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Aracne. Narrazione delle origini
Preziosa e didascalica è la seconda mostra del progetto Aracne. Racconta l’origine con la bellezza misteriosa e insondabile dell’arte, attraendo alla sua fonte generosa con la materialità erotica delle cose viventi e l’ineffabilità del simbolo.
Comunicato stampa
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Percorsi/arte contemporanea
Via A. Serpieri, 17 Rimini
ARACNE. NARRAZIONE DELLE ORIGINI.
Maria Cristina Ballestracci - Marina Buratti
Paola Filipucci - Monica Pratelli
_____________
Contributo poetico su catalogo di
Isabella Bordoni
9 – 30 aprile
inaugurazione: sabato 9 aprile, ore 18
Performance con l'arpa celtica di Nicola Matteini
_________
Preziosa e didascalica è la seconda mostra del progetto Aracne.
La bellezza, come l’oro e le gemme nascoste nella profondità della terra, è misteriosa e insondabile, attrae alla sua fonte generosa, ha la materialità erotica delle cose viventi e l’ineffabilità del simbolo. Per raccontare l’origine bisogna sapere andare e tornare da quel luogo, sapere tenere collegamenti con le proprie memorie, illustrare l’esperienza di questi vissuti.
Con queste premesse, le artiste si sono assunte un compito arduo e affascinante e i loro lavori si sono riverberati nel progetto, con la piacevole rivelazione di una mirabile sintonia.
Potente è la presenza del rosso nella mostra, che insieme al bianco e al nero, stigmatizza cromaticamente il lavoro di alto contenuto spirituale, intuitivo e poetico di Monica Pratelli. Colori alchemici, essi definiscono discesa, morte e rinascita dell’umana vicenda. Un antico e sontuoso abito da sposa su cui l’artista ha ricamato simboli e segni del suo universo mitico, sancisce il senso di svolta, tra morte e vita, legami e futuro, della femminilità. Segni e simboli di arcaiche mitologie sono presenze permanenti che con nomi e trame diverse svelano l’universo ancestrale femminile di ogni luogo e tempo; per l’artista, l’elemento autobiografico si salda all’universo archetipico in questa opera a cui ha dato il titolo suggestivo di “I am a lost child”. Pratelli ha madre inglese, e fertile e ricco di rimandi a quella cultura è il lavoro di collegamento e significazione lasciato dal suo ago laborioso. I ricami, come gocce di poetico afflato, svelano il percorso della memoria e del destino umano, attraverso le emozioni e i sentimenti della fragilità e della perdita, del dolore e della malinconia, trasfigurati in commovente bellezza.
Il lavoro di Paola Filipucci si srotola sorprendentemente su una vecchia tela di canapa grezza in cui sono incastonate ed intessute cascate di tessere musive, pietre preziose e piccoli suggestivi mirabilia, auree e smerigliate reminiscenze. La tessitura mobile, “srotolamento” flessibile e ondeggiante, originale soluzione creativa, racconta la vita dell’artista e i suoi momenti salienti in un linguaggio di segni e grafemi, di colori ed emozioni, di ritmo musicale e vibrante battito cardiaco. La luce radente sbalza le tessere e accende di scintille volatili il fuoco della passione che irradia la narrazione e danza sulla materia fiammeggiante. Congiunzione tra materia e simbolo, la tela musiva esce dalle mani dell’artista precipitando come fusione dal crogiuolo chimico dell’arte, rappresentazione della moltitudine racchiusa nella vita e del suo ondeggiante divenire.
Arcane ombre scarlatte per Marina Buratti, che nel video “Mejsinoire” rammenta la bisnonna materna piemontese, che con erbe e antiche pratiche rituali curava i malanni e i dolori della vita. La discesa alle Madri come forma di cura è pratica comune in ogni cultura; ricordiamo come nei rituali coreutici del tarantismo, residui antropologici del mito di Aracne, il ritmo ipnotico e trascinante, dissennato, dionisiaco della musica esprime anche l’abbraccio corale e il conforto delle donne e di tutta la comunità per la povera tarantata. In Buratti, la narrazione delle origini sulla linea materna, di un femminile arcano che dà conforto e cura, incede con immagini di una ipnotica reverîe. Tempo e materia sembrano dissolti in un medium informe e indifferenziante, senza limiti e contorni, rosse dissolvenze nebbiose che aprono l’ingresso ad uno spazio senza orizzonti, verso la propria più intima essenza.
