’ispirazione della grande Arte di Antonella Cappuccio, in ciascuna delle sue molteplici stagioni pittoriche.
L’Artista di Ischia evoca, così, il conflitto eterno fra padre e figlio ispirandosi alla tragedia di Eschilo I sette contro Tebe, dalla cui trama nasce l’immagine di un’Opera drammatica dalle luci contrastate, la cui dimensione scenica è comune ad altri quadri dello stesso periodo come Intreccio notturno, oppure Ilaria e Guidarello.
Qui, però, si palesa pure un altro aspetto della relazione fra Pittura e Teatro che sarà oggetto d’indagine nella Mostra. Antonella, come tutti i grandi Artisti del passato e del presente, sono stati e sono dei grandi Registi che si sono spesso comportati come i moderni Direttori del casting scegliendo i vari tipi fisici da mettere in scena nelle loro Opere.
Lo ha fatto Leonardo, lo ha fatto Guido Reni, lo ha fatto Canova, lo ha fatto Robert Henry del celebre gruppo degli Otto negli Stati Uniti, lo hanno fatto Jeff Koons, David La Chapelle e Bill Viola proprio come Antonella che qui ha scelto la figlia Laura per farne l’icona per eccellenza della bellezza femminile del Rinascimento: Ilaria del Carretto.
Non basta, però (ed è questo li cuore della nuova avventura), perché l’Artista di Ischia ha esplorato tutti gli aspetti della dimensione teatrale e, pertanto, da esperta costumista, non ha potuto fare a meno di trasformare gli abiti di scena in Protagonisti.
Non è un caso che il suo Apparentia atque essentia Mundi del 2004 sovrapponga gli abiti al planisfero che funge da sfondo e supporto insieme dell’effimero dove è l’abito vuoto ad aver vita autonoma, senza alcun bisogno di qualcuno che l’indossi. Allo stesso modo, non stupisce che il suo Autoritratto del 2006 lasci il campo libero alla tuta da lavoro dell’Artista, vuota, dove sono i colori ad olio, a tempera o quelli acrilici, che l’hanno schizzata, ad essere i protagonisti del racconto, mentre la notazione fisionomica del volto scompare nella delicatezza dello sfondo.
… L’Autrice, aggiunge Massimo Ciaccio, con i suoi dipinti insegna, informa e fa da mediatore per una conoscenza che spesso trascende il mero utilizzo della percezione sensoriale immediata, ma si avvale del psico-archivio personale del fruitore, quel pozzo profondo che Freud chiamava subconscio e la psicologia moderna inconscio.
Guardare un suo quadro è come fruire di un’Opera di narrativa, un racconto, un romanzo o un film. Non abbiamo bisogno di immedesimarci in un personaggio, come vorrebbe qualche editor, ma di ponti che ci permettano di creare una storia godibile da cui magari apprendere qualcosa.
Antonella Cappuccio offre tanti ponti, impalpabili ma solidissimi, strutture artistiche pronte a collegarsi alle strutture mentali di chi osserva e lo fa ancora una volta in maniera mirabile in questa Mostra che, già nel titolo, porta un riferimento a un concetto filosofico esploso tra Rinascimento e Barocco: Theatrum Mundi, la metafora di vanità e nullità del mondo, che fece scrivere a Shakespeare … tutto il mondo è un palcoscenico.
Sul palcoscenico offerto da Antonella si scoprono tante meraviglie date da elementi teatrali proposti in maniera nuova e stimolante come i costumi di scena fluttuanti sulla tela, a sconfessare il detto che … l’abito non fa il monaco.
Sarà possibile visitare l’Esposizione fino al 1° Maggio 2023
Si ringraziano per la fattiva collaborazione alla realizzazione
Dottoressa Alma Rossi Direttore del Parco Regionale dell'Appia Antica
Dottore Pierluigi Gazzani Dirigente Amministrativo
Dottore Andrea Marroni Ufficio Comunicazione
Le Opere esposte abbracciano un periodo che va dal 1997 al 2022 e tracciano un’interessante sintesi della poetica dell’Artista. Sul palcoscenico offerto da Antonella si scoprono meraviglie date da elementi teatrali proposti in maniera nuova e stimolante come i costumi di scena fluttuanti sulla tela. Antonella Cappuccio ha studiato con Maria Baroni e Dario Cecchi, entrambi costumisti designer, i primi Maestri d’Arte con cui Antonella ha iniziato a lavorare per il Cinema e il Teatro, inizialmente come assistente, in seguito, come Costumista designer: a loro deve la sua formazione artistica e culturale. Ha lavorato con la crème del Teatro italiano, da Pierluigi Pizzi a Danilo Donati, da Maria De Matteis a Ezio Frigerio, Luigi Squarzina, Daniele D’Anza fino a Orazio Costa, Edmo Fenoglio, Silverio Blasi, Giulio Majano, Lina Wertmuller e Paolo Poli. Contemporaneamente, insieme alla passione per il costume teatrale, nasceva l’amore per la Pittura. In questo settore Dario Cecchi guidò l’Artista in un attento e profondo studio di Mantegna, Botticelli, Raffaello, Bellini. In Esposizione una vera e propria Galleria di Opere che prendono spunto da testi importanti, dall’antichità alla modernità, come L’asino d’oro di Apuleio o il Don Chisciotte di Cervantes, o la Lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne, oppure il Papageno di Mozart che hanno come primo Attore della scena, non il protagonista in carne e ossa, ma il vuoto costume da indossare sul palcoscenico dove Antonella Cappuccio trasforma il Teatro in Pittura e viceversa, affinché i personaggi escano dalla cornice e prendano volume, appropriandosi dello spazio circostante. E c’è qualcosa di più nelle Opere di Antonella Cappuccio. Non parliamo semplicemente del coinvolgimento del fruitore ma della sintesi di aspetti sociali offerti allo stesso per un approfondimento che, inevitabilmente, porterà a una valutazione del vissuto e all’arricchimento culturale.
