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AprileFotografia 2007 – passaggi/paesaggi
Dopo il successo delle passate edizioni, Padova Aprile Fotografia torna dal 7 aprile al 15 luglio 2007 per raccontare con immagini e suggestioni in sequenza, l’attualità e la complessità della fotografia contemporanea
Comunicato stampa
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Dopo il successo delle passate edizioni, Padova Aprile Fotografia torna dal 7 aprile al 15 luglio 2007 per raccontare con immagini e suggestioni in sequenza, l’attualità e la complessità della fotografia contemporanea.
Il tema che i curatori, Alessandra De Lucia e Enrico Gusella, hanno individuato per questa terza edizione è Passaggi/Paesaggi.
Sette le mostre proposte nella rassegna organizzata dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia del Comune di Padova, e ospitata in sedi storiche come il Museo Civico di Piazza del Santo, le Scuderie di Palazzo Moroni, il Museo Diocesano, l’Ex Fornace Carotta, il Sottopasso della Stua e il Liceo Classico “Tito Livio”.
Alla città e ai diversi modi di percepire il paesaggio è dedicata la mostra di uno dei più importanti fotografi italiani, Giovanni Chiaramonte, dal titolo “Nascosto in prospettiva. Scene nel paesaggio italiano”, ospitata nel Museo Civico di Piazza del Santo. Nucleo centrale dell’esposizione del fotografo è l’ambiente, di cui offre uno sguardo del tutto singolare e originale. Nel suo percorso ritroviamo immagini che si illuminano al loro interno e prendono luce e colore, proprio a partire dalla linea dell’infinito che l’obiettivo di Giovanni Chiaramonte costantemente mette a fuoco. Ed è proprio dall’esperienza dell’infinito quale dimensione quotidiana della vita che si manifesta la condizione umana. Non solo, la forza espressiva dell’artista sta proprio nel saper cogliere il lato più "umano" e "vivo" del paesaggio urbano che lo circonda rendendo suggestivo anche il panorama desolante di alcune periferie italiane.
Nelle Scuderie di Palazzo Moroni è allestita la mostra “Mario Schifano. Gioie istantanee”, che presenta una singolare selezione di immagini del grande artista italiano Mario Schifano, pioniere ed esponente di punta della pop-art europea, nelle quali il mezzo fotografico diventa il pretesto per un’ulteriore azione pittorica di appropriazione e comprensione del mondo. L’esposizione mette in luce un aspetto meno noto dell’arte di Schifano (1934–1998), aggiungendo un elemento prezioso di ulteriore lettura dell’immagine fotografica.
La mostra, composta da una serie di foto dipinte, approfondisce uno degli aspetti più interessanti e sorprendenti del suo lavoro: l’ossessiva ripresa fotografica e la manipolazione pittorica di immagini colte dallo schermo televisivo. Schifano cattura, scatto dopo scatto, con imperfetta meraviglia, immagini non del mondo, ma di ciò che il mondo vede di se stesso, nella presunzione insensata di raccontarsi ancora, di intessere le trame del senso; protagonista nella sua arte non è la realtà in sé, ma la sua rappresentazione.
Nel Museo Diocesano è invece la mostra “Roman Signer. Fotografie di viaggio”, artista svizzero che ha preso parte alla Biennale di Venezia nel 1976 e nel 1999 e che recentemente è stato ospitato alla Shiseido Gallery di Tokyo e alla Galician Centre of Contemporary Art di Santiago de Compostela.
Fin dai primi anni Settanta Roman Signer ha incentrato la sua ricerca artistica su un nuovo concetto di scultura improntato alla processualità, alla trasformazione e al movimento. Materiali tradizionali sono stati sostituiti da sabbia, acqua, vento e vere e proprie esplosioni. Oggetti quotidiani diventano protagonisti delle azioni che l’artista chiama “eventi” o “sculture temporali”.
Le fotografie in mostra sono state realizzate durante un ventennio di viaggi in paesi come Polonia, Islanda, Stati Uniti e Giappone. Situazioni a-temporali, assemblaggi casuali e curiosi spesso intrisi di humor, costituiscono le caratteristiche principali attorno alle quali l’artista esprime la sua poetica.
Nella Galleria Sottopasso della Stua è ospitata la mostra “Pino Ninfa. Un racconto chiamato jazz” costituita da una serie di fotografie che raccontano un viaggio di oltre 3.000 chilometri da New Orleans a New York lungo le strade della musica.