Nei “relitti” di Maria Cristina Ballestracci, si cristallizza l’imperfezione e l’azione del tempo, restituendo bellezza e dignità alle piccole cose smarrite nella moltitudine degli spazi, trascinate dalle onde su spiaggie sassose battute dal vento. Cose casualmente scoperte dallo sguardo rabdomante dell’artista, rivivono trasformate in misteriosi oggetti. L’artista intende rivelare in loro un significato più profondo, lirico e dimenticato, ponendoli in dialogo con la pittura e la poesia e con la rete di relazioni che accompagnano affettivamente la sua vita. Incastonati nella cornice di parole poetiche, rinascono in loro nuovi significati che si intrecciano con il vissuto misterioso e ormai perduto dei luoghi originari. Sono reliquie lasciate dal mare, il continuo, il vasto, l’instabile luogo delle origini, la liquida forma dell’indifferenziato. Una magia piena di grazia e silenzio, ma se ci si avvicina si può sentire ancora la sua voce.
E, infine, il testo su catalogo di ISABELLA BORDONI, “Lì dove l’ombra appare”, celebra il tema con incedere avvolgente di raffinata tessitura, ordita con i fili luminosi della poesia.
___
“ARACNE”
Rivista d’arte on-line
La rivista d’arte “Aracne” è presente sul sito www.aracne-rivista.it.
La rivista accoglie saggi di storia dell’arte, ricerche nell’ambito dell’arte contemporanea nelle sue espressioni più varie e nei suoi intrecci con altre discipline, atti delle conferenze, recensioni di mostre, schede di lettura e interviste a protagonisti del mondo dell’arte.
Ideazione del progetto e cura di Rosita Lappi.
Via A. Serpieri, 17 Rimini
ARACNE. NARRAZIONE DELLE ORIGINI.
Maria Cristina Ballestracci - Marina Buratti
Paola Filipucci - Monica Pratelli
_____________
Contributo poetico su catalogo di
Isabella Bordoni
9 – 30 aprile
inaugurazione: sabato 9 aprile, ore 18
Performance con l'arpa celtica di Nicola Matteini
_________
Preziosa e didascalica è la seconda mostra del progetto Aracne.
La bellezza, come l’oro e le gemme nascoste nella profondità della terra, è misteriosa e insondabile, attrae alla sua fonte generosa, ha la materialità erotica delle cose viventi e l’ineffabilità del simbolo. Per raccontare l’origine bisogna sapere andare e tornare da quel luogo, sapere tenere collegamenti con le proprie memorie, illustrare l’esperienza di questi vissuti.
Con queste premesse, le artiste si sono assunte un compito arduo e affascinante e i loro lavori si sono riverberati nel progetto, con la piacevole rivelazione di una mirabile sintonia.
Potente è la presenza del rosso nella mostra, che insieme al bianco e al nero, stigmatizza cromaticamente il lavoro di alto contenuto spirituale, intuitivo e poetico di Monica Pratelli. Colori alchemici, essi definiscono discesa, morte e rinascita dell’umana vicenda. Un antico e sontuoso abito da sposa su cui l’artista ha ricamato simboli e segni del suo universo mitico, sancisce il senso di svolta, tra morte e vita, legami e futuro, della femminilità. Segni e simboli di arcaiche mitologie sono presenze permanenti che con nomi e trame diverse svelano l’universo ancestrale femminile di ogni luogo e tempo; per l’artista, l’elemento autobiografico si salda all’universo archetipico in questa opera a cui ha dato il titolo suggestivo di “I am a lost child”. Pratelli ha madre inglese, e fertile e ricco di rimandi a quella cultura è il lavoro di collegamento e significazione lasciato dal suo ago laborioso. I ricami, come gocce di poetico afflato, svelano il percorso della memoria e del destino umano, attraverso le emozioni e i sentimenti della fragilità e della perdita, del dolore e della malinconia, trasfigurati in commovente bellezza.
