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Aquae
i dieci artisti di Aquae pur non eludendo un doveroso tributo poetico all’acqua, hanno reso protagoniste delle opere le istanze urgenti della contemporaneità: inquinamento, abuso, spreco.
Comunicato stampa
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Sabato 12 giugno 2010 dalle ore 18.30 la Tenuta Due Laghi, Loc.Campigliano 29, Rivodutri (Ri), inaugura, nell’ambito della Rassegna Annuale ExArte, la mostra d’arte contemporanea AQUAE, a cura di Barbara Pavan, con l’intervento critico di Luca Arnaudo, promossa da Studio7.it, con il Patrocinio del Comune di Rivodutri.
In mostra le opere di Artemad, Fabrizio Berardi, Giovanni Chiarinelli, Gianfranco De Felice, Giacomo Demurtas, Massimo Falsaci, Filippo Maria Gianfelice, LuBott, Claire Nelson e Meri Tancredi.
Performances musicali del Duo Dexter (Alessandro Petrucci e Luca Venzano) e di Luca Tosoni.
L’acqua non è solo un elemento vitale e indispensabile alla nostra vita. Nutre e disseta anche la nostra anima, si lega indissolubilmente in qualche modo ai nostri pensieri e ai nostri ricordi. Potrebbe sembrare un tema anche troppo facile per una mostra d’arte, ma i dieci artisti di AQUAE pur non eludendo un doveroso tributo poetico all’acqua, hanno reso protagoniste delle opere le istanze urgenti della contemporaneità: inquinamento, abuso, spreco.
Le due installazioni esterne di ARTEMAD, rimandano l’una ai pericoli di un’urbanizzazione selvaggia e indiscriminata che ci rende fragili ed in balìa di fatali eventi catastrofici, l’altra allo spreco sistematico e alla trasformazione di un elemento naturale in una fonte continua di inquinamento fino a diventare essa stessa rifiuto. I principi di rispetto ed economizzazione delle risorse non sono più negoziabili e l’urgenza di scelte coraggiose e costruttive non è più rimandabile. La gratuità e l’abbondanza dell’acqua ne offuscano il valore intrinseco, tanto che è nell’uso corrente dire che non c’è nulla di così facile come bere un bicchier d’acqua. L’opera fotografica di GIOVANNI CHIARINELLI riflette proprio sul significato delle parole che sottendono il grado di importanza che inconsciamente attribuiamo alle cose. Il bicchiere scheggiato e stretto nella morsa del filo spinato ricorda doverosamente che non sempre l’acqua è un bene scontato: milioni di persone non hanno accesso ad acque potabili o sicure; milioni di uomini soffrono la sete e ci sono luoghi in cui l’acqua è davvero un bene raro e prezioso e procacciarselo costa fatica e sofferenza. In un’altra opera in un bicchiere d’acqua purissima e trasparente galleggia un sottile strato nero di petrolio. Chiarinelli riesce con la forza di un linguaggio essenziale a dare una forma domestica ad una catastrofe reiterata di cui l’ultima immensa marea nera non è che uno degli innumerevoli episodi. Marea nera che ritorna anche nel Brutto anatroccolo di GIACOMO DEMURTAS realizzato riassemblando pezzi meccanici usati e inutili, originando una nuova forma di tutt’altro significato. Il principio ecologico del riutilizzo e del riciclo nelle intenzioni dell’artista, si scontra e si infrange contro questa catastrofe causata dall’incuria e dall’arroganza dell’uomo. L’anatroccolo ferito, avvolto e imprigionato nella spessa coltre nera, non si trasformerà nel meraviglioso cigno nero della fiaba. Con crudo e disincantato realismo, Demurtas ribadisce che senza un impegno serio e costante, la bellezza non avrà speranza. FABRIZIO BERARDI ci restituisce due diverse visioni del rapporto tra l’uomo e l’acqua. Quella delle società arcaiche, fondata su di un equilibrio di rispettoso utilizzo: all’acqua, madre e divinità, l’uomo riconosceva anticamente la magnanima generosità che consentiva la vita, temendone però la potenza e la forza distruttrice; e