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Antonio Pedretti – Opere grafiche e Dipinti
La natura è un universo, per Pedretti, è il suo universo; nulla sembra aver luogo né peso per il suo immaginare oltre quei confini d’un dialogo il più spesso assai ravvicinato.
Comunicato stampa
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Antonio Pedretti è nato nel 1950 a Gavirate, in provincia di Varese, dove vive e lavora.
La sua formazione avviene, dapprima, alla scuola di pittura del Castello Sforzesco e poi all'Accademia di Brera che abbandona nel 1972. Nel frattempo, all'età di sedici anni, ha già
allestito la sua prima personale alla Galleria Ca' Vegia di Varese con opere dipinte a spatola dalla pregevole abilità tecnica, paesaggi, casolari, fiori, alberi, acque stagnanti. Soggetto quest'ultimo che resterà una costante all'interno del percorso dell'artista, nato sulle rive del lago e dunque intimamente legato a questo genere di paesaggio naturale. Dopo aver partecipato ad alcune collettive, fra le quali ricordiamo il Premio Nazionale Varese Arte, ordina nel 1970 una seconda personale alla Galleria Ghiggini di Varese con alcuni nudi che ricordano certe dolcezze segniche di un De Pisis o un Bonnard, e con una serie di paesaggi dedicati alla Sicilia. Scrive Gian Franco Maffina in catalogo: “Egli ancora con gli occhi pieni di umide tenerezze di questa terra lombarda si sarà trovato certamente attonito di fronte alla violenta bellezza del nostro Sud e lo si avverte in queste sue borgate costiere dove il silenzio è rotto solo dallo scalpire di un asinello o dal richiamo del venditore ambulante”. Nel 1972 espone alla Galerie L'Angle Aigu di Bruxelles ottenendo un lusinghiero successo di critica sulla stampa belga. Lo presenta Renato Guttuso: 'Caro Pedretti, benché tu sia molto giovane, il tuo lavoro offre già alcuni elementi sicuri per giudicare delle tue doti non comuni. Non si può non essere colpiti dalla sicurezza con cui il tuo segno, le tue note di colore definiscono un paesaggio, una figura, un intero nei suoi tratti essenziali; del piglio con cui il tuo disegno ha la capacità di penetrare la forma, ad indagarla con precisione, senza cadere nell'analisi minuziosamente accademica. Oggi il tuo lavoro si trova ad un punto assai serio, e mi pare che i tuoi dipinti recenti contengano elementi nuovi rispetto alla felicità e facilità delle tue precedenti pitture. C'è la coscienza di un impegno nuovo e di nuove difficoltà. E' la premessa di un balzo in avanti’ .
E' il gesto, alla maniera di Pollock, ad assumere importanza nelle opere della seconda metà degli anni '70, un gesto ampio e disteso che consente alla materia pittorica di espandersi e corrugarsi, di brillare in vividi colori. Dipinge queste immagini ‘informali’ su fogli di pvc o di plexiglass e le rinchiude all’ interno degli stessi stratificando i materiali.
La questione del naturalismo in Pedretti è centrale come dimostrano i suoi esiti ulteriori. Abbandonate, a partire dalla metà degli anni '80, le velleità delle avanguardie contemporanee, ritorna in una certa misura a quel senso della natura delle origini, a liriche evocazioni paesistiche memori però della gestualità informale e soprattutto della lezione di tre grandi maestri del genere: Constable, Segantini e Morlotti. Pedretti si affida a sensazioni visive, ma soprattutto ricrea in studio sul filo della memoria visioni che già sono depositate nel suo immaginario fin dall'infanzia, che affiorano e si accumulano ad ogni esperienza. E, se dapprima rendeva delle ampie panoramiche dei paesaggi lacustri, ora pare immergervisi per evidenziare un dettaglio, per isolare un particolare, per mettere a fuoco uno stelo o un fiore o un intero cespuglio.
Secondo Enrico Crispolti tutto è scoperto nel lavoro di Antonio Pedretti. La palude è dipinta in modo del tutto diverso da come se la è immaginata, non quale luogo ove si siano sedimentati emblematicamente i cascami di tutte le nequizie umane e sociali, ma un privato rifugio immaginativo, è l'occasione di un incontaminato dialogo naturale, intimo, sussurrato, di valenza tutta lirica. Attrae Pedretti la superficie e ciò che vi galleggia, le canne, gli steli, l'intrico vegetale, le macerazioni. Evidenti, candidamente, vi risultano le intenzioni, le scelte, il suo appartarsi e garantirsi, senza scantonamenti, uno spazio di riflessione colloquiale, tutto proprio e solitario. La natura è un universo, per Pedretti, è il suo universo; nulla sembra aver luogo né peso per il suo immaginare oltre quei confini d’un dialogo il più spesso assai ravvicinato. Altre volte il suo sguardo è sì più distanziato, fino a suggerire una profondità di paesaggio. Il problema che dolcemente assilla la ricerca pittorica di Pedretti è quello di configurare un'immagine integralmente di natura, e di sua natura, privata, segreta, entro una contestualità materica.
