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Antonio Ligabue – L’arte difficile di un pittore senza regola
Ligabue torna a Milano, dopo quasi trent’anni dalla prima mostra, per una consacrazione vera e propria che restituisce a questo grande artista il ruolo che gli spetta a pieno titolo nella pittura italiana del ‘900
Comunicato stampa
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Ligabue torna a Milano, dopo quasi trent’anni dalla prima mostra, per una consacrazione vera e propria che restituisce a questo grande artista il ruolo che gli spetta a pieno titolo nella pittura italiana del ‘900. L’esposizione presso Palazzo Reale, curata da Augusto Agosta Tota con catalogo edito da Franco Maria Ricci, può essere definita la più grande mostra mai realizzata su Ligabue: oltre 250 opere di cui ben 215 dipinti a olio - quindici dei quali inediti - oltre ad oggetti che gli appartenevano e una ricca filmografia d’epoca (di Raffaele Andreassi) che ci racconta la sua vicenda umana con una poetica struggente.
La mostra si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano. Si avvale inoltre del patrocinio di: Senato della Repubblica; Presidenza del Consiglio dei Ministri; Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Ministero della Pubblica Istruzione; Regione Lombardia – Culture, Identità e Autonomie della Lombardia; Provincia di Milano.
Un genio, quello di Ligabue - spiega Vittorio Sgarbi nel suo testo in catalogo - che nella sua assoluta istintività, nella sua arcaica complicità con la natura, era in grado di inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea, proponendo un linguaggio figurativo che parla di cose semplici a persone altrettanto semplici. Ligabue identificava il perfetto artista popolare, il “poeta contadino” che non poteva non raccogliere i favori di Zavattini e di coloro che trovavano in lui un sicuro punto di riferimento nella cultura italiana del Dopoguerra.
A qualcuno - scrive il critico Luigi Cavallo nel suo contributo in catalogo - la mostra potrà sembrare il seguito di quel “Miracolo a Milano” di Cesare Zavattini, tra i primi sostenitori del pittore, in cui non era facile distinguere tra realtà e fantasia, tenerezza e amarezza se non attraverso argomenti oggi in disuso, come la nostalgia, la malinconia.
E così è davanti ai quadri di Ligabue: scene di vita vista con gli occhi di chi, per dramma o per fortuna, è rimasto imprigionato nel fanciullo primordiale.
Senza per questo (semmai proprio per questo) non diventare pittore maturo, consapevole, come spiega nel suo testo in catalogo un altro grande artista del ‘900, Marino Mazzacurati, o come sottolineano i numerosi autoritratti. In mostra ne è presente un’intera sezione. L’iconografia sempre intensa, eccitata, goffa e grandiosa degli autoritratti è quella che ciascuno di noi si porta dentro: terribile o grottesca, struggente nella confessione delle proprie interiori paure, infantile nell’impaccio, aggressiva nell’eccitazione di un’inquietudine segreta e instabile, sfrontata con sguardo di sfida, in una galleria di situazioni ed emozioni che trascorre attraverso tutti i sentimenti dell’esistenza. Un diario intimo che Ligabue è venuto annotando con ostinazione maniacale, emozione fatta pittura, attraverso colore e forma che aderiscono al sentire, si impastano con esso.
Si intreccia inevitabilmente con l’altro grande filone degli animali, ritratti con una drammaticità che ci lascia sorpresi ogni volta. Provava per loro un amore fortissimo – dice Mazzacurati – e nell’aia di casa bastava che facesse strani gesti con le mani ed emettesse un leggero sibilo, perchè tutti gli animali come impazziti gli corressero intorno.
È il mito di Orfeo o del Flauto Magico, questo del mettersi in rapporto con le forme più elementari di animalità, per giungere a possedere nella sua interezza sè stesso e per questa via, attraverso le prove dell’acqua e del fuoco, poter salire alle stelle. E noi con lui, con Ligabue: o perlomeno questa è l’emozione che regala la mostra, l’evento artistico di Milano che dà il benvenuto a un grande pittore e riesce a restituirci tutto il suo dramma della vicenda umana, con rigore ma anche poesia, senza inquinare, anzi, arricchendola, la straordinaria qualità pittorica di uno dei più grandi artisti italiani del ‘900.