quella delle società industriali o post industriali in cui l’acqua è una merce, proprietà esclusiva degli uomini. Il carattere concettuale e sociologico dell’opera di MASSIMO FALSACI, – scrive Alessio Lucchini - articolata in due tele, propone l'acqua come altra soluzione possibile per recuperare il dialogo nel mondo svuotato di oggi. Da un lato l'uomo viene visto come un microcosmo abbandonato a contatti umani ridotti; dall'altro, il macrocosmo spersonalizzante degli scali-merce vede la realtà incanalata in numeri ordinati e la socializzazione continuamente soppiantata da sterili rapporti commissionali. L'acqua diventa uno strumento vivo ed efficace attraverso il quale si può rinsaldare e rafforzare quel flebile dialogo umano che rischia lo schianto nella desolazione. La forza dell’acqua trova voce nell’opera dei LUBOTT, La balena di Giona. In un tempo in cui l’uomo si erge a padrone e signore di tutti gli elementi, chi, se non l’uomo stesso, potrà salvare Giona dalla furia delle acque? Ecco, dunque, che il poderoso cetaceo biblico mandato da Dio in soccorso del profeta viene sostituito dallo scheletro di un prodotto industriale. Per salvare sé stesso e il proprio ambiente, l’uomo deve accettare e vincere la sfida che egli stesso ha lanciato. Sarà attraverso la sua intelligenza, la scienza, la tecnologia che dovrà elaborare nuove soluzioni e trovare un nuovo equilibrio, nuovi rapporti di forza tra sé e la natura. Nelle opere fotografiche di FILIPPO GIANFELICE l’indignazione violenta dell’acqua che ha travolto tutto, ha divorato la terra, si è ripresa repentinamente la sua libertà si cela dietro una silenziosa immobilità. E’ una bellezza tragica che nella calma irreale che segue all’ira devastante degli elementi, rimanda ad una dimensione in cui la vita e la morte giocano a rincorrersi, a volte si sfidano, a volte si sfiorano. A volte la vita soccombe. Altre volte la vita resiste. La fotografia di GIANFRANCO DE FELICE appare il tentativo estremo della bellezza di infiltrarsi tra lo squallore di cemento dei palazzi di periferia: un lembo di cielo che si insinua nello specchio d’acqua di una pozzanghera, stretta tra qualche rifiuto e una striscia di asfalto. CLAIRE NELSON, espone due sculture che rimandano un profondo senso di riappacificazione e di fusione, non solo con l’acqua, ma con tutti gli elementi dell’universo. Le due figure abbandonate, senza timori, senza conflitti, con la perfetta consapevolezza di essere, a pieno titolo, parte integrante del tutto. MERI TANCREDI propone un’opera complessa, frutto di una lunga ricerca storica e artistica, in ambito mitologico e religioso, del legame tra la donna e l’acqua. Due principi inesorabilmente associati alla nascita ed alla conservazione della vita, fino al traghettamento dell’anima oltre la morte. Un legame che dall’antichità ai giorni nostri si è coltivato in tutti i tempi ed in tutte le culture, tale da sovrapporre talvolta le due anime nella rappresentazione stessa della divinità.
La mostra sarà visitabile fino al 15 agosto 2010. Catalogo in mostra.
In mostra le opere di Artemad, Fabrizio Berardi, Giovanni Chiarinelli, Gianfranco De Felice, Giacomo Demurtas, Massimo Falsaci, Filippo Maria Gianfelice, LuBott, Claire Nelson e Meri Tancredi.
Performances musicali del Duo Dexter (Alessandro Petrucci e Luca Venzano) e di Luca Tosoni.
L’acqua non è solo un elemento vitale e indispensabile alla nostra vita. Nutre e disseta anche la nostra anima, si lega indissolubilmente in qualche modo ai nostri pensieri e ai nostri ricordi. Potrebbe sembrare un tema anche troppo facile per una mostra d’arte, ma i dieci artisti di AQUAE pur non eludendo un doveroso tributo poetico all’acqua, hanno reso protagoniste delle opere le istanze urgenti della contemporaneità: inquinamento, abuso, spreco.
