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Antonio Caronia – Soggettività linguaggio ribellione
Incontro nell’ambito di Dispositivi e affetti, Focus 2009-2010
Comunicato stampa
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ANTONIO CARONIA
Soggettività, linguaggio, ribellione
Da oltre vent'anni, in Occidente, viviamo in un regime che ci garantisce una straordinaria abbondanza di beni materiali e immateriali, una moltiplicazione e un intreccio degli immaginari mai visto, l'accesso a una quantità di servizi e di occasioni che nessuna società aveva mai conosciuto prima. La ragione di tutto questo è che, verso la metà degli anni ‘70, il sistema più dinamico e progressivo mai apparso sulla faccia della Terra, il capitalismo, ha cominciato a realizzare la sua più segreta vocazione: organizzare attorno al processo di valorizzazione economica l'integralità delle attività umane, mettere al lavoro ogni segmento spaziale e temporale della vita umana, estrarre valore da ogni facoltà umana, a cominciare dalle più essenziali: il linguaggio, l'immaginazione, le relazioni, gli affetti.
Tutto ciò ha un prezzo. La messa a valore del linguaggio e delle relazioni implica la riduzione del linguaggio ad algoritmo, della relazione alla connessione. Implica (nonostante e contro la retorica dell'ideologia ufficiale del “liberismo”) la restrizione degli spazi di libertà, l'assoggettamento dei corpi, la normalizzazione dei linguaggi. Restrizione, assoggettamento, normalizzazione, sono certo suggeriti dal sistema politico, economico, mediatico, ma sono realizzati dalla più capillare rete di carcerieri che mai si sia vista: noi stessi. Come ci spiegò Michel Foucault, la società del controllo (dell'autocontrollo) è incomparabilmente più efficace della società della disciplina. Ecco perché questa è l'epoca delle “passioni tristi”.
Possiamo uscirne, se vogliamo. Perché una segregazione a vita nel purgatorio, quando il paradiso non arriva mai, a lungo andare è intollerabile. Se oggi l'arte (o l'attività prevalentemente espressiva degli esseri umani) ha un senso, deve parlarci di questo. Deve parlarcene proclamando e praticando l'irriducibilità del linguaggio all'algoritmo, la ribellione dell'espressione alla merce, la fuga della vita dall'immaginario precotto ed eterodiretto. L'arte come tavolozza del possibile oggi non può che essere ribellione e sovversione. Da sempre, come ci disse Hölderlin, “là dove c'è il pericolo, là cresce anche la salvezza”.
Cominciamo con le parodie e con le beffe. La generazione più irrisa e truffata di tutta la modernità sta affilando i suoi denti, le sue parole, le sue righe di codice. Immaginari contro immaginari, parole contro parole, algoritmi contro algoritmi.
Antonio Caronia insegna alla Scuola di Nuove Tecnologie dell'Arte dell'Accademia di Brera da 10 anni. Studia e lavora per l'autogestione degli esseri umani da 50 anni, o poco meno.
Soggettività, linguaggio, ribellione
Da oltre vent'anni, in Occidente, viviamo in un regime che ci garantisce una straordinaria abbondanza di beni materiali e immateriali, una moltiplicazione e un intreccio degli immaginari mai visto, l'accesso a una quantità di servizi e di occasioni che nessuna società aveva mai conosciuto prima. La ragione di tutto questo è che, verso la metà degli anni ‘70, il sistema più dinamico e progressivo mai apparso sulla faccia della Terra, il capitalismo, ha cominciato a realizzare la sua più segreta vocazione: organizzare attorno al processo di valorizzazione economica l'integralità delle attività umane, mettere al lavoro ogni segmento spaziale e temporale della vita umana, estrarre valore da ogni facoltà umana, a cominciare dalle più essenziali: il linguaggio, l'immaginazione, le relazioni, gli affetti.
Tutto ciò ha un prezzo. La messa a valore del linguaggio e delle relazioni implica la riduzione del linguaggio ad algoritmo, della relazione alla connessione. Implica (nonostante e contro la retorica dell'ideologia ufficiale del “liberismo”) la restrizione degli spazi di libertà, l'assoggettamento dei corpi, la normalizzazione dei linguaggi. Restrizione, assoggettamento, normalizzazione, sono certo suggeriti dal sistema politico, economico, mediatico, ma sono realizzati dalla più capillare rete di carcerieri che mai si sia vista: noi stessi. Come ci spiegò Michel Foucault, la società del controllo (dell'autocontrollo) è incomparabilmente più efficace della società della disciplina. Ecco perché questa è l'epoca delle “passioni tristi”.
Possiamo uscirne, se vogliamo. Perché una segregazione a vita nel purgatorio, quando il paradiso non arriva mai, a lungo andare è intollerabile. Se oggi l'arte (o l'attività prevalentemente espressiva degli esseri umani) ha un senso, deve parlarci di questo. Deve parlarcene proclamando e praticando l'irriducibilità del linguaggio all'algoritmo, la ribellione dell'espressione alla merce, la fuga della vita dall'immaginario precotto ed eterodiretto. L'arte come tavolozza del possibile oggi non può che essere ribellione e sovversione. Da sempre, come ci disse Hölderlin, “là dove c'è il pericolo, là cresce anche la salvezza”.
Cominciamo con le parodie e con le beffe. La generazione più irrisa e truffata di tutta la modernità sta affilando i suoi denti, le sue parole, le sue righe di codice. Immaginari contro immaginari, parole contro parole, algoritmi contro algoritmi.
Antonio Caronia insegna alla Scuola di Nuove Tecnologie dell'Arte dell'Accademia di Brera da 10 anni. Studia e lavora per l'autogestione degli esseri umani da 50 anni, o poco meno.
27
maggio 2010
Antonio Caronia – Soggettività linguaggio ribellione
27 maggio 2010
incontro - conferenza
Location
ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DI BRERA
Milano, Via Brera, 28, (Milano)
Milano, Via Brera, 28, (Milano)
Vernissage
27 Maggio 2010, ore 14 Sala Napoleonica
Autore