La mostra si svolge sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica ed è promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano. Si avvale inoltre del patrocinio di: Senato della Repubblica; Presidenza del Consiglio dei Ministri; Ministero per i Beni e le Attività Culturali; Ministero della Pubblica Istruzione; Regione Lombardia – Culture, Identità e Autonomie della Lombardia; Provincia di Milano.
Un genio, quello di Ligabue - spiega Vittorio Sgarbi nel suo testo in catalogo - che nella sua assoluta istintività, nella sua arcaica complicità con la natura, era in grado di inserirsi a pieno titolo nell’arte contemporanea, proponendo un linguaggio figurativo che parla di cose semplici a persone altrettanto semplici. Ligabue identificava il perfetto artista popolare, il “poeta contadino” che non poteva non raccogliere i favori di Zavattini e di coloro che trovavano in lui un sicuro punto di riferimento nella cultura italiana del Dopoguerra.
A qualcuno - scrive il critico Luigi Cavallo nel suo contributo in catalogo - la mostra potrà sembrare il seguito di quel “Miracolo a Milano” di Cesare Zavattini, tra i primi sostenitori del pittore, in cui non era facile distinguere tra realtà e fantasia, tenerezza e amarezza se non attraverso argomenti oggi in disuso, come la nostalgia, la malinconia.
E così è davanti ai quadri di Ligabue: scene di vita vista con gli occhi di chi, per dramma o per fortuna, è rimasto imprigionato nel fanciullo primordiale.
Senza per questo (semmai proprio per questo) non diventare pittore maturo, consapevole, come spiega nel suo testo in catalogo un altro grande artista del ‘900, Marino Mazzacurati, o come sottolineano i numerosi autoritratti. In mostra ne è presente un’intera sezione. L’iconografia sempre intensa, eccitata, goffa e grandiosa degli autoritratti è quella che ciascuno di noi si porta dentro: terribile o grottesca, struggente nella confessione delle proprie interiori paure, infantile nell’impaccio, aggressiva nell’eccitazione di un’inquietudine segreta e instabile, sfrontata con sguardo di sfida, in una galleria di situazioni ed emozioni che trascorre attraverso tutti i sentimenti dell’esistenza. Un diario intimo che Ligabue è venuto annotando con ostinazione maniacale, emozione fatta pittura, attraverso colore e forma che aderiscono al sentire, si impastano con esso.
Si intreccia inevitabilmente con l’altro grande filone degli animali, ritratti con una drammaticità che ci lascia sorpresi ogni volta. Provava per loro un amore fortissimo – dice Mazzacurati – e nell’aia di casa bastava che facesse strani gesti con le mani ed emettesse un leggero sibilo, perchè tutti gli animali come impazziti gli corressero intorno.
È il mito di Orfeo o del Flauto Magico, questo del mettersi in rapporto con le forme più elementari di animalità, per giungere a possedere nella sua interezza sè stesso e per questa via, attraverso le prove dell’acqua e del fuoco, poter salire alle stelle. E noi con lui, con Ligabue: o perlomeno questa è l’emozione che regala la mostra, l’evento artistico di Milano che dà il benvenuto a un grande pittore e riesce a restituirci tutto il suo dramma della vicenda umana, con rigore ma anche poesia, senza inquinare, anzi, arricchendola, la straordinaria qualità pittorica di uno dei più grandi artisti italiani del ‘900.
19
giugno 2008
Antonio Ligabue – L’arte difficile di un pittore senza regola
Dal 19 giugno al 04 novembre 2008
arte contemporanea
disegno e grafica
disegno e grafica
Location
PALAZZO REALE DI MILANO
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Milano, Piazza Del Duomo, 12, (Milano)
Biglietti
intero € 9, ridotto € 7, ridotto speciale € 4,50, bambini fino ai 5 anni gratuito, da 6 a 14 anni ridotto
Orario di apertura
lunedì 14.30-19.30, da martedì a domenica 9.30-19.30, giovedì 9.30-22.30
Vernissage
19 Giugno 2008, ore 18.30
Ufficio stampa
CLARART
Autore
Curatore