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ANTROPOMORFISMI
“Antropomorfismi. L’essenza umana nella figurazione (tra pittura e scultura)”, opere del pittore Alessandro Bulgarini e dello scultore Emanuele Prina.
Comunicato stampa
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Dal 3 al 17 ottobre 2024, presso lo Spazio Arte Tolomeo a Milano, sarà visitabile “Antropomorfismi. L’essenza umana nella figurazione”, del pittore Alessandro Bulgarini e dello scultore Emanuele Prina.
La mostra, a cura di Francesca Danesi, presenta una selezione di opere che illustrano le varie modalità con le quali i due artisti ritraggono l’essenza umana con le tecniche e le poetiche a loro peculiari: Alessandro Bulgarini attraverso una raffinata pittura a olio che mira a rendere visibile l’invisibile; Emanuele Prina con l’abile intaglio scultoreo di materiali lignei che hanno ormai esaurito la propria funzione, da lui recuperati e rigenerati in un procedimento di “estrazione” di nuovi significati.
L’antropomorfismo, il cui termine (da άνθρωπος, “uomo”, e μορφή, “forma”) indica la tendenza ad attribuire caratteristiche umane ad esseri, fenomeni o entità di altra natura, è la modalità prediletta da entrambi per tradurre significati e concetti esistenziali in immagini con fattezze umane. Antropomorfismi al plurale perché, nella loro rappresentazione figurativa, viene declinato in molteplici modi.
Alessandro Bulgarini, coerentemente con la propria ricerca pittorica “filosofale”, rappresenta idee astratte attraverso figure con caratteristiche umane. In una contemporaneità intrisa di immagini-simulacro onnipresenti, ridondanti e digitali, l’artista sceglie la tecnica della pittura a olio d’ascendenza rinascimentale (sia per la preparazione della tela, sia per la stesura del pigmento e le vivaci cromie utilizzate) per dipingere figure antropiche che personificano idee filosofiche o insegnamenti sapienziali, come nell’opera “Samsara” (termine di origine sanscrita che indica il ciclo di vita, morte e rinascita), nella quale il concetto filosofico-religioso è simboleggiato da una testa umana con la forma dell’uovo alchemico che, spezzandosi, si dischiude per generare sempre nuove rinascite e rinnovate esistenze; o in “Unio inconciliabilis”, nel quale la categoria dialettica viene raffigurata non come una lotta, bensì come un armonico abbraccio tra due esseri umani, in questo caso bambini, connotati da opposti colori, uno caldo e l’altro freddo, come gli elementi ivi rappresentati (l’acqua e il fuoco); o, ancora, in “Sophia”, dove la sapienza filosofica è ritratta come una donna nuda (come la scandalosa “Nuda Veritas” di Gustav Klimt) che, nella posizione eretta tipica della statuaria antica (statue antico Egitto o della Grecia del periodo arcaico), porge un cuore fiammeggiante. In “Pachamama” (rivisitazione della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca, della quale riprende la posizione ieratica della figura femminile e l’iconografia, compresi la mossa solenne delle braccia, l’espressione concentrata e lo sfondo monocromatico), Madre terra abbraccia e protegge uno scenario naturale. Nelle opere di Alessandro Bulgarini persino elementi di critica sociale assumono sembianze antropiche: in “Social Ego” la deriva narcisistica contemporanea, alimentata dai Social media, è effigiata in un teschio, emblema della Vanitas, come da tradizione pittorica di lunghissimo corso, attualizzata con la corona con le icone di Facebook.
Emanuele Prina estrae dal materiale naturale soggetti connotati da espressioni, emozioni e sentimenti del tutto umani, in un processo maieutico in cui il lavoro scultoreo esplora “avanzi” di legno (travi di castagno ultracentenarie, recuperate da ristrutturazioni edilizie, bancali riassemblati, rulli per impiallacciatura o radici raccolte sul greto dei fiumi…) per disvelarne la bellezza racchiusa, esaltando al contempo la vitalità del legno e della forma, del significante e del significato. Materiali con precedenti funzioni non significanti che vengono “scavati” fino a tirar fuori l’essenza di un sentire squisitamente umano, spesso drammatico e in ogni caso altamente emozionale, immortalato in corpi e volti che prendono letteralmente vita dal supporto materiale di tali sculture. Nell’opera “Coscienza” vi è una totale aderenza tra il concetto rappresentato e il processo “psicanalitico” con cui gli viene data forma, scavando un blocco cilindrico proveniente da un altro continente e precedentemente utilizzato per qualche ignoto impiego di cui riporta impresse le tracce delle zanche.