Il lavoro di Paola Filipucci si srotola sorprendentemente su una vecchia tela di canapa grezza in cui sono incastonate ed intessute cascate di tessere musive, pietre preziose e piccoli suggestivi mirabilia, auree e smerigliate reminiscenze. La tessitura mobile, “srotolamento” flessibile e ondeggiante, originale soluzione creativa, racconta la vita dell’artista e i suoi momenti salienti in un linguaggio di segni e grafemi, di colori ed emozioni, di ritmo musicale e vibrante battito cardiaco. La luce radente sbalza le tessere e accende di scintille volatili il fuoco della passione che irradia la narrazione e danza sulla materia fiammeggiante. Congiunzione tra materia e simbolo, la tela musiva esce dalle mani dell’artista precipitando come fusione dal crogiuolo chimico dell’arte, rappresentazione della moltitudine racchiusa nella vita e del suo ondeggiante divenire.
Arcane ombre scarlatte per Marina Buratti, che nel video “Mejsinoire” rammenta la bisnonna materna piemontese, che con erbe e antiche pratiche rituali curava i malanni e i dolori della vita. La discesa alle Madri come forma di cura è pratica comune in ogni cultura; ricordiamo come nei rituali coreutici del tarantismo, residui antropologici del mito di Aracne, il ritmo ipnotico e trascinante, dissennato, dionisiaco della musica esprime anche l’abbraccio corale e il conforto delle donne e di tutta la comunità per la povera tarantata. In Buratti, la narrazione delle origini sulla linea materna, di un femminile arcano che dà conforto e cura, incede con immagini di una ipnotica reverîe. Tempo e materia sembrano dissolti in un medium informe e indifferenziante, senza limiti e contorni, rosse dissolvenze nebbiose che aprono l’ingresso ad uno spazio senza orizzonti, verso la propria più intima essenza.
Nei “relitti” di Maria Cristina Ballestracci, si cristallizza l’imperfezione e l’azione del tempo, restituendo bellezza e dignità alle piccole cose smarrite nella moltitudine degli spazi, trascinate dalle onde su spiaggie sassose battute dal vento. Cose casualmente scoperte dallo sguardo rabdomante dell’artista, rivivono trasformate in misteriosi oggetti. L’artista intende rivelare in loro un significato più profondo, lirico e dimenticato, ponendoli in dialogo con la pittura e la poesia e con la rete di relazioni che accompagnano affettivamente la sua vita. Incastonati nella cornice di parole poetiche, rinascono in loro nuovi significati che si intrecciano con il vissuto misterioso e ormai perduto dei luoghi originari. Sono reliquie lasciate dal mare, il continuo, il vasto, l’instabile luogo delle origini, la liquida forma dell’indifferenziato. Una magia piena di grazia e silenzio, ma se ci si avvicina si può sentire ancora la sua voce.
E, infine, il testo su catalogo di ISABELLA BORDONI, “Lì dove l’ombra appare”, celebra il tema con incedere avvolgente di raffinata tessitura, ordita con i fili luminosi della poesia.
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“ARACNE”
Rivista d’arte on-line
La rivista d’arte “Aracne” è presente sul sito www.aracne-rivista.it.
La rivista accoglie saggi di storia dell’arte, ricerche nell’ambito dell’arte contemporanea nelle sue espressioni più varie e nei suoi intrecci con altre discipline, atti delle conferenze, recensioni di mostre, schede di lettura e interviste a protagonisti del mondo dell’arte.
Ideazione del progetto e cura di Rosita Lappi.
09
aprile 2011
Aracne. Narrazione delle origini
Dal 09 al 30 aprile 2011
arte contemporanea
performance - happening
serata - evento
performance - happening
serata - evento
Location
PERCORSI – ARTE CONTEMPORANEA
Rimini, Via Alessandro Serpieri, 17, (Rimini)
Rimini, Via Alessandro Serpieri, 17, (Rimini)
Orario di apertura
da mercoledì al sabato, ore 10 -12, 17 - 19
Vernissage
9 Aprile 2011, ore 18
Autore
Curatore