Si parte dalla Louisiana, dove diverse culture (francese, creola e africana) si sono mescolate e hanno dato origine a forme musicali diverse, contributo indispensabile per la nascita della musica jazz. Si attraversano le piantagioni del delta del Mississippi, il quartiere francese dove la musica sembrava non fermarsi mai, e si prosegue prendendo la mitica 61, per entrare nello stato del Mississippi, patria del blues e di leggende straordinarie.
Musica e ancora musica per le strade e nei locali di notte. Abbandonata la 61 e presa la 72 si arriva a Flores, città del grande W.C. Handy, per arrivare poi a Chattanooga, la città del celebre brano, la cui vecchia stazione è stata trasformata in un albergo, treni compresi.
Cambiano gli stati e cambia il genere di musica: Alabama e North Carolina ci portano dentro il bluegrass e il folk americano.
E si arriva infine a New York, città emblema del cambiamento, della trasformazione e della varietà, in cui le storie di personaggi e di locali leggendari hanno come scenografia la notte e il suono di un sax.
Nell’Aula Magna del Liceo Classico “Tito Livio” si possono ammirare gli scatti del fotografo “Guido Cecere. Cityscapes” incentrati sulla frammentazione dello spazio metropolitano. Questa ricerca fotografica parte agli inizi degli anni Ottanta e prosegue ancora oggi assumendo via via connotazioni diverse. E’ tutta realizzata a colori in quanto il colore svolge un ruolo di primaria importanza nell’economia dell’immagine. Tuttavia non è la sola chiave di lettura del lavoro: anche il segno (volontario o casuale) e la materia sono elementi fondamentali della ricerca che, svolta in città e metropoli del mondo, non rivela mai palesemente il luogo della ripresa, ma al massimo lo lascia intuire.
I luoghi rappresentati si presentano come porzioni di un paesaggio più ampio, come angoli modesti, anonimi, dimessi, mai trionfalistici della città intesa come palcoscenico in cui l’uomo è presente marginalmente, o è addirittura assente come figura, ma percepibile attraverso segni del suo agire e del suo passaggio. Uno sguardo che tenta di rileggere la città rivalutando, almeno in parte, le sue negatività o gli aspetti trascurati dalla cecità del vedere quotidiano.
La città di Padova e la sua identità, sia sul piano della trasformazione che della forma, sono il punto di partenza del fotografo “Claudio Sabatino. Padova Est”, protagonista della mostra ospitata nell’Ex Fornace Carotta. La sua ricerca fotografica riflette sulla definizione di "bordo", inteso come luogo fisico o metaforico del cambiamento delle parti costituenti la città. Un libero sguardo sul confine tra il paesaggio rurale e la città diffusa; sul cambiamento della realtà produttiva industriale al tempo della globalizzazione; sulla progressiva modificazione delle “forme” con cui l’economia, in scale diverse, si manifesta sul territorio.
Il bordo è un luogo privilegiato, una zona invisibile dove il cambiamento si rivela, dove i fatti sono in divenire e per questo è più facile osservarli. Una zona la cui forma è influenzata dai flussi delle popolazioni migranti e stanziali, dalle politiche urbanistiche e territoriali e dalle forme di abitazione ed uso dello spazio urbano. Il lavoro di Sabatino cerca di rappresentare la forma mutevole di questo spazio attraverso i mezzi della fotografia, cogliendo le relazioni, i particolari o le storie che lo caratterizzano.
Al Ridotto del Teatro Verdi è di scena “Valeria Magli - bal blanc”, artista ballerina dalle molteplici identità. Immagini a colori e in bianco e nero che sembrano muoversi nell’aria racchiusa di un plexiglas. Un corpo ondeggiante che si modella nei gesti della danza e della recitazione. Pose morbide e aeree cariche di movimento ma fissate e arrestate negli scatti fotografici. Ogni immagine ritrae Valeria Magli mentre “indossa” i corpi di altre figure femminili in un trait d’union tra musica, danza, pittura e poesia. L’artista sceglie personaggi trasgressivi e innovativi e si immerge nei loro mondi appartenenti ai primi decenni del secolo, agli anni più luminosi delle avanguardie ripercorrendo fisicamente i passaggi dei lavori di grandi maestri dell’arte come il Die Puppe di Hans Bellmer, le marionette di Valentine Hugo, la donna meccanica di Marx Ernst, la danzatrice satirica di André Kertész, oggetto delle sue deformazioni fisico-fotografiche o anche le donne di oggi raccontate da Lina Sotis nel libro “Una come tutte”.