Sovente Emanuele Prina opta per la contrapposizione tra legno e cemento, che riproduce la dialettica tra la parte naturale e quella artificiale in cerca di un armonioso equilibrio. Il suo è un tentativo (peraltro pienamente riuscito) di rinsaldare il legame con la Natura, scorgendo con sensibilità la bellezza del materiale di risulta e traendone fuori le potenzialità espressive, che si incarnano in figure con fattezze umane mediante l’esperta e paziente azione. Lo scultore avverte, infatti, l’esigenza di empatizzare con la Natura (invitandoci con le sue opere a ritrovare l’umana “biofilia”, tanto essenziale quanto perduta nell’epoca dell’Antropocene) e a riconoscerci in essa, per evitare di distruggerla e distruggerci.
Gli antropomorfismi di Alessandro ed Emanuele sono un invito a riflettere sulla nostra essenza umana, rappresentata in ogni suo aspetto: materiale e immateriale, naturale o artificiale, spirituale, psicanalitico…
Sono per di più un monito sui rischi della direzione intrapresa, come ben espresso nel quadro “L’ultimo bacio all’idrogeno” che fissa la tragicità della distruzione antropica del pianeta (e della nostra stessa esistenza) nel contrasto tra due corpi attanagliati in un bacio (con una posa che richiama Rodin e un incarnato dalla cromia verdastra di alcuni Cristi in croce di Giotto, o della “Deposizione” di Rosso Fiorentino) e lo sfondo apocalittico di una deflagrazione nucleare.
Sono, infine, un’accorata richiesta d’aiuto che risuona dalla parte più profonda della nostra umanità, rappresentata in modo espressionista nella scultura in cui l’Uomo, urlando, protende le braccia in un disperato sforzo per sollevarsi dal pesante basamento di cemento che gli impedisce di elevarsi.
ANTROPOMORFISMI. L’essenza umana nella figurazione (tra pittura e scultura)
Alessandro Bulgarini + Emanuele Prina
Curatela, testi, allestimento e grafica a cura di Francesca Danesi
Spazio Arte Tolomeo
via A. M. Ampère 27, Milano (metro Piola)
3 - 17 ottobre 2024
dal lunedì al sabato 10:00 – 12:30 / 15:00 – 18:30
VERNISSAGE giovedì 3 ottobre 17:00 – 20:00
FINISSAGE giovedì 17 ottobre 16:00 – 18:30
La mostra, a cura di Francesca Danesi, presenta una selezione di opere che illustrano le varie modalità con le quali i due artisti ritraggono l’essenza umana con le tecniche e le poetiche a loro peculiari: Alessandro Bulgarini attraverso una raffinata pittura a olio che mira a rendere visibile l’invisibile; Emanuele Prina con l’abile intaglio scultoreo di materiali lignei che hanno ormai esaurito la propria funzione, da lui recuperati e rigenerati in un procedimento di “estrazione” di nuovi significati.
L’antropomorfismo, il cui termine (da άνθρωπος, “uomo”, e μορφή, “forma”) indica la tendenza ad attribuire caratteristiche umane ad esseri, fenomeni o entità di altra natura, è la modalità prediletta da entrambi per tradurre significati e concetti esistenziali in immagini con fattezze umane. Antropomorfismi al plurale perché, nella loro rappresentazione figurativa, viene declinato in molteplici modi.
Alessandro Bulgarini, coerentemente con la propria ricerca pittorica “filosofale”, rappresenta idee astratte attraverso figure con caratteristiche umane. In una contemporaneità intrisa di immagini-simulacro onnipresenti, ridondanti e digitali, l’artista sceglie la tecnica della pittura a olio d’ascendenza rinascimentale (sia per la preparazione della tela, sia per la stesura del pigmento e le vivaci cromie utilizzate) per dipingere figure antropiche che personificano idee filosofiche o insegnamenti sapienziali, come nell’opera “Samsara” (termine di origine sanscrita che indica il ciclo di vita, morte e rinascita), nella quale il concetto filosofico-religioso è simboleggiato da una testa umana con la forma dell’uovo alchemico che, spezzandosi, si dischiude per generare sempre nuove rinascite e rinnovate esistenze; o in “Unio inconciliabilis”, nel quale la categoria dialettica viene raffigurata non come una lotta, bensì come un armonico abbraccio tra due esseri umani, in questo caso bambini, connotati da opposti colori, uno caldo e l’altro freddo, come gli elementi ivi rappresentati (l’acqua e il fuoco); o, ancora, in “Sophia”, dove la sapienza filosofica è ritratta come una donna nuda (come la scandalosa “Nuda Veritas” di Gustav Klimt) che, nella posizione eretta tipica della statuaria antica (statue antico Egitto o della Grecia del periodo arcaico), porge un cuore fiammeggiante. In “Pachamama” (rivisitazione della Madonna della Misericordia di Piero della Francesca, della quale riprende la posizione ieratica della figura femminile e l’iconografia, compresi la mossa solenne delle braccia, l’espressione concentrata e lo sfondo monocromatico), Madre terra abbraccia e protegge uno scenario naturale. Nelle opere di Alessandro Bulgarini persino elementi di critica sociale assumono sembianze antropiche: in “Social Ego” la deriva narcisistica contemporanea, alimentata dai Social media, è effigiata in un teschio, emblema della Vanitas, come da tradizione pittorica di lunghissimo corso, attualizzata con la corona con le icone di Facebook.
