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Antonio Farina – Isole felici. 40 anni di pittura
Ben 60 le opere in mostra, tra olii e acquerelli.I quadri testimoniano l’indiscussa vocazione di quest’artista, che da sempre ha scelto di fare il pittore a tempo pieno; è questa sua scelta che lo fa approdare infine a queste isole felici.
Comunicato stampa
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Le sale del Palazzo M di Latina ospitano dal 29 novembre al 12 dicembre la mostra antologica del maestro Antonio Farina. Ben 60 le opere in mostra, tra olii e acquerelli, che narrano in maniera estremamente esaustiva un impegno e una dedizione all’arte di quarant’anni di lavoro e impegno.
I quadri testimoniano l’indiscussa vocazione di quest’artista, che da sempre ha scelto di fare il pittore a tempo pieno; è questa sua scelta che lo fa approdare infine a queste isole felici, isole che immaginiamo nel mare sconfinato e magico della creatività.
La mostra è pensata e scandita in quattro decenni, caratterizzati volta per volta da varie soluzioni formali: la qualità e l’impegno della sua ricerca, è stata certamente segnata e condizionata dal territorio Latina e ai dintorni dell’Agro Pontino; terra un tempo metafisica sottratta ai miasmi delle paludi, che con il duro lavoro è stata trasformata in terre coltivate e fertili. Farina ci racconta tutto ciò con l’evolversi di figure e paesaggi, un’amorosa testimonianza che negli ultimi anni, parliamo dai quadri degli anni 2000 in poi, si palesa nella descrizione di una natura diventata amica; i canneti si rispecchiano nel verde palustre non più ostile, ma composto in un’armonica suggestione di cromie.
L’autorevole testimonianza critica di Gabriele Simongini, dà credito alle perizie e capacità creative di questo vero e valente artista. Scrive Simongini: “Amorevolmente radicato nel contesto naturale e sociale della zona di Latina e dintorni, il percorso pittorico di Antonio Farina è giunto in questi ultimi anni ad una convincente e personale cifra formale che continua ad essere innervata dalla linfa locale approdando però ad un’essenzialità dalle risonanze universali, fondata sui codici dell’intreccio e del riflesso.(…) Lungo tutto il proprio percorso di studio da autodidatta sempre libero, schietto ed appartato, Farina ha immaginato un museo personale che nelle sue sale ideali poteva vantare l’immancabile e colossale Picasso, il cubismo analitico e sintetico (di cui si avvertono gli echi, ad esempio, nell’opera “Prigioniero della città”, del 1985), le avanguardie russe, Chagall, ma anche i nostri Giovanni Fattori, Gino Rossi e Lorenzo Viani, oltre ad artisti con cui Farina è venuto a diretto contatto e che meriterebbero oggi ben altra attenzione, quali Domenico Purificato, Emilio Greco (il cui talento disegnativo e plastico fu ammirato da Farina durante alcune lezioni carpite quasi di nascosto all’Accademia di Belle Arti di Roma), Riccardo Tommasi Ferroni, Carlo Quattrucci. A ben vedere, questi ultimi quattro nomi, pur fatte le reciproche differenze, sono quelli di artisti che hanno attinto a piene mani alla realtà sensibile per poi trasfigurarla secondo una propria particolare attitudine lirico-contemplativa o addirittura visionaria. (…) La svolta decisiva della pittura di Farina avviene una decina d’anni fa, (…) i quadri di Farina si popolano soltanto di canne, alberi, rari fiori che si specchiano nell’acqua, duplicandosi e diventando un ipnotico intreccio di forme che tracciano un inno alla natura nel suo perenne, rigoglioso fiorire. (…) Quelle canne e quegli alberi riflessi in un inestricabile intreccio sembrano voler dare vita ad una barriera impenetrabile per l’uomo, che dovrebbe tornare ad essere un contemplatore della bellezza della natura e non un suo nemico”.
I quadri testimoniano l’indiscussa vocazione di quest’artista, che da sempre ha scelto di fare il pittore a tempo pieno; è questa sua scelta che lo fa approdare infine a queste isole felici, isole che immaginiamo nel mare sconfinato e magico della creatività.
La mostra è pensata e scandita in quattro decenni, caratterizzati volta per volta da varie soluzioni formali: la qualità e l’impegno della sua ricerca, è stata certamente segnata e condizionata dal territorio Latina e ai dintorni dell’Agro Pontino; terra un tempo metafisica sottratta ai miasmi delle paludi, che con il duro lavoro è stata trasformata in terre coltivate e fertili. Farina ci racconta tutto ciò con l’evolversi di figure e paesaggi, un’amorosa testimonianza che negli ultimi anni, parliamo dai quadri degli anni 2000 in poi, si palesa nella descrizione di una natura diventata amica; i canneti si rispecchiano nel verde palustre non più ostile, ma composto in un’armonica suggestione di cromie.
L’autorevole testimonianza critica di Gabriele Simongini, dà credito alle perizie e capacità creative di questo vero e valente artista. Scrive Simongini: “Amorevolmente radicato nel contesto naturale e sociale della zona di Latina e dintorni, il percorso pittorico di Antonio Farina è giunto in questi ultimi anni ad una convincente e personale cifra formale che continua ad essere innervata dalla linfa locale approdando però ad un’essenzialità dalle risonanze universali, fondata sui codici dell’intreccio e del riflesso.(…) Lungo tutto il proprio percorso di studio da autodidatta sempre libero, schietto ed appartato, Farina ha immaginato un museo personale che nelle sue sale ideali poteva vantare l’immancabile e colossale Picasso, il cubismo analitico e sintetico (di cui si avvertono gli echi, ad esempio, nell’opera “Prigioniero della città”, del 1985), le avanguardie russe, Chagall, ma anche i nostri Giovanni Fattori, Gino Rossi e Lorenzo Viani, oltre ad artisti con cui Farina è venuto a diretto contatto e che meriterebbero oggi ben altra attenzione, quali Domenico Purificato, Emilio Greco (il cui talento disegnativo e plastico fu ammirato da Farina durante alcune lezioni carpite quasi di nascosto all’Accademia di Belle Arti di Roma), Riccardo Tommasi Ferroni, Carlo Quattrucci. A ben vedere, questi ultimi quattro nomi, pur fatte le reciproche differenze, sono quelli di artisti che hanno attinto a piene mani alla realtà sensibile per poi trasfigurarla secondo una propria particolare attitudine lirico-contemplativa o addirittura visionaria. (…) La svolta decisiva della pittura di Farina avviene una decina d’anni fa, (…) i quadri di Farina si popolano soltanto di canne, alberi, rari fiori che si specchiano nell’acqua, duplicandosi e diventando un ipnotico intreccio di forme che tracciano un inno alla natura nel suo perenne, rigoglioso fiorire. (…) Quelle canne e quegli alberi riflessi in un inestricabile intreccio sembrano voler dare vita ad una barriera impenetrabile per l’uomo, che dovrebbe tornare ad essere un contemplatore della bellezza della natura e non un suo nemico”.
29
novembre 2013
Antonio Farina – Isole felici. 40 anni di pittura
Dal 29 novembre al 12 dicembre 2013
arte contemporanea
Location
PALAZZO M
Latina, Corso Della Repubblica, (Latina)
Latina, Corso Della Repubblica, (Latina)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10,00 alle 13,00 e dalle 16,00 alle 20,00
Vernissage
29 Novembre 2013, ore 18,00
Autore
Curatore