Il tema che i curatori, Alessandra De Lucia e Enrico Gusella, hanno individuato per questa terza edizione è Passaggi/Paesaggi.
Sette le mostre proposte nella rassegna organizzata dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Spettacolo – Centro Nazionale di Fotografia del Comune di Padova, e ospitata in sedi storiche come il Museo Civico di Piazza del Santo, le Scuderie di Palazzo Moroni, il Museo Diocesano, l’Ex Fornace Carotta, il Sottopasso della Stua e il Liceo Classico “Tito Livio”.
Alla città e ai diversi modi di percepire il paesaggio è dedicata la mostra di uno dei più importanti fotografi italiani, Giovanni Chiaramonte, dal titolo “Nascosto in prospettiva. Scene nel paesaggio italiano”, ospitata nel Museo Civico di Piazza del Santo. Nucleo centrale dell’esposizione del fotografo è l’ambiente, di cui offre uno sguardo del tutto singolare e originale. Nel suo percorso ritroviamo immagini che si illuminano al loro interno e prendono luce e colore, proprio a partire dalla linea dell’infinito che l’obiettivo di Giovanni Chiaramonte costantemente mette a fuoco. Ed è proprio dall’esperienza dell’infinito quale dimensione quotidiana della vita che si manifesta la condizione umana. Non solo, la forza espressiva dell’artista sta proprio nel saper cogliere il lato più "umano" e "vivo" del paesaggio urbano che lo circonda rendendo suggestivo anche il panorama desolante di alcune periferie italiane.
Nelle Scuderie di Palazzo Moroni è allestita la mostra “Mario Schifano. Gioie istantanee”, che presenta una singolare selezione di immagini del grande artista italiano Mario Schifano, pioniere ed esponente di punta della pop-art europea, nelle quali il mezzo fotografico diventa il pretesto per un’ulteriore azione pittorica di appropriazione e comprensione del mondo. L’esposizione mette in luce un aspetto meno noto dell’arte di Schifano (1934–1998), aggiungendo un elemento prezioso di ulteriore lettura dell’immagine fotografica.
La mostra, composta da una serie di foto dipinte, approfondisce uno degli aspetti più interessanti e sorprendenti del suo lavoro: l’ossessiva ripresa fotografica e la manipolazione pittorica di immagini colte dallo schermo televisivo. Schifano cattura, scatto dopo scatto, con imperfetta meraviglia, immagini non del mondo, ma di ciò che il mondo vede di se stesso, nella presunzione insensata di raccontarsi ancora, di intessere le trame del senso; protagonista nella sua arte non è la realtà in sé, ma la sua rappresentazione.
Nel Museo Diocesano è invece la mostra “Roman Signer. Fotografie di viaggio”, artista svizzero che ha preso parte alla Biennale di Venezia nel 1976 e nel 1999 e che recentemente è stato ospitato alla Shiseido Gallery di Tokyo e alla Galician Centre of Contemporary Art di Santiago de Compostela.
Fin dai primi anni Settanta Roman Signer ha incentrato la sua ricerca artistica su un nuovo concetto di scultura improntato alla processualità, alla trasformazione e al movimento. Materiali tradizionali sono stati sostituiti da sabbia, acqua, vento e vere e proprie esplosioni. Oggetti quotidiani diventano protagonisti delle azioni che l’artista chiama “eventi” o “sculture temporali”.
Le fotografie in mostra sono state realizzate durante un ventennio di viaggi in paesi come Polonia, Islanda, Stati Uniti e Giappone. Situazioni a-temporali, assemblaggi casuali e curiosi spesso intrisi di humor, costituiscono le caratteristiche principali attorno alle quali l’artista esprime la sua poetica.
Nella Galleria Sottopasso della Stua è ospitata la mostra “Pino Ninfa. Un racconto chiamato jazz” costituita da una serie di fotografie che raccontano un viaggio di oltre 3.000 chilometri da New Orleans a New York lungo le strade della musica.
Si parte dalla Louisiana, dove diverse culture (francese, creola e africana) si sono mescolate e hanno dato origine a forme musicali diverse, contributo indispensabile per la nascita della musica jazz. Si attraversano le piantagioni del delta del Mississippi, il quartiere francese dove la musica sembrava non fermarsi mai, e si prosegue prendendo la mitica 61, per entrare nello stato del Mississippi, patria del blues e di leggende straordinarie.
