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Antonio Cos – Déjà Vu
Una ricerca sul vetro trasformato dal cut up progettuale che si svolge in due tappe: una prima comprendente tutti i pezzi dell’intera ricerca Déjà Vu
Comunicato stampa
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Cos. Déjà vu.
Nuovi incalmi per un Venini contemporaneo
Mi piace progettare oggetti in vetro.
E stare a Murano (quell’isola vicino Venezia) a guardare cinque uomini (padri di molti bambini) soffiare il vetro aiutandosi a vicenda in un silenzioso e metafisico balletto.
Tutti avevano scarpe da tennis.
Ettore Sottsass
Esistono dei landmark simbolici.
Che sono il simbolo di una eredità del fare, di una civiltà artefattuale evoluta nel corso di decine, centinaia di anni.
E materiali, come il vetro, che di questa storia fanno parte in maniera esplicita e sono diventati archetipi nella nostra esperienza estetica.
E’ un patrimonio di forme, trasparente, tattilità che il melting pot materico non è riuscito a scalfire.
Non so perché…forse solamente nomen omen, il vetro è rimasto in questo vorticoso popolamento degli occhi e dei sensi, un po’ in disparte.
Puro, nobile, incorruttibile, immutabile.
E anche le forme che lo definiscono sono rimaste così
Pervase da questa classicità che il consumo non ha trasformato.
E che ci riporta gli echi di un passato-che-è-anche-presente.
Déjà vu.
Forse. O semplicemente immagine che si confonde tra i ricordi della nostra esperienza fino a diventare indistinguibile.
Forse anche perché nella tradizione della materia e del design italiano esiste un luogo-azienda-sensibilità che ha interpretato, innovato, caratterizzato la ricerca possibile da fare con questo materiale: Venini.
Quello che fa qui Cos è una sorta di invenzione: un nuovo-venini, contemporaneo, popolare ma coltissimo, che innova la tradizione-tecnica del vetro accoppiandola a una sensibilità così contemporanea eppure così classica. Cos inventa l’incalmo contemporaneo. Venini definisce l’incalmo come “…una tecnica complessa (ch)e consiste nell’accoppiare a caldo due forme soffiate, lungo la loro circonferenza, così da ottenere in uno stesso oggetto zone differenziate e solitamente di colore diverso…”.
Aleggiano Wirkkala. Forse Sottsass.
Artigiano e molatore invece che soffiatore. Che lavora per componenti scelte e recuperate da una panoplia infinita e commerciale.
Cos taglia, misura, accoppia, salda pezzi, componenti, sezioni.
Il suo progetto libera di nuovo il potenziale combinatorio delle forme, trascurate, che spesso getteremmo. E le riporta a nuova vita.
Sono nuove sagome immaginifiche. Alcune ermetiche. Senza più la funzione stessa del contenitore.
E’ cut-up. Burroughsianamente multiforme. Compositivamente vibrante.
Cos pensa che queste siano “…storie di bottiglie ormai consumate, che hanno tolto l’etichetta e cancellato marketing e brand. Contenitori sezionati: il vino si mescola con il latte al cioccolato, l’aranciata con l’acqua, lo sciroppo con l'olio. Così si mescolano i nostri ricordi... come fantasmi trasparenti dei prodotti consumati che cambiano vita, scollegati dal loro compito originale…”.
E’ vero. Non disegna nulla. Costruisce nuove forme a partire dal patrimonio infinito delle possibilità.
Nessun cristallo raffinato. Ma piuttosto supermercato, discarica.
Un vero less is more non formalista, quotidiano.
Un tentativo di pause nel gigantesco play del prodotto di massa.
Antonio docet.
Stefano Maffei
Nuovi incalmi per un Venini contemporaneo
Mi piace progettare oggetti in vetro.
E stare a Murano (quell’isola vicino Venezia) a guardare cinque uomini (padri di molti bambini) soffiare il vetro aiutandosi a vicenda in un silenzioso e metafisico balletto.
Tutti avevano scarpe da tennis.
Ettore Sottsass
Esistono dei landmark simbolici.
Che sono il simbolo di una eredità del fare, di una civiltà artefattuale evoluta nel corso di decine, centinaia di anni.
E materiali, come il vetro, che di questa storia fanno parte in maniera esplicita e sono diventati archetipi nella nostra esperienza estetica.
E’ un patrimonio di forme, trasparente, tattilità che il melting pot materico non è riuscito a scalfire.
Non so perché…forse solamente nomen omen, il vetro è rimasto in questo vorticoso popolamento degli occhi e dei sensi, un po’ in disparte.
Puro, nobile, incorruttibile, immutabile.
E anche le forme che lo definiscono sono rimaste così
Pervase da questa classicità che il consumo non ha trasformato.
E che ci riporta gli echi di un passato-che-è-anche-presente.
Déjà vu.
Forse. O semplicemente immagine che si confonde tra i ricordi della nostra esperienza fino a diventare indistinguibile.
Forse anche perché nella tradizione della materia e del design italiano esiste un luogo-azienda-sensibilità che ha interpretato, innovato, caratterizzato la ricerca possibile da fare con questo materiale: Venini.
Quello che fa qui Cos è una sorta di invenzione: un nuovo-venini, contemporaneo, popolare ma coltissimo, che innova la tradizione-tecnica del vetro accoppiandola a una sensibilità così contemporanea eppure così classica. Cos inventa l’incalmo contemporaneo. Venini definisce l’incalmo come “…una tecnica complessa (ch)e consiste nell’accoppiare a caldo due forme soffiate, lungo la loro circonferenza, così da ottenere in uno stesso oggetto zone differenziate e solitamente di colore diverso…”.
Aleggiano Wirkkala. Forse Sottsass.
Artigiano e molatore invece che soffiatore. Che lavora per componenti scelte e recuperate da una panoplia infinita e commerciale.
Cos taglia, misura, accoppia, salda pezzi, componenti, sezioni.
Il suo progetto libera di nuovo il potenziale combinatorio delle forme, trascurate, che spesso getteremmo. E le riporta a nuova vita.
Sono nuove sagome immaginifiche. Alcune ermetiche. Senza più la funzione stessa del contenitore.
E’ cut-up. Burroughsianamente multiforme. Compositivamente vibrante.
Cos pensa che queste siano “…storie di bottiglie ormai consumate, che hanno tolto l’etichetta e cancellato marketing e brand. Contenitori sezionati: il vino si mescola con il latte al cioccolato, l’aranciata con l’acqua, lo sciroppo con l'olio. Così si mescolano i nostri ricordi... come fantasmi trasparenti dei prodotti consumati che cambiano vita, scollegati dal loro compito originale…”.
E’ vero. Non disegna nulla. Costruisce nuove forme a partire dal patrimonio infinito delle possibilità.
Nessun cristallo raffinato. Ma piuttosto supermercato, discarica.
Un vero less is more non formalista, quotidiano.
Un tentativo di pause nel gigantesco play del prodotto di massa.
Antonio docet.
Stefano Maffei
10
maggio 2011
Antonio Cos – Déjà Vu
Dal 10 al 22 maggio 2011
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
SUBALTERNO1
Milano, Via Conte Rosso, 22, (Milano)
Milano, Via Conte Rosso, 22, (Milano)
Orario di apertura
Su appuntamento dalle ore 18:00 alle ore 20:00
Vernissage
10 Maggio 2011, ore 18:30
Autore
Curatore