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Antonio Calderara
La mostra presenta una serie di opere su tavola e su carta di Antonio Calderara che permettono di ripercorrerne l’avventura artistica dalle prime opere figurative fino agli esiti astratto-geometrici che contraddistinguono la sua produzione dalla fine degli anni ’50 al 1978.
Comunicato stampa
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La mostra presenta una serie di opere su tavola e su carta dell’artista lombardo, nato ad Abbiategrasso nel 1903, che permettono di ripercorrerne l’avventura artistica dalle prime opere figurative (Il campo, 1928) fino agli esiti astratto-geometrici che contraddistinguono la sua produzione dalla fine degli anni Cinquanta fino al 1978 (Progressioni parallele in viola, 1960), anno della morte avvenuta a Vacciago, oggi sede del museo e archivio Fondazione Antonio e Carmela Calderara.
Difficilmente incasellabile in una sola tendenza, Calderara è prima di tutto indice di se stesso, della sua costante e appassionata ricerca, del suo amore per l’arte e per gli artisti e di una particolare tensione espressiva, come evidenziato nel testo in catalogo a cura di Gianluca Ranzi. Queste doti da sempre lo hanno accompagnato e oggi permettono di leggerne con esemplarità il purismo espressivo delle opere degli anni Trenta e Quaranta, vicine al clima del Novecento di Ubaldo Oppi, Donghi e di Arturo Martini, ma anche al rigore purista di Felice Casorati (Mamma e sorella, 1939, olio su tela), fino alla smaterializzazione della forma in favore dell’accordo luce-colore delle opere dell’ultimo periodo.
Il suo realismo iniziale, se negli anni Trenta da una parte mostra una vaga affinità col Realismo Magico di Massimo Bontempelli, dall’altra se ne distacca per l’attenzione agli aspetti matematico-formali dell’armonia della composizione, che tradiscono l’osservazione puntuale delle opere di Piero della Francesca e di George Seurat (Pittura n.40, 1954), fino alla conoscenza del lavoro di Josef Albers, di Almir Mavignier e di Max Bill, su quella strada che lo porterà, già alla fine degli anni Cinquanta (Il lago e l’isola, 1958), ad abbandonare la figurazione per abbracciare un percorso di riduzione compositiva e di esaltazione minimale del rapporto tra colore e luce (Senza titolo, 1959-60), per molti versi anticipatore delle correnti di pittura analitica degli anni Settanta in Italia e in Francia o dell’astrazione post-pittorica negli Stati Uniti.
Si comprende quindi che, proprio come accade nella ricerca scientifica in cui, inoltrandosi nell’infinitamente piccolo si accede a un vago senso di inafferrabilità, anche l’arco espressivo dell’opera di Antonio Calderara, dalle premesse fino agli esiti estremi, presenta con limpidità un fondo storico molto articolato e uno scientismo rigoroso, che ha saputo tuttavia aprirsi alla leggerezza poetica e ad un grado di emozione lirica unici nel suo genere. Il suo è stato un modo di procedere dal complesso al semplice mantenendo un metodo coerente e personale verso un’assoluta purezza di rapporti, l’esclusione di ogni orpello ornamentativo e il reperimento di una verità che si rivela grazie alla magia del variare ritmico tra luce e colore.
Difficilmente incasellabile in una sola tendenza, Calderara è prima di tutto indice di se stesso, della sua costante e appassionata ricerca, del suo amore per l’arte e per gli artisti e di una particolare tensione espressiva, come evidenziato nel testo in catalogo a cura di Gianluca Ranzi. Queste doti da sempre lo hanno accompagnato e oggi permettono di leggerne con esemplarità il purismo espressivo delle opere degli anni Trenta e Quaranta, vicine al clima del Novecento di Ubaldo Oppi, Donghi e di Arturo Martini, ma anche al rigore purista di Felice Casorati (Mamma e sorella, 1939, olio su tela), fino alla smaterializzazione della forma in favore dell’accordo luce-colore delle opere dell’ultimo periodo.
Il suo realismo iniziale, se negli anni Trenta da una parte mostra una vaga affinità col Realismo Magico di Massimo Bontempelli, dall’altra se ne distacca per l’attenzione agli aspetti matematico-formali dell’armonia della composizione, che tradiscono l’osservazione puntuale delle opere di Piero della Francesca e di George Seurat (Pittura n.40, 1954), fino alla conoscenza del lavoro di Josef Albers, di Almir Mavignier e di Max Bill, su quella strada che lo porterà, già alla fine degli anni Cinquanta (Il lago e l’isola, 1958), ad abbandonare la figurazione per abbracciare un percorso di riduzione compositiva e di esaltazione minimale del rapporto tra colore e luce (Senza titolo, 1959-60), per molti versi anticipatore delle correnti di pittura analitica degli anni Settanta in Italia e in Francia o dell’astrazione post-pittorica negli Stati Uniti.
Si comprende quindi che, proprio come accade nella ricerca scientifica in cui, inoltrandosi nell’infinitamente piccolo si accede a un vago senso di inafferrabilità, anche l’arco espressivo dell’opera di Antonio Calderara, dalle premesse fino agli esiti estremi, presenta con limpidità un fondo storico molto articolato e uno scientismo rigoroso, che ha saputo tuttavia aprirsi alla leggerezza poetica e ad un grado di emozione lirica unici nel suo genere. Il suo è stato un modo di procedere dal complesso al semplice mantenendo un metodo coerente e personale verso un’assoluta purezza di rapporti, l’esclusione di ogni orpello ornamentativo e il reperimento di una verità che si rivela grazie alla magia del variare ritmico tra luce e colore.
26
settembre 2019
Antonio Calderara
Dal 26 settembre al 15 novembre 2019
arte contemporanea
arte moderna
arte moderna
Location
MAAB GALLERY – VIA NERINO
Milano, Via Nerino, 3, (Milano)
Milano, Via Nerino, 3, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 10.30-18
Vernissage
26 Settembre 2019, ore 12-19
Sito web
Autore
Autore testo critico