Musica e ancora musica per le strade e nei locali di notte. Abbandonata la 61 e presa la 72 si arriva a Flores, città del grande W.C. Handy, per arrivare poi a Chattanooga, la città del celebre brano, la cui vecchia stazione è stata trasformata in un albergo, treni compresi.
Cambiano gli stati e cambia il genere di musica: Alabama e North Carolina ci portano dentro il bluegrass e il folk americano.
E si arriva infine a New York, città emblema del cambiamento, della trasformazione e della varietà, in cui le storie di personaggi e di locali leggendari hanno come scenografia la notte e il suono di un sax.
Nell’Aula Magna del Liceo Classico “Tito Livio” si possono ammirare gli scatti del fotografo “Guido Cecere. Cityscapes” incentrati sulla frammentazione dello spazio metropolitano. Questa ricerca fotografica parte agli inizi degli anni Ottanta e prosegue ancora oggi assumendo via via connotazioni diverse. E’ tutta realizzata a colori in quanto il colore svolge un ruolo di primaria importanza nell’economia dell’immagine. Tuttavia non è la sola chiave di lettura del lavoro: anche il segno (volontario o casuale) e la materia sono elementi fondamentali della ricerca che, svolta in città e metropoli del mondo, non rivela mai palesemente il luogo della ripresa, ma al massimo lo lascia intuire.
I luoghi rappresentati si presentano come porzioni di un paesaggio più ampio, come angoli modesti, anonimi, dimessi, mai trionfalistici della città intesa come palcoscenico in cui l’uomo è presente marginalmente, o è addirittura assente come figura, ma percepibile attraverso segni del suo agire e del suo passaggio. Uno sguardo che tenta di rileggere la città rivalutando, almeno in parte, le sue negatività o gli aspetti trascurati dalla cecità del vedere quotidiano.
La città di Padova e la sua identità, sia sul piano della trasformazione che della forma, sono il punto di partenza del fotografo “Claudio Sabatino. Padova Est”, protagonista della mostra ospitata nell’Ex Fornace Carotta. La sua ricerca fotografica riflette sulla definizione di "bordo", inteso come luogo fisico o metaforico del cambiamento delle parti costituenti la città. Un libero sguardo sul confine tra il paesaggio rurale e la città diffusa; sul cambiamento della realtà produttiva industriale al tempo della globalizzazione; sulla progressiva modificazione delle “forme” con cui l’economia, in scale diverse, si manifesta sul territorio.
Il bordo è un luogo privilegiato, una zona invisibile dove il cambiamento si rivela, dove i fatti sono in divenire e per questo è più facile osservarli. Una zona la cui forma è influenzata dai flussi delle popolazioni migranti e stanziali, dalle politiche urbanistiche e territoriali e dalle forme di abitazione ed uso dello spazio urbano. Il lavoro di Sabatino cerca di rappresentare la forma mutevole di questo spazio attraverso i mezzi della fotografia, cogliendo le relazioni, i particolari o le storie che lo caratterizzano.
Al Ridotto del Teatro Verdi è di scena “Valeria Magli - bal blanc”, artista ballerina dalle molteplici identità. Immagini a colori e in bianco e nero che sembrano muoversi nell’aria racchiusa di un plexiglas. Un corpo ondeggiante che si modella nei gesti della danza e della recitazione. Pose morbide e aeree cariche di movimento ma fissate e arrestate negli scatti fotografici. Ogni immagine ritrae Valeria Magli mentre “indossa” i corpi di altre figure femminili in un trait d’union tra musica, danza, pittura e poesia. L’artista sceglie personaggi trasgressivi e innovativi e si immerge nei loro mondi appartenenti ai primi decenni del secolo, agli anni più luminosi delle avanguardie ripercorrendo fisicamente i passaggi dei lavori di grandi maestri dell’arte come il Die Puppe di Hans Bellmer, le marionette di Valentine Hugo, la donna meccanica di Marx Ernst, la danzatrice satirica di André Kertész, oggetto delle sue deformazioni fisico-fotografiche o anche le donne di oggi raccontate da Lina Sotis nel libro “Una come tutte”.
07
febbraio 2007
AprileFotografia 2007 – passaggi/paesaggi
Dal 07 febbraio al 15 luglio 2007
fotografia
Location
SEDI VARIE – Padova
Padova, (Padova)
Padova, (Padova)
Vernissage
6 Aprile 2007, su invito
Sito web
cnf.padovanet.it
Ufficio stampa
STUDIO PESCI
Curatore