Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Antonella Ortelli – Lasciamoci la pelle
Antonella Ortelli torna a esporre a Milano dopo uno iato di più di un decennio con Lasciamoci la pelle, che apre al pubblico venerdì 11 maggio, nel centralissimo Studio Zecchillo, Ex Studio Manzoni, in Via Fiori Chiari 16, e visitabile fino al prossimo 24 maggio.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Antonella Ortelli torna a esporre a Milano dopo uno iato di più di un decennio con Lasciamoci la pelle, che apre al pubblico venerdì 11 maggio, nel centralissimo Studio Zecchillo, Ex Studio Manzoni, in Via Fiori Chiari 16, e visitabile fino al prossimo 24 maggio.
È forse errato definire personale questa mostra in cui non vi è nulla di consueto, a partire dalla sua stessa fisionomia: essa ha infatti visto allargarsi progressivamente l’elenco di collaborazioni che la arricchiscono, delineandosi piuttosto come un progetto partecipato.
Da Luca Quartana, che proprio attraverso il suo stesso corpo ha prodotto un verso a fare da quinta sonora alle opere di Antonella Ortelli; alla presenza della cinica e dissacrante Signorina Tina, personaggio nato dalla fantasia dell’attrice Serenella Converti, la cui condotta, mentre si aggira tra il pubblico di visitatori, è aperta a scenari impossibili da prevedere. Non sorprende affatto il ventaglio variegato e multidisciplinare di incursioni che si sono sommate passo dopo passo durante l’elaborazione della mostra, rendendola un vero e proprio dialogo che intreccia immagine, suono e performance. Questo spirito aperto e inclusivo è in linea con l’arte di Ortelli, che guarda ad una pratica svincolata dalle rigide costrizioni categoriali di disegno e pittura, per rivolgersi invece verso orizzonti più liberi. Su questa linea che volontariamente scompagina numerose questioni estetiche, formali e concettuali, si gioca il senso della scelta poetica ed esistenziale dell’artista e le opere in mostra sono piccoli manifesti di questo principio, che è al tempo stesso forma mentale e una scelta praticata materialmente di un modo di concepire l’arte e la vita.
Le pelli di capra interagiscono con l’ambiente quando, appese ad una parete, si deformano progressivamente e in modo del tutto naturale, adattandosi alle variazioni di umidità e temperatura dell’aria; esse rifiutano le modalità dell’esposizione e della fruizione classica: sprovviste di cornice, non possiedono un orientamento o un senso prestabilito di lettura.
Le pelli di Antonella Ortelli emanano una personalissima carica vitale, e non solo perché è ancora potente la traccia del loro passato biologico – se illuminate è possibile osservare, in tutta la loro evidenza, i segni dell’antica funzione protettiva di queste membrane – ma soprattutto in virtù di ciò che ospitano oggi. Esse sono il supporto di una gestualità istintiva, ma calibrata. Inchiostri verdi registrano, incarnandolo, un più complesso moto espressivo che risponde unicamente all’interiorità di Ortelli.
Tra un piano metafisico, ulteriore, fondato nel pensiero, nelle emozioni e nel ricordo, e il piano del corpo e della materia non esiste un reale trapasso, non vi è incomunicabilità. Dalla mente, alla mano, alle opere, all’occhio, le pelli ci rammentano che l’artista si muove, perfettamente a suo agio, in territori “di confine”, “di estremo”, tra ciò che sta in un dentro e in un fuori apparenti, ricordandoci così che i limiti sono solo il frutto della nostra abitudine a percepire lo spazio come un piano frazionato e l’attività della mente isolata dal corpo da cui dipende e, soprattutto, da quella di altri individui.
Il titolo stesso della mostra è un invito a rivalutare il senso della pelle in virtù della sua fondamentale funzione comunicativa, prima che divisoria. Abbandonare l’idea che essa sia unicamente una barriera o un involucro, e addirittura esortare gli individui non solo a lasciarla cadere, ma a lasciarsela l’un l’altro, a scambiarsela, a custodire quella di un'altra persona, è emblematico di un pensiero onnicomprensivo e di un desiderio di abitare gioiosamente la totalità dello spazio.
Non è un caso che per questa mostra la scelta sia ricaduta su quello che era lo studio di un artista come Piero Manzoni, la cui esistenza e la cui arte così pienamente rappresentano il principio appena esposto. Lo studio di Via Fiori Chiari 16 fu il luogo di intense frequentazioni, incontri, feste e infine, e della morte stessa dell’artista il 6 febbraio 1963. Lo studio non ha mai abbandonato la sua funzione di spensierato luogo di aggregazione e per anni ha continuato a ospitare le opere di altri artisti, insieme a numerose attività, anche scevre dal contesto artistico.
