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Antonio Piga – A mia immagine:
Una trama di capelli tesi perpendicolarmente dal pavimento al soffitto, in posizione centrale rispetto alla stanza, traccia l’idea di un tronco d’albero, o di un cono di luce, o di un percorso verticalizzante che s’impatta con la volta della galleria: qui, i capelli si dividono, diramano, moltiplicano e diffondono, abbracciando l’intera superficie in un occhieggiare di segni e tratti che scorrono fino alle pareti, per tornare al centro dal quale traggono la loro spinta propulsiva
Comunicato stampa
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Antonio Piga. A mia immagine: fin dal titolo, la mostra p ersonale che inaugura S ab ato 18 feb-
braio presso lo Studio Vanna Casati Arte Contemp oranea, curata da Ilaria Bignotti, introduce il
pubblico in un p ercorso particolarmente coinvolgente dove il rapp orto tra op era e ar tista è di grande intensità: complici i materiali utilizzati, i capelli e la carta, elementi p er antonomasia leggeri e fragili che diventano alter e go del corp o dell’artista, suo prolungamento mutevole con il quale, anche, ridisegnare lo spazio espositivo. Presenti in culture ge o graficamente e cronologicamente distanti, ora come ex-voto, ora come feticci, ora quali elementi di opere o documenti di performances, i cap elli sono, nella ricerca artistica tra XIX e XXI se colo, materiale duttile e denso di rimandi iconografici e simb olici. La loro mutevole storia e le loro diramate funzioni rientrano come naturale stratificazione d’immagini e di riferimenti – come memoria, nell’opera di Antonio Piga che, non va dimenticato, è di origini sarde e dunque, per “DNA”, conserva traccia dell’arte del ricamo e della tessitura, del racconto e della narrazione stratificatesi nella sua terra.
Il titolo della mostra, A mia immagine, contiene tuttavia una netta dichiarazione di identità e
di app artenenza: come se l’artista volesse dirci che i cap elli utilizzati da egli stesso si dipar tono e sono destinati, complice l’operazione salvifica e metamorfica dell’arte, a diventare albero, costellazione, nuovo viaggio.
L’opera è così sp e cchio del suo artefice, i cap elli rivendicano il proprio ruolo di “trame sottili” capaci di tessere una identità che deve disperdersi per ritrovarsi.
Nello spazio-studio di Vanna Casati, una trama di capelli tesi perp endicolarmente dal pavimento al soffitto, in posizione centrale rispetto alla stanza, traccia l’idea di un tronco d’albero,
o di un cono di luce, o di un percorso verticalizzante che s’impatta con la volta della galleria: qui, i capelli si dividono, diramano, moltiplicano e diffondono, abbracciando l’intera superficie in un o cchieggiare di segni e tratti che scorrono fino alle pareti, per tornare al centro dal quale traggono la loro spinta propulsiva.
Il senso di transitorietà e l’idea di passaggio tra un dentro e un fuori, tra tempo personale e tempo collettivo, si rintraccia anche nelle opere di diversa dimensione su carta che completano la
mostra: solo in alcuni punti il capello emerge e percorre la superficie diversamente e ossessiva-
mente forata in un gioco di pieni-vuoti che le conferisce un asp etto moiré.
Sono, queste, solo alcune delle affascinanti questioni che l’opera di Antonio Piga saprà stimo-
lare nei confronti del visitatore, chie dendogli di condividere, “a sua immagine”, il mutevole manifestarsi della vita e dell’arte.
Via B.go Palazzo, 42 (interno) - 24125 Bergamo
Telefono e Fax 035.222.333
E-mail: vannacasati@fastwebnet.it - www.vannacasati.it
dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30 | S abato: 11-12.30 - 16.30 | Mar te dì chiuso
Materiale denso di significati, presente in culture geograficamente e cronologicamente distanti, i capelli sono stati nei secoli, se raccolti in ampolle o con cura composti, ex
voto, promesse, ricordi, feticci, protagonisti di rituali di magia bianca e magia nera; capelli trovati o casualmente comparsi diventano monito del tempo che passa, traccia di una toeletta, spie di una relazione clandestina… Diversamente
compaiono nella storia dell’arte – Degas adornava le sue Ballerine con vere ciocche di capelli, Dada usava manichini e parrucche nelle performance che scandalizzavano il pubblico, le pratiche artistiche del Nuovo Realismo dichiaravano la dignità del mondo quotidiano, nei suoi aspetti anche più materiali e corrivi, quale opera d’arte – e allora ecco capelli a comporre assemblage pulsanti di vita.