La sua formazione avviene, dapprima, alla scuola di pittura del Castello Sforzesco e poi all'Accademia di Brera che abbandona nel 1972. Nel frattempo, all'età di sedici anni, ha già
allestito la sua prima personale alla Galleria Ca' Vegia di Varese con opere dipinte a spatola dalla pregevole abilità tecnica, paesaggi, casolari, fiori, alberi, acque stagnanti. Soggetto quest'ultimo che resterà una costante all'interno del percorso dell'artista, nato sulle rive del lago e dunque intimamente legato a questo genere di paesaggio naturale. Dopo aver partecipato ad alcune collettive, fra le quali ricordiamo il Premio Nazionale Varese Arte, ordina nel 1970 una seconda personale alla Galleria Ghiggini di Varese con alcuni nudi che ricordano certe dolcezze segniche di un De Pisis o un Bonnard, e con una serie di paesaggi dedicati alla Sicilia. Scrive Gian Franco Maffina in catalogo: “Egli ancora con gli occhi pieni di umide tenerezze di questa terra lombarda si sarà trovato certamente attonito di fronte alla violenta bellezza del nostro Sud e lo si avverte in queste sue borgate costiere dove il silenzio è rotto solo dallo scalpire di un asinello o dal richiamo del venditore ambulante”. Nel 1972 espone alla Galerie L'Angle Aigu di Bruxelles ottenendo un lusinghiero successo di critica sulla stampa belga. Lo presenta Renato Guttuso: 'Caro Pedretti, benché tu sia molto giovane, il tuo lavoro offre già alcuni elementi sicuri per giudicare delle tue doti non comuni. Non si può non essere colpiti dalla sicurezza con cui il tuo segno, le tue note di colore definiscono un paesaggio, una figura, un intero nei suoi tratti essenziali; del piglio con cui il tuo disegno ha la capacità di penetrare la forma, ad indagarla con precisione, senza cadere nell'analisi minuziosamente accademica. Oggi il tuo lavoro si trova ad un punto assai serio, e mi pare che i tuoi dipinti recenti contengano elementi nuovi rispetto alla felicità e facilità delle tue precedenti pitture. C'è la coscienza di un impegno nuovo e di nuove difficoltà. E' la premessa di un balzo in avanti’ .
E' il gesto, alla maniera di Pollock, ad assumere importanza nelle opere della seconda metà degli anni '70, un gesto ampio e disteso che consente alla materia pittorica di espandersi e corrugarsi, di brillare in vividi colori. Dipinge queste immagini ‘informali’ su fogli di pvc o di plexiglass e le rinchiude all’ interno degli stessi stratificando i materiali.
La questione del naturalismo in Pedretti è centrale come dimostrano i suoi esiti ulteriori. Abbandonate, a partire dalla metà degli anni '80, le velleità delle avanguardie contemporanee, ritorna in una certa misura a quel senso della natura delle origini, a liriche evocazioni paesistiche memori però della gestualità informale e soprattutto della lezione di tre grandi maestri del genere: Constable, Segantini e Morlotti. Pedretti si affida a sensazioni visive, ma soprattutto ricrea in studio sul filo della memoria visioni che già sono depositate nel suo immaginario fin dall'infanzia, che affiorano e si accumulano ad ogni esperienza. E, se dapprima rendeva delle ampie panoramiche dei paesaggi lacustri, ora pare immergervisi per evidenziare un dettaglio, per isolare un particolare, per mettere a fuoco uno stelo o un fiore o un intero cespuglio.
Secondo Enrico Crispolti tutto è scoperto nel lavoro di Antonio Pedretti. La palude è dipinta in modo del tutto diverso da come se la è immaginata, non quale luogo ove si siano sedimentati emblematicamente i cascami di tutte le nequizie umane e sociali, ma un privato rifugio immaginativo, è l'occasione di un incontaminato dialogo naturale, intimo, sussurrato, di valenza tutta lirica. Attrae Pedretti la superficie e ciò che vi galleggia, le canne, gli steli, l'intrico vegetale, le macerazioni. Evidenti, candidamente, vi risultano le intenzioni, le scelte, il suo appartarsi e garantirsi, senza scantonamenti, uno spazio di riflessione colloquiale, tutto proprio e solitario. La natura è un universo, per Pedretti, è il suo universo; nulla sembra aver luogo né peso per il suo immaginare oltre quei confini d’un dialogo il più spesso assai ravvicinato. Altre volte il suo sguardo è sì più distanziato, fino a suggerire una profondità di paesaggio. Il problema che dolcemente assilla la ricerca pittorica di Pedretti è quello di configurare un'immagine integralmente di natura, e di sua natura, privata, segreta, entro una contestualità materica.
22
aprile 2004
Antonio Pedretti – Opere grafiche e Dipinti
Dal 22 aprile al 22 maggio 2004
arte contemporanea
Location
ART CAFE’
Torino, Via Le Chiuse, 1, (Torino)
Torino, Via Le Chiuse, 1, (Torino)
Orario di apertura
da lunedi a venerdi dalle 14.30 alle 19.30; per appuntamenti 011/437 92 71
Vernissage
22 Aprile 2004, DALLE ORE 18.30