Le due installazioni esterne di ARTEMAD, rimandano l’una ai pericoli di un’urbanizzazione selvaggia e indiscriminata che ci rende fragili ed in balìa di fatali eventi catastrofici, l’altra allo spreco sistematico e alla trasformazione di un elemento naturale in una fonte continua di inquinamento fino a diventare essa stessa rifiuto. I principi di rispetto ed economizzazione delle risorse non sono più negoziabili e l’urgenza di scelte coraggiose e costruttive non è più rimandabile. La gratuità e l’abbondanza dell’acqua ne offuscano il valore intrinseco, tanto che è nell’uso corrente dire che non c’è nulla di così facile come bere un bicchier d’acqua. L’opera fotografica di GIOVANNI CHIARINELLI riflette proprio sul significato delle parole che sottendono il grado di importanza che inconsciamente attribuiamo alle cose. Il bicchiere scheggiato e stretto nella morsa del filo spinato ricorda doverosamente che non sempre l’acqua è un bene scontato: milioni di persone non hanno accesso ad acque potabili o sicure; milioni di uomini soffrono la sete e ci sono luoghi in cui l’acqua è davvero un bene raro e prezioso e procacciarselo costa fatica e sofferenza. In un’altra opera in un bicchiere d’acqua purissima e trasparente galleggia un sottile strato nero di petrolio. Chiarinelli riesce con la forza di un linguaggio essenziale a dare una forma domestica ad una catastrofe reiterata di cui l’ultima immensa marea nera non è che uno degli innumerevoli episodi. Marea nera che ritorna anche nel Brutto anatroccolo di GIACOMO DEMURTAS realizzato riassemblando pezzi meccanici usati e inutili, originando una nuova forma di tutt’altro significato. Il principio ecologico del riutilizzo e del riciclo nelle intenzioni dell’artista, si scontra e si infrange contro questa catastrofe causata dall’incuria e dall’arroganza dell’uomo. L’anatroccolo ferito, avvolto e imprigionato nella spessa coltre nera, non si trasformerà nel meraviglioso cigno nero della fiaba. Con crudo e disincantato realismo, Demurtas ribadisce che senza un impegno serio e costante, la bellezza non avrà speranza. FABRIZIO BERARDI ci restituisce due diverse visioni del rapporto tra l’uomo e l’acqua. Quella delle società arcaiche, fondata su di un equilibrio di rispettoso utilizzo: all’acqua, madre e divinità, l’uomo riconosceva anticamente la magnanima generosità che consentiva la vita, temendone però la potenza e la forza distruttrice; e quella delle società industriali o post industriali in cui l’acqua è una merce, proprietà esclusiva degli uomini. Il carattere concettuale e sociologico dell’opera di MASSIMO FALSACI, – scrive Alessio Lucchini - articolata in due tele, propone l'acqua come altra soluzione possibile per recuperare il dialogo nel mondo svuotato di oggi. Da un lato l'uomo viene visto come un microcosmo abbandonato a contatti umani ridotti; dall'altro, il macrocosmo spersonalizzante degli scali-merce vede la realtà incanalata in numeri ordinati e la socializzazione continuamente soppiantata da sterili rapporti commissionali. L'acqua diventa uno strumento vivo ed efficace attraverso il quale si può rinsaldare e rafforzare quel flebile dialogo umano che rischia lo schianto nella desolazione. La forza dell’acqua trova voce nell’opera dei LUBOTT, La balena di Giona. In un tempo in cui l’uomo si erge a padrone e signore di tutti gli elementi, chi, se non l’uomo stesso, potrà salvare Giona dalla furia delle acque? Ecco, dunque, che il poderoso cetaceo biblico mandato da Dio in soccorso del profeta viene sostituito dallo scheletro di un prodotto industriale. Per salvare sé stesso e il proprio ambiente, l’uomo deve accettare e vincere la sfida che egli stesso ha lanciato. Sarà attraverso la sua intelligenza, la scienza, la tecnologia che dovrà elaborare nuove soluzioni e trovare un nuovo equilibrio, nuovi rapporti di forza tra sé e la natura. Nelle opere fotografiche di FILIPPO GIANFELICE l’indignazione violenta dell’acqua che ha travolto tutto, ha divorato la terra, si è ripresa repentinamente la sua libertà si cela dietro una silenziosa immobilità. E’ una bellezza tragica che nella calma irreale che segue all’ira devastante degli elementi, rimanda ad una dimensione in cui la vita e la morte giocano a rincorrersi, a volte si sfidano, a volte si sfiorano. A volte la vita soccombe. Altre volte la vita resiste. La fotografia di GIANFRANCO DE FELICE appare il tentativo estremo della bellezza di infiltrarsi tra lo squallore di cemento dei palazzi di periferia: un lembo di cielo che si insinua nello specchio d’acqua di una pozzanghera, stretta tra qualche rifiuto e una striscia di asfalto. CLAIRE NELSON, espone due sculture che rimandano un profondo senso di riappacificazione e di fusione, non solo con l’acqua, ma con tutti gli elementi dell’universo. Le due figure abbandonate, senza timori, senza conflitti, con la perfetta consapevolezza di essere, a pieno titolo, parte integrante del tutto. MERI TANCREDI propone un’opera complessa, frutto di una lunga ricerca storica e artistica, in ambito mitologico e religioso, del legame tra la donna e l’acqua. Due principi inesorabilmente associati alla nascita ed alla conservazione della vita, fino al traghettamento dell’anima oltre la morte. Un legame che dall’antichità ai giorni nostri si è coltivato in tutti i tempi ed in tutte le culture, tale da sovrapporre talvolta le due anime nella rappresentazione stessa della divinità.
La mostra sarà visitabile fino al 15 agosto 2010. Catalogo in mostra.
12
giugno 2010
Aquae
Dal 12 giugno al 15 agosto 2010
arte contemporanea
Location
TENUTA DUE LAGHI
Rivodutri, Campigliano, 29, (Rieti)
Rivodutri, Campigliano, 29, (Rieti)
Vernissage
12 Giugno 2010, ore 18.30
Autore
Curatore