Capelli che adornano, nascondono, scoprono, soffrono, percuotono, avviluppano, abbracciano nelle performance e nelle opere della body art; capelli-struttura e capelli-ornamento, nelle pratiche installative contemporanee. Nell’opera di Antonio Piga tutto questo rientra come naturale
stratificazione d’immagini e di riferimenti – come memoria storica.
Una trama di capelli tesi perpendicolarmente dal pavimento al soffitto, in posizione centrale rispetto alla stanza, traccia l’idea di un tronco d’albero, o di un cono di luce, o di un percorso verticalizzante che s’impatta con la volta della
galleria: qui, i capelli si dividono, diramano, moltiplicano e diffondono, abbracciando l’intera superficie in un occhieggiare di segni e tratti che scorrono fino alle pareti, per tornare al centro dal quale traggono la loro spinta propulsiva. Seguiamo con lo sguardo i capelli che resistono alla loro precaria sottigliezza, verificando la propria elastica caparbietà, in una apparente dispersione che diventa deriva e rêverie, sogno di un cielo stellato, profumo di una chioma verdeggiante, traccia di un viaggio metafisico.
Il senso di transitorietà e l’idea di passaggio tra un dentro e un fuori, tra tempo personale e tempo collettivo, si rintraccia anche nelle opere di diversa dimensione su carta che completano la mostra: solo in alcuni punti il capello emerge
e percorre la superficie diversamente e ossessivamente forata in un gioco di pieni-vuoti che le conferisce un aspetto moiré. Intravvediamo corpi e brani di corpi in un paesaggio terracqueo nel quale si confondono ed emergono, primi uomini di un nuovo mondo; oppure oggetti ironicamente
accennati, parti di una danza quotidiana dove protagonisti sono il desiderio e la nostalgia.
Non va dimenticata l’origine sarda dell’artista, attorno alla quale potremmo anche ricondurre questa sua peculiare tecnica compositiva: ma preferiamo invece concentrarci, in ultima analisi, sul titolo, A mia immagine, che lo stesso Piga ha voluto dare alla mostra. Destinati nell’operazione salvifica e metamorfica dell’arte a diventare albero, costellazione, nuovo viaggio, i capelli rendono l’opera specchio del suo artefice, trame sottili di una identità che deve disperdersi per ritrovarsi. Come Narciso alla fonte.
Ilaria Bignotti
braio presso lo Studio Vanna Casati Arte Contemp oranea, curata da Ilaria Bignotti, introduce il
pubblico in un p ercorso particolarmente coinvolgente dove il rapp orto tra op era e ar tista è di grande intensità: complici i materiali utilizzati, i capelli e la carta, elementi p er antonomasia leggeri e fragili che diventano alter e go del corp o dell’artista, suo prolungamento mutevole con il quale, anche, ridisegnare lo spazio espositivo. Presenti in culture ge o graficamente e cronologicamente distanti, ora come ex-voto, ora come feticci, ora quali elementi di opere o documenti di performances, i cap elli sono, nella ricerca artistica tra XIX e XXI se colo, materiale duttile e denso di rimandi iconografici e simb olici. La loro mutevole storia e le loro diramate funzioni rientrano come naturale stratificazione d’immagini e di riferimenti – come memoria, nell’opera di Antonio Piga che, non va dimenticato, è di origini sarde e dunque, per “DNA”, conserva traccia dell’arte del ricamo e della tessitura, del racconto e della narrazione stratificatesi nella sua terra.
Il titolo della mostra, A mia immagine, contiene tuttavia una netta dichiarazione di identità e
di app artenenza: come se l’artista volesse dirci che i cap elli utilizzati da egli stesso si dipar tono e sono destinati, complice l’operazione salvifica e metamorfica dell’arte, a diventare albero, costellazione, nuovo viaggio.
L’opera è così sp e cchio del suo artefice, i cap elli rivendicano il proprio ruolo di “trame sottili” capaci di tessere una identità che deve disperdersi per ritrovarsi.
Nello spazio-studio di Vanna Casati, una trama di capelli tesi perp endicolarmente dal pavimento al soffitto, in posizione centrale rispetto alla stanza, traccia l’idea di un tronco d’albero,
o di un cono di luce, o di un percorso verticalizzante che s’impatta con la volta della galleria: qui, i capelli si dividono, diramano, moltiplicano e diffondono, abbracciando l’intera superficie in un o cchieggiare di segni e tratti che scorrono fino alle pareti, per tornare al centro dal quale traggono la loro spinta propulsiva.