… Fra la miriade di suggestioni che provengono dalla Pittura colta di Antonella Cappuccio, sottolinea Marco Bussagli nel Catalogo della Mostra, non si può fare a meno di notare che esiste un filo rosso che unisce gli esordi dell’Artista di Ischia con le sue Opere più recenti: la dimensione teatrale. Come per la gran parte degli Artisti che si sono cimentati su questo versante, si pensi a Bernini, anche per Antonella Cappuccio, si tratta di una metafora del mondo nella quale, in questo caso, è la Pittura a giocare un ruolo primario perché si può dire che Antonella, nasca come teatrante, viste le sue prime esperienze in RAI da costumista e scenografa.
Il concetto di Theatrum mundi, che sarà sviluppato e indagato meglio più avanti, si declina secondo due direttive principali. Da una parte c’è la riproduzione in vitro delle dinamiche del mondo, recitate nell’Athanor del palcoscenico e, dall’altra, c’è l’indagine intorno al microcosmo umano e alla sua aspirazione verso una crescita spirituale.
Entrambi i percorsi si ritrovano nella grande Pittura dell’Artista di Ischia che non si lascia sfuggire implicazioni e rimandi dispiegando con assoluta generosità una ricchezza culturale che va di pari passo con una perizia tecnica di rara capacità espressiva. Così, già in questa sintetica cernita di Opere presentata per rendere concreto ed esplicito un percorso espositivo che coglie, fior da fiore, le premesse pittoriche di questa nuova impresa artistica, non sarà difficile individuare, fin dall’inizio, la scelta di guardare alla tradizione italiana che vede in Mantegna un primo punto di riferimento. Infatti, la Pittura del grande Artista padovano è caratterizzata da una teatralità che trasforma il supporto pittorico (o incisorio della lastra prima e della carta poi, nella resa calcografica dei Trionfi di Cesare conservati ad Hampton Court) nel boccascena di un Teatro dove Storia, Fantasia e Bellezza si rincorrono e dove, adesso, Antonella entra da protagonista.
L’esperienza messa a punto con le Storie di San Cristoforo di Mantegna, si ripete, poi, usando altri espedienti espressivi con Raffaello che, grazie al pennello della pittrice di Ischia, si vede moltiplicare per tre la sua amata Fornarina che ora pare davvero seduta nel palco di un Teatro.
Con la medesima logica, i protagonisti della celeberrima Primavera di Botticelli, rivisitati ne Il commiato, recentemente acquistata dal MART di Rovereto, e inserito nella serie de Gli addii, non si fanno scrupolo di voltare le spalle al pubblico, certo a sipario chiuso, come se la rappresentazione fosse finita e ognuno potesse tornare alle predilette occupazioni.
Si sa: lo spettacolo inizia, ma poi conclude e gli Attori se ne vanno, come nel quadro, che appartiene alla stessa serie, intitolato Verso sera, dove a lasciare il ‘palcoscenico’ della Pittura sono le due Veneri dell’Amor sacro e amor profano di Tiziano Vecellio (la Pandemones e l’Urania nell’interpretazione proposta da Wind) che abbandonano le loro cose, veste e mantello compresi, e chiudono idealmente il sipario.
Sono queste due Opere del 2002 un punto di arrivo di un percorso che subito si caratterizza per l’attenzione al Teatro fin dagli esordi, come si è detto, e che non muta tono passando per l’esperienza della Nuova Maniera Italiana, il movimento che fu teorizzato da Giuseppe Gatt nell’ambito del quale, Antonella è stata protagonista insieme a un manipolo di eroi cui si deve la rinnovata cittadinanza alla figurazione in Italia.
Per questo un’Opera come Ratio fecit diversum li vede in scena sulla tela, ciascuno ad interpretare il proprio ruolo nella Rinascita della Pittura iconica, dove il corpo è il primo attore.
Non c’è qui lo spazio per commentare le Opere in Mostra e sottolineare l’importante componente scenica di ciascuna (per la quale si rimanda a quanto pubblicato da chi scrive nel Catalogo generale), ma basta dare uno sguardo ai titoli dei quadri presentati per rendersi conto che la letteratura teatrale è stata da sempre una delle principali fonti d’ispirazione della grande Arte di Antonella Cappuccio, in ciascuna delle sue molteplici stagioni pittoriche.
L’Artista di Ischia evoca, così, il conflitto eterno fra padre e figlio ispirandosi alla tragedia di Eschilo I sette contro Tebe, dalla cui trama nasce l’immagine di un’Opera drammatica dalle luci contrastate, la cui dimensione scenica è comune ad altri quadri dello stesso periodo come Intreccio notturno, oppure Ilaria e Guidarello.
Qui, però, si palesa pure un altro aspetto della relazione fra Pittura e Teatro che sarà oggetto d’indagine nella Mostra. Antonella, come tutti i grandi Artisti del passato e del presente, sono stati e sono dei grandi Registi che si sono spesso comportati come i moderni Direttori del casting scegliendo i vari tipi fisici da mettere in scena nelle loro Opere.
Lo ha fatto Leonardo, lo ha fatto Guido Reni, lo ha fatto Canova, lo ha fatto Robert Henry del celebre gruppo degli Otto negli Stati Uniti, lo hanno fatto Jeff Koons, David La Chapelle e Bill Viola proprio come Antonella che qui ha scelto la figlia Laura per farne l’icona per eccellenza della bellezza femminile del Rinascimento: Ilaria del Carretto.
Non basta, però (ed è questo li cuore della nuova avventura), perché l’Artista di Ischia ha esplorato tutti gli aspetti della dimensione teatrale e, pertanto, da esperta costumista, non ha potuto fare a meno di trasformare gli abiti di scena in Protagonisti.
Non è un caso che il suo Apparentia atque essentia Mundi del 2004 sovrapponga gli abiti al planisfero che funge da sfondo e supporto insieme dell’effimero dove è l’abito vuoto ad aver vita autonoma, senza alcun bisogno di qualcuno che l’indossi. Allo stesso modo, non stupisce che il suo Autoritratto del 2006 lasci il campo libero alla tuta da lavoro dell’Artista, vuota, dove sono i colori ad olio, a tempera o quelli acrilici, che l’hanno schizzata, ad essere i protagonisti del racconto, mentre la notazione fisionomica del volto scompare nella delicatezza dello sfondo.
… L’Autrice, aggiunge Massimo Ciaccio, con i suoi dipinti insegna, informa e fa da mediatore per una conoscenza che spesso trascende il mero utilizzo della percezione sensoriale immediata, ma si avvale del psico-archivio personale del fruitore, quel pozzo profondo che Freud chiamava subconscio e la psicologia moderna inconscio.
Guardare un suo quadro è come fruire di un’Opera di narrativa, un racconto, un romanzo o un film. Non abbiamo bisogno di immedesimarci in un personaggio, come vorrebbe qualche editor, ma di ponti che ci permettano di creare una storia godibile da cui magari apprendere qualcosa.
Antonella Cappuccio offre tanti ponti, impalpabili ma solidissimi, strutture artistiche pronte a collegarsi alle strutture mentali di chi osserva e lo fa ancora una volta in maniera mirabile in questa Mostra che, già nel titolo, porta un riferimento a un concetto filosofico esploso tra Rinascimento e Barocco: Theatrum Mundi, la metafora di vanità e nullità del mondo, che fece scrivere a Shakespeare … tutto il mondo è un palcoscenico.
Sul palcoscenico offerto da Antonella si scoprono tante meraviglie date da elementi teatrali proposti in maniera nuova e stimolante come i costumi di scena fluttuanti sulla tela, a sconfessare il detto che … l’abito non fa il monaco.
Sarà possibile visitare l’Esposizione fino al 1° Maggio 2023
Si ringraziano per la fattiva collaborazione alla realizzazione
Dottoressa Alma Rossi Direttore del Parco Regionale dell'Appia Antica
Dottore Pierluigi Gazzani Dirigente Amministrativo
Dottore Andrea Marroni Ufficio Comunicazione
06
aprile 2023
Antonella Cappuccio – Il Gioco dell’Arte Theatrum Mundi
Dal 06 aprile al primo maggio 2023
arte contemporanea
Location
EX CARTIERA LATINA
Roma, Via Appia Antica, 42, (Roma)
Roma, Via Appia Antica, 42, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 16-20
Vernissage
6 Aprile 2023, ore 17
Sito web
Ufficio stampa
Fulvio Benelli
Autore
Curatore
Autore testo critico
Produzione organizzazione
Patrocini