Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Aqua Aura – Scintillation
In mostra i nuovi inediti lavori fotografici di Aqua Aura, per la prima volta in mostra personale da Riccardo Costantini Contemporary, evoluzione del progetto Frozen Frames.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
È così strana la realtà, talmente equivoca, tanto ambigua e priva di fondamenta che ne legittimino la pura consistenza, che credervi costituisce un estremo atto di fiducia verso i nostri sensi. Realtà e sensazione sono unite come il concavo e il convesso, ed è su questa coappartenenza che il mondo esterno si mantiene saldo, avvinghiato alla carne sensoriale umana. D'altra parte, però, come verificare la realtà del mondo e dei sensi? Servirebbe un sistema di riferimento esterno ad essi con cui poterli raffrontare; ma, se esistesse, esso ricadrebbe nuovamente nel reale, e l'accertamento non potrebbe che ripetersi per mezzo delle nostre percezioni. Al punto che gli empiristi inglesi, basandosi su questa incredulità ontologica, giunsero a fondare la conoscenza sulle rappresentazioni create dalla mente, assottigliando la fibra del mondo fino all'illusione. Dopo più di un secolo, Nietzsche radicalizzò l'esperienza illusionistica raccontando la storia filosofica del mondo vero trasformato in favola.
La realtà è un'apparenza, un'allucinazione soggettiva originata in un luogo immemore, come un ologramma quadridimensionale totalmente convincente per la mente umana. Eppure schiviamo i corpi per muoverci nello spazio, localizziamo la direzione dei suoni, ci inebriamo dei profumi che lusingano l'olfatto. L'abitudine ci rende familiari le connessioni necessarie tra i fenomeni, immergendoci nella trama di un “effetto di realtà” globale, simili a personaggi tra le righe di una narrazione perfettamente orchestrata in modo tale da non confondere i nostri sensi. Una narrazione in cui spazio e tempo attivano i loro segnali direzionali per orientarci in modo coerente nella loro oggettività, della quale non dubitiamo. Fino a che non interviene la poesia, o qualche altra forma di comprensione del mondo alogica, irregolare e visionaria, forse veggente nel modo in cui pretendeva l'ispirazione decadente.
Quando la fotografia era una tecnologia rudimentale, essa possedeva un certo potere di validazione del nostro stato sensoriale ordinario, come si fosse trattato di un'inoffensiva protesi meccanica dell'occhio piuttosto che del congegno per un diabolico inganno, subdolamente menzognero. L'immagine fotografica gemmava direttamente dall'immagine conosciuta del reale, che non subiva alcuna alterazione nel rispecchiamento sulla superficie fotosensibile. Gli schieramenti erano netti: da una parte la realtà e la sua ancella tecnologica, la fotografia; dall'altra, una finzione immaginifica, ma addomesticata in luoghi discreti come il romanzo o la pittura, dichiaratamente evasivi, circondati da un patente alone di fantasticheria che, per contrasto, rafforzava la fede percettiva nel reale.
Con le prime manipolazioni dell'immagine, però, il tecnico si è impadronito dei meccanismi sottesi all'effetto di realtà, delle connessioni che rendono credibile l'illusione, mettendoli in opera per fingere mondi irreali ma apparentemente convincenti. Così, l'attuale postproduzione digitale non è che l'esasperazione del fotomontaggio, ma più sottile, subliminale, perché la tecnica di inganno si affina sempre più, fino a far sembrare l'immagine non solo persuasiva, ma anche più vera della realtà stessa.
Aqua Aura opera in una dimensione di sconfinamento tra le pseudoscienze e la magia che accomuna il suo laboratorio alle antiche officine alchemiche. I fenomeni che inscena sono assurdi, ma appaiono plausibili, perché le sue manipolazioni agiscono su frammenti e connessioni visive tratti direttamente dalla realtà, ricombinandoli in modo tale che nella nostra esperienza ordinaria non possa esserci mai accaduto di assistere ad eventi simili, ma anche che la mente possa ammetterne l'attendibilità. Lo zampillo d'una goccia d'acqua non può vetrificarsi, così come il ribollimento dei liquidi può avvenire solo a temperature elevate e non in prossimità di ambienti in cui il clima è invece rigido. Un sole che proietta ombre su montagne di ghiaccio non può rimanere sospeso in un'atmosfera buia, simile ad una fonte luminosa incastonata all'interno di un cielo d'onice nera.
Eppure è ciò che si manifesta enigmaticamente davanti agli occhi, rinviando allo stesso effetto che un'aurora boreale doveva produrre nei tempi in cui veniva osservata prima che la scienza ne spiegasse le cause; ovvero, suscitando uno stupore attonito, come se le immagini fossero state trasmesse sulla terra da un lander approdato su altri pianeti, insidiose in forza del potere che ha la fotografia, schierata dalla parte del reale, di dichiarare sempre la verità.
Con queste stregonerie tecno-sciamaniche, Aqua Aura disvela mondi fittizi, sospesi nella più credibile menzogna, tra la visione divinatoria delle loro apparizioni e le prodigiose scene dove tutto sembra incredibile ma vero. Non si tratta di un teatro onirico, perché non vi è traccia del lavoro di censura tipico del sogno, né è percettibile la soglia che separa queste visioni dallo stato di veglia, poiché tutto è invece permeato da una lucida e acuta percezione. Nelle sue rappresentazioni, piuttosto, si annunciano cose vere mettendo assieme delle assurdità, così come Aristotele, nella Poetica, definiva il meccanismo dell'enigma. Le anomalie fenomeniche e i paesaggi imprevedibili, allucinatori, sovrannaturali, innescano serie variabili di ragionamenti, senza che tra queste possano individuarsi le particolari concatenazioni logiche e causali necessarie a spiegarne l'origine, funzionando alla stregua di un rebus insolubile capace di far girare a vuoto le associazioni mentali come in un motore razionale in folle.