Il senso di transitorietà e l’idea di passaggio tra un dentro e un fuori, tra tempo personale e tempo collettivo, si rintraccia anche nelle opere di diversa dimensione su carta che completano la
mostra: solo in alcuni punti il capello emerge e percorre la superficie diversamente e ossessiva-
mente forata in un gioco di pieni-vuoti che le conferisce un asp etto moiré.
Sono, queste, solo alcune delle affascinanti questioni che l’opera di Antonio Piga saprà stimo-
lare nei confronti del visitatore, chie dendogli di condividere, “a sua immagine”, il mutevole manifestarsi della vita e dell’arte.
Via B.go Palazzo, 42 (interno) - 24125 Bergamo
Telefono e Fax 035.222.333
E-mail: vannacasati@fastwebnet.it - www.vannacasati.it
dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30 | S abato: 11-12.30 - 16.30 | Mar te dì chiuso
Materiale denso di significati, presente in culture geograficamente e cronologicamente distanti, i capelli sono stati nei secoli, se raccolti in ampolle o con cura composti, ex
voto, promesse, ricordi, feticci, protagonisti di rituali di magia bianca e magia nera; capelli trovati o casualmente comparsi diventano monito del tempo che passa, traccia di una toeletta, spie di una relazione clandestina… Diversamente
compaiono nella storia dell’arte – Degas adornava le sue Ballerine con vere ciocche di capelli, Dada usava manichini e parrucche nelle performance che scandalizzavano il pubblico, le pratiche artistiche del Nuovo Realismo dichiaravano la dignità del mondo quotidiano, nei suoi aspetti anche più materiali e corrivi, quale opera d’arte – e allora ecco capelli a comporre assemblage pulsanti di vita.
Capelli che adornano, nascondono, scoprono, soffrono, percuotono, avviluppano, abbracciano nelle performance e nelle opere della body art; capelli-struttura e capelli-ornamento, nelle pratiche installative contemporanee. Nell’opera di Antonio Piga tutto questo rientra come naturale
stratificazione d’immagini e di riferimenti – come memoria storica.
Una trama di capelli tesi perpendicolarmente dal pavimento al soffitto, in posizione centrale rispetto alla stanza, traccia l’idea di un tronco d’albero, o di un cono di luce, o di un percorso verticalizzante che s’impatta con la volta della
galleria: qui, i capelli si dividono, diramano, moltiplicano e diffondono, abbracciando l’intera superficie in un occhieggiare di segni e tratti che scorrono fino alle pareti, per tornare al centro dal quale traggono la loro spinta propulsiva. Seguiamo con lo sguardo i capelli che resistono alla loro precaria sottigliezza, verificando la propria elastica caparbietà, in una apparente dispersione che diventa deriva e rêverie, sogno di un cielo stellato, profumo di una chioma verdeggiante, traccia di un viaggio metafisico.
Il senso di transitorietà e l’idea di passaggio tra un dentro e un fuori, tra tempo personale e tempo collettivo, si rintraccia anche nelle opere di diversa dimensione su carta che completano la mostra: solo in alcuni punti il capello emerge
e percorre la superficie diversamente e ossessivamente forata in un gioco di pieni-vuoti che le conferisce un aspetto moiré. Intravvediamo corpi e brani di corpi in un paesaggio terracqueo nel quale si confondono ed emergono, primi uomini di un nuovo mondo; oppure oggetti ironicamente
accennati, parti di una danza quotidiana dove protagonisti sono il desiderio e la nostalgia.
Non va dimenticata l’origine sarda dell’artista, attorno alla quale potremmo anche ricondurre questa sua peculiare tecnica compositiva: ma preferiamo invece concentrarci, in ultima analisi, sul titolo, A mia immagine, che lo stesso Piga ha voluto dare alla mostra. Destinati nell’operazione salvifica e metamorfica dell’arte a diventare albero, costellazione, nuovo viaggio, i capelli rendono l’opera specchio del suo artefice, trame sottili di una identità che deve disperdersi per ritrovarsi. Come Narciso alla fonte.
Ilaria Bignotti
18
febbraio 2012
Antonio Piga – A mia immagine:
Dal 18 febbraio al 17 marzo 2012
arte contemporanea
Location
GALLERIA VANNA CASATI
Bergamo, Via Borgo Palazzo, 42 interno, (Bergamo)
Bergamo, Via Borgo Palazzo, 42 interno, (Bergamo)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì dalle ore 16.30 alle ore 19.30. Sabato 11-12.30 e 16.30. Mar tedì chiuso
Vernissage
18 Febbraio 2012, ore 18
Autore
Curatore