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Antonio de Felipe
La mostra presenta trenta opere realizzate tra il 2001 e il 2004, in gran parte acrilici su tela, in cui si ritrovano alcuni dei suoi cicli più conosciuti, come quello che ha per soggetto il volto di Marilyn – reinterpretato ora alla maniera di Picasso, ora di Miró, ora di Matisse, ora di Warhol – e quello di Guerre Stellari.
Comunicato stampa
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Dopo Strategie del corpo e André Villers, al TA MATETE è la volta della living exhibition Antonio de Felipe, che vede protagonista, per la prima volta in Italia, il giovane artista neo Pop, nato a Valencia nel 1965 e divenuto celebre per la sua reinvenzione ironica e fastosa dell'iconografia cinematografica.
Curata per TA MATETE da Flaminio Gualdoni, la mostra presenta trenta opere realizzate tra il 2001 e il 2004, in gran parte acrilici su tela, in cui si ritrovano alcuni dei suoi cicli più conosciuti, come quello che ha per soggetto il volto di Marilyn – reinterpretato ora alla maniera di Picasso, ora di Miró, ora di Matisse, ora di Warhol – e quello di Guerre Stellari.
In de Felipe vi è un costante riferimento alla storia dell’arte, rivisitata, però, attraverso una sorta di “candore e ottimismo”; a questo si unisce l’iconografia desunta dal mondo della pubblicità, rispetto a cui l’autore mostra una notevole dimestichezza, grazie all’esperienza lavorativa maturata fin da ragazzo presso un’agenzia pubblicitaria. Nasce così la famosa serie dei Logotipos (1992), in cui l’artista sembra tentare un ritorno dell’immagine pubblicitaria alla sua funzione originaria.
Nei cicli successivi compaiono volti noti di personaggi del cinema (le grandi muse sono Audrey Hepburn e Marilyn Monroe), in un continuo dialogo tra logotipi e simboli, ma anche tra canoni estetici appartenenti a diversi momenti artistici. I molti spunti che il cinema offre divengono pretesto per l’autore per raccontare storie della realtà quotidiana.
Grande appassionato della cultura del grande schermo, de Felipe nel 1997 ha collaborato con Pedro Almodóvar per il film Carne tremula, ma già dall’inizio della sua attività guarda a personaggi di Walt Disney, quali Mickey Mouse o Bugs Bunny, ma anche King Kong. Questi appartengono al suo immaginario, ma anche a quello di ognuno di noi. Le icone che compaiono nei suoi quadri, quindi, risultano molto riconoscibili ed evocative. Compito dello spettatore è investigare tra numerosi rimandi, associazioni e giochi di parole, districandosi in quello che Javier Rubio Nomblot definisce ‘bosco di simboli’; un’opera non di facile lettura, dunque, come a volte è stata considerata: si tratta piuttosto di un’arte che possiede diversi livelli di comprensione, che appare semplice, ma che in realtà deriva da un processo creativo complicato e che passa attraverso molti stati d’animo.
Partendo da immagini fortemente imperniate sull’attualità e sulla comunicazione, l’artista spagnolo ama decontestualizzarle e le rende concrete utilizzando un modo di dipingere tradizionale, ignorando volutamente le tecniche più innovative, compreso il computer. La pittura è la tecnica prediletta dall’autore (“da quando ho vent’anni – dichiara – ciò che più ho fatto nella vita è stato disegnare”); utilizza in particolare l’acrilico e dominano i colori forti: il nero, il rosso, il giallo.
Quado realizza un’opera, de Felipe lo fa per una soddisfazione personale, senza porsi il problema se sia commerciale oppure no, partendo dal concetto secondo cui è quasi impossibile creare qualcosa che piaccia a tutti. Ciò che prevale in lui – convinto che “gli artisti oggi sono sempre più isolati” e che “il futuro sarà di individualità” – è il suo “egoismo di artista” e l’esigenza di essere sempre fedele a se stesso, lontano dalle mode passeggere.
La Pop Art spagnola
Considerata da sempre un fenomeno prevalentemente anglo-americano, la Pop Art ha avuto nei paesi europei, esclusa la Gran Bretagna, esiti molto diversi. In Spagna il principale centro di sviluppo del Pop è Valencia. Qui Juan Genovès fondava negli anni Sessanta, insieme a Rafael Solbes e Manuel Valdès, il gruppo Equipo Cronica, teso ad una visione critica della “cronica de la realidad”, che trovava espressione nel reportage sociale, fatto di rivolte e guerre civili. Sempre a Valencia, in una Spagna notevolmente cambiata rispetto agli anni Sessanta, nasce l’opera di Antonio de Felipe che, recuperando l’atteggiamento festoso e acritico dei pionieri dell’Indipendent Group londinese (1952 ca.), si caratterizza per un’ironia nei confronti della tradizione Pop.
Durante il periodo espositivo della mostra Antonio de Felipe , visitabile fino al 30 settembre, la Living Gallery offrirà ai visitatori anche una serie di eventi che caratterizzeranno tutti i giovedì del TA MATETE, proponendo concerti, performance teatrali e pittoriche, videoinstallazioni e presentazioni di libri a tema.