La soluzione, tuttavia, scintilla davanti all'osservatore, esibita con estrema evidenza nella totale assenza di soluzioni, nelle leggi, ad un tempo insensate e cogenti, che fissano gli eventi mantenendo vivo, in eccesso, l'enigma delle apparizioni.
Michele Bramante
La realtà è un'apparenza, un'allucinazione soggettiva originata in un luogo immemore, come un ologramma quadridimensionale totalmente convincente per la mente umana. Eppure schiviamo i corpi per muoverci nello spazio, localizziamo la direzione dei suoni, ci inebriamo dei profumi che lusingano l'olfatto. L'abitudine ci rende familiari le connessioni necessarie tra i fenomeni, immergendoci nella trama di un “effetto di realtà” globale, simili a personaggi tra le righe di una narrazione perfettamente orchestrata in modo tale da non confondere i nostri sensi. Una narrazione in cui spazio e tempo attivano i loro segnali direzionali per orientarci in modo coerente nella loro oggettività, della quale non dubitiamo. Fino a che non interviene la poesia, o qualche altra forma di comprensione del mondo alogica, irregolare e visionaria, forse veggente nel modo in cui pretendeva l'ispirazione decadente.
Quando la fotografia era una tecnologia rudimentale, essa possedeva un certo potere di validazione del nostro stato sensoriale ordinario, come si fosse trattato di un'inoffensiva protesi meccanica dell'occhio piuttosto che del congegno per un diabolico inganno, subdolamente menzognero. L'immagine fotografica gemmava direttamente dall'immagine conosciuta del reale, che non subiva alcuna alterazione nel rispecchiamento sulla superficie fotosensibile. Gli schieramenti erano netti: da una parte la realtà e la sua ancella tecnologica, la fotografia; dall'altra, una finzione immaginifica, ma addomesticata in luoghi discreti come il romanzo o la pittura, dichiaratamente evasivi, circondati da un patente alone di fantasticheria che, per contrasto, rafforzava la fede percettiva nel reale.
Con le prime manipolazioni dell'immagine, però, il tecnico si è impadronito dei meccanismi sottesi all'effetto di realtà, delle connessioni che rendono credibile l'illusione, mettendoli in opera per fingere mondi irreali ma apparentemente convincenti. Così, l'attuale postproduzione digitale non è che l'esasperazione del fotomontaggio, ma più sottile, subliminale, perché la tecnica di inganno si affina sempre più, fino a far sembrare l'immagine non solo persuasiva, ma anche più vera della realtà stessa.
Aqua Aura opera in una dimensione di sconfinamento tra le pseudoscienze e la magia che accomuna il suo laboratorio alle antiche officine alchemiche. I fenomeni che inscena sono assurdi, ma appaiono plausibili, perché le sue manipolazioni agiscono su frammenti e connessioni visive tratti direttamente dalla realtà, ricombinandoli in modo tale che nella nostra esperienza ordinaria non possa esserci mai accaduto di assistere ad eventi simili, ma anche che la mente possa ammetterne l'attendibilità. Lo zampillo d'una goccia d'acqua non può vetrificarsi, così come il ribollimento dei liquidi può avvenire solo a temperature elevate e non in prossimità di ambienti in cui il clima è invece rigido. Un sole che proietta ombre su montagne di ghiaccio non può rimanere sospeso in un'atmosfera buia, simile ad una fonte luminosa incastonata all'interno di un cielo d'onice nera.
Eppure è ciò che si manifesta enigmaticamente davanti agli occhi, rinviando allo stesso effetto che un'aurora boreale doveva produrre nei tempi in cui veniva osservata prima che la scienza ne spiegasse le cause; ovvero, suscitando uno stupore attonito, come se le immagini fossero state trasmesse sulla terra da un lander approdato su altri pianeti, insidiose in forza del potere che ha la fotografia, schierata dalla parte del reale, di dichiarare sempre la verità.
Con queste stregonerie tecno-sciamaniche, Aqua Aura disvela mondi fittizi, sospesi nella più credibile menzogna, tra la visione divinatoria delle loro apparizioni e le prodigiose scene dove tutto sembra incredibile ma vero. Non si tratta di un teatro onirico, perché non vi è traccia del lavoro di censura tipico del sogno, né è percettibile la soglia che separa queste visioni dallo stato di veglia, poiché tutto è invece permeato da una lucida e acuta percezione. Nelle sue rappresentazioni, piuttosto, si annunciano cose vere mettendo assieme delle assurdità, così come Aristotele, nella Poetica, definiva il meccanismo dell'enigma. Le anomalie fenomeniche e i paesaggi imprevedibili, allucinatori, sovrannaturali, innescano serie variabili di ragionamenti, senza che tra queste possano individuarsi le particolari concatenazioni logiche e causali necessarie a spiegarne l'origine, funzionando alla stregua di un rebus insolubile capace di far girare a vuoto le associazioni mentali come in un motore razionale in folle.
La soluzione, tuttavia, scintilla davanti all'osservatore, esibita con estrema evidenza nella totale assenza di soluzioni, nelle leggi, ad un tempo insensate e cogenti, che fissano gli eventi mantenendo vivo, in eccesso, l'enigma delle apparizioni.
Michele Bramante
11
febbraio 2016
Aqua Aura – Scintillation
Dall'undici febbraio al 19 marzo 2016
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
RICCARDO COSTANTINI CONTEMPORARY
Torino, Via Giovanni Giolitti, 51, (Torino)
Torino, Via Giovanni Giolitti, 51, (Torino)
Orario di apertura
martedì - Sabato 11-19.30
Vernissage
11 Febbraio 2016, h 18.00
Autore