Emanuele Prina estrae dal materiale naturale soggetti connotati da espressioni, emozioni e sentimenti del tutto umani, in un processo maieutico in cui il lavoro scultoreo esplora “avanzi” di legno (travi di castagno ultracentenarie, recuperate da ristrutturazioni edilizie, bancali riassemblati, rulli per impiallacciatura o radici raccolte sul greto dei fiumi…) per disvelarne la bellezza racchiusa, esaltando al contempo la vitalità del legno e della forma, del significante e del significato. Materiali con precedenti funzioni non significanti che vengono “scavati” fino a tirar fuori l’essenza di un sentire squisitamente umano, spesso drammatico e in ogni caso altamente emozionale, immortalato in corpi e volti che prendono letteralmente vita dal supporto materiale di tali sculture. Nell’opera “Coscienza” vi è una totale aderenza tra il concetto rappresentato e il processo “psicanalitico” con cui gli viene data forma, scavando un blocco cilindrico proveniente da un altro continente e precedentemente utilizzato per qualche ignoto impiego di cui riporta impresse le tracce delle zanche.
Sovente Emanuele Prina opta per la contrapposizione tra legno e cemento, che riproduce la dialettica tra la parte naturale e quella artificiale in cerca di un armonioso equilibrio. Il suo è un tentativo (peraltro pienamente riuscito) di rinsaldare il legame con la Natura, scorgendo con sensibilità la bellezza del materiale di risulta e traendone fuori le potenzialità espressive, che si incarnano in figure con fattezze umane mediante l’esperta e paziente azione. Lo scultore avverte, infatti, l’esigenza di empatizzare con la Natura (invitandoci con le sue opere a ritrovare l’umana “biofilia”, tanto essenziale quanto perduta nell’epoca dell’Antropocene) e a riconoscerci in essa, per evitare di distruggerla e distruggerci.
Gli antropomorfismi di Alessandro ed Emanuele sono un invito a riflettere sulla nostra essenza umana, rappresentata in ogni suo aspetto: materiale e immateriale, naturale o artificiale, spirituale, psicanalitico…
Sono per di più un monito sui rischi della direzione intrapresa, come ben espresso nel quadro “L’ultimo bacio all’idrogeno” che fissa la tragicità della distruzione antropica del pianeta (e della nostra stessa esistenza) nel contrasto tra due corpi attanagliati in un bacio (con una posa che richiama Rodin e un incarnato dalla cromia verdastra di alcuni Cristi in croce di Giotto, o della “Deposizione” di Rosso Fiorentino) e lo sfondo apocalittico di una deflagrazione nucleare.
Sono, infine, un’accorata richiesta d’aiuto che risuona dalla parte più profonda della nostra umanità, rappresentata in modo espressionista nella scultura in cui l’Uomo, urlando, protende le braccia in un disperato sforzo per sollevarsi dal pesante basamento di cemento che gli impedisce di elevarsi.
ANTROPOMORFISMI. L’essenza umana nella figurazione (tra pittura e scultura)
Alessandro Bulgarini + Emanuele Prina
Curatela, testi, allestimento e grafica a cura di Francesca Danesi
Spazio Arte Tolomeo
via A. M. Ampère 27, Milano (metro Piola)
3 - 17 ottobre 2024
dal lunedì al sabato 10:00 – 12:30 / 15:00 – 18:30
VERNISSAGE giovedì 3 ottobre 17:00 – 20:00
FINISSAGE giovedì 17 ottobre 16:00 – 18:30
03
ottobre 2024
ANTROPOMORFISMI
Dal 03 al 17 ottobre 2024
arte contemporanea
doppia personale
doppia personale
Location
SPAZIO ARTE TOLOMEO
Milano, Via Andrea Maria Ampere, 27, (Milano)
Milano, Via Andrea Maria Ampere, 27, (Milano)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato 10:00 – 12:30 e 15:00 – 18:30
Vernissage
3 Ottobre 2024, dalle 17:00 alle 20:00
Ufficio stampa
HEKA
Autore
Curatore
Autore testo critico
Allestimento
FrancescaDanesi
Produzione organizzazione