Nei week-end, invece, non mancheranno i tornei del GIOCO TA MATETE
Curata per TA MATETE da Flaminio Gualdoni, la mostra presenta trenta opere realizzate tra il 2001 e il 2004, in gran parte acrilici su tela, in cui si ritrovano alcuni dei suoi cicli più conosciuti, come quello che ha per soggetto il volto di Marilyn – reinterpretato ora alla maniera di Picasso, ora di Miró, ora di Matisse, ora di Warhol – e quello di Guerre Stellari.
In de Felipe vi è un costante riferimento alla storia dell’arte, rivisitata, però, attraverso una sorta di “candore e ottimismo”; a questo si unisce l’iconografia desunta dal mondo della pubblicità, rispetto a cui l’autore mostra una notevole dimestichezza, grazie all’esperienza lavorativa maturata fin da ragazzo presso un’agenzia pubblicitaria. Nasce così la famosa serie dei Logotipos (1992), in cui l’artista sembra tentare un ritorno dell’immagine pubblicitaria alla sua funzione originaria.
Nei cicli successivi compaiono volti noti di personaggi del cinema (le grandi muse sono Audrey Hepburn e Marilyn Monroe), in un continuo dialogo tra logotipi e simboli, ma anche tra canoni estetici appartenenti a diversi momenti artistici. I molti spunti che il cinema offre divengono pretesto per l’autore per raccontare storie della realtà quotidiana.
Grande appassionato della cultura del grande schermo, de Felipe nel 1997 ha collaborato con Pedro Almodóvar per il film Carne tremula, ma già dall’inizio della sua attività guarda a personaggi di Walt Disney, quali Mickey Mouse o Bugs Bunny, ma anche King Kong. Questi appartengono al suo immaginario, ma anche a quello di ognuno di noi. Le icone che compaiono nei suoi quadri, quindi, risultano molto riconoscibili ed evocative. Compito dello spettatore è investigare tra numerosi rimandi, associazioni e giochi di parole, districandosi in quello che Javier Rubio Nomblot definisce ‘bosco di simboli’; un’opera non di facile lettura, dunque, come a volte è stata considerata: si tratta piuttosto di un’arte che possiede diversi livelli di comprensione, che appare semplice, ma che in realtà deriva da un processo creativo complicato e che passa attraverso molti stati d’animo.
Partendo da immagini fortemente imperniate sull’attualità e sulla comunicazione, l’artista spagnolo ama decontestualizzarle e le rende concrete utilizzando un modo di dipingere tradizionale, ignorando volutamente le tecniche più innovative, compreso il computer. La pittura è la tecnica prediletta dall’autore (“da quando ho vent’anni – dichiara – ciò che più ho fatto nella vita è stato disegnare”); utilizza in particolare l’acrilico e dominano i colori forti: il nero, il rosso, il giallo.
Quado realizza un’opera, de Felipe lo fa per una soddisfazione personale, senza porsi il problema se sia commerciale oppure no, partendo dal concetto secondo cui è quasi impossibile creare qualcosa che piaccia a tutti. Ciò che prevale in lui – convinto che “gli artisti oggi sono sempre più isolati” e che “il futuro sarà di individualità” – è il suo “egoismo di artista” e l’esigenza di essere sempre fedele a se stesso, lontano dalle mode passeggere.
La Pop Art spagnola
Considerata da sempre un fenomeno prevalentemente anglo-americano, la Pop Art ha avuto nei paesi europei, esclusa la Gran Bretagna, esiti molto diversi. In Spagna il principale centro di sviluppo del Pop è Valencia. Qui Juan Genovès fondava negli anni Sessanta, insieme a Rafael Solbes e Manuel Valdès, il gruppo Equipo Cronica, teso ad una visione critica della “cronica de la realidad”, che trovava espressione nel reportage sociale, fatto di rivolte e guerre civili. Sempre a Valencia, in una Spagna notevolmente cambiata rispetto agli anni Sessanta, nasce l’opera di Antonio de Felipe che, recuperando l’atteggiamento festoso e acritico dei pionieri dell’Indipendent Group londinese (1952 ca.), si caratterizza per un’ironia nei confronti della tradizione Pop.
Durante il periodo espositivo della mostra Antonio de Felipe , visitabile fino al 30 settembre, la Living Gallery offrirà ai visitatori anche una serie di eventi che caratterizzeranno tutti i giovedì del TA MATETE, proponendo concerti, performance teatrali e pittoriche, videoinstallazioni e presentazioni di libri a tema.
Nei week-end, invece, non mancheranno i tornei del GIOCO TA MATETE
24
giugno 2004
Antonio de Felipe
Dal 24 giugno al 30 settembre 2004
arte contemporanea
Location
TA MATETE
Roma, Via IV Novembre, 140, (Roma)
Roma, Via IV Novembre, 140, (Roma)
Orario di apertura
da martedì a domenica dalle 11.00 alle 21.00; chiuso il lunedì
Vernissage
24 Giugno 2004, ore 19.00
Autore
Curatore