Questa allegra banda di folli invita anche noi a entrare in questo luogo, non con la presunzione di possederlo, ma con l’intento di indossarne, anche se per poco, la pelle.
È forse errato definire personale questa mostra in cui non vi è nulla di consueto, a partire dalla sua stessa fisionomia: essa ha infatti visto allargarsi progressivamente l’elenco di collaborazioni che la arricchiscono, delineandosi piuttosto come un progetto partecipato.
Da Luca Quartana, che proprio attraverso il suo stesso corpo ha prodotto un verso a fare da quinta sonora alle opere di Antonella Ortelli; alla presenza della cinica e dissacrante Signorina Tina, personaggio nato dalla fantasia dell’attrice Serenella Converti, la cui condotta, mentre si aggira tra il pubblico di visitatori, è aperta a scenari impossibili da prevedere. Non sorprende affatto il ventaglio variegato e multidisciplinare di incursioni che si sono sommate passo dopo passo durante l’elaborazione della mostra, rendendola un vero e proprio dialogo che intreccia immagine, suono e performance. Questo spirito aperto e inclusivo è in linea con l’arte di Ortelli, che guarda ad una pratica svincolata dalle rigide costrizioni categoriali di disegno e pittura, per rivolgersi invece verso orizzonti più liberi. Su questa linea che volontariamente scompagina numerose questioni estetiche, formali e concettuali, si gioca il senso della scelta poetica ed esistenziale dell’artista e le opere in mostra sono piccoli manifesti di questo principio, che è al tempo stesso forma mentale e una scelta praticata materialmente di un modo di concepire l’arte e la vita.
Le pelli di capra interagiscono con l’ambiente quando, appese ad una parete, si deformano progressivamente e in modo del tutto naturale, adattandosi alle variazioni di umidità e temperatura dell’aria; esse rifiutano le modalità dell’esposizione e della fruizione classica: sprovviste di cornice, non possiedono un orientamento o un senso prestabilito di lettura.
Le pelli di Antonella Ortelli emanano una personalissima carica vitale, e non solo perché è ancora potente la traccia del loro passato biologico – se illuminate è possibile osservare, in tutta la loro evidenza, i segni dell’antica funzione protettiva di queste membrane – ma soprattutto in virtù di ciò che ospitano oggi. Esse sono il supporto di una gestualità istintiva, ma calibrata. Inchiostri verdi registrano, incarnandolo, un più complesso moto espressivo che risponde unicamente all’interiorità di Ortelli.
Tra un piano metafisico, ulteriore, fondato nel pensiero, nelle emozioni e nel ricordo, e il piano del corpo e della materia non esiste un reale trapasso, non vi è incomunicabilità. Dalla mente, alla mano, alle opere, all’occhio, le pelli ci rammentano che l’artista si muove, perfettamente a suo agio, in territori “di confine”, “di estremo”, tra ciò che sta in un dentro e in un fuori apparenti, ricordandoci così che i limiti sono solo il frutto della nostra abitudine a percepire lo spazio come un piano frazionato e l’attività della mente isolata dal corpo da cui dipende e, soprattutto, da quella di altri individui.
Il titolo stesso della mostra è un invito a rivalutare il senso della pelle in virtù della sua fondamentale funzione comunicativa, prima che divisoria. Abbandonare l’idea che essa sia unicamente una barriera o un involucro, e addirittura esortare gli individui non solo a lasciarla cadere, ma a lasciarsela l’un l’altro, a scambiarsela, a custodire quella di un'altra persona, è emblematico di un pensiero onnicomprensivo e di un desiderio di abitare gioiosamente la totalità dello spazio.
Non è un caso che per questa mostra la scelta sia ricaduta su quello che era lo studio di un artista come Piero Manzoni, la cui esistenza e la cui arte così pienamente rappresentano il principio appena esposto. Lo studio di Via Fiori Chiari 16 fu il luogo di intense frequentazioni, incontri, feste e infine, e della morte stessa dell’artista il 6 febbraio 1963. Lo studio non ha mai abbandonato la sua funzione di spensierato luogo di aggregazione e per anni ha continuato a ospitare le opere di altri artisti, insieme a numerose attività, anche scevre dal contesto artistico.
Questa allegra banda di folli invita anche noi a entrare in questo luogo, non con la presunzione di possederlo, ma con l’intento di indossarne, anche se per poco, la pelle.
11
maggio 2018
Antonella Ortelli – Lasciamoci la pelle
Dall'undici al 24 maggio 2018
arte contemporanea
Location
EX STUDIO DI PIERO MANZONI
Milano, Via Fiori Chiari, 16, (Milano)
Milano, Via Fiori Chiari, 16, (Milano)
Vernissage
11 Maggio 2018, ore 16
Autore
Curatore