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Antonio Calderara – L’opera astratta
L’esposizione presenta al pubblico circa novanta opere, tra oli su tavola e acquarelli, del pittore Antonio Calderara (1903-1978), unitamente a un nutrito gruppo di edizioni grafiche nate dalla sua collaborazione con poeti, musicisti e letterati
Comunicato stampa
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L’esposizione presenta al pubblico circa novanta opere, tra oli su tavola e acquarelli, del pittore Antonio Calderara (1903-1978), unitamente a un nutrito gruppo di edizioni grafiche nate dalla sua collaborazione con poeti, musicisti e letterati. Si tratta di una ricognizione approfondita e attenta sul lavoro dell’artista, circoscritta al solo periodo creativo astratto (la prima mai condotta) che tanti consensi ha riscosso in tutta Europa prima e dopo la sua morte.
Attraverso il recupero di opere storiche (alcune delle quali mai esposte dopo il loro ingresso in collezioni private) la mostra mette a fuoco il decennio in cui Antonio Calderara ha abbracciato, con decisione e dedizione, una pittura totalmente non-oggettiva condividendone completamente i contenuti e il linguaggio espressivo. Dall’analisi di questa “conversione” radicale, l’esposizione passa poi a esplorare, e in un qualche modo a precisare l’aspetto compositivo e costruttivo, così profondamente inscritto nel suo lavoro di artista non-oggettivo, facendone emergere un universo figurale suddiviso per strutture o tipologie (ciò che potremmo chiamare i “temi” dell’arte non-oggettiva) che si è rivelato essere la base formale irrinunciabile a quella ricerca sul colore-luce dalle profonde valenze poetiche, che ha caratterizzato cosi specificatamente il suo operato. Un’attenzione particolare, e anche in questo caso per la prima volta, è stata dedicata al rapporto di Antonio Calderara con la parola scritta e con la musica: proprio per poter cogliere al meglio le “edizioni (o libri) d’artista” che sono nate da queste relazioni tanto articolate quanto produttive, è stata approntata un’apposita sala che ne offre alla visione del pubblico alcuni significativi esempi, insieme ad alcune serie di acquarelli (ricostituite per l’occasione) realizzate appositamente per illustrarne le pagine.
Antonio Calderara nasce ad Abbiategrasso il 28 ottobre 1903. Con lo scoppio della prima guerra mondiale si trasferisce a Milano con la famiglia e, nel 1915, dipinge il primo quadro ad olio raffigurante la chiesa di Vacciago, località che assumerà un'importanza preminente nella sua vita. Nel 1923 tiene la sua prima personale nelle sale dell'albergo Maulini di Vacciago e inizia, presso il Politecnico di Milano, gli studi d'ingegneria che interrompe dopo due anni per dedicarsi totalmente all’attività di pittore. Nel 1926, lasciati gli studi, parte per il servizio militare dal quale verrà congedato a causa di una lunga malattia. L'anno seguente allestisce il suo primo studio in via De Amicis a Milano iniziando da autodidatta uno studio approfondito delle tecniche pittoriche. Nel 1929 partecipa con il quadro Milano, il Naviglio via Vallone alla prima collettiva ufficiale dedicata dalla Famiglia Artistica di Milano al tema dei Navigli, mentre la giuria della II Sindacale Lombarda respinge Il Ritratto del Padre anch'esso del 1929. Nel gennaio 1932 incontra Carmela, la donna che diverrà sua moglie e che sarà la madre della figlia Gabriella. Nel 1934 - anno in cui dipinge La Famiglia. Dopo il temporale - allestisce una personale alla galleria Bolaffi di Milano ed ottiene, con il quadro Lago d'Orta, il premio Saverio Fumagalli alla V Sindacale Lombarda per il paesaggio. Tornato sul lago negli anni successivi alterna la residenza a Pella, Orta e Vacciago, approfondendo la propria ricerca espressiva e mettendo a punto stesure cromatiche sempre più lievi e sensibili. Richiamato alle armi in previsione del nuovo conflitto mondiale, viene congedato prima dell'inizio delle ostilità per un problema di natura cardiaca. Negli anni della guerra frequenta, a Vacciago, Raffaello Giolli, lo studioso d'arte attivo nella Resistenza, poi deportato e morto a Gusen, che nel 1943 scrive la prima monografia sull'artista pubblicata l'anno successivo a Domodossola. Il 17 maggio 1944 muore improvvisamente la figlia Gabriella. La tragedia segna profondamente l'artista e si riflette nella sua pittura, con la quale prende a ricercare - attraverso la figura della moglie ritratta più giovane - l'immagine ideale della figlia scomparsa.
Il dopoguerra è vissuto a Milano, in un fervore di mostre e di pubblicazioni che impongono l’artista all'attenzione del mondo culturale. A Milano, nel 1947 tiene una personale alla galleria della Spiga presentato da Enrico Somaré e, nel 1948, un’altra alla galleria milanese Del Camino. Sempre nel 1947 e 1948 vengono pubblicate le basilari monografie di Giorgio Nicodemi e Beniamino Joppolo. Nel 1950 la malattia cardiaca si manifesta con un primo infarto; tre anni più tardi, nel 1953, muore il fratello, da cui eredita la casa di Vacciago che, in futuro, diverrà sede della Fondazione Calderara.
Al 1954 viene fatto risalire l'incontro fondamentale con la pittura di Mondrian, il cui rigore costruttivo e cromatico diviene per lui un tramite alla comprensione di nuovi aspetti della realtà.
Sul finire degli anni Cinquanta la ricerca di Calderara si focalizza sul tema della luce che diventa il mezzo con il quale realizzare "pitture al limite del figurativo” – e, come lui stesso ricorda - “quelle pitture chiarissime, nelle quali ogni rappresentazione si svolge sul piano”. La svolta dalla figurazione all’astrazione si svolge nel 1959, suscitando diffidenze negli ambienti fino ad allora frequentati ma, contemporaneamente, l'interesse di nuovi settori della critica e della ricerca artistica. Primi fra tutti a interessarsi e occuparsi del lavoro non-oggettivo di Antonio Calderara sono stati Almir Mavignier, Carlo Belloli, Giulia Veronesi, Marco Valsecchi e, successivamente, Gillo Dorfles, Umbro Apollonio, Giulio C. Argan, Maurizio Fagiolo, Vincenzo Agnetti. Nel 1960 realizza due personali, importanti per il contesto in cui si svolgono, presso gli spazi del Gruppo N a Padova e lo Studio F di Ulm-Donau. L'opera di Calderara acquisisce rapidamente notorietà europea. Le sue pitture, maturate "nel colore luminoso e nella struttura sempre più semplice" vengono avvertite prossime alle sperimentazioni ottico-percettive ed alla vicenda delle “nuove tendenze” internazionali. Fra il 1967 e il 1970 Calderara partecipa alle mostre di "Konzeptionelle Kunst" fra Italia, Germania, Svizzera ed Austria e, nel 1968, è invitato alla quarta edizione di "Documenta", a Kassel. Costante è la sua presenza in Musei e istituzioni culturali soprattutto nordeuropee (citiamo solo le personali presso il Museo d’Arte Moderna di Rio de Janeiro nel 1965, il Kunstmuseum di Lucerna nel 1969, il Kunstmuseum di Düsseldorf del 1972 e 73, la Fondazione Soto di Ciudad Bolivar nel 1974 e lo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1977). Di pari passo si infittiscono le mostre in gallerie private fra cui Anne Marie Verna a Zurigo (1969, 1971 e 1973), Denise René a Parigi (1971), la Marlborough a Roma (1973), l'Annunciata a Milano (1973).
Da sottolineare, negli stessi anni, la collaborazione con musicisti e poeti visivi, da cui scaturiscono preziose edizioni di grafiche quali Tempo Spazio Luce (1963), in collaborazione con Bruno Canino; Tensione (1971), con poesie di Gomringer, Wezel, Gappmayr; Quadrat (1973); Progetto Q81 (1973), con composizioni musicali di Enore Zaffiri.
Antonio Calderara è ancora colpito da infarto, nel 1963 a Vacciago e nel 1969 a Sanremo ma, nonostante la malattia, che nel 1974 gli ispira il ciclo Lettere di un convalescente, i suoi ultimi anni sono colmi di attività. Nel 1977 intraprende il ciclo degli Epigrammi, piccole composizioni che costituiscono "un alfabeto che non si legge". Nello stesso anno nasce la Fondazione Calderara, ricca di 327 opere di scultura, pittura e grafica, in un arco di presenze che si estende dalle avanguardie storiche (con Larionov, la Delaunay, Richter, Charcoune, Albers) a Licini, Radice, Fontana; dai maestri del concretismo (Bill, Lohse, Graeser, Lowensberg) ed alle ricerche ottico-cinetiche (Mavignier, Soto, Morellet, Megert, Dadamaino, Colombo, Alviani) sino ai protoconcettuali (Klein, Manzoni) ed agli esponenti della Nuova Pittura (Girke, Jochims, Battaglia, Gastini, Griffa, Guarneri, Olivieri ecc.). Il 27 giugno 1978, Antonio Calderara muore a Vacciago. Ricordiamo tra le tante importanti retrospettive quelle di Genova del 1995 (Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce), di Torino (Palazzo Cavour), di Monaco (Pinakothek der Moderne e Joseph Albers Museum – Quadrat) e di Bologna (Museo Morandi).
Attraverso il recupero di opere storiche (alcune delle quali mai esposte dopo il loro ingresso in collezioni private) la mostra mette a fuoco il decennio in cui Antonio Calderara ha abbracciato, con decisione e dedizione, una pittura totalmente non-oggettiva condividendone completamente i contenuti e il linguaggio espressivo. Dall’analisi di questa “conversione” radicale, l’esposizione passa poi a esplorare, e in un qualche modo a precisare l’aspetto compositivo e costruttivo, così profondamente inscritto nel suo lavoro di artista non-oggettivo, facendone emergere un universo figurale suddiviso per strutture o tipologie (ciò che potremmo chiamare i “temi” dell’arte non-oggettiva) che si è rivelato essere la base formale irrinunciabile a quella ricerca sul colore-luce dalle profonde valenze poetiche, che ha caratterizzato cosi specificatamente il suo operato. Un’attenzione particolare, e anche in questo caso per la prima volta, è stata dedicata al rapporto di Antonio Calderara con la parola scritta e con la musica: proprio per poter cogliere al meglio le “edizioni (o libri) d’artista” che sono nate da queste relazioni tanto articolate quanto produttive, è stata approntata un’apposita sala che ne offre alla visione del pubblico alcuni significativi esempi, insieme ad alcune serie di acquarelli (ricostituite per l’occasione) realizzate appositamente per illustrarne le pagine.
Antonio Calderara nasce ad Abbiategrasso il 28 ottobre 1903. Con lo scoppio della prima guerra mondiale si trasferisce a Milano con la famiglia e, nel 1915, dipinge il primo quadro ad olio raffigurante la chiesa di Vacciago, località che assumerà un'importanza preminente nella sua vita. Nel 1923 tiene la sua prima personale nelle sale dell'albergo Maulini di Vacciago e inizia, presso il Politecnico di Milano, gli studi d'ingegneria che interrompe dopo due anni per dedicarsi totalmente all’attività di pittore. Nel 1926, lasciati gli studi, parte per il servizio militare dal quale verrà congedato a causa di una lunga malattia. L'anno seguente allestisce il suo primo studio in via De Amicis a Milano iniziando da autodidatta uno studio approfondito delle tecniche pittoriche. Nel 1929 partecipa con il quadro Milano, il Naviglio via Vallone alla prima collettiva ufficiale dedicata dalla Famiglia Artistica di Milano al tema dei Navigli, mentre la giuria della II Sindacale Lombarda respinge Il Ritratto del Padre anch'esso del 1929. Nel gennaio 1932 incontra Carmela, la donna che diverrà sua moglie e che sarà la madre della figlia Gabriella. Nel 1934 - anno in cui dipinge La Famiglia. Dopo il temporale - allestisce una personale alla galleria Bolaffi di Milano ed ottiene, con il quadro Lago d'Orta, il premio Saverio Fumagalli alla V Sindacale Lombarda per il paesaggio. Tornato sul lago negli anni successivi alterna la residenza a Pella, Orta e Vacciago, approfondendo la propria ricerca espressiva e mettendo a punto stesure cromatiche sempre più lievi e sensibili. Richiamato alle armi in previsione del nuovo conflitto mondiale, viene congedato prima dell'inizio delle ostilità per un problema di natura cardiaca. Negli anni della guerra frequenta, a Vacciago, Raffaello Giolli, lo studioso d'arte attivo nella Resistenza, poi deportato e morto a Gusen, che nel 1943 scrive la prima monografia sull'artista pubblicata l'anno successivo a Domodossola. Il 17 maggio 1944 muore improvvisamente la figlia Gabriella. La tragedia segna profondamente l'artista e si riflette nella sua pittura, con la quale prende a ricercare - attraverso la figura della moglie ritratta più giovane - l'immagine ideale della figlia scomparsa.
Il dopoguerra è vissuto a Milano, in un fervore di mostre e di pubblicazioni che impongono l’artista all'attenzione del mondo culturale. A Milano, nel 1947 tiene una personale alla galleria della Spiga presentato da Enrico Somaré e, nel 1948, un’altra alla galleria milanese Del Camino. Sempre nel 1947 e 1948 vengono pubblicate le basilari monografie di Giorgio Nicodemi e Beniamino Joppolo. Nel 1950 la malattia cardiaca si manifesta con un primo infarto; tre anni più tardi, nel 1953, muore il fratello, da cui eredita la casa di Vacciago che, in futuro, diverrà sede della Fondazione Calderara.
Al 1954 viene fatto risalire l'incontro fondamentale con la pittura di Mondrian, il cui rigore costruttivo e cromatico diviene per lui un tramite alla comprensione di nuovi aspetti della realtà.
Sul finire degli anni Cinquanta la ricerca di Calderara si focalizza sul tema della luce che diventa il mezzo con il quale realizzare "pitture al limite del figurativo” – e, come lui stesso ricorda - “quelle pitture chiarissime, nelle quali ogni rappresentazione si svolge sul piano”. La svolta dalla figurazione all’astrazione si svolge nel 1959, suscitando diffidenze negli ambienti fino ad allora frequentati ma, contemporaneamente, l'interesse di nuovi settori della critica e della ricerca artistica. Primi fra tutti a interessarsi e occuparsi del lavoro non-oggettivo di Antonio Calderara sono stati Almir Mavignier, Carlo Belloli, Giulia Veronesi, Marco Valsecchi e, successivamente, Gillo Dorfles, Umbro Apollonio, Giulio C. Argan, Maurizio Fagiolo, Vincenzo Agnetti. Nel 1960 realizza due personali, importanti per il contesto in cui si svolgono, presso gli spazi del Gruppo N a Padova e lo Studio F di Ulm-Donau. L'opera di Calderara acquisisce rapidamente notorietà europea. Le sue pitture, maturate "nel colore luminoso e nella struttura sempre più semplice" vengono avvertite prossime alle sperimentazioni ottico-percettive ed alla vicenda delle “nuove tendenze” internazionali. Fra il 1967 e il 1970 Calderara partecipa alle mostre di "Konzeptionelle Kunst" fra Italia, Germania, Svizzera ed Austria e, nel 1968, è invitato alla quarta edizione di "Documenta", a Kassel. Costante è la sua presenza in Musei e istituzioni culturali soprattutto nordeuropee (citiamo solo le personali presso il Museo d’Arte Moderna di Rio de Janeiro nel 1965, il Kunstmuseum di Lucerna nel 1969, il Kunstmuseum di Düsseldorf del 1972 e 73, la Fondazione Soto di Ciudad Bolivar nel 1974 e lo Stedelijk Museum di Amsterdam nel 1977). Di pari passo si infittiscono le mostre in gallerie private fra cui Anne Marie Verna a Zurigo (1969, 1971 e 1973), Denise René a Parigi (1971), la Marlborough a Roma (1973), l'Annunciata a Milano (1973).
Da sottolineare, negli stessi anni, la collaborazione con musicisti e poeti visivi, da cui scaturiscono preziose edizioni di grafiche quali Tempo Spazio Luce (1963), in collaborazione con Bruno Canino; Tensione (1971), con poesie di Gomringer, Wezel, Gappmayr; Quadrat (1973); Progetto Q81 (1973), con composizioni musicali di Enore Zaffiri.
Antonio Calderara è ancora colpito da infarto, nel 1963 a Vacciago e nel 1969 a Sanremo ma, nonostante la malattia, che nel 1974 gli ispira il ciclo Lettere di un convalescente, i suoi ultimi anni sono colmi di attività. Nel 1977 intraprende il ciclo degli Epigrammi, piccole composizioni che costituiscono "un alfabeto che non si legge". Nello stesso anno nasce la Fondazione Calderara, ricca di 327 opere di scultura, pittura e grafica, in un arco di presenze che si estende dalle avanguardie storiche (con Larionov, la Delaunay, Richter, Charcoune, Albers) a Licini, Radice, Fontana; dai maestri del concretismo (Bill, Lohse, Graeser, Lowensberg) ed alle ricerche ottico-cinetiche (Mavignier, Soto, Morellet, Megert, Dadamaino, Colombo, Alviani) sino ai protoconcettuali (Klein, Manzoni) ed agli esponenti della Nuova Pittura (Girke, Jochims, Battaglia, Gastini, Griffa, Guarneri, Olivieri ecc.). Il 27 giugno 1978, Antonio Calderara muore a Vacciago. Ricordiamo tra le tante importanti retrospettive quelle di Genova del 1995 (Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce), di Torino (Palazzo Cavour), di Monaco (Pinakothek der Moderne e Joseph Albers Museum – Quadrat) e di Bologna (Museo Morandi).
10
novembre 2007
Antonio Calderara – L’opera astratta
Dal 10 novembre 2007 al 10 febbraio 2008
arte contemporanea
Location
MUSEO DEL PAESAGGIO – PALAZZO VIANI-DUGNANI
Verbania, Via Ruga, 44, (Verbano-cusio-ossola)
Verbania, Via Ruga, 44, (Verbano-cusio-ossola)
Orario di apertura
dal martedì a domenica 10.00-12.30; 16.00-19.00
Vernissage
10 Novembre 2007, ore 17.30
Editore
SILVANA EDITORIALE